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VALUTAZIONE DEI RISULTATI E RILETTURA CRITICA
DELL’INTERVENTO PROGETTATO E REALIZZATO
Progettare e realizzare un intervento capace di far incontrare i bisogni educativi di una classe
quarta liceale con quelli di una studentessa con disabilità intellettiva e programmazione
differenziata non si è rivelata un’impresa semplice e – complice probabilmente anche la mia
inesperienza – questo tentativo è stato condotto tra non poche esitazioni e ripensamenti. I ritmi
serrati che scandiscono l’attività didattica in un liceo mi hanno fatto temere di non riuscire a
ritagliarmi uno spazio per condurre efficacemente la mia azione; d’altra parte, il clima poco
vivace rilevato dall’osservazione della classe mi suscitava l’incertezza di saper coinvolgere
adeguatamente tutti gli studenti nelle mie iniziative. In effetti, non tutti gli obiettivi prefissati
sono stati raggiunti pienamente, non sempre le attività hanno riscosso il successo che speravo
e non tutti gli studenti hanno tratto beneficio dalla mia azione didattica; ciononostante, posso
dirmi soddisfatta dei risultati, anche solo parziali, che ho potuto rilevare.
I successi maggiori sono stati certamente conseguiti con l’alunna G.: con grande soddisfazione
l’ho vista impegnarsi in compiti per i quali inizialmente non si riteneva in grado, applicando le
strategie di risoluzione dei problemi che le andavo via via illustrando. Sentirle affermare “Ma
chi me lo doveva dire che sapevo fare queste cose?” è stato per me motivo di commozione. In
generale, il lavoro condotto soprattutto sul versante motivazionale e su quello dell’autoefficacia
ha portato G. a potenziare i suoi livelli di attenzione sul compito e la sua padronanza espositiva,
riducendone i momenti di stress e frustrazione. Un grande punto di forza è stato certamente
l’impiego delle nuove tecnologie digitali per la didattica. Il ricorso alla multimedialità ha
sicuramente inciso sul miglioramento delle capacità attentive e della memoria, perché l’azione
combinata di immagini, video e testi ha consentito all’alunna di fissare meglio i concetti. La
forma ludica in cui si presentavano gli esercizi interattivi le ha permesso di svolgere compiti
anche più complessi di quelli abituali ma libera dall’ansia da prestazione generalmente
provocatale da libri e quaderni. I feedback sonori e visivi restituiteli dai dispositivi, la
soddisfazione di vedersi artefice di progetti ricchi e articolati, la consapevolezza di riuscire a
svolgere tali compiti anche senza il sostegno degli adulti, anzi di essere più capace in questo
campo dei propri stessi insegnanti, hanno inciso fortemente sull’autostima e sul senso di
autoefficacia di G., che ha progressivamente acquisito sempre più autonomia e dimestichezza
nell’uso di tablet e pc, della videoscrittura, del Questo
problem-solving computer based.
miglioramento nella percezione delle proprie capacità l’ha condotta a sentirsi più sicura, ad
esercitare senza esitazione il proprio potere decisionale nella realizzazione dei progetti proposti
e a condividere con minore riluttanza i propri risultati di apprendimento con i compagni.
Un tale risultato è stato favorito anche dal frequente ricorso al disegno. I mediatori iconici hanno
certamente aiutato l’alunna a fare progressi nel superamento delle difficoltà cognitive e nella
memorizzazione dei concetti astratti; inoltre, potersi dedicare a un’attività per lei
particolarmente piacevole e confortante le ha permesso di ridurre il carico emotivo e cognitivo
di certe fasi dell’attività e di scoprire che quello che per lei era semplicemente un hobby può
rivelarsi invece un importante strumento di apprendimento.
Anche per quel che riguarda il resto della classe l’impiego delle nuove tecnologie è stato
certamente positivo, pur non comportando quegli alti livelli di coinvolgimento che pensavo di
raggiungere proponendo loro i contenuti didattici in una veste non abituale. Gli studenti hanno
mostrato una moderata curiosità nei confronti delle applicazioni utilizzate, che non avevano
mai impiegato prima in ambito scolastico, ma non hanno manifestato particolare stupore,
essendo abituati nel loro tempo libero a sperimentare ben altri livelli di innovazione e
interattività. Un coinvolgimento maggiore è stato ottenuto, invece, nei momenti di dibattito e
di condivisione delle proprie riflessioni a cui ho voluto dedicare ampio spazio all’interno delle
attività da me progettate. Mi è parso evidente che i ragazzi necessitassero di occasioni in cui
poter esprimere liberamente il proprio pensiero e confrontarsi con quello altrui, liberi dal
vincolo “del tempo che scorre e del programma da rincorrere”. Sentirsi ascoltati sapendo di non
essere sottoposti a una valutazione li ha incoraggiati ad esprimere pareri profondi e anche non
convenzionali. In un clima di questo tipo, se inizialmente a prendere la parola erano sempre gli
studenti più loquaci, alla fine anche i più timidi hanno fatto sentire la propria voce.
L’atmosfera di distensione che ha caratterizzato le attività da me condotte in classe ha
certamente giocato anche a favore dell’inclusività: senza la preoccupazione della valutazione,
gli studenti si sono mostrati più predisposti a condividere il proprio tempo con G., ascoltandola
con calma, aiutandola nell’esecuzione dei compiti, assegnandole ruoli di responsabilità
all’interno del gruppo. Naturalmente, anche questo risultato è stato raggiunto non senza
difficoltà e in maniera progressiva: data l’iniziale riluttanza dell’alunna a lavorare in gruppo, si
è preferito dapprima affiancarla ai due compagni con i quali si sente più a suo agio e poco a
poco condurla a interagire in gruppi più ampi. Si è rivelato di grande aiuto, a questo scopo, il
lavoro preparatorio svolto con G. prima di ogni lavoro di gruppo: fornirle materiali e strumenti
appositamente predisposti per lei le ha permesso di accostarsi alle attività dei compagni
sentendosi in grado di comprendere quanto veniva affrontato e di poter apportare il proprio
contributo al gruppo.
Fondamentali, in questo senso, sono stati anche i numerosi momenti destinati alla riflessione
metacognitiva guidata, che hanno permesso all’alunna di ragionare sulle capacità, le risorse e
le strategie messe in campo nei vari compiti affrontati, e di acquisire consapevolezza dei
miglioramenti via via raggiunti. Non è stato facile condurre questo tipo di riflessione con G.,
date le sue difficoltà di astrazione, per questo ho dovuto ancorarmi ad esempi ed esperienze
concrete; in particolare, in ognuna delle attività svolte insieme ho spronato G. a verbalizzare
tutti i passaggi che stavamo effettuando, tutte le opzioni che avevamo a disposizione per
svolgere il compito, quale fosse il livello di attenzione in quel momento, in che modo potevamo
ridurre la distrazione, quanto piacere stesse provando nello svolgere l’attività, spingendola, alla
fine di ogni compito, a chiedersi cosa fosse andato bene e cosa no. Il risultato finale è stato
notevole: l’alunna oggi mostra maggiore sicurezza nell’approcciarsi ad un compito, non aspetta
passivamente che sia la docente a guidarla in ogni passaggio ma prende da sola l’iniziativa,
propone la sua strategia e – se qualcosa va storto – dopo un breve momento di scoraggiamento
prova a domandarsi in che altro modo si possa affrontare il problema. Credo che questo possa
considerarsi il risultato più importante raggiunto con il mio intervento.
Quanto alla tematica scelta per il progetto, gli studenti hanno mostrato apprezzamento per la
possibilità di affrontare gli argomenti di studio da una prospettiva nuova e di poter riflettere su
una questione ancora di bruciante attualità, ma è mancata una certa organicità all’intervento,
che per essere realmente incisivo avrebbe dovuto essere sviluppato su un periodo di tempo
molto più ampio e con il coinvolgimento di altre discipline.
AUTOVALUTAZIONE E RIFLESSIONE SU CAPACITÀ PERSONALI E
COMPETENZE MATURATE
L'esperienza di tirocinio presso il liceo XXXX è stata per me la prima occasione di ingresso
nel mondo della scuola in una veste diversa da quella della semplice studentessa. Non è stato
facile, però, nei primi tempi, svincolarmi da uno status rivestito per quasi tre decadi della mia
vita: l'imbarazzo nell'entrare in classe, un certo "timore reverenziale" nei confronti degli altri
docenti, la sensazione di inadeguatezza sono stati degli ostacoli che ho dovuto superare con non
poca fatica. Questi mesi di tirocinio sono stati, dunque, prima di tutto un percorso di crescita,
umana e professionale, un vero e proprio apprendistato che mi ha permesso di osservare e
comprendere la professione del docente nella sua reale concretezza, al di là di quanto studiato
sui libri di pedagogia e di metodologie didattiche; non posso che esprimere, allora, la mia
gratitudine verso questa istituzione scolastica che mi ha aperto uno scorcio reale di quel mondo
nel quale desidero svolgere nel futuro la mia attività lavorativa. Durante questi mesi ho potuto
misurare da vicino tutta la concretezza delle mie precedenti aspettative e la realtà che ho
osservato mi è apparsa per certi aspetti ben diversa da quella immagine astratta che mi ero
creata; di fronte ad essa mi sono sentita inizialmente non abbastanza preparata. Ma questi mesi
sono serviti a passare dalla teoria alla pratica, dal sapere al saper fare e saper essere, superando
la paura e sperimentando concretamente in situazione quello che avevo studiato, anche
sforzandomi di farlo in maniera diversa da quanto mi ero immaginata e imparando a tenere in
considerazione tutta una serie di aspetti dell’insegnamentο a cui finora nοn avevo posto
attenzione. Ho dovuto, a tal fine, scontrarmi con alcuni lati del mio carattere, prima fra tutte la
timidezza: dopo la titubanza delle prime settimane e dopo aver osservato ogni aspetto con
attenzione, mi sono imposta di superare ogni esitazione e di mettermi concretamente in gioco,
facendomi forte di tutte quelle nozioni che avevo acquisito e che adesso dovevo semplicemente
lasciare che guidassero la mia azione. Mi sono sorpresa, allora, giorno dopo giorno, di scoprire
in me attitudini che non pensavo di possedere e di come certi aspetti del mio carattere, quali la
sensibilità, la moderazione, la pacatezza, potessero essere dei reali punti di forza per questa
professione.
Certamente, questa consapevolezza non sarebbe stata raggiunta senza il supporto fornitomi
dalla tutor, dalla docente accogliente, dall’Assistente all’Autonomia e da alcuni docenti
curriculari: la premura con la quale mi hanno accolta, l’attenzione con la quale hanno