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UNA COSA BUONA. IL RICORSO STRAORDINARIO AL RE COSTITUISCE

UNA GIUSTIZIA GRATUITA, GIACCHE’ ESSA NON COSTA CHE IL FOGLIO

DI CARTA PER RICORRERE AL GOVERNO” 8 .

L’istituzione di questa nuova sezione diede vita poi al principio di alternatività

tra i due rimedi del ricorso straordinario e del ricorso giurisdizionale, in quanto

entrambi aventi la stessa funzione sostanziale di tutela dell’interesse del cittadino

dell’atto e il suo eventuale annullamento.

attraverso il sindacato sulla legittimità

Da alcuni, la regola della alternatività fu giustificata dall’esigenza che la stessa

questione, esaminata in Adunanza Generale da tutti i componenti del Consiglio di

Stato, non fosse poi esaminata da una singola sezione giurisdizionale. Tale

giustificazione non è però più sostenibile, da quando il d.lg. n. 1199 del 1971 ha

disposto che il parere sia reso da una sezione consultiva: si tratta di due rimedi

giuridici alternativi, basati sul principio di equiparazione.

9

Così con il passaggio dalla monarchia assoluta alla monarchia costituzionale,

10

avvenne la cessione da parte del Sovrano (cessione, a volte, volontaria o, quanto

8 Camera dei deputati, Legisl. XXII, I Sess. Disc., Tornata 1° marzo 1907, vol. 233, 4956

9 Longhi, Il nuovo giurisdizionalizzato ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

il caso delle “costituzioni ottriate”, come lo Statuto albertino.

10 È 16

11 12

meno, indotta , altre volte determinata da rivoluzioni ), di una parte dei poteri ad

altri organi:

 Una parte del potere normativo al Parlamento, conservando il Monarca il

potere di sanzionare e di promulgare le leggi;

 13

Una parte del potere esecutivo ai Ministri del suo Gabinetto che,

inizialmente dovevano godere della fiducia del Sovrano, e successivamente

anche di quella del Parlamento, dal secondo potendo essere “sfiduciati”, dal

primo revocati;

 Una parte del potere giurisdizionale ai giudici che, non a caso,

amministravano la giustizia «in nome del Re».

Si cominciò a parlare di giustizia delegata, poiché titolare del potere giudiziale

restava sempre il Re, delegando poi ad altri organi i previsti poteri,«la giustizia

emana dal Re, ed è amministrata in suo Nome dai giudici ch’Egli istituisce». 14 Il

15

Sovrano decideva dopo aver ascoltato un Consilium principis , che con il passar

Si pensi alle vicende che portarono all’emanazione della Magna Charta del 1215.

11 Emblematica è l’esperienza

12 francese, ma anche, per certi aspetti, quella inglese con la rivoluzione

e poi con la “gloriosa rivoluzione senza sangue” del 1688-1689.

Cromwelliana del 1648-1649

Si pensi all’atto con cui il Re Vittorio Emanuele III, il 25 luglio 1943, “dimissionò” Mussolini,

13

“riappropriandosi” delle prerogative regie assicurate dagli artt. 5 («Al Re solo appartiene il potere

esecutivo.»), 6 («Il Re nomina a tutte le cariche dello Stato») e soprattutto 65 («Il Re nomina e revoca i

suoi Ministri.»).

Statuto Albertino del 1848, all’art. 68.

14 Legge dello

15 Si trattava di un consiglio di istituzione romana che trova la sua fondazione con l'avvento dell'età del

Principato, in Roma, nel 27 a.C.Fondato dal primo imperatore romano Augusto e considerato in

seguito da Adriano come una vera e propria camera di consiglio dell'impero, era un organo consultivo

nei confronti dell'imperatore giusdicente, verso il quale effettuava una funzione di assistenza nelle

decisioni politiche più importanti e delicate. Competente in materia di problemi politici e giudiziari era

formato da funzionari il cui grado richiedeva una massima espressione, magistrati maggiori e giuristi

17

degli anni ha assunto le più diverse denominazioni e fisionomie, a seconda dei tempi

e dei Paesi, da “Consiglio del Re” fino al “Consiglio di Stato” istituito da Carlo

Alberto col noto editto del 1831 nell’ambito di quel tipo di regno che i

costituzionalisti sono soliti definire “monarchia consultiva”, per il fatto che il

Sovrano accettava che il suo potere assoluto, di derivazione divina, fosse temperato

dai suggerimenti e dall’aiuto di un consesso di saggi e di tecnici.

All’art. 29 di quell’editto fu previsto che il Consiglio di Stato avrebbe espresso il

parere sui ricorsi in materie giuridiche e la necessità del parere fu confermata, per la

decisione del ricorso straordinario al Re, dalla legge “Rattazzi” del 30 ottobre

16

1859 .Con la legge di unificazione nazionale del 20 marzo 1865, fu previsto che il

Ministro, che aveva il compito di istituire il ricorso, con l’avvenuta della

“parlamentarizzazione” della monarchia sabauda, potesse discostarsi dal parere del

Consiglio di Stato, ma con autorizzazione del Consiglio dei Ministri.

Grazie a questa modifica legislativa, la decisione del ricorso straordinario

divenne un atto complesso a tre determinazioni: quella del Consiglio di Stato, quella

più rinomati ne erano l'esempio. Il parere di tali funzionari veniva considerato valido quasi quanto il

parere dell'imperatore stesso, tanto che nel tempo si arrivò a utilizzare le citazioni di tali esponenti

anche all'interno delle sentenze giudiziarie. Il nome venne ufficializzato alla fine del II secolo d.C.

Tale organo riproponeva l'antica tendenza dell'età repubblicana dei magistrati, i quali erano soliti

affiancarsi a consiglieri fidati nell'emanazione di decisioni rilevanti. Di contro, l'organo era totalmente

dipendente dalla volontà del principe il quale, con libero arbitrio, disponeva sulla intera composizione

dello stesso includendo o estraniando i relativi membri.

16 La norma ridisegnava la geografia amministrativa dell'intero stato sabaudo, grazie ai poteri concessi

temporaneamente al Governo La Marmora a causa dello stato di guerra. Il provvedimento fu applicato,

in maniera illecita secondo il diritto internazionale non essendo ancora intervenuto il Trattato di

Zurigo, anche alla parte lombarda del Regno Lombardo-Veneto sottoposta ad occupazione militare del

Regno di Sardegna con l'armistizio di Villafranca. 18

del Governo e quella del Re. Ma, successivamente con l’entrata in vigore della

Costituzione repubblicana, si dubitò della compatibilità con la stessa del ricorso

straordinario al nuovo Capo dello Stato, il Presidente della Repubblica. Si disse infatti

che l’art. 87 Cost. non indicava tra le funzioni presidenziali anche il potere decisorio

sui ricorsi straordinari, e si ravvisò una possibile antinomia con l’art. 113 Cost.

secondo cui «contro gli atti della pubblica amministrazione è sempre ammessa la

tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di

giurisdizione ordinaria o amministrativa».

Nel frattempo, lo Statuto siciliano, concesso da Umberto II nel maggio 1946,

recepito dalla legge costituzionale del 26 febbraio 1948, aveva previsto all’art. 23,

nell’ambito di una sezione intitolata «organi giurisdizionali», il ricorso straordinario

al Presidente della Regione siciliana contro gli atti amministrativi regionali, da

17

decidersi sentite le Sezioni regionali del Consiglio di Stato .

E, con la sentenza del 27 maggio 1961 n. 8, la Corte Costituzionale ebbe a

spiegare che un istituto disciplinato da uno statuto regionale speciale, approvato con

legge costituzionale, per definizione non può essere contrastante con la Costituzione

stesso che l’ha emanata ed approvata. Successivamente la stessa Corte 18

dello Stato ,

nel dichiarare la parziale incostituzionalità dell’art. 34 del testo unico, confermò la

compatibilità costituzionale dell’istituto, per poi negarla nel 1986, osservando che

17

A. TRAVI, Lezioni di Giustizia Amministrativa, Ed. Giappichelli, Torino 2012, 20.

18 Con la sentenza del 1° febbraio 1964, n. 1. 19

“attualmente è nella piena libertà del legislatore ordinario stabilire una disciplina

positiva sostanzialmente diversa da quella vigente oppure conservare intatta quella

stesso” 19 .

attuale o, finanche, decretare l'abolizione dell'istituto

Nel 1907 Vittorio Emanuele Orlando, politico e giurista italiano, rimosse alcune

complicanze e difficoltà circa la mancata prescrizione del termine da proporre per il

20

ricorso straordinario . Per questo, tale termine fu fissato in 180 giorni dalla

conoscenza dell’atto, poi ridotto a circa settant’anni di distanza, con la riforma del

1971 a 120 giorni con l’obbligo di notifica del ricorso all’Amministrazione

competente.

Prima della riforma del 1907, però, il Consiglio di Stato riteneva che sussistesse

acquiescenza al provvedimento da parte del privato, nel caso in cui non avesse

proposto nel termine congruo, di solito sei mesi dalla conoscenza dell’atto. Inoltre la

riforma stabiliva che il ricorrente dovesse notificare entro il termine previsto, il

ricorso all’autorità che abbia emesso il provvedimento e a chi vi abbia un interesse

diretto.

Sempre nel 1907, come già riportato prima, il rimedio era di nuovo a rischio di

soppressione, poiché molti ritenevano l’istituto ormai superato e superfluo rispetto

alla nuova e più completa organizzazione della giustizia amministrativa contenziosa.

Il rischio di soppressione fu, comunque, scongiurato grazie, non solo ai numerosi

19

A. SANDULLI, La storia e i principi, nel Diritto processuale amministrativo a cura dello stesso

autore, Ed. Giuffrè, Milano 2013, 8.

20

Senato del Regno, Legisl. XXII, I Sez., 1904-1906, Doc. n.385, 3, relazione Giolitti.

20

ricorsi presentati, che garantivano l’utilità del ricorso, ma soprattutto anche

all’intervento di Giolitti, allora Presidente del Consiglio dei Ministri, che sostenne la

permanenza del ricorso straordinario al Re. Il parallelismo tra i due ricorsi spinse la

giurisprudenza a definire il ricorso straordinario come vero e proprio rimedio

21

giurisdizionale .

Da queste vicende la struttura del ricorso straordinario ha attraversato, nella sua

evoluzione storica, trasformazione e qualificazione ricevendo nuova vita con la

riforma del 1971, formandosi in un contesto giuridico extranazionale, dapprima per

che ha adeguato l’istituto alle

effetto della giurisprudenza della Corte di Giustizia, 22

disposizioni della CEDU e alle regole fondanti dello Stato di diritto .

Con l’introduzione della Costituzione Repubblicana ci si chiese se l’antico

istituto del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica potesse ritenersi

ancora in vita, infatti una minoranza della dottrina sostenne l’incompatibilità

d

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher federica.spenuso di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale amministrativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof Tarullo Stefano.