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Giacobbo, dall’inizio, e cioè dalla situazione che
Leonardo doveva rappresentare: l’ultima cena tra
Gesù e i suoi discepoli più vicini, i dodici
apostoli: “sono proprio quattro di loro a
raccontarci nei Vangeli ciò che sarebbe successo
quella sera” .
(22) ,
Leonardo da Vinci L’ultima cena (1494-1497)
(22) Roberto Giacobbo, Il segreto di Leonardo (sulle tracce di
Maria), Rizzoli, Milano 2005.
Il racconto dell’ultima cena, aggiunge lo scrittore,
sembra essere abbastanza chiaro, e deve aver
fornito a Leonardo da Vinci elementi sufficienti
per una raffigurazione fedele: “egli pare proprio
essersi ispirato al momento preciso del discorso di
Gesù agli apostoli, descrivendo con la sua solita
sensibilità, le sensazione e le reazioni di
ognuno” .
(23)
Il Cenacolo è l’opera più importante e
impegnativa di Leonardo. Una pittura murale
iniziata nel 1495 e finita entro il 1498. Sappiamo
poco del suo lavoro per quella che sarebbe
diventata una delle opere più amate, e anche gli
studiosi preparatori che sono arrivati fino a noi
non sono molto numerosi. Si racconta che abbia
confidato al segretario del cardinale Luigi
d’Aragona che, per i volti ritratti nel Cenacolo, si
sarebbe ispirato in parte alla corte di Ludovico
Sforza, in parte a persone viste per strada e in
parte ai suoi studi di fisiognomica. Solo così,
secondo Giacobbo “poteva rendere, come ha fatto,
la varietà dei sentimenti che si alternavano sul
tavolo dell’ultima cena, rendendo al meglio quelli
che chiamava i “moti mentali” degli apostoli” .
(24)
(23) Roberto Giacobbo, IL segreto di leonardo (sulle tracce di Maria),
Rizzoli, Milano 2005. 84
(24) Ibidem.
Vasari racconta che Leonardo “fece ancora in
Milano né frati di S. Domenico a S. Maria delle
Grazie un Cenacolo, cosa bellissima e
meravigliosa, et alle teste degli Apostoli diede
tanta maestà e bellezza. Che quella del Cristo
lasciò imperfetta, non pensando poterle dare
quella divinità celeste, che a l’immagine di Cristo
si richiede” . Studi e osservazioni non
(25)
avrebbero, quindi, risolto il problema di
Leonardo, che non sarebbe riuscito, nonostante
tutto, a trovare il volto perfetto per Gesù. Che si
sia dedicato con grande impegno all’affresco è
cosa, comunque, ormai certa. La sua attenzione al
racconto evangelico è stata talmente grande da
portarlo a definire il punto di vista a sei metri
d’altezza, come sarebbe stato in realtà per un
uomo in una stanza posta al secondo piano.
Proprio dove, secondo il racconto, si sarebbe
trovata la sala nella quale Gesù e gli apostoli
avrebbero consumato insieme l’ultima cena. Posta
così in alto, l’opera già all’epoca incantava
chiunque la guardasse. 85
(25) Giorgio Vasari, Le vite dè più eccellenti architetti, pittori et
scultori italiani, da Cimabue ai tempi nostri, Einaudi, Torino 1986.
Ognuno cercava in quei tredici volti le tracce di
un’età, di un carattere e di un sentimento, in un
momento della cena altamente drammatico:
quello in cui Gesù rivela che uno dei presenti lo
tradirà.
“La quale opera, rimanendo così per finita è stata
dai milanesi tenuta del continuo in grandissima
venerazione, e dagli altri forestieri ancora, atteso
che Lionardo si immaginò e riuscirgli di
esprimere quel sospetto che era entrato
negl’Apostoli, di voler sapere chi tradiva il loro
maestro” racconta il Vasari. Questo era quindi
,
(26)
il senso dell’opera per Roberto Giacobbo
“l’espressione evidente dell’interiorità di ognuno
davanti al pensiero del tradimento” .
(27)
Scrive il Vasari “per il che si vede nel viso di tutti
loro l’amore, la paura e lo sdegno, o vero il
dolore, di non potere intendere lo animo di
Cristo” . E proprio l’animo di Cristo, insieme a
(28)
quello di Giuda, deve aver creato qualche
problema a Leonardo. 86
(26) Giorgio Vasari, opera citata.
(27) Roberto Giacobbo, opera citata.
(28) Giorgio Vasari, opera citata.
Le cronache del Vasari, infatti, ci riportano un
aneddoto che la dice lunga sullo spirito del
Maestro: “dicesi che il priore di quel luogo
sollecitava molto inopportunamente Lionardo che
finissi l’opera, parendogli strano veder talora
Lionardo starsi un mezzo giorno per volta astratto
in considerazione, et arebbe voluto, come faceva
dell’opere che zappavano ne l’orto, che egli non
avesse mai fermo il pennello. E non gli bastando
questo, se ne dolse col Duca e tanto lo rinfocolò,
che fu costretto a mandar per Lionardo e
destramente sollecitarli l’opera. Lionardo,
conoscendo l’ingegno di quel principe esser acuto
e discreto, volse (quel che non aveva mai fatto
con quel priore) discorrere col Duca largamente
sopra di questo; gli ragionò assai dell’arte, e lo
fece capace che gl’ingegni elevati, talor che
manco lavorano, più adoperano, cercando con la
mente l’invenzioni, e formandosi quelle perfette
idee che poi esprimono e ritraggono le mani da
quelle già concepite ne l’intelletto. E gli
soggiunse che ancora gli mancava due teste da
fare, quella di Cristo, della quale non voleva
cercare in terra e non poteva tanto pensare, che
nella immaginazione gli paresse poter concepire
quella bellezza e celeste grazia, che dovette essere
87
quella de la divinità incarnata. Gli mancava poi
quella di Giuda, che ancora gli metteva pensiero,
non credendo potersi immaginare una forma, da
esprimere il volto di colui, che dopo tanti benefizi
ricevuti, avessi avuto l’animo sì fiero, che gli fussi
risoluto di tradir il suo Signore e creator del
mondo, purché di questa seconda ne cercherebbe,
ma che alla fine non trovando meglio, non gli
mancherebbe quella di quel priore, tanto
importuno e indiscreto” .
(29)
Insomma, alla fine Leonardo, può veramente aver
preso per buono il volto del priore fastidioso per
dipingere il volto di Giuda? E finora è stato visto
proprio tutto quello che Leonardo ha pensato di
comunicare? Si chiede Giacobbo.
Che il Cenacolo abbia avuto una vita difficile è
risaputo. La tecnica, diversa dal solito, usata da
Leonardo, ha portato a un risultato meno
duraturo,che ha richiesto diversi interventi
successivi e infine un restauro di notevole
complessità. La stessa sala, il refettorio del
convento, aveva problemi d’umidità che si sono
rivelati drammatici quando i soldati francesi
l’hanno usata addirittura come stalla per i loro
cavalli. Ma forse questo era un rischio che
Leonardo sapeva di poter correre per la sua opera.
88
(29) Giorgio Vasari, opera citata.
Quello che, invece, probabilmente non si
aspettava, è che il suo affresco servisse un giorno
per tentare di scardinare i principi della religione
cattolica. Nel Cenacolo, infatti, alcuni autori di
bestseller, dichiarano di vedere un messaggio
nascosto: “la prova del matrimonio tra Gesù e
Maria Maddalena e del ruolo fondamentale che
quest’ultima avrebbe avuto nella prima Chiesa
cristiana, prima quindi dell’intervento decisivo
degli apostoli” In poche parole, questa è la tesi
.
(30)
portata avanti nel “Codice da Vinci”, la figura alla
destra di Gesù, finora identificata con San
Giovanni, sarebbe invece una donna, e
precisamente Maddalena. Sempre secondo questo
punto di vista, sarebbe evidente, nel volto accanto
a Gesù, il simbolo del femminino sacro,
fortemente presente nell’Ultima Cena. Inoltre,
sarebbe possibile riconoscere una grande “M” tra
lo sfondo e le figure, iniziale, ovviamente, di
Maria Maddalena e quindi ulteriore prova della
sua supremazia all’interno del gruppo. Chissà
cosa ne direbbe Leonardo.
Scrivendo “Delle misure universali dé corpi”,
Leonardo si appunta che “le misure universali si
debbono osservare nelle lunghezze delle figure, e
non nelle grossezze. 89
(30) Dan Brown, Il Codice Da Vinci, Mondadori.
Adonque tu, imitatore di tal natura, guarda et
atende alla varietà dè lineamenti. Piacemi bene
che tu fuggi le cose mostruose, come di gambe
lunghe, e busti corti, e petti stretti e braccia
lunghe”. E’ lo stesso Leonardo poi a scrivere in
calce a un disegno preparatorio per il Cenacolo
oggi conservato a Windsor: “Pensa bene chi ella è
e quello che tu vuoi che ella facci”. Con questi
presupposti, un particolare sembra veramente
strano. Guardando con attenzione il Cenacolo, si
nota una mano che impugna il coltello, una mano,
in realtà, che non si capisce bene a chi appartenga.
Non solo. Uno come Leonardo che ha fatto delle
proporzioni umane, delle misurazioni e delle
lunghezze degli arti un punto d’onore, come può
aver dipinto un arto così sproporzionato?
Un braccio mostruoso molto più lungo di
qualunque altro rappresentato nel dipinto, nel caso
appartenesse a uno dei volti presenti. Il polso
della mano col pugnale sembra essere stato
dipinto successivamente e con un colore diverso.
Un rosso scuro che ci fa pensare alle tecniche dei
primi restauri avvenuti già pochi anni dopo la
morte di Leonardo. A quel tempo (come nel primo
restauro documentato fatto da Michelangelo
Bellotti nel 1725), si usava coprire con un latro
90
colore i danni del tempo, aggiungendo spesso altri
particolari. Come è successo agli occhi di Taddeo,
alla barba di Matteo e alle bocche di altri due
apostoli, tutti corretti, guarda caso con un rosso
simile a quello del polso incriminato. A conferma
dell’ipotesi di un polso aggiunto successivamente,
vi è una linea che sembra essere la naturale
prosecuzione di un braccio non piegato ma teso,
spiega Giacobbo, che sparisce dietro i corpi degli
apostoli in primo piano, probabilmente per
attaccarsi ad un corpo chino e nascosto dietro la
tavola. E perché questa mano, a questo punto
ignota, impugnerebbe proprio un coltello? E se in
realtà non appartenesse a nessuno degli apostoli
seduti a tavola ma ad un uomo al momento
nascosto? Egli si chiede. I commensali, in questo
caso sarebbero quattordici e non più tredici: ci
sarebbe, allora, posto per un’altra persona.
Una mano ignota, dunque, armata di coltello, che
spunta tra i commensali dell’ultima cena.
Ricordando le parole del Vasari,