vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
INTRODUZIONE
Nel momento attuale dell’integrazione europea il principio di
sussidiarietà rappresenta la centralità del dibattito giuridico -
istituzionale sul funzionamento della Comunità e sul suo avvenire. Con
l’art. 3B del trattato di Maastricht diventa il principio generale del diritto
comunitario e si configura come criterio di allocazione dei poteri tra i
diversi poteri decisionali operanti nella Comunità europea: le istituzioni
comunitarie, i poteri statali e i poteri locali. Sulla base di tale principio,
si deve stabilire se in una data materia, che non rientri tra quelle oggetto
di competenza esclusiva comunitaria, l’azione comunitaria risulti “più
efficace” rispetto a quella intrapresa a livello nazionale. La sussidiarietà
è un principio strettamente connaturato ad un modello costituzionale di
tipo federale al fine di delimitare la ripartizione della competenza tra
stati e autorità centrali.
In questo contesto istituzionale complesso l’espansione globale e
i vincoli di bilancio assunti nell’Unione hanno determinato dibattiti
problematiche e mobilitazioni di forze e risorse sociali aggiuntive per la
difesa dei sistemi di welfare. Nel nuovo millennio un ruolo fondamentale
riveste il Terzo settore a cui si fa affidamento per integrare interventi
mirati all’evoluzione del welfare verso il welfare mix, una cooperazione
fra Stato – mercato – terzo settore.
In questa prospettiva si parla della duplice sussidiarizzazione
delle politiche sociali europee, in quanto intervengono tanto le istituzioni
di livello superiore quanto le forze sociali direttamente.
4
La legge 285 del ’97, sugli interventi a salvaguardia soprattutto
dei minori e la legge 328 del 2000, per un sistema nazionale integrato di
assistenza, hanno aperto le porte alla “sussidiarietà sociale” anticipando
e preparando uno sviluppo costituzionale che poi è avvenuto con la
revisione del 2001. L’intervento del terzo settore fu rilevante per la
formulazione del principio di sussidiarietà orizzontale, cioè l’intervento
dei cittadini sullo stesso piano delle istituzioni, che affiancandosi
all’intervento dall’alto di istituzioni di livello superiore e coerente col
disegno di un nuovo federalismo, prefigurava quel modello di relazioni
circolari.
Il grande dibattito è concentrato sui rapporti tra sussidiarietà e
legalità che possono essere di tre tipi: di congruenza – complementarietà
- di compatibilità o di incompatibilità. Secondo Cesare Pinelli la
sussidiarietà diventa un canone di buona legislazione, in quanto
allontana l’iper-regolazione che minaccia le grandi esigenze sottostanti
al principio di legalità. La sussidiarietà diventa complemento della
legalità e capace di tutelare soprattutto: la garanzia dei diritti umani e
l’uguaglianza formale e sostanziale.
Questo principio si pone contro il potere decisionale della
burocrazia comunitaria che non può fare nulla senza l’avvallo degli Stati
rappresentati nel consiglio e non può esserci trasferimento di competenza
degli Stati rappresentati nel consiglio se non per decisione degli stessi
Stati. Il punto ruota sull’interpretazione dell’art. 3B del trattato ed in
particolare sui temi: della determinazione dei settori che non sono di
esclusiva competenza comunitaria; l’analisi dei criteri di sufficienza e
della dimensione di scala dell’azione comunitaria.
La mancanza di una definizione chiara ed univoca della
ripartizione di competenze tra Comunità e Stati membri nel Trattato CE,
5
ha portato all’applicazione del modello funzionalista, in base al quale la
Comunità è legittimata ad intervenire in tutti i settori che possono
ricollegarsi alle finalità del Trattato.
1 - GENESI DEL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ
Il termine “ sussidiarietà” che deriva dal latino subsidium, aiuto,
viene considerato come un linguaggio militare, il termine veniva dato
alle truppe di riserva, che rimanevano in seconda linea al fronte ed
intervenivano in aiuto delle truppe che combattevano in prima linea.
Nel suo secondo significato è riferito all’idea di soccorso ed
implica un intervento. E’una misura tra il diritto e il dovere d’intervenire
da parte di un’autorità. Fino a circa la metà del secolo, la sussidiarietà è
un termine sconosciuto nell’ordinamento giuridico nazionale e trova
nell’ordinamento canonico la sua prima interpretazione.
Il principio sancisce il carattere sussidiario delle strutture
religiose rispetto a quelle laiche e dei pubblici poteri rispetto all’attività
delle formazioni sociali naturali. Nel 1931 per la prima volta viene
sancito il principio della ripartizione delle competenze affermando il
criterio secondo il quale lo svolgimento di attività che non sono alla
portata del livello più vicino al cittadino devono essere svolti dal livello
superiore. La formulazione più esplicita, di questo principio, si trova
nell’enciclica Quadragesimo Anno di Pio XI.
Gli ultimi dieci anni di storia dell’amministrazione italiana sono
stati caratterizzati da un processo di riforme, prima legislative e poi
costituzionali che hanno portato ad un’accentuazione del decentramento
territoriale, rappresentate da un punto forza: il principio di sussidiarietà.
In altri termini tale principio stabilisce che le attività
amministrative vengano svolte dall’entità territoriale amministrativa più
vicina ai cittadini, i comuni, e possono essere esercitate dai livelli
6
amministrativi territoriali superiori (Regioni, Province, Città
metropolitane, Stato) solo se questi possono rendere il servizio in
maniera più efficace ed efficiente.
Il principio di sussidiarietà è stato recepito nell’ordinamento
italiano con l’art. 118 della costituzione, che sancisce anche il principio
dell’adeguatezza e della differenziazione. Le istituzioni nazionali e
sovranazionali debbono tendere a creare le condizioni che permettono
alla persona e alle aggregazioni sociali di agire liberamente.
Un’entità di livello superiore non deve agire in situazioni nelle
quali l’entità di livello inferiore è in grado di agire per proprio conto.
Il principio cardine dell’Unione Europea è il principio di
sussidiarietà che è entrato a far parte dell’ordinamento giuridico italiano
attraverso il trattato di Maastricht del 7 febbraio del 1992 ulteriormente
potenziato nel trattato di Lisbona.
Tale principio non è nuovo nello storico dibattito sulle
ripartizioni delle competenze e sulla cooperazione tra le Comunità e gli
Stati membri, poiché già nel giugno del 1975 il Rapporto Tindemans,
affermava che l’Unione avrebbe avuto competenza, in applicazione del
principio di sussidiarietà, solo in quelle materie che gli Stati membri non
erano in grado di affrontare con efficienza, senza dar vita ad una struttura
di tipo federale. Questo principio venne messo da parte per alcuni anni e
ritornò alla ribalta negli anni ’80 in occasione della presentazione del
progetto di trattato sull’Unione Europea. Il progetto Spinelli non ebbe
molto successo, ma rappresentò un importante passo verso la
formalizzazione del principio di sussidiarietà, avviata con l’Atto unico
europeo del 1986 e realizzatosi poi con il Trattato di Maastricht.
Principio, in base al quale la Comunità interviene in quei settori
che non sono di sua esclusiva competenza solo quando la sua azione è
considerata più efficace di quella intrapresa a livello nazionale, regionale
7
o locale, senza andare oltre quanto necessario per il raggiungimento
degli obiettivi fissati.
Secondo quanto disposto dall’art. 5 la comunità interviene a
riguardo delle nuove politiche create dal Trattato sull’Unione con lo
scopo di promuovere la cooperazione tra gli Stati membri o se necessario
per completare la loro azione; se l’azione prevista ha una dimensione
europea; se c’è la presunzione dell’insufficienza degli Stati a risolvere lo
specifico problema e se c’è la presunzione dell’esigenza dell’intervento
comunitario per una migliore soluzione dello stesso.
Il principio di sussidiarietà può essere visto come un elemento
regolatore della competenza comunitaria ed assume una doppia valenza:
da un lato, salvaguarda l’ambito di competenza statale contro ogni
ingerenza comunitaria che non sia necessaria, dall’altro si pone come
principio che giustifica l’intervento della Comunità anche in aree sino ad
oggi riservate alla competenza degli Stati membri.
L’ambivalenza del principio viene messa in evidenza dai capi di
Stato e di governo nel Consiglio europeo di Edimburgo nel 1992 dove la
sussidiarietà assume un concetto dinamico ed è applicato sulla scorta
degli obiettivi enunciati dal trattato. Le procedure per l’attuazione del
principio di sussidiarietà vengono completate con l’accordo
interistituzionale tra Parlamento Europeo, Consiglio e Commissione
siglato a Lussemburgo nel 1993. Le tre istituzioni, nell’esercizio delle
proprie competenze, devono tener conto del principio di sussidiarietà e
ne giustifichino il rispetto; la Commissione per quanto riguarda il diritto
d’iniziativa, dando giustificazione di ogni sua proposta; il consiglio deve
accogliere le richieste di ogni Stato membro che esiga l’esame di
questioni che pongono problemi di sussidiarietà.
Il rispetto del principio di sussidiarietà è sottoposto ad un
controllo effettuato nell’ambito delle procedure comunitarie
8
conformemente alle regole previste dai trattati ed è oggetto di una
relazione elaborata dalla Commissione e discussa in Parlamento
Europeo.
Le condizioni e le modalità di applicazione del principio di
sussidiarietà sono state individuate dalla Conferenza intergovernativa nel
1996, allo scopo di garantire una più rigida osservanza da parte delle
istituzioni, con l’elaborazione di un protocollo allegato poi al Trattato di
Amsterdam che riafferma i criteri dell’art. 5 e introduce alcuni principi
guida atte a consentire l’intervento suppletivo da parte della Comunità:
la questione in esame deve presentare caratteri transnazionali;
l’intervento comunitario deve raggiungere risultati più vantaggiosi
rispetto a quelli raggiunti con le azioni degli Stati membri.
2 - SUSSIDIARIETA’ ORIZZONTALE
La persona umana è il perno dell’ord