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Reazione da Sforzo da combattimento (CSR), nota anche come Affaticamento da

battaglia.

Fu però dopo la Guerra del Vietnam che la genesi traumatica, a discapito della

predisposizione, si ufficializzò: “in presenza di forte stress i disturbi psichiatrici

preesistenti sono irrilevanti. La condizione predisponente cruciale è lo stress

specifico stesso e di per sé questo basta a predire la natura e il grado della morbilità

e dei sintomi.” 80 Shatan la denominò Sindrome Post Vietnam.

Durante questa guerra furono prese misure preventive per ridurre l'impatto

psicologico sui soldati. Nonostante questo, i casi di disturbi psicologici

probabilmente anche a causa dell’elevata stigmatizzazione dei soldati

aumentarono,

dovuta all’indignazione pubblica circa la legittimità della guerra. Pettera, Johnson,

e Zimmer hanno fornito una descrizione dei sintomi:

I primi sintomi della Sindrome Post Vietnam sono insonnia,

anoressia, o entrambi, per poi svilupparsi in una vera e propria

sindrome che tipicamente include: insonnia; ricorrenti incubi

terrificanti, che di solito riprendono un grave trauma psichico

(amici e compagni gravemente feriti, mutilati o uccisi, il soggetto

stesso ferito in prossimità di un organo vitale); anoressia con

nausea; vomito (stimolato dal contatto con il nemico o dalle

79 (DEP. Rivista di studi sulla memoria femminile)

80 (Baldwin , Williams, & Houts, 2005) 37

esplosioni) e talvolta anche diarrea; depressione, compresa di

sensi di colpa per non essere riuscito a salvare il compagno o per

non averlo pianto abbastanza, e anche di vergogna per il proprio

cedimento emotivo di fronte al controllo emotivo dei compagni;

ansia grave con tremore, ad un grado tale da rendere il soldato

inefficace in combattimento... Il soldato prova una profonda

81

paura del combattimento o del pensiero di esso.

Shatan e Lifton, attivisti contro la Guerra del Vietnam e collaboratori delle

associazioni dei veterani, descrissero la sindrome come caratterizzata da senso di

colpa, rabbia, odio, senso di estraniamento e sensazione di essere stati imbrogliati

e sfruttati dalla società.

La realtà sociale si rifiutò di riconoscerli in quanto rappresentavano per la società

americana la memoria dolorosa di una guerra controversa e di un’umiliante

82

sconfitta. Molti soldati non riuscirono più a inserirsi nel mondo del lavoro e a

riprendere la vita quotidiana rimanendo così ai margini della vita sociale. Altri

manifestarono comportamenti caratterizzati da grande violenza e instabilità

83

emotiva: episodi di condotta antisociale, alcolismo, tossicodipendenza, suicidi .

Per far fronte a tutto questo, Shatan e Lifton costituirono il Vietnam Veterans

Working Group con lo scopo di far riconoscere la condizione mentale dei reduci

come post-traumatica e ottenere così un riconoscimento istituzionale, economico e

riabilitativo. Il loro successo si realizzò nel 1980, quando nella terza edizione del

Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali (DSM) fu introdotta la

Sindrome Post-Vietnam, modificata in Disturbo da Stress Post-Traumatico.

Come già detto, questo portò a un completo rovesciamento in rapporto alla nevrosi

“con il PTSD non

traumatica: ci fu più bisogno di ricercare la causa dei sintomi

nella fragilità nella persona, essendo quelli solo una reazione normale

all’avvenimento considerato traumatico.” La connessone tra l’evento e la ferita

84

(Bonomi, Introduzione storica all’idea di trauma psichico, 2001)

81

82 (Beneduce, Archeologie del trauma. Un'antropologia del sottosuolo., 2010)

83 Si stima addirittura che il numero dei suicidi dei veterani della Guerra del Vietnam superò il

numero dei morti al fronte. (Burstow, A critique of post traumatic stress disorder and the DSM,

2005)

84 (DEP. Rivista di studi sulla memoria femminile)

38 psichica presupponeva solo che la persona fosse presente alle circostanze

terrificanti. l’evento traumatico venne

Nella formulazione iniziale presente nel DSM-III,

come “un fattore di stress catastrofico estraneo al campo delle

concettualizzato

normali esperienze umane” 85 . Non ci si riferiva più, quindi, solo alle reazioni

psicologiche dei soldati che compromettevano la loro presenza nei combattimenti;

l’attenzione si rivolse anche ad altre categorie colpite dalla guerra, per esempio i

sopravvissuti dei campi di concentramento o i bambini inglesi e finlandesi separati

dai genitori durante il secondo conflitto mondiale.

Nelle successive formulazioni, il disturbo si estese a contesti sempre più avulsi da

quelli della guerra. Le pubblicazioni del DSM-IV e DSM-IV-TR stabilirono infatti

una definizione molto più ampia di evento traumatico: un incidente d'auto,

l’apprendimento della morte di una persona cara, un divorzio particolarmente

difficile potevano essere in egual misura considerati eventi traumatici, se

accompagnati da paura, impotenza o orrore. Questa definizione ampliata generò un

86

incremento del 59% nelle diagnosi di PTSD, e non pochi dibattiti.

Il quadro clinico, infatti, creato sul profilo sintomatologico presentato dal veterano

(sintomi di intrusione, intorpidimento emotivo, tendenza all’evitamento, aumento

della tensione complessiva) finì con l’essere applicato a individui e situazioni

completamente diverse, e indifferentemente e vittime e loro perpetratori.

Nonostante le polemica riguardanti la definizione a priori di cosa sia un evento

87

traumatico, il DSM-5, oggi, mantiene la definizione delle passate edizione,

modificandone solo l'ampiezza. L’evento traumatico è quindi definito come:

“esperienza personale e diretta di un evento che coinvolge morte, minaccia di morte,

lesioni gravi, o altra minaccia alla propria integrità fisica; esperienza in qualità di

testimone di un evento che coinvolge morte, minaccia di morte, lesioni gravi, o altra

all’integrità fisica

minaccia di un'altra persona; venire a conoscere di morte

inaspettata o violenta, danno grave, minaccia di morte o lesioni di un membro della

85 (Beneduce, Archeologie del trauma. Un'antropologia del sottosuolo., 2010)

86 (Jones & Cureton, 2014)

87 (Jones & Cureton, 2014) 39

famiglia o di un individuo in stretto rapporto; esposizione ripetuta ai dettagli di

eventi traumatici.” 88

Oltre che la necessaria presenza di un evento traumatico (Criterio A), il profilo

89

descritto nel DSM comprende quattro altri criteri:

Criterio B: l’evento viene rivissuto persistentemente, per esempio attraverso

-

pensieri intrusivi, flashback, sogni;

- Criterio C: si manifesta evitamento persistente degli stimoli associati al trauma

Criterio D: si manifesta un’alterazione della cognizione e degli stati emotivi

-

negativi, per esempio senso di colpa;

- Criterio E: si manifestano comportamenti autodistruttivi e indicatori persistenti di

arousal aumentato, per esempio difficoltà a concentrarsi e ipervigilanza.

Il PTSD, quindi, tende ancora oggi a descrivere la sofferenza in modo universale e

a indicare il traumatismo come una categoria che fa della sofferenza un elemento

90

senza frontiere né differenze individuali. Per questo e per altri motivi affrontati

nei capitoli a seguire, molti teorici concordano sul fatto che il PTSD sia la categoria

diagnostica che, nella storia del DSM, ha generato, e continua a generare, più

polemiche.

La questione si è resa maggiormente problematica alla luce dell’ampiezza del

fenomeno migratorio di questi decenni: esaminando le fasi migratorie descritte nel

primo capitolo, infatti, le ricerche sottolineano diverse situazioni potenzialmente

traumatiche che fanno dell’esperienza migratoria un evento scatenante disturbi che

vengono diagnosticati soprattutto come PTSD. Questo rende il dibattito ancora più

vivo e reclama il riconoscimento del diverso significato che nelle persone e culture

differenti può assumere il valore della sofferenza, della memoria, del passato e del

91

suo racconto.

88 (American Psychiatric Association, 2013)

89 (American Psychiatric Association, 2013)

90 (Burstow, A critique of post traumatic stress disorder and the DSM, 2005)

91 (Jones & Cureton, 2014)

40 41

3.2 Contributo delle Teorie postcoloniali e femministe

solo da un’analisi delle

I dubbi espressi da molti autori sul PTSD non originano

differenti espressioni della sofferenza e del trauma, ma anche da una critica dei

modelli che pretendono di “descriverne una volta per tutte l’architettura segreta o

curarne gli effetti con tecniche che eludono la questione morale e promuovono, di

fatto, un’alienazione dalla storia”. 92

L’uso di categorie diagnostiche occidentali, come quella del PTSD, spiega

93

Papadopoulos , ha portato da un lato ad una presa di coscienza maggiore delle

asilo, ma dall’altro ha ridotto ad

difficoltà dei rifugiati e dei richiedenti un processo

l’autore, infatti,

psichico individuale i problemi sociali sottostanti. Come sostiene

le reazioni psicologiche fanno parte di risposte a processi non solo individuali ma

culturali e socio-politici, alle quali non si possono imporre interpretazioni e

definizioni occidentali.

A questo proposito diventa fondamentale il contributo delle Teorie Postcoloniali

degli ultimi anni Settanta, associate alle prospettive di autori come Edward Said,

Homi K.Bhabha, Gayatri Spivak, Stuart Hall, Paul Gilroy, Arjun Appadurai.

“gli esperti che adottano il modello teorico del PTSD

Questi autori sostengono che

e gli idiomi che contraddistinguono la psichiatria umanitaria o la psicologia della

emergenza, quando impongono i loro modelli del trauma e della cura, attuano una

forma di colonizzazione della sofferenza e di imperialismo culturale.” Questo

equivale a una particolare forma di soggettivazione in cui il rifugiato diventa

dipendente da un discorso che non sceglie, diventa soggetto subordinato a un

potere: il potere della diagnosi che, come quello della categorizzazione giuridica di

“richiedente asilo” “rifugiato”,

e consiste in una forma di egemonia che trasforma i

L’egemonia “delle

94

popoli oppressi in vittime traumatizzate. narrazioni del

di parlare per l’altro (donne, neri, omosessuali,

pensiero coloniale, che presume 95

popoli colonizzati, classe operaia) con i suoni della propria voce.”

92 (Beneduce, Archeologie del trauma. Un'antropologia del sottosuolo., 2010)

93 Renos Papadopoulos è consulente psicologo clinico, psicoterapeuta familiare sistemico

e psicoanalista junghiano. Ha lavorato in diversi paesi con rifugiati e sopravvissuti alla tortura come

consulente presso le Nazioni Unite, ed in alt

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
88 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lallalaus di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia clinica e salute e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bergamo o del prof Barbetta Pietro.