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Twilight, ma qual è la chiave per il successo di questa strategia? Intaccare la memoria a
lungo termine dei consumatori. Il ricordo di un certo prodotto rappresenta una misura
affidabile per la misurazione dell’efficacia di una pubblicità e del comportamento futuro
d’acquisto degli stessi soggetti.
Affinchè il product placement sia efficace, il prodotto deve avere un senso nell’esposizione
del programma e deve trovare il modo di “farsi ricordare”.
2.2.3 I messaggi subliminali
“I messaggi subliminali sono definiti come messaggi visivi, sonori o diretti a qualsiasi
altro organo sensoriale, che vengono registrati al di sotto del livello della percezione
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2 Da fonte telematica http://www.wikipedia.it
cosciente, e possono essere rilevati solo dalla mente subconscia. Nonostante il gran rumore
e le preoccupazioni intorno alla pubblicità subliminale nell’ultimo mezzo secolo,
l’argomento viene di solito affrontato con un ironico roteare degli occhi. Ma chi pensano
di prendere in giro? È la reazione della maggior parte delle persone quando fra le notizie
spunta una storia sulla pubblicità subliminale” (Lindstrom, 2009).
Si possono citare davvero tanti esempi di accuse di messaggi subliminali, soprattutto per
quanto riguarda i film, ad esempio ‘L’esorcista’, in cui per tutta la durata del film a
intermittenza compariva il volto di un demone o ‘Fight club’ in cui avevano inserito
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immagini pornografiche subliminali di Brad Pitt per rafforzare il tono antirivoluzionario
del film.
I messaggi subliminali sono presenti anche in campo musicale e diversi sono gli esempi di
brani che ascoltati al contrario istigano a Satana o alle droghe; spesso questi messaggi
vengono associati al sesso, un esempio può essere il caso delle lattine Pepsi che sistemate
in una certa angolatura formavano la parola “SEX”.
La forza della pubblicità subliminale va ricercata all’interno delle menti subconscie, infatti
essa ha poco a che vedere con il prodotto in sé.
Ma queste tecniche subdole sono realmente efficaci? La risposta è: in alcuni casi sì, infatti
è stato verificato tramite degli esperimenti che in alcune situazioni, l’uso di queste tecniche
subliminali ha portato un incremento delle vendite o della disponibilità a pagare dei
consumatori. Un esempio calzante riguarda i negozi che al loro interno fanno ascoltare
dischi jazz o di musica latina che includono messaggi registrati che sfuggono alla mente
cosciente, analizzati e realizzati per portare i consumatori ad acquistare di più e a
scoraggiare il furto. I messaggi in questione sono ad esempio “Non preoccuparti del
denaro”, “immagina che sia tuo” o “non rubarlo, non la farai franca”. In questi negozi si
sono effettivamente riconosciuti effetti riguardo le vendite che hanno subìto un incremento
del 15% e i furti che sono diminuiti del 58% in media.
Sappiamo che le pubblicità subliminali funzionano, ma perché? Il loro successo va
ricercato nel fatto che le immagini subliminali sono prive di brand o di segni di
riconoscimento distintivi quindi sono atte direttamente a colpire la mente del consumatore
che non cosciente di essere nel mirino di questo tipo di pubblicità, abbassa le proprie
difese lasciandosi influenzare (Lindstrom, 2009).
2.2.4 Rituali, superstizioni e brand
“I rituali sono comportamenti che riescono a stabilire collegamenti emotivi con i brand e i
prodotti, rendendo memorabile ciò che acquistiamo. Essi sono delle convinzioni (non del
tutto razionali) secondo cui, in qualche modo, si può manipolare il nostro futuro tramite
specifici comportamenti, malgrado tra essi e il loro presunto esito non esista alcun tipo di
relazione tangibile” (Lindstrom, 2009). Un esempio di rituale può essere una Corona
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servita fresca con il collo della bottiglia cosparso di sale e una fetta di lime da sorseggiare
seduti in un bar o in spiaggia.
Essi danno l’illusione del controllo, sono azioni che le persone compiono abitualmente, e a
cui si affidano per contrastare ansia e incertezze che derivano dai cambiamenti, inevitabili
prima o poi. Le superstizioni invece sono convinzioni completamente irrazionali e sono
considerate “rituali meno produttivi”, ad esempio la paura del numero 13 o dei gatti neri.
In che modo però i rituali si legano alle decisioni di acquisto? I prodotti e i marchi che
riescono ad associarsi ad un rituale hanno un impatto più aggressivo, riescono a farsi
comprare più facilmente; soprattutto negli ultimi anni, in cui la frenesia e l’instabilità
regnano sovrane, la ricerca di prodotti che danno anche solo un’illusione di comfort e
tranquillità è diventata indispensabile. I consumatori avvertono il bisogno di sentirsi
appartenenti ad una grande comunità, come ad esempio quella Apple, in cui le persone
condividono immagini con il proprio iPhone, chattano o ascoltano la musica con l’iPod. In
un recente spot di Apple venivano rappresentate tante persone in ambienti diversi e pieni di
contenuti emozionali che si scattavano foto al tramonto o in mezzo alla natura oppure
facevano panoramiche del paesaggio con il proprio iPhone e lo slogan conclusivo
affermava: “scatta le tue foto…con iPhone”. Questo brand infatti ha sempre cercato di
lavorare sul senso di appartenenza che molte persone necessitano di sentire nei confronti di
una comunità, è proprio per questo che i clienti abituali di Steve Jobs non sono semplici
consumatori, ma sono dei veri e propri fanatici, pronti anche a passare giornate o nottate in
coda fuori dagli stores per avere subito il nuovo iPhone o il nuovo iPad.
La verità è che la maggior parte delle persone sono schiave delle abitudini e in genere sono
avverse al cambiamento, alle cose e alle situazioni che non conoscono, perché sono
appunto sconosciute, rischiose e l’ignoto si sa che intimorisce. Ciò che ostacola il
passaggio da un brand ad un altro non è la fedeltà alla marca, bensì una sorta di tranquillità
e pace dei sensi collegata ad un’area del cervello legata alla memoria implicita, che
concerne tutte le abilità degli individui senza che abbiano bisogno di fermarsi a pensare
(Lindstrom, 2009).
2.2.5 I marcatori somatici 18
Per comprendere meglio, partiamo con un esempio. Un consumatore si trova in un
supermercato, di fronte allo scaffale dei cereali o quello dell’acqua; il processo di scelta
che riguarda quale scatola di cereali o quale marca di acqua minerale acquistare, richiede
circa 2 secondi; ma la decisione sarà razionale? La risposta è che sembrerà tale ma non lo
sarà.
Egli alla fine metterà nel carrello una particolare marca di acqua tra quelle presenti, ma se
qualcuno gli domandasse qual è stato il processo decisionale che lo ha portato ad
acquistare quella determinata bottiglia, probabilmente non saprebbe cosa dire e darebbe la
colpa all’istinto. L’istinto invece non rimane coinvolto, in realtà il motivo che sta alla base
delle scelte d’acquisto è costruito su una vita di relazioni, positive o negative, di cui le
persone non sono nemmeno coscienti. In verità pensano di esserlo ma non lo sono; quando
devono decidere quale prodotto acquistare, il cervello umano preleva ed elabora quantità
enormi di ricordi, informazioni ed emozioni passate, e le coordina trovando una risposta
rapida, una sorta di scorciatoia che permette di percorrere una vita di associazioni in pochi
secondi, e definisce la decisione di acquisto che è appena stata presa. Tale scorciatoia in
modo più scientifico viene chiamata marcatore somatico.
I marcatori somatici svolgono una funzione importantissima, infatti senza di essi le
persone non sarebbero in grado di prendere decisioni; funzionano come una sorta di
“segnalibri” della memoria, formati nel corso degli anni di vita da esperienze positive e
negative e sono fondamentali nel processo decisionale. Essi non si formano solamente
negli anni dell’infanzia o dell’adolescenza, per esempio a causa di una bruciatura toccando
una pentola bollente senza protezioni, ma vengono a formarsi ogni giorno: più marcatori
somatici una persona possiede, più è facilitata nel prendere decisioni, grazie appunto ad
una serie di reazioni inconscie nel cervello che portano ad una risposta rapida ed emotiva.
Ma come fanno le aziende a creare dei marcatori somatici per far sì che riemergano nella
mente dei consumatori, ricordi legati a quel brand o quel prodotto? Facciamo un esempio.
Se doveste cambiare gli pneumatici della vostra macchina verso quale scelta vi
rivolgereste? Essi appaiono tutti uguali ma tra i brand esistenti è probabile che vi
orientereste verso quelli Michelin, ma per quale motivo? La scelta in realtà non riguarda
gli pneumatici in sé ma i marcatori somatici che il brand è riuscito a creare nella mente dei
consumatori. Infatti l’omino Michelin, rotondo e paffuto, è immediato associarlo a
sicurezza, protezione, resistenza e durata; queste associazioni inconscie ed emotive nella
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mente, si uniscono per guidare i consumatori verso una decisione che potrà sembrare
razionale ma che non lo sarà.
Creare marcatori somatici per le imprese è un compito semplice e poco costoso. Essi
possono essere creati attraverso lo humor oppure sfruttando la natura umana, insicura e
timorosa; alcuni pubblicitari costruiscono marcatori somatici sulla paura, ad esempio il
brand Johnsons’s con lo shampoo No More Tears (Niente Più Lacrime) cerca di rievocare
nella memoria dei consumatori la paura delle lacrime e il ricordo del bruciore agli occhi,
avvicinandoli a quel prodotto (Lindstrom, 2009).
2.2.6 Sensory Branding
La vista è un fattore importante nella determinazione del processo decisionale e nel modo
in cui suggestiona il comportamento del consumatore. Tuttavia in molti casi, non è ritenuto
un mezzo così potente come era stato valutato finora, mentre ad esempio, olfatto e udito
sono sensi ritenuti molto più incisivi nella mente degli individui. I pubblicitari hanno
creduto per molto tempo che la visione del marchio ovunque le persone si trovassero, fosse
la chiave del successo, per questo si sono dedicati assiduamente al suo sviluppo e alla sua
distribuzione, facendo in modo che se lo trovassero ovunque, sempre davanti agli occhi. Il
marketing si è sempre concentrato sull’attrazione e motivazione dei propri consumatori
attraverso le immagini. Da tempi più recenti si è scoperto che le immagini visive sono più
efficaci se abbinate ad un altro dei cinque sensi. “Nasce così il Sensory Branding o
marketing sensoriale, che accosta il prodot