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INCIDENTI IN IMMERSIONE SUBACQUEA
L’INCIDENZA DEL FATTORE UMANO
3.1 Dati empirici sulle principali cause di mortalità in
immersione
Nel 1970, il direttore della National Underwater Accident Data Centre
(NUADC) dell’University of Rhode Island, Dr John J.McAniff, iniziò ad
effettuare una collezione sistematica di informazioni riguardanti i casi di
incidenti nelgi Stati Uniti e pubblicò una serie di report dal 1970 al 1989.
Nell 1989 il Diving Alert Network (DAN) cominciò ad appoggiare il
lavoro di raccolta e sviluppo dati di McAniff lavorando con lui fino alla
data del suo pensionamento nel 1995.
Dal 1989 il DAN continua a raccogliere dati base per lo studio dei fattori
di rischio sospetti nell’attività subacquea pubblicando sotto la propria
responsabilità un resoconto annuale. I dati messi assieme da questa
agenzia derivano da fonti pubbliche, private e risorse ufficiali. I membri
sub che sostengo e si appoggiano a questa fondazione sono più di 300,000
ma il DAN non è l’unica agenzia di investigazione al mondo in questo
campo.
In Europa, oltre alla DAN Europe, anche la BSAC, British-Sub-Aqua-
Club, con i sui 30.000 membri ed il suo impegno nel riportare gli incidenti
per oltre 40 anni, fornisce un valido sostegno alla ricerca dei fattori
determianti infortunio in immersione e loro prevenzione. Ai precendenti,
deve essere aggiunto anche il “Project Stickybeak” Australiano e Neo
Zelandese (ANZ) gestito dal Dr Douglas Walker che nonostante contenga
quantità di dati molto minori rispetto a quelli del DAN, risultano meglio
catalogati e più dettagliati.
Fig.6 Conteggio annuale della mortalità in immersione ricreativa di quattro
organizzazioni (Vann & Lang, 2011.
I dati riportati nella fig.1 mostrano l’incidenza di mortalità negli anni in
considerazione, evidenziando una relativa stabilità. Il grafico permette
inoltre di intuire quanto il numero di subacquei ricreativi in Gran Bretagna,
Australia e Europa sia di gran lunga inferiore a quello degli Stati Uniti e
Canada. Il denominatore della valutazione del rischio in immersione è
rappresentato dal numero totale di soggetti praticanti questa attività nel
mondo e senza tale valore, una realistica determianzione ed un preciso
calcolo statistico sugli incidenti in immersione e loro incidenza non può
essere correttamente sviluppato. Il “quanto corrisponde l’effettivo
ammontare della popolazione subacquei nel mondo”, sembra essere un
tema abbastanza discusso a causa delle modalità di stima di tale numero:
considerare o meno solo i sub attivi, identificare le certificazioni doppie,
quantificare ed escludere gli abbandoni.
Con il “Models for Estimating the Diver Population of the United States:
An Assessment”, il Dr. Al Hornsby, vice presidente della PADI
Worldwide, esamina il tema di conflitto e dimostra che il metodo e
l’originale stima effettuata da McAniff sul numero totale di praticanti
l’attività subacquea rimane valida ed è stata sostenuta fino ad oggi da altri
studi indipendenti (Hornsby, 2011):
National Safety Council 1991 “Accident Facts” –2.6 million
- NSGA 1994 “Sports Participation Study” –2.378 million (esclude
- Alaska e Hawaii)
NSGA 1998 “Sports Participation Study” –2.558 million
- American Sports Data, Inc. 1999 “Super Study of Sports Participation”
- –3.2 million
Media Mark Research, Inc. 1999 “MRI Sports Trends: Total Scuba
- Diving Participation” –2.5 million
SGMA 2006 “USA Sports Participation Study” –2.96 million
- SGMA 2008 “USA Sports Participation Study” –3.216 million
-
Renee Duncan del Divers Alert Network, ha dichiarato: ”Non c’è un reale
numero di sommozzatori certificati perchè questo non è un settore
regolamentato, pertanto questo sarà sempre un dato discutibile. Noi
abbiamo citato un numero pari a 1-3 milioni nei nostri rapporti sugli
incidenti in immersione”. Partendo da una base poco solida di riferimento
qual’è il numero totale di sommozzatori sportivi, anche il tasso di mortalità
ricavato risulterà relativamente affidabile.
Tav.4 Tasso di mortalità in immersione negli Stati Uniti, Regno Unito,
Australia e Europa
POPOLAZIONE RISCHIO FONTE
Sommozzatori sportivi (USA) 1/6000 Denoble, Caruso et al.(2008)
Sommozzatori sportivi (UK) 1/5500 Cumming (2008)
Sommozzatori sportivi (AUS) 1/28000 Lippmann et al.(2008)
Sommozzatori Sportivi (EU) 1/1400 Unpublished
I risultati ottenuti dal DAN-USA (USA), EDAN (EU) e BASC (UK) sono
stati ricavati per misurazione, mentre i dati australiani derivano da
sondaggi. I membri del DAN Europa, al contrario di quelli americani,
rappresentano solo una piccola parte di tutti gli individui europei che
praticano subacquea, pertanto il valore potrebbe discostarsi molto dal
valore effettivo della popolazione sommozzatori europei.
L’estimazione del rischio in immersione tra Stati Uniti e Regno Unito
sembra non mostrare marcate differenze e questo non solo rispetto al 2008
ma per tutto il periodo 2000-2006.
Fig.7 Tendenza di mortalità in 50anni tra i membri BSAC e DNA
(Vann & Lang, 2011).
Nel grafico si evidenzia una marcata variabilità con una tendenza generale
decrescente dell’incidenza di mortalità in rapporto al numero totale di
sommozzatori: 60/100,000 nel 1972, 15/100,000 nel 2006.
Il numero di incidenti espresso in valore assoluto non tiene conto del
denominatore “popolazione”, ma anche in questo caso, non abbiamo una
certezza pari al cento percento che tutti i casi di mortalità legati all’attività
subacquea siano stati rilevati dalle agenzia di assicurazione che svolgono
la raccolta dati, alcuni potrebbero mancare.
Il numero di incidenti mortali in valore assoluto in immersione, rilevati
negli Stati Uniti e Canada, risulta essere abbastanza stabile dal 1995 al
2006.
Fig.8 Registro annule delle mortalità in immersione in USA e Canada (DAN,
2007).
Il forte incremento che appare dal 2006, può essere dovuto ad un effettivo
aumento di incidenti mortali e/o ad un incremento dei report compilati per
un aumentato interesse comunitario. Lo stesso grafico relativo alla
comunità anglosassone, presenta una casistica annua molto minore, con
numeri compresi tra 10-25 nel periodo 2000-2009 (Cumming 2000-2009).
Tenendo da parte gli incidenti che possono verificarsi durante la
preparazione all’immersione in acqua e cioè durante la fase di vestizione
(ipertermia/ipotermia, superaffaticamento, traumi legati al maneggio
dell’attrezzatura, cinetosi, disidratazione), si espone nella tabella di seguito
i principali incidenti che possono occorrere dall’ingresso in acqua al
termine dell’attività, distinguendoli per successione cronologica.
Tav.5 Classificazione cronologica e fisiopatologia degli incidenti in immersione.
Classificazione Meccanismo Tipo di incidente
Superficie Incidenti Acquatici Trauma. Idrocuzione. Affogamento.
Ipotermia. Contaminazione.
Discesa Primari o Aumento della Barotrauma(BT):
Meccanici pressione negli spazi Auricolare. Facciale.
aerei del corpo Seno paranasale. Polmonare.
Fondo Secondari o Aumento della Intossicazione: O , CO, CO .
2 2
Biochimici pressione parziale dei Narcosi: N .
2
gas
Aumento della Accumulo progressivo di N disciolto nel
2
solubilità dei gas sangue e nei tessuti.
Ascesa Primari o Diminuzione della Barotrauma(BT):
Meccanici pressione negli spazi Auricolare. Seno paranasale. Dentale.
aerei del corpo. Gastrintestinale. Polmonare: Efisema
sottocutanei, Enfisema mediastinico,
Pneumotorace, Embolia Gassosa.
Secondari o Presenza di bolle di Malattia da decompressione(MDD):
Biochimici azoto tissutali o di primo tipo (forma lieve),
intravascolari di secondo tipo (forma grave).
Gli incidenti sopra elencati sono limitati all’immersione con ARA
(autorespiratore ad aria) detto anche SCUBA (Self Contained Underwater
Breathing Aparatus) ad aria compressa.
L’incidente da trauma che può passare quando ancora in superficie, è la
conseguenza di urti con l’imbarcazione durante l’ingresso in acqua o
lesioni causate da un innavvertito impatto con l’elica dell’imbarco così
come lesioni provocate da animali marini quali meduse, ricci etc.
L’ingresso in acque fredde dopo una alunga esposizione al sole può
causare uno schok termico con sincope (Idrocuzione) che può oltremodo
sovraintendere all’annegamento.
Una cattiva pulizia delle orecchie e/o lo svolgere frequenti immersioni,
può determinare la perdita del naturale cerume di protezione dell’orecchio
e favorire la crescita di batteri causa di infezioni dell’apparato uditivo.
Il contatto di un orecchio lacerato con acque contaminate causa prurito,
dolori ed infezioni. Acque chimicamente contaminate e materiali tossici
possono, inoltre, irritare la pelle o provocare varie complicazioni se
ingeriti.
Scendendo sotto la superficie dell’acqua, l’aumento della pressione ha
effetti di tipo meccano e biochimo sull’organismo umano e in fase di
discesa e durante la permanenza sul fondo, così come in ascesa. Durante la
fase di discesa gli spazi vuoti del corpo umano (stomaco, polmoni etc.)
subiscono l’azione meccanica della pressione, comprimendosi fino ad un
raro, ma possibile schiacciamento. Al contrario durante la risalita, la
diminuzione della pressione provoca il rigonfiamento degli spazi chiusi,
rischiando un eccessiva espansione.
Contrariamente all’idea comune che il pericolo pressione è principalmente
legato alla profondità, i maggiori problemi si manifestano a basse
profondità dove i cambi di volume sono più importanti. L’organismo
umano ha una buona capacità di sopportare elevate pressioni ambientali,
rispondendo, però, meno positivamente alle variazioni rapide. La
mancanza di equilibrio tra la pressione ambientale e quella dell’organismo
o la pressione del corpo e quella dell’aria respirata dalla bombola, provoca
barotraumi (BT). Il barotrauma si può manifestare sia in discesa che in
ascesa, momenti in cui i cambiamenti pressori provocano una variazione
dei volumi degli organi cavi contenenti gas.
Il rischio è maggiore a basse profondità perchè già a 10m la pressione
(2ATA) determina il dimezzamento dei volumi in discesa ed il raddoppio
in ascesa.
Un mancato ri-equilibrio tra le pressioni interne ed esterne dell’orecchio
può provocare la rottura della membrana timpanica.
Il barotrauma dell’orecchio esterno è associ