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3. LA RICERCA SOCIALE NEL QUARTIERE
“CALATAFIMI “
3.1 Inquadramento territoriale
L’area di indagine di cui intendo occuparmi è la medesima citata
nell’introduzione; seguendo le indicazioni del testo “ Quartiere e
Identità. Per una rilettura del decentramento a Palermo ” (Picone,
Schilleci, 2012) il nuovo quartiere proposto si estende all’interno del
seguente perimetro: Piazza Indipendenza - Via Colonna Rotta - Via
Cipressi - Via Pindemonte - Via Pitrè - Viale della Regione Siciliana -
Via Altofonte - Via A. Catalano - Corso P. Pisani.
Quindi, facendo riferimento all’ ex delibera n. 420 approvata dal
Consiglio Comunale nella seduta del 21 dicembre 1976, che ha
previsto la ripartizione territoriale in venticinque quartieri e
cinquantacinque unità di aggregazione di primo livello, il nuovo
quartiere (ribadisco che oggi non esiste ed è una proposta),
comprende il quartiere Cuba – Calatafimi (unica unità di primo
livello), con l’aggiunta di Villa Tasca (sottratta al quartiere
Mezzomonreale) e di Danisinni.
In definitiva, nel quartiere si distinguono due ambiti identitari:
Calatafimi corre lungo il corso omonimo, prolungamento del
Cassaro, e i suoi monumenti sono circondati da edifici residenziali,
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spesso in linea e a molte elevazioni; Danisinni invece sorge su
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un’area morfologicamente ribassata, dove il fiume Papireto veniva
alimentato dalle acque di una sorgente chiamata in arabo Ayu’abi
Sa ’Idin (“fonte di Abu Said”), dalla cui contrazione deriva il nome
attuale.
È un ambito ricco di potenzialità ma dai tratti sociali profondamente
problematici.
Come vedremo in seguito, queste due identità, si moltiplicheranno
inizialmente nella mia analisi, a causa della percezione degli
abitanti.
Avendo inquadrato la zona, possiamo notare guardando una carta
planimetrica, che urbanisticamente e strutturalmente siamo in
presenza di una copia del centro storico di Palermo, dove Corso
Calatafimi funge da asse principale, tagliato dall’altro asse costituito
da Via Pindemonte e Via Cuba.
3.1 Cenni storici sul quartiere
L’area compresa tra Porta Nuova e la circonvallazione racchiude
secoli di storia, testimoniata dalle numerose emergenze
architettoniche, tra le più celebri dell’intera città: basti pensare alla
Cuba e alle catacombe dei Cappuccini, o al fatto che qui sorgeva la
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necropoli punica . Infatti, dal Corso Calatafimi al numero civico 100,
10 La Necropoli punica di Palermo si trova nella parte occidentale della città e la
parte visitabile è ubicata sotto la caserma Tukory, tra piazza Indipendenza, corso
Pisani, via Cuba, via Pindemonte e via Danisinni. Durante l'epoca punica, la
per intenderci, in prossimità di Via Pindemonte, è possibile accedere
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alla necropoli punica, allestita per la fruizione turistico – culturale
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(Tullio, 2002). Sotto la dominazione araba tutta l’area diventò un
vastissimo parco ricco di corsi d’acqua e piante esotiche, utilizzato
per la caccia e il sollazzo del re e della sua corte.
Durante le molteplici battaglie che si svolsero tra le popolazioni che
si susseguirono nella dominazione della Sicilia, il parco perse il suo
splendore e molte delle sue piante andarono distrutte.
Nel XVII secolo, con il taglio della via di Mezzomonreale (oggi corso
Calatafimi) e la successiva realizzazione di edilizia abitativa, perse
la sua antica configurazione dividendosi in piccoli appezzamenti (De
Seta, 1995).
Le prime opere per la realizzazione di questa strada, che aveva lo
scopo di collegare Palermo con Monreale, iniziarono nel 1583 a
opera del Viceré Marcantonio Colonna con l’apertura della città
murata al suo territorio. Il Viceré fece realizzare quest’opera con
l’intento di ampliare la città in quella direzione (Guidoni,1992). Il
tentativo fallì, perché il processo di espansione, iniziò più tardi in
direzione “Piana dei Colli”.
Nel 1752 la strada fu terminata, collegando definitivamente Palermo
con Monreale. In questo periodo sia la borghesia che la nobiltà
cittadina cominciarono a interessarsi alla zona e vi costruirono le
proprie residenze. L’edificazione dell’area è stata molto lenta, e oggi
sono presenti diverse emergenze storiche di grandissimo valore
architettonico. Accanto a queste, o a volte in sostituzione di esse,
sono sorti ampi complessi di edilizia economica e popolare e edilizia
necropoli era ubicata fuori le mura cittadine, su un'area a monte che era la naturale
continuazione del tratto di terra generato dai due fiumi Kemonia e Papireto.
intensiva che hanno deturpato l’elegante cortina di corso Calatafimi,
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rendendolo un asse soprattutto commerciale.
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Il nuovo quartiere proposto in gran parte si sovrappone al vecchio
Cuba-Calatafimi, dove troviamo in ogni caso (sia nel primo che nel
secondo) alcune emergenze storiche: Educandato M. Adelaide,
Palazzo d’Orleans, Villa Napoli e Cuba Soprana.
Per queste si riportano, in ordine di elencazione (Picone, Schilleci,
2012):
- Educandato M. Adelaide:
Il monastero di San Francesco di Sales fu uno dei primi edifici sorti
sullo stradone di Mezzomonreale, nel 1735 su progetto di C.
Agnetta. Nel 1779 divenne Real Educandato Carolino e fino al 1840
convento ed educandato rimasero separati. Prese il nome di
“Educandato Maria Adelaide” nel 1863 e alla fine del XIX secolo
divenne di proprietà dello Stato.
- Palazzo d’Orleans:
Faceva parte degli edifici sorti nel ’700 nel piano di Santa Teresa. La
costruzione appartenne nel 1774 all’abate Giovanni Monroy, per poi
giungere al duca d’Orleans che la ingrandì ad inizio ’800. Il terzo
piano in stile neoclassico fu realizzato con l’intervento di V.
Marvuglia. Dal 1954 è sede del Governo regionale autonomo. Oggi
vi risiede la Presidenza della Regione Siciliana.
- Villa Napoli e Cuba Soprana:
Edificata nel Cinquecento come trasformazione per uso agricolo
della Torre Alfaina. All’interno della proprietà ricadeva la Cuba
Soprana. All’inizio del ’700 la struttura fu trasformata in villa. È
costituita da un complesso di edifici disposti a corte ed al centro del
prospetto si trova uno scalone a doppia rampa che conduce al piano
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nobile. Nel 1991 è stata acquistata dalla Regione Siciliana.
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3.3 La traccia dell’intervista qualitativa
Avendo delimitato e inquadrato l’area di indagine, il passo
successivo riguarda l’aspetto pratico, ovvero scendere sul “campo”
e interagire con gli abitanti.
Prima di effettuare tale operazione, è stato necessario stilare una
serie di domande a risposta aperta, secondo le modalità descritte
nel capitolo precedente. Tali quesiti, non sono stati posti nell’ordine
che riporterò di seguito, ma “improvvisando” a seconda
dell’interlocutore, prediligendo l’ascolto. Come già detto in
precedenza, l’intervista qualitativa serve a far parlare il più possibile
gli individui; in definitiva, posso affermare che la traccia stilata
comodamente a casa, è servita come una sorta di “promemoria”, da
consultare nel momento in cui si è verificata l’assenza di idee,
oppure nel caso in cui l’interlocutore intraprendeva una direzione
non utile alla mia indagine.
La mia traccia, quindi non è stata usata schematicamente, ma sono
state date tutte le risposte alle mie domande, in modo da realizzare
una discussione con gli individui della comunità.
Tali domande, sono state poste, mettendo a proprio agio gli utenti,
che inizialmente hanno provato una sensazione di titubanza e apatia
nei miei confronti, superata con giuste rassicurazioni da parte mia.
Il testo di “ Corbetta “ (2003) , che ho utilizzato per l’applicazione
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delle metodologie, come già detto in precedenza, prevedeva due
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possibilità di approccio con la comunità: dichiarare la propria identità
e dire la verità su tutto, oppure dissimulare il proprio ruolo e correre
il rischio di non essere più accettato dagli utenti. Nella mia indagine,
ho preferito dichiararmi subito come studente universitario, così
come avevo fatto in altre ricerche sociali negli anni precedenti e la
scelta è andata sempre a buon fine. Concludo questo paragrafo,
con la traccia dell’intervista qualitativa che ho realizzato (a casa) e
che ho utilizzato (sul luogo) dopo la mia presentazione con gli utenti,
mettendo in evidenza i temi e gli argomenti affrontati durante le
discussioni:
a) Inquadramento dell’utente nel quartiere
Abita in questo quartiere? Se sì, dove precisamente?
Come si chiama il quartiere?
Ci sono rapporti tra gli abitanti del quartiere,oppure solo con i vicini
di casa?
Quali sono i luoghi di ritrovo?
b) I confini del quartiere
Dove finisce il quartiere, quali sono i confini?
Secondo me, il quartiere dove abita lei e che ha identificato ha i
seguenti confini (mostro i confini, se non sa leggere la carta, cito i
confini, nominando le vie di maggiore importanza), mi dice la sua
opinione?
c) Principali problemi del quartiere
Si identifica nel quartiere attraverso la parrocchia? Quale parrocchia
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rappresenta la sua zona? na
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Quali sono i principali problemi del quartiere?
d) I servizi nel quartiere
Le attrezzature scolastiche risultano un problema (sono presenti in
abbondanza, non ce ne sono, ce ne sono poche)?
Se ce sono poche e niente, siete costretti a prendere un mezzo per
accompagnare i bambini a scuola?
Per quanto riguarda le attrezzature sanitarie, invece che mi sa dire?
I servizi pubblici per la mobilità sono efficienti? Se non sono
efficienti, dove si deve recare per prendere un autobus?
Invece per servizi e uffici pubblici in generale (poste, banche,
comando dei vigili urbani, ecc…) come siete messi?
Ci sono aree verdi, vorreste qualche area verde o un parco
pubblico?
e) Le condizioni delle abitazioni e dell’abitabilità
Le abitazioni sono accettabili o mal ridotte?
Se sono mal ridotte, è colpa di qualcuno (ente o persona specifica)?
Nel caso in cui, le abitazioni siano mal ridotte, il malumore è
avvertito da tutti gli abitanti?
f) Sicurezza nel quartiere
Quando passeggia per il suo quartiere si sente sicuro o avverte
pericolo per motivi di diversa natura (delinquenza, spaccio di
droghe, eventuali scippi)?
g) Il ceto sociale prevalente
Cosa si aspetta dall’ammi