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A un primo approccio, la normativa sulle molestie sembra contenere tutte le
condotte di mobbing, in cui, ovviamente, il comportamento vessatorio sia
collegabile a un fattore di discriminazione presi in esame dal legislatore (sesso,
razza, credo religioso, età, handicap, ecc…). Ambedue i fenomeni incidono
sull’ambiente di lavoro, portando a una degenerazione delle condizioni di lavoro.
Lo scopo distruttivo del mobbing non appartiene alle molestie sessuali; anzi, in
queste ultime, il molestatore non vuole in nessun caso allontanare l’oggetto dei
suoi desideri. E’ la vittima che cerca di scappare, e lo fa con richieste di
trasferimento, giorni di malattia, aspettativa. La molestia sessuale può fungere da
tramite al mobbing sessuale, il mobbing, poi, è la ritorsione, la vendetta del
respinto. Può anche accadere che occorra il mobbing sessuale, senza una
situazione di molestie in precedenza. Un’altra differenza sta nel concetto di
reiterazione. Per le molestie sessuali è sufficiente anche solo un comportamento
offensivo, a differenza del mobbing che ne richiede la ripetizione tramite una
99 100 101
Inoltre, la definizione di cui ai d.lgs. 215/2003 e 216/2003
pluralità di atti.
sembra escludere dal concetto di molestie i comportamenti omissivi. La legge
menziona comportamenti attivi e non dà spazio a quelle condotte non manifeste
102
che si esprimono in un non facere. Il mobbing si serve, invece, dei
comportamenti omissivi, come, la mancata assegnazione delle mansioni,
l’omissione d'informazioni che costituiscono il patrimonio informativo aziendale.
Altra diversità consiste nelle condotte lesive delle molestie portate avanti dal
datore di lavoro e questo tende a escludere la questione di un possibile mobbing
verticale.
96 Risoluzione del Parlamento Europeo dell’11 giugno, 1986, sulla violenza contro le donne, in
Lav .giur., 2004, 535.
97 Commissione europea,1993: Misure di lotta alle molestie sessuali;orientamenti per un codice di
condotta della Commissione, in G.U.C.E., 24 febbraio 1992 ,n. 49.
98 Art 26,3co.,d.lgs. 198/2006.
99 Trib.Forlì, 28 gennaio 2005.
100 D.lgs.215, 9 luglio 2003, attuativo della direttiva 2000/43/CE, concernente la parità di
trattamento sul lavoro, indipendentemente dalla razza e dall’origine etnica.
101 D.lgs.216, 9 luglio 2003, attuativo della direttiva 2000/78/CE, concernente la parità di
trattamento sul lavoro, indipendentemente dalla religione o le convinzioni personali, gli handicap,
l’età o le tendenze sessuali.
102 Corazza, op.cit., 93. 22
103
La Corte di Cassazione ha enunciato un interessante principio, pronunciandosi
nel caso di licenziamento per giusta causa di una lavoratrice, a seguito di molestie
sessuali avvenute nei suoi confronti, classificando le molestie sessuali poste in
essere sia dal datore di lavoro, sia dai suoi collaboratori, nei confronti dei soggetti
sottoposti al potere gerarchico, come uno dei comportamenti più detestabili fra
quelli che possono ledere la personalità morale e che producono in capo al datore
una responsabilità contrattuale, essendo stato sostenuto che l’obbligo previsto
dalla disposizione contenuta nell’art 2087 c.c. “non è limitato al rispetto della
legislazione tipica della prevenzione, ma- come si evince da un’interpretazione
della norma in aderenza a principi costituzionali e comunitari- implica anche il
divieto di qualsiasi comportamento lesivo dell’integrità psico-fisica dei
dipendenti, qualunque ne siano la natura e l’oggetto e, quindi, anche nel caso in
cui siano posti in essere atti integranti molestie sessuali nei confronti dei
104
lavoratori”.
In Italia, azioni positive sono previste dai CCNL per il settore metalmeccanico,
chimico, alimentare, dal protocollo d’Intesa per l’adozione del Codice di
105 Dal confronto tra mobbing e
comportamento contro le molestie sessuali.
molestie risulta che le due fattispecie si sovrappongono, ma non coincidono
totalmente, poiché non tutti i comportamenti che rientrano nel concetto di
molestie rientrano anche in quello di mobbing e, viceversa.
103 Cass., 8 gennaio 2000, n.143, in Riv. it. dir. lav., 2000, 764.
104 Cass. 17 luglio 1995, n.776, in Lav .giur., ibidem.
105 Sottoscritto il 10 dicembre 1999 dal Ministero del Lavoro con le Organizzazioni Sindacali
firmatarie del CCNL relativo al comparto dei Ministeri per il quadriennio 1998/2001.
23
Capitolo due
I contorni del mobbing: le condotte reiterate e illegittime del
datore di lavoro.
Sommario: 2.1-Introduzione. 2.2-Demansionamento e dequalificazione. 2.3-Il
trasferimento illegittimo. 2.4-Il licenziamento ingiurioso. 2.5-Pretese di lavoro
sproporzionate. 2.6-Le dimissioni coartate. 2.7-La liquidazione.
Introduzione
2.1
I risultati degli studi medico-legali riguardanti le angherie sul luogo di lavoro,
hanno evidenziato l’insorgere di stati di stress e di depressione tra i lavoratori.
Tali analisi hanno indotto ad occuparsi di mobbing anche le scienze giuridiche. In
dottrina il processo d'identificazione della figura del mobbing sembra configurarsi
nel tentativo di ravvisare una nuova figura normativa, passando attraverso una
prima fase di frammentazione del complessivo comportamento mobbizzante nelle
106
singole condotte che lo compongono , alcune già antigiuridiche, mentre altre- di
per sé lecite- possono divenire non gradite, se inserite in un più ampio disegno
persecutorio. Rispetto alle ultime condotte, è opportuno precisare che:
“l’indispensabile difesa della persona e della salute del lavoratore non può
107
diventare strumento di realizzazione obbligata della sua felicità in azienda”,
così come ad esempio, condotte come la delusione per aspettative professionali
108 non integrano la condotta di
non premiate o l’inurbità sul posto di lavoro 109
mobbing e non possono trovare tutela giuridica. Diversi disegni di legge hanno
predisposto l’elencazione dei singoli comportamenti che possono costituire la
110 , a
condotta di mobbing. La legge regionale del Lazio del 11 luglio 2002 n. 16
tal proposito, menziona un cospicuo elenco non tassativo dei singoli atti che
possono integrare mobbing:
1. pressioni o molestie psicologiche
2. calunnie sistematiche
3. maltrattamenti verbali
106 Bona e Oliva, Nuovi orizzonti nella tutela della personalità dei lavoratori: prime sentenze sul
mobbing e considerazioni alla luce della riforma Inail, nota a Trib. Torino, 30 dicembre 1999, in
Danno e resp., 2000, 403.
107 Trib. Bari, 20 febbraio 2004.
108 Pera, Angherie e inurbità negli ambienti di lavoro, in Riv. It. dir. lav., 2001, 291.
109 Per l’esame dei primi progetti di legge si veda Meucci, Considerazioni sul mobbing ( ed
analisi del disegno di legge n.4265 del 13 ottobre 1999), in Lav. prev. oggi,1999,1953 p.; Tullini,
Mobbing e rapporto di lavoro. Una fattispecie emergente di danno alla persona, in Riv. it. dir.
lav., 2000, 252.
110 Nunin, Mobbing: strategie di prevenzione e contrasto nella l. n 16/2002 della regione Lazio, in
Lav. giur., 2002, 1032 . 24
4. critiche immotivate
5. delegittimazione dell’immagine, anche di fronte a colleghi ed a soggetti estranei
all’impresa
6. esclusione dall’attività lavorativa o svuotamento delle mansioni
7. attribuzione di compiti eccessivi
8. dequalificazione professionale
9. impedimento all’accesso a notizie
10. eccessive forme di controllo
11. atti vessatori correlati alla sfera privata del lavoratore
Al fine di accreditare un’ipotesi di mobbing, però, non è sufficiente che
l’interessato sia stato oggetto di trasferimenti di sede, di mutamenti delle mansioni
assegnate, di richiami, sanzioni disciplinari o altro fatto soggettivamente avvertito
come ingiusto e dannoso, ma occorre che tali vicende, oltre che essersi ripetute
per un dato lasso di tempo, siano anche legate da un preciso intento volitivo del
datore di lavoro volto a vessare e perseguitare il dipendente con lo scopo di
demolirne la personalità e la professionalità. La giurisprudenza più recente ha
cercato, ad esempio, di far comprendere la differenza tra mobbing e
demansionamento, affermando che: “le condotte che costituiscono il dato
materiale nel quale si realizza il mobbing possono essere le più varie ma è
fondamentale che siano plurime in quanto un solo comportamento, ad esempio il
più diffuso quale il demansionamento, non provocherà mobbing anche perché tale
figura complessa non risulterà necessaria per essere utilizzata dal soggetto che ha
subito dei danni essendo sufficiente il riferimento al demansionamento, già
111
adeguatamente studiato dalla giurisprudenza del lavoro”. Considerando
l’eteronomia della disciplina del contratto lavorativo, si possono osservare varie
tecniche normative volte a comprimere e limitare la sfera datoriale, come ambito
di espressione di un potere privato e spesso tendente all’esercizio illegittimo
reiterato del potere autoritativo, a comportamenti persecutori e atti ritorsivi o
112
discriminatori:
A) La prima è riferibile alla tutela antidiscriminatoria, affidata a diverse norme
113 114 115
(art 4, L. n.604/1966 , 15 e 16, Stat. Lav. , 3, L. n.108/1990 , nonché le L. n.
116 117
903/1977 e n.125/1991 sulla protezione del lavoro femminile.) L’affermarsi
di un carattere “oggettivo” di discriminazione, riguardante non le cause soggettive
dell’agente ma la lesione del bene tutelato, ha allontanato questa normativa da
quella dell’art 1345 c.c. (motivo illecito), a cui ci si può riferire solo in ipotesi
111 Trib. Forlì, 28 gennaio 2005.
112 Garofalo, Mobbing e tutela del lavoratore tra fondamento normativo e tecnica risarcitoria, in
Lav. giur., 2004, 522.
113 L. 15 luglio 1966, n. 604, Norme sui licenziamenti individuali, (pubblicata in G.U., 6 agosto
1966, n. 195).
114 L. 20 maggio 1970, n. 300, Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà
sindacale e dell’attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento, (pubblicata in
G.U., 27 maggio 1970, n. 131).
115 L. 11 maggio 1990, n. 108, Disciplina dei licenziamenti individuali, (pubblicata in G.U., 11
maggio 1990, n. 108).
116 L. 9 dicembre 1977, n. 903, Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, in
recepimento della Direttiva europea 206/77, (pubblicata in G.U., 17 dicembre 1997,n. 343).
117 L. 10 aprile 1991, n.125, Azioni positive per la realizzazione della parità uomo-donna nel
lavoro, (pubblicata in G.U., 15 aprile 1991, n. 88).
25
residuali, come quella del licenziamento intimato per ritorsione contro un’azione