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Estratto del documento

Come afferma Guido Calogero, Parmenide è appunto il fondatore del logo antico, perché

è stato il primo la pone che legge reale. Così facendo, impone al reale una norma che

177

risulta assolutamente valida intrinsecamente, la norma della cosiddetta pura pensabilità .

In questo modo, cosa ci insegna Parmenide? Ci insegna di certo che il pensare avviene

attraverso la distinzione tra distinti dell’essere, cioè attraverso l’uso ragionato della

“copulazione”.

Di ciò è avvertito anche Aristotele quando afferma che Parmenide ragiona più

ritiene che accanto all’essere non si possa trovare il non essere.

oculatamente, perché

Secondo Parmenide l’essere non può essere altro da sé stesso 178

.

175 Cfr. I. A. Licciardi, Necessità e persuasione in Parmenide, in Rivista di filosofia neoscolastica, CXII, 4,

Milano: Vita e pensiero, 2020.

176

A. Moro, Breve storia del verbo essere. Viaggio al centro della frase, Milano, Adelphi, 2010, p. 24.

177

Cfr. G. Calogero, Studi sull’eleatismo, Firenze, La Nuova Italia, 1977, pp. 64-65.

178

Aristotele, Metafisica, Milano, Bompiani, 2000, pp. 31-33.

51 179

Parmenide, procedendo alla distinzione tra essere e non essere , deve conseguentemente

caratterizzare i caratteri ontici della realtà, per evitare pericolose contraddizioni come

l’attivazione della negazione dell’essere 180

.

L’unica via percorribile per sciogliere l’ambiguità, sembra quella di supporre che vi sia

fra i termini in questione una certa forma di comunicazione che consenta di stabilire che,

“alcuni sì e altri no”, comunicano in modo reciproco. 181

Se infatti nulla non può possedere alcuna capacità di comunicare , non sarà possibile

o qualunque altra cosa “siano”, perché,

affermare neanche che il movimento o la quiete

non comunicando con l’essere, appunto non “saranno” 182 .

In questa particolare prospettiva, risulterà quindi impossibile pensare stabilendo

connessioni fra termini diversi e si dovranno utilizzare parole come essere,

“separatamente”, “in sé” e così via, sempre indipendentemente le une dalle altre, perché

la stessa possibilità dell’attribuzione di qualcosa all’altro da sé sarà a questo punto

183

contraddittoria .

Se invece, al contrario, tutte le cose avessero la capacità di comunicare reciprocamente le

une con le altre, si realizzerà una condizione assurda di generale e contemporanea

179

Cfr. F. Fronterotta, Il non essere e la strategia dello straniero di Elea: deduzione o rimozione?, in Rivista

di storia della filosofia, LXX, 1, Franco Angeli, Milano, 2015.

180

Cfr. A. Pizzo, Ontologia in Parmenide: come e cosa si pensa quando si dice «è», inDialegesthai. Rivista

telematica di filosofia, anno 14, 2012.

181

F. Fronterotta, Il non essere e la strategia dello straniero di Elea: deduzione o rimozione?, in Rivista di

storia della filosofia, LXX, 1, Franco Angeli, Milano, 2015, p. 148.

182

Ibidem.

183

Se non si dà nessuna capacità di comunicazione, per nessuna cosa, con nessuna cosa e nei riguardi di

nessuna cosa, l’esito finale di una simile prospettiva sarà l’assoluto e totale annientamento di ogni possibile

connessione fra termini distinti, sul piano delle cose, delle nozioni e dei nomi, un esito che produce,

secondo una suggestiva formula diJ.M. E.Moravcsik, Being and meaning in the Sophist, in «Acta

PhilosophicaFennica», 14, 1962, p. 59, un sostanziale atomismo semantico e ontologico. In primo luogo,

infatti, riprendendo l’esame delle relazioni fra essere, quiete e movimento sfociato poco sopra nei più acuti

paradossi, senza nessuna “capacità” di comunicazione, non si darà nessuna comunicazione fra gli enti,

sicché nessun ente potrà innanzitutto entrare in relazione con l’essere, parteciparne e quindi trarre da

esso, in virtù di questa partecipazione, il proprio essere: tutte le cose che sono, in tal caso, privi di relazione

con l’essere, non saranno affatto se è vero che chiunque, ponendo qualunque principio, stabilisce una

relazione con l’essere di questo principio. A questa prima conseguenza, comunque di per sé esiziale per

ogni possibile dottrina, anzi già per il pensiero stesso, se ne accompagna naturalmente un’altra: non solo

con l’essere, come è ovvio, sarà impossibile porre una comunicazione, ma con tutte le cose che sono e fra

tutte le cose che sono, senza eccezione; se dunque, per assurdo, si potesse “fare a meno” dell’essere,

ogni punto di vista e ogni riflessione sarebbero comunque «sottosopra» in una condizione di

generale dissolvimento logico che coinvolgerebbe qualunque forma di espressione linguistica e

concettuale.

52

comunicazione, con la paradossale conseguenza che il movimento stesso starebbe fermo,

184

e la quiete a sua volta invece si muoverebbe .

A questo punto resta esclusivamente l’opzione prospettata in partenza, ovvero che le cose

che sono comunichino e si accordino fra loro solo in parte e secondo certi criteri, come

anche le lettere dell’alfabeto e le note musicali, che generano parole significative o

185

melodie, soltanto se combinate in un ordine determinato .

È anche interessante osservare la diversa terminologia adoperata da Aristotele rispetto a

Parmenide. per riferirsi all’essere

Infatti, Aristotele adopera già il neutro sostantivato tòòn

parmenideo, mentre l’eleate adopera la circonlocuzione, peraltro priva di un vero

“che è”.

soggetto, he mènóposéstin,

Lo slittamento semantico delle due ricerche è evidente, Parmenide non ha ancora reso

sostantivo l’oggetto “che è”, Aristotele considera l’essere quel che è.

pur accettando che il soggetto sia l’essere, non hanno voluto vedere un

Alcuni studiosi,

semplice tautologia, ma l’esplicitazione del principio di identità e non contraddizione; se

ciò si accettasse per vero, allora bisognerebbe ridurre l’intera filosofia Parmenidea ad

un’analitica.

Vi è poi chi accetta che il soggetto sia l’essere, ma ritiene che non abbia solo una portata

logica bensì anche fisico-metafisica: in sostanza, i due piani, quello logico e quello ontico,

– –

riuscirebbero a convivere in virtù o in vizio, secondi alcuni di una non ancora

186

esplicitata differenza tra il significato esistenziale e quello predicativo .

184

In tal caso, tutte le cose che sono finirebbero infatti per congiungersi confusamente l’una con l’altrae,

conseguentemente, concetti, nozioni e nomi, che a quelle si riferiscono, potrebbero essere connessi fra

loro senza regola, producendo una prospettiva di assoluta indistinzione, un’unità indiscriminata che si

fonda non sull’identità, ma sull’impropria ed esteriore sovrapposizione dei diversi.

185

F. Fronterotta, Il non essere e la strategia dello straniero di Elea: deduzione o rimozione?, in Rivista di

storia della filosofia, LXX, 1, Franco Angeli, Milano, 2015, p. 149.

186 «[…] the ambiguity, of whichParmenideshimselfwasunconscius, between the predicative and the

existentialsenses of the Greek word esti» (G. S. Kirk e J. E.Raven, The presocraticphilosophers: a

criticalhistory with a selection of texts, 1° Ed., Cambridge: Cambridge University Press, 269, 1957,

http://catalog.hathitrust.org/api/volumes/oclc/5957327.html).

Con la seconda edizione (1983) di questo testo Schofield aggiungerà che in Parmenide non si può parlare

propriamente di confusione: «Parmenides use of estinissimultaneouslyexistential and predicative […]

butnottherefore […] confused» (G. S. Kirk, J. E.Raven e M.Schofield, The PresocraticPhilosophers: A Critical

History with a Selection of Texts, 2° Ed., Cambridge: Cambridge University Press, 246, 2008). Secondo

Patricia Curd il cambiamento di posizione da parte di Schofield è dovuto all’influsso di Barnes (P. Curd, The

Legacy of Parmenides: EleaticMonism and LaterPresocraticThought,Princeton, New Jersey: Princeton

University Press, 1998).

53

Parmenide è colui che per primo intravede il sentiero del giorno e si fa interprete della

verità originaria. Primo testimone, dunque, ma, insieme, anche primo responsabile del

tramonto dell’essere 187

.

Infatti per Parmenide, solo l’essere è; dunque, gli enti, le determinazioni, tutto ciò che

appare, e che appare come diveniente, non è essere, ma solo nomi.

188

Se per Aristotele la differenza tra un giudizio predicativo ed uno esistenziale si può

comprendere con una distinzione logica (nel senso aristotelico del termine) tra l’essere

e l’essere accidentale (κατὰσυμβεβηκός),

per sé (καθ’αυτο) per Parmenide, invece, il

ragionamento si interrompe ad uno stadio precedente, ovvero nel momento in cui il verbo

essere entra nella frase, prima ancora che esso sia “completato” con un predicato

nominale (nel senso predicativo) o che venga reso “assoluto” con un punto fermo (nel

senso esistenziale).

A questo punto, nel momento in cui il verbo essere entra in gioco, sarà per dirci qualcosa:

il verbo essere è l’essenziale, è la forma universale di ogni cosa, che sia predicato od ogni

189

possibile qualificazione .

Quello che ci vuole dire è in ogni caso qualcosa di reale e vero.

Sebbene sia facile interpretare quest’ultima frase in senso idealista o realista, Calogero

190

torna più volte sullo stesso argomento .

Per Calogero, bisogna prima di tutto guardare il frammento B 8.34, cioè dove Parmenide

spiegherebbe il rapporto tra l’essere e il pensiero:

ταὐτὸν δ’ ἐστὶνοεῖντε καὶ οὕνεκενἔστινόημα.

Questo passo di volta in volta è stato interpretato in diversi modi, soprattutto a motivo di

οὕνεκεν, letto in genere in modo causale (ciò per cui), finalistico (ciò in vista di cui),

ὅτι 191

oppure semplicemente dichiarativo come sinonimo di (che) .

187

E. Severino, Ritornare a Parmenide, in Essenza del nichilismo, Adelphi, Milano, 2010, p. 23.

188 Cfr. G. Calogero, Studi sull’Eleatismo. Nuova Edizione accresciuta di due appendici, La nuova Italia,

Firenze, 1977, p. 5.

189

Dettagli
A.A. 2023-2024
101 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/02 Logica e filosofia della scienza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher formaggiodiletta di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Logica e filosofia della scienza e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica "e-Campus" di Novedrate (CO) o del prof Pizzichemi Lorenzo Leonardo.