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Estratto del documento

I salari reali sono prima rallentati e poi diminuiti nel corso dell’ultimo anno

di Brexit (meno 0.6 per cento a febbraio 2017), con la conseguenza di

una progressiva erosione delle vendite al dettaglio, in quanto meno soldi

significano meno acquisti. Pensiamo soltanto all’ultima rilevazione riferita

al mese di maggio 2017: le vendite al dettaglio sono crollate dell’1.2 per

cento su base mensile, mentre sono salite dello 0.9 per cento su base

annua deludendo le attese a più 1.7 per cento, segno di un leggero ma

inequivocabile segnale di una fiducia e potere dei consumatori, che dopo

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una iniziale tenuta subito successiva alla Brexit, comincia a esplicare i

suoi effetti.

1.5 Import ed Export

Tra tutti i componenti che confluiscono nel PIL Britannico, quello che

probabilmente risentirà maggiormente della Brexit, è la bilancia

commerciale, ovvero import ed export. Considerando il fenomeno della

Brexit nella sua interezza, è intuitivo affermare che saranno le

esportazioni e le importazioni ad essere maggiormente colpite; la Brexit

ha causato uno scossone nella moneta più forte del globo, la Sterlina;

causerà il cambiamento dei rapporti commerciali tra il Regno Unito e gli

altri paesi, soprattutto europei (dopo i negoziati si avrà un quadro più

chiaro).

Crollo della sterlina, eventuali dazi e tariffe, ovvero scambi commerciali

meno liberi, determinano ovviamente un grosso impatto sulle esportazioni

e importazioni. Bisogna inoltre considerare, che l’effetto non sarà

circoscritto solo alla Gran Bretagna, ma riguarderà tutta sicuramente

l’Europa, se non gli scambi commerciali mondiali.

Le prospettive non ancora del tutto chiare di una “hard” o “soft” Brexit,

mettono a rischio il modello economico su cui si poggia la Gran Bretagna

del ventunesimo secolo. Secondo le statistiche nel 2015 il Regno Unito

ha esportato beni nel resto dell’Unione Europea per un valore

complessivo di 133 miliardi di sterline. Lasciare l’Unione Europea inoltre,

significa dire addio anche alle decine di trattati commerciali siglati da

Bruxelles con singoli altri Paesi o ai trattati multilaterali che riguardano più

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Paesi, oltre a rialzare le cosiddette barriere non tariffarie con l’Unione

Europea.

Il Regno Unito infatti, pur di riguadagnare il controllo sull’immigrazione, è

disposto a porre fine alla libera circolazione delle merci. Se questo si

verificherà o meno, dipenderà esclusivamente dall’esito delle trattative

con Bruxelles. Nella migliore delle ipotesi, in cambio di una contribuzione

al bilancio di Bruxelles, potrà mantenere l’accesso ad alcuni settori del

mercato comune, come il settore automobilistico. Nella peggiore delle

ipotesi, invece, bisognerà tornare alle regole dell’Organizzazione

mondiale del commercio, che prevede l’imposizione di dazi, scelta che

provocherebbe una grande crisi alle filiere produttive altamente

internazionalizzate. La crescita delle esportazioni di beni verso il Regno

Unito ha cominciato a perdere slancio già all’inizio del 2016, a cui si è

aggiunto il forte deprezzamento della sterlina rispetto all’euro a

amplificarne gli effetti. La svalutazione della sterlina ha reso i beni

britannici meno costosi all’estero, con la conseguenza di un

miglioramento delle esportazioni, che dal giugno 2016 a maggio 2017,

hanno fatto incrementare l’export di 7 punti percentuali. La bilancia

commerciale tuttavia non sorride, anzi essa è peggiorata dato che nello

stesso arco di tempo le importazioni sono aumentate ancora di più, circa

dell’8 per cento.

Si ritiene che la minore domanda di importazioni nel Regno Unito abbia

non solo un effetto diretto negativo sul commercio dell’area dell’euro,

visto che il Regno Unito è uno dei principali partner commerciali dell’area,

ma anche un effetto indiretto sull’interscambio attraverso altri paesi.

Secondo una ricerca della Commissione Europea, i costi di queste

barriere nel settore automobilistico e aerospaziale, due settori che ancora

sostengono l’asfittico tessuto manifatturiero britannico, si aggirano tra il

10 e il 20 per cento. Inoltre, oltre al settore dell’automotive, gli altri settori

trainanti dell’interscambio tra Regno Unito ed Europa sono turismo e

alimentari per un valore rispettivamente di 39 e 38 miliardi di sterline, oltre

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la metà dell’intero valore di interscambio. Secondo uno studio del

National Institute for Economic and Social Research la sola uscita dal

mercato interno comporterebbe una riduzione a lungo termine degli

scambi con l’Ue fra il 22 e il 30 per cento. I dazi che mediamente applica

Bruxelles sono del 4.8 per cento e, se applicati al totale dell’export

britannico, rappresentano secondo quanto calcolato dall’Independent , un

6

costo di circa 4.5 miliardi di sterline. Le tariffe doganali applicate

dall’Unione Europea non sono tutte uguali, ma variano da settore a

settore, passando dallo 0 per cento per quanto riguarda i

prodotti farmaceutici al 45 per cento per il tabacco; per questo alcuni

settori industriali saranno più colpiti di altri: tornando all’export

di automobili e veicoli, per esempio, si potrebbero soffrire costi maggiorati

per 850 milioni di sterline, rispetto a un valore delle esportazioni di 14.5

miliardi di sterline per un dazio medio del 6 per cento.

Lasciare l’Unione Europea inoltre, significa dire addio anche alle decine di

trattati commerciali siglati da Bruxelles con singoli altri Paesi o ai trattati

multilaterali che riguardano più Paesi, oltre a rialzare le cosiddette

barriere non tariffarie con l’Unione Europea. Tuttavia un lato positivo

potrebbe esserci; più attentamente, l’esecutivo sta studiando anche

l’impatto che potrebbe avere sulla produttività la negoziazione di zone di

libero scambio: secondo uno studio del FMI , abbattendo tutti i dazi la

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produttività potrebbe guadagnare oltre lo 0.6 per cento del prodotto

interno lordo. Anche una riduzione unilaterale potrebbe fornire ai cittadini

e alle imprese britanniche prodotti e servizi di maggiore qualità e a minor

costo, stimolando, in tal modo, concorrenza, innovazione e consumi. Una

tale politica potrebbe mirare inoltre a frenare i

massicci disinvestimenti delle multinazionali finanziarie e industriali che si

stanno moltiplicando settimana dopo settimana. Scenario però ritenuto

6 “The Independent”: quotidiano Britannico online. Fondato nel 1986 come cartaceo, dal 2016

esce esclusivamente in formato digitale.

7 Fondo Monetario Internazionale. Nacque nel 1945 tramite la famosa conferenza di “Bretton

Woods” (dal luogo che sancì la sua nascita). Oggi è formato da 189 paesi. 14

improbabile. Come detto, il prossimo biennio si caratterizzerà per

l’apertura dei processi di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea, con

evidenti e immediati impatti fiscali per gli operatori impegnati negli scambi

di beni, che, da intracomunitari, diventeranno internazionali, cambiando in

modo sostanziale, le regole fiscali e doganali che attualmente

disciplinano gli scambi di beni tra UK ed UE.

Il primo effetto immediato è il ristabilimento della frontiera, con nuovi

vincoli doganali che, in misura variabile in ragione delle scelte di politica

commerciale che vorranno essere adottate dai due sistemi, avranno un

impatto diretto sulla movimentazione di beni da e per UK. A ciò si

aggiungono, poi, le barriere non tariffarie, probabilmente le più insidiose,

che rischiano concretamente di vedere i due sistemi economici, quello UE

e quello UK, lentamente sempre più divergenti, con oneri e aggravi

potenzialmente pesantissimi per l’ingresso delle merci nei rispettivi

mercati. Un secondo effetto che si potrebbe verificare riguarda i diritti di

confine e, in particolare, i potenziali dazi doganali che potrebbero essere

imposti all’atto delle importazioni nell’UE di merce proveniente dal Regno

Unito, e viceversa. Sul piano procedurale, il nuovo assetto generato dalla

Brexit potrebbe determinare, sia per l’esportatore, che per l’importatore,

l’obbligo di presentare per ogni operazione di movimentazione di merci

una specifica dichiarazione doganale, per far circolare liberamente dette

merci in un singolo mercato o per assoggettarle a particolari regimi di

manipolazione o trasformazione. Si dubita, in generale, che i due sistemi

economici scelgano però di trattare le rispettive merci senza alcun tipo di

preferenza, di cui si dirà di seguito, ma è certo che non potranno neppure

concordare un sistema privilegiato a livello bilaterale, non essendo

ammissibile, nel contesto internazionale, un trattamento speciale per

merci provenienti da determinati paesi. In realtà, ciò che appare più

probabile è che UE e UK addivengano ad un accordo volto

all’abbattimento dei dazi, che tuttavia difficilmente potrebbe portare ad

una eliminazione completa delle barriere tariffarie. L’IVA, quale imposta

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indiretta, continuerà ad essere applicata sulle operazioni di acquisto di

merci da un paese terzo, sebbene dall’uscita del Regno Unito il

presupposto per la sua applicazione diverrà l’importazione di merci dal

Regno Unito.

In sostanza, le operazioni di importazione saranno soggette ad

imposizione di confine all’atto dello sdoganamento, con riscossione

diretta in dogana, all’atto dell’espletamento delle formalità di confine. In

pratica, non sarà più possibile regolare l’IVA, in modo neutrale per

l’operatore, con integrazione della fattura di vendita, come accade oggi

per gli acquisti “intra” UE, ma l’imposta dovrà essere “anticipata” dagli

importatori. Infine, per le accise, con la Brexit potrebbe venire meno

l’armonizzazione raggiunta, creando nuove forme di protezionismo dei

singoli mercati, con l’assolvimento dell’imposta, comunque,

all’importazione, oltre che con asimmetrie applicative tra i due sistemi

che, in materia, resteranno regolati da diverse normative. In dogana, oltre

ai dazi ed all’IVA, possono essere applicate fortissime barriere non

tariffarie; si pensi alle norme sulla sicurezza, sulla salute, sulle

certificazioni di qualità, alle norme di etichettatura e in generale sugli

oneri, oltre alle limitazioni che possono gravare per l’ingresso di un bene

in un sistema doganale. Si conclude quindi che, con la Brexit, si avranno

sempre di più normative divergenti che potranno limitare le operazioni di

import nell’uno o nell’altro sistema doganale e comportare quindi, tanti

cambiamenti a livello di

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/01 Economia politica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher DavideCosta di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Macroeconomia e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Sassari o del prof Deidda Luca.