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Estratto del documento

XVIII

A partire dal XII e XIII secolo e fino agli ultimi secoli del

Medioevo si iniziano a realizzare appositi edifici per la giustizia

ecclesiastica, in prossimità delle cattedrali, e per piccole

giurisdizioni signorili. Il manufatto è di forma oblunga ed è a due

piani, in corrispondenza delle due funzioni principali: il piano

inferiore è sempre destinato a carcere e quello superiore a

tribunale. Lo spazio carcerario era destinato solo alla

detenzione di imputati in attesa di giudizio o dell'esecuzione

della condanna e contava solo un certo numero di celle

illuminato da poche e strette aperture e, ai suoi lati, fa posto a

varie attività produttive o commerciali (allevamenti di piccoli

animali, attività artigianali, piccole botteghe).

Il piano superiore si apre all'esterno con larghe finestre,

perché l'amministrazione della giustizia non è concepibile senza

una gran luce. A partire dal XVI secolo la struttura inizia a

subire una profonda ricomposizione poiché fosse necessario

che il Palazzo di Giustizia sia funzionale, rispondente alle

necessità di un grande servizio pubblico. Il piano inferiore

diviene un mondo chiuso, destinato principalmente alle aree di

12

detenzione, ai locali per interrogatori e, in via secondaria,

all'amministrazione del palazzo. Il piano superiore viene,

invece, opportunamente organizzato in sale di udienza, atrii,

cappelle, uffici, cancellerie, residenze dei magistrati e altro

ancora. Verso la metà del XVII secolo e lungo il XVIII si segna

la svolta decisiva della separazione del Palazzo dalla Prigione,

da questo punto in poi si può parlare in modo più appropriato di

una "storia dell'architettura penitenziaria".

L'architettura penitenziaria: dalla seconda metà del XVIII

secolo alla seconda metà del XIX

A partire dal XVIII secolo ha inizio una revisione dei metodi

punitivi e si inizia a riflettere sui fini della detenzione e sui

metodi più adeguati per raggiungerli. In questo contesto

l'edilizia assume caratteri funzionali specifici e vengono ideate

speciali tipologie: il sistema panottico e quello cellulare.

Il sistema panottico prevedeva la costruzione di un

complesso con una torre di controllo al centro e un circuito di

celle intorno, con le finestre di queste celle che impedivano ogni

tipo di comunicazione tra i carcerati, rendendoli costantemente

visibili a coloro che dovevano controllarli. Nasceva il carcere

moderno fatto di bracci e rotonde. La soluzione panottica si

rivelò presto difficilmente utilizzabile nella sua forma pura.

Si consolidò, invece, la struttura carceraria di tipo

cellulare,sistema che dura fino ai giorni nostri, detto

auburniano, che prevede il lavoro diurno in laboratori comuni e

un isolamento notturno.

13 La prigione assume fin da subito la funzione di controllo, di

punizione, di correzione e di rieducazione del detenuto.

Il carcere oggi

L'Italia ha un record. Negativo. E' il Paese, tra i 47 del

Consiglio d'Europa, con l'indice di affollamento carcerario più

alto. il sistema carcerario ospita all'interno delle sue strutture

persone oltre il limite massimo, un record a cui si è potuti

arrivare grazie al maggior tasso di crescita della popolazione

detenuta rispetto al resto d'Europa.

La crescita ha provocato un grave sovraffollamento degli

istituti penitenziari europei. Il sovraffollamento carcerario

impedisce l'attuazione dei programmi trattamentali e il rispetto

dei più elementari diritti dei detenuti. Il sovraffollamento, poi, è

spesso una causa dei numerosi atti di autolesionismo e,

purtroppo, dei suicidi.

Ma il carcere non è solo sovraffollamento, autolesionismo e

suicidio.

Grazie all'attività di quasi diecimila tra volontari e mediatori

culturali, nelle prigioni italiane sono stati attivati in questi anni

corsi di alfabetizzazione, di scuola inferiore e superiore, e

anche corsi universitari.

3 Il carcere come riabilitazione e punizione

14 Ogni volta che esplode qualche caso clamoroso, riguardante

qualche reato commesso contro la proprietà, ma soprattutto contro le

persone, l’opinione pubblica rimane scioccata, turbata, indignata,

preoccupata, arrabbiata. Ci si aspetta che le Istituzioni deputate

“FACCIANO GIUSTIZIA!” che coloro che hanno commesso i

crimini sono perseguitati, arrestati, condannati e paghino la pena

giusta che deve essere espiata fino alla fine. Si chiede a gran voce “La

certezza della Pena”.

La Regione può giocare un ruolo di grande importanza nei

confronti dei vari aspetti legati direttamente o indirettamente al

problema carcerario, da quello preventivo a quello formativo e

riabilitativo, questo significa creare delle strutture volte al servizio

dell’uomo e alla promozione dei singoli e della società. Le azioni che

si svolgono in queste strutture consistono in primo luogo nella

promozione di attività preventive volte all’analisi e alla rimozione

delle cause dei bisogni e dell’emarginazione, in secondo luogo in

attività volte al recupero dell’uomo e alla sua integrazione nella

società attraverso l’organizzazione di servizi sociali aperti a tutti i

cittadini. Per far si che queste attività vengono messe in atto occorre

eliminare le strozzature di carattere istituzionale e amministrativo e

bisogna superare gli schemi tradizionali che sono caratterizzati da

amplissima discrezionalità e da finalità difensive o punitive, tese al

controllo delle situazioni individuali e collettive risultate pericolose o

conflittuale rispetto all’ordine sociale. Il carcere non deve essere visto

con una concezione centralistica ma deve essere inserito

nell’organizzazione dei servizi sociali che riguardano tutta la

comunità. La funzione della pena non è afflittiva, ma educativa e

15

riabilitativa, così come è indicato nei principi del disegno di legge in

esame, il carcere deve avere stretti legami con tutto il sistema sociale.

La riabilitazione e la socializzazione possono realizzarsi attraverso

due canali: quello istituzionale all’interno del carcere e quello

strutturale all’esterno. A livello istituzionale occorre garantire i diritti

del detenuto, gli interessi inerenti alla sua condizione e rendere

evidenti i confini della privazione giuridica. A livello strutturale

occorre la predisposizione di un ambiente sociale atto ad accogliere il

detenuto e questo significa coinvolgere nella problematica carceraria

tutta la società, e in primo luogo gli enti locali. La riforma carceraria

dev’essere inserita nel quadro delle riforme del codice penale e della

procedura penale perché si tratta di aspetti diversi dal problema

unitario e su questo si è creato il disegno di legge sull’ordinamento

penitenziario approvato dal Senato, questo offre nuove prospettive di

vita del detenuto. Nel disegno di legge non sempre le norme sono

finalizzate all’inserimento dei detenuti nella vita sociale infatti i figli

degli emarginati non possono essere inseriti negli asilo delle carceri,

ma nei normali asilo nido e i problemi sanitari del carcere non

possono inoltrare nel servizio sanitario nazionale. Queste prospettive

possono realizzarsi quando i detenuti saranno considerati utenti,

insieme a tutti i cittadini, dei servizi programmati della Regione. Il

conferimento di questi diritti viene attuato quando il Centro di servizio

sociale non è inserito nel sistema carcerario altrimenti si rimarrebbe

comunque emarginato. In Norvegia i detenuti, se così si possono

chiamare, possiedono un loro appartamento, dispongono di un

portatile, di tv, di campi da calcio, da tennis, gli è addirittura

consentito andare a cavallo e nuotare nell’oceano. I secondini non

hanno pistole e vivono costantemente a contatto con i prigionieri.

16 Essi passano le giornate a lavorare nei boschi, nelle fattorie e

gestiscono dei veri e propri negozi. Il sistema carcerario norvegese ha

quindi tutto un altro approccio rispetto al pensiero americano e anche

italiano, non punisce ma cerca di riabilitare. Infine dovrà essere

compito dello Stato, delle Regioni e degli enti locali l’eliminazione

degli ostacoli di ordine economico e sociale che tuttora impediscono

la libera formazione della personalità umana e la sua completa

realizzazione nella comunità.

4 Il carcere Femminile

Il presente capitolo mira a fornire un quadro della situazione

carceraria attuale della popolazione femminile.

17 Donne giovani, meno giovani, straniere o italiane che si sono

trovate a fare i conti con la sanzione più severa che il nostro attuale

ordinamento giuridico preveda: la totale privazione della libertà, la

reclusione in carcere.

E’ questa, in re ipsa, un’esperienza totalizzante, un evento che

sottrae una moglie, una madre, una figlia dal proprio ambiente, per

collocarla in una società alternativa, slegata dalla vita della società

libera, racchiudendola all’interno di un perimetro fisico, psicologico,

umano. un perimetro che viene varcato, con modalità e tempi

istituzionalizzati, solo da poche persone: operatori del diritto,

operatori sociali, e familiari.

Pur considerata la profonda differenza di ruoli tra questi gruppi

di protagonisti della vita carceraria, tutti vengono unificati da un

comune fine: rendere l’esperienza carceraria meno traumatica, più

sopportabile, più umana. Ecco, quindi, che in carcere fanno il loro

ingresso insegnanti, allenatori, medici, affinché, in ossequio alla

funzione, ormai universalmente riconosciuta, della pena, che non può

limitarsi ad essere meramente punitiva, ma deve anche assolvere alla

rieducazione del condannato, proprio come è spiegato nell’art. 27

della Costituzione, che espressamente afferma che: "… le pene non

possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e

devono tendere alla rieducazione del condannato …".

Quando si parla di detenzione spesso si ignora la componente

femminile e questo perché effettivamente essa rappresenta un'esigua

minoranza all'interno del carcere.

Alcuni dati numerici possono servire a leggere la situazione

detentiva della popolazione femminile. In Italia le donne detenute

sono meno del 5% dell'intera popolazione detenuta, complessivamente

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circa 2.500, distribuite in 7 carceri femminili ed in 62 sezioni a loro

destinate all'interno dei penitenziari maschili. Questo fatto comporta

che il sistema carcerario sia strutturato fondamentalmente sulle

esigenze di custodia di una popolazione maschile e non tenga in debita

considerazione tutte quelle problematiche peculi

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A.A. 2013-2014
45 pagine
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SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ylenia1993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Salerno o del prof Ammaturo Nicola.