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Pertanto, essendo solo quando
questa giunge allo stadio dell’immaginazione si dà per noi la percezione; in effetti, una cosa è l’atto di
pensiero, un’altra la percezione di esso, e se pure noi non smettiamo di pensare, non sempre ne
abbiamo consapevolezza. Il motivo di ciò sta nel fatto che la parte di noi che è deputata alla ricezione
223
non accoglie solo pensieri, ma anche, per vie diverse, sensazioni .
La mancata consapevolezza dell’attività noetica svolta dalla parte superiore della nostra anima,
tuttavia, non è giudicata negativamente da Plotino, che anzi, si preoccupa di evidenziare come tale
attività tragga forza e sostentamento proprio dal fatto di rimanere ignota agli altri livelli dell’anima.
esordisce in maniera provocatoria, all’inizio del decimo capitolo: “Ma forse questa
Così Plotino
attività (l’attività di pensiero) gli rimane ignota perché non riguarda gli oggetti sensibili. Pare infatti
che la nostra mente, tramite la mediazione della sensazione, rimanga a questo livello, occupandosi
”.
224
degli oggetti sensibili. Qui Plotino, come spesso accade, evoca una tesi che intende tuttavia
respingere, e la tesi che intende respingere è quella secondo cui, ogni attività di pensiero richiede la
sensazione. Plotino ritiene infatti, come dicevamo poc’anzi, che l’attività più alta di pensiero non
necessiti del supporto di immagini, di rappresentazioni, poiché è un pensiero completamente astratto.
Plotino: “l’Intelligenza non dovrebbe essere attiva, e così pure l’Anima
Perché mai, prosegue tuttavia
a essa orientata, la quale ha la precedenza rispetto alla sensazione e, in generale, rispetto a ogni
”. Ciò che intende dire Plotino, è che esiste un’attività di pensiero che non rimane al
225
percezione?
livello sensibile, ed è un tipo di pensiero irrappresentabile, che non ha bisogno di essere percepito o
associato alla coscienza. Con il suo solito modo tortuoso di argomentare, Plotino cerca dunque di
223 Enn. IV 3 [27], 30, 11-16.
224 Enn. I 4 [46], 10, 1-4 (trad. di M. Bonazzi).
225 Enn. I 4 [46], 10, 4-5. 69
portare avanti la tesi secondo cui, esiste un’attività di pensiero che è pienamente attiva, anche se non
è associata alla sensazione e alla coscienza, e non è dunque rappresentabile. Questa attività di pensiero
è quella dell’anima superiore, o non discesa, che ci caratterizza sempre, anche se non lo sappiamo e
non ne siamo coscienti.
Il punto che Plotino aspira a far vedere dunque, è che, questo tipo di pensiero non ha bisogno di essere
percepito per essere attivo, perché che noi lo percepiamo o meno è comunque attivo e ci caratterizza,
poiché il nostro sé superiore è comunque in perenne contemplazione delle Idee che noi lo sappiamo
o meno. La nostra attività contemplativa dunque, è sempre in atto ed è sempre presente.
“Se
Inoltre, osserva Plotino, citando Parmenide (fr. 28B 3 D.K.).: si vuole salvare il principio per il
percezione ci sia un’attività” 226
«quale pensare ed essere coincidono», bisogna che prima di ogni . Se
dunque affermiamo l’identità di essere e pensiero, non possiamo far coincidere la realtà col solo
pensiero associato alla percezione o alla coscienza. Deve esserci quindi un tipo di pensiero e di realtà
che si pone al di là della nostra coscienza empirica, indipendente dal fatto che sia associato a una
sensazione.
Plotino tuttavia, non intende dire che la sensazione non capita mai, ci sono infatti dei casi particolari
in cui riusciamo ad avere coscienza di questo tipo pensiero più alto, e ciò avviene quando associamo
un contenuto rappresentativo alla nostra attività di pensiero superiore, e non discorsivo. Quando cioè,
riusciamo ad usare le nostre rappresentazioni non come un mezzo di conoscenza del mondo sensibile,
l’intelligibile nel sensibile. Aggiunge infatti subito dopo:
ma come un mezzo tramite cui ritroviamo
“La percezione sembra che ci sia e si produca quando il pensiero si ripiega su se stesso e ciò che è
attivo a livello della vita dell’anima è per così dire rimandato indietro, come un’immagine in uno
specchio, quando la superficie liscia e luminosa resta immobile” 227 . È come se questo pensiero più
alto, ad un certo punto si rendesse manifesto, diventasse cioè accessibile e venisse riflesso a tutto il
resto. In realtà però, si tratta di un pensiero che è sempre in atto, ed è sempre irrappresentabile,
tuttavia, capita per così dire che, ad un certo punto questo pensiero diventi accessibile e si renda
manifesto, palesandosi a livello della nostra coscienza ordinaria.
Contrariamente a coloro i quali, come Aristotele, ritengono che, per pensare occorra necessariamente
anche una rappresentazione, e che dunque non possa esistere un pensiero irrappresentabile, Plotino
ritiene invece che sì, ci vuole la rappresentazione, ma non per pensare, poiché in realtà il pensiero più
autentico per Plotino è proprio quello privo di rappresentazione, ma per far sì che questo pensiero
diventi percepibile a tutta l’anima, e per questo venga rimandato a sé stesso. Non è dunque possibile
226 Cfr. Enn. I 4 [46], 10, 5-6.
227 Enn. I 4 [46], 10, 6-9 (trad. di M. Bonazzi). 70
rappresentarsi direttamente il pensiero, tuttavia in alcuni casi è possibile associare la rappresentazione
al pensiero.
Molte azioni di ordine pratico, osserva d’altronde Plotino sono compiute in modo inconsapevole, e
appaiono anzi più efficaci proprio nella misura in cui sfuggono alla coscienza:
Del resto non è necessario che un lettore sia consapevole di leggere, tanto più se legge con attenzione.
Neppure l’uomo che opera con ardimento si rende conto di essere coraggioso né quando agisce, di
avere una condotta conforme al coraggio […]. Addirittura si direbbe che la coscienza corre il rischio
di appannare gli atti che rende consapevoli, i quali, invece, lasciati a sé soli, talora guadagnerebbero in
Pertanto, se l’uomo retto si trova in questa condizione, la sua vita vale di
autenticità, forza e vivacità. 228
più, perché non si disperde nella sensazione, ma si concentra in sé, nella propria interiorità .
Quello della lettura in effetti è uno degli esempi a cui Plotino ricorre più di frequente, e che meglio
chiarisce la sua posizione. Colui che legge intensamente infatti, non si accorge di farlo, anche perché,
se ne fosse cosciente non starebbe leggendo intensamente, e questa è appunto l’anima superiore. Ad
un certo punto squilla il telefono, e solo allora il lettore si accorge di aver letto intensamente, tuttavia,
non sapeva di leggere intensamente mentre leggeva intensamente.
Qualcosa di analogo accade anche per quanto riguarda il pensiero dell’anima non discesa, che è
sempre in atto che noi lo sappiamo o meno, ed è sempre irrappresentabile. Tuttavia, quando questo
pensiero è come rispecchiato, riflesso in sé, e quindi in tal caso è associato a una sensazione, allora e
o meno tale pensiero c’è comunque ed è
solo allora lo apprendiamo, ma che noi lo apprendiamo
comunque attivo. Questa in breve la tesi che Plotino cerca di far valere: il pensiero in quanto tale è
semplicemente quello che è, ed è sempre attivo, tuttavia, nel momento in cui è riflesso diventa
l’anima ne prende coscienza.
accessibile, e tutta
L’immagine dello specchio tra l’altro
rinvia a un noto passo del Timeo (71a- 72c), in cui il fegato
viene assimilato a uno specchio che riceve dall’alto le immagini trasmesse dalla parte razionale e
gli impulsi provenienti dalla parte appetitiva. Parimenti è come se, l’Intelletto
destinate a controllare
potesse riflettere delle immagini sulla superficie liscia del fegato.
Naturalmente Plotino, riprende la descrizione del fegato proposta nel Timeo, e la dematerializza, ne
“[…] nel nostro esempio, se c’è lo specchio
fa cioè una descrizione delle nostre facoltà psichiche:
deve esserci anche l’immagine; ma se lo specchio non c’è, o non è della giusta qualità, ciò non toglie
che l’oggetto di cui si dà l’immagine possa ben esistere ”.Che
229
e essere in atto ci sia o meno lo
228 Enn. I 4 [46], 10, 25- 33.
229 Enn. I 4 [46], 10, 10-12. 71
specchio dunque, nulla vieta che sia presente l’immagine di cui si dà il riflesso ; allo stesso modo, la
mancata consapevolezza, la mancata percezione dell’attività noetica del nostro sé superiore, non
inficia in alcun modo tale attività, la quale continua ad essere presente e attiva, al di là del nostro
grado di consapevolezza. L’apprensione cosciente semplicemente rende rappresentabile e percepibile
a tutta l’anima, un pensiero che di per sé è irrappresentabile, ma che permane attivo e immutabile al
di là della nostra percezione e della nostra coscienza:
Lo stesso vale anche per l’Anima, dove la parte che in noi è analoga allo specchio rimane stabile e
dell’Intelligenza: in tal modo possiamo coglierle quasi con evidenza
riflette le immagini della mente e
sensibile, grazie alla forma originaria della conoscenza, perché sono l’Intelligenza e la ragione a
Ma se questa parte dello specchio va in pezzi perché è turbata l’armonia
entrare in azione. del corpo,
allora la ragione e così pure l’Intelligenza pensano facendo a meno dell’immagine, sicché si ha un atto
di pensiero senza alcuna rappresentazione.
Il punto è questo: quando l’armonia, cioè la struttura del nostro corpo è equilibrata e tranquilla, si
riflettono in esso le immagini delle attività intellettuali, e noi siamo dunque in grado di percepire in
modo quasi sensibile l’attività intellettuale del nostro sé superiore. Quando invece lo specchio va in
frantumi perché è turbata l’armonia del corpo, pensiero e immagine si separano, e viene meno la
consapevolezza del pensare, sebbene questo non pregiudichi in alcun modo la prosecuzione del
230
pensiero, che semplicemente si realizza senza immagini .
le immagini fanno un’altra cosa, comunque
Pertanto, anche quando non ce ne accorgiamo, quando
noi pensiamo; sicché dice Plotino si potrebbe pensare che, il pensiero si accompagna alla
231
rappresentazione, poiché esso stesso non è rappresentazione . Ciò su cui Plotino sembra in