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Il "pensiero convergente" e il "pensiero divergente"
Quest'ultimo era nero, segno che la ragazza avesse estratto quello bianco. Vediamo più in dettaglio le specificità dei due tipi di pensiero:
- pensiero verticale: è schematico, ferreo e non ammette deviazioni.
- pensiero laterale: crea soluzioni innovative, non ha paura di creare nuove soluzioni e percorrere sentieri non ancora battuti.
Lo psicologo statunitense J.P. Guilford (1897-1987), descrive la creatività come la capacità di sviluppare idee, di trovare più soluzioni originali per un problema che non presenta un'unica risposta.
La creatività viene così considerata come un particolare modo di pensare. Per spiegare il processo che conduce l'individuo alla produzione di idee e di soluzioni innovative, Guilford si serve delle nozioni di "pensiero convergente" e "pensiero divergente". Il pensiero
convergente è logico, razionale, quello che, di fronte a una data situazione, genera una risposta frutto di un procedimento sequenziale e deduttivo, l'applicazione meccanica di regole apprese, analisi metodica di informazioni. Il pensiero convergente è sicuramente da applicare quando si tratta di "problemi chiusi", cioè quelli che prevedono un'unica soluzione. I tradizionali test di intelligenza che rilevavano il Q.I. prendono in considerazione solo questo tipo di pensiero. Il pensiero divergente, invece, è caratterizzato, secondo Guilford, da cinque fattori: la fluidità (quantità di idee prodotte in merito alla fattispecie), la flessibilità (capacità di cambiare strategia e versatilità nell'approccio passando da un compito all'altro) l'elaborazione (la capacità di dar vita a qualcosa di diverso utilizzando in modo nuovo elementi di una configurazione precedente), la valutazione
(abilità nel selezionare idee e riorganizzarle in nuove forme, come avviene coi test nei quali si chiede che cosa non va o che cosa può essere perfezionato negli oggetti di uso comune, ad es. sedia, tostapane, ascensore.) e l'originalità (l'attitudine a formulare soluzioni uniche e personali, che non coincidano con quelle suggerite dalla maggioranza).
Sulla scorta della teoria di Guilford, Hudson, ha verificato che gli alunni di prima media con un alto grado di divergenza si specializzavano nelle arti, mentre quelli con un alto grado di convergenza erano più attratti dalle materie scientifiche.
Probabilmente ciò era il frutto anche dell'impostazione scolastica, dapprima ispirata maggiormente alla teoria della Gestalt, del pensiero "riproduttivo" (il soggetto deve riprodurre meccanicamente i procedimenti ed apprendere solo le nozioni trasmesse) a dispetto di un "pensiero produttivo" che, laddove si manifesta, a scuola,
Era e talvolta ancora rappresenta un quid di scomodo da gestire e valutare. In realtà, Hudson notò che anche gli stessi studenti di scienze, se formati ad esprimere un pensiero divergente, raggiungevano dei punteggi più alti con evidenti miglioramenti del loro rendimento. Utilizzare il "pensiero divergente" vuol dire sviluppare maggiore senso critico, spirito di innovatività rispetto alle problematiche; dare meno spazio a scelte automatiche e scontate. La scuola, per secoli, si è soffermata solo sul pensiero convergente, laddove quello divergente è stato spesso ostacolato, criticato, ponendo l'uno contro l'altro in una sorta di competizione. In realtà, essi sono entrambi validi, utili e complementari, perché vanno adottati in circostanze diverse. E, se così utilizzati, anche la loro applicazione in sede didattica può offrire notevoli vantaggi, maturare stimoli verso un apprendimento mai meccanico e ripetitivo.
Che coinvolga tutti in un tipo di apprendimento interattivo, dove la soglia dell'interesse resti alta. Indubbiamente, incoraggiare il pensiero divergente può significare maggiori difficoltà per l'insegnante, dover gestire fattori di imprevedibilità cui non si va incontro nel caso del pensiero convergente. Questo richiede semplicemente che il docente esponga in modo chiaro ciò che sa, secondo un ordine, nei ruoli prestabiliti e tutto risulta sotto controllo in modo facile. Il pensiero divergente rimette, invece, tutto in discussione: implica che al docente siano fatte domande inaspettate, che mettano in crisi le sue conoscenze ordinarie, che si vada oltre quanto scritto sui libri per interpretazioni più profonde. Il valore del pensiero divergente è stato esaltato anche da Bruner, in quanto rappresenta il coraggio e il salto immaginativo da parte degli studenti che, con "sforzo creativo", cerchino di produrre una risposta diversa da quella convenzionale.
Egli stesso ha verificato che la scuola spesso non accetta di buon grado che gli studenti corrano dei "rischi" uscendo dagli schemi e puniscano questa predisposizione. Secondo Bruner, il valore del pensiero creativo sta nel suo essere olistico (cioè le risposte che offre sono superiori alla somma delle proprie componenti), mentre il pensiero convergente e razionale è algoritmico (la risposta corrisponde esattamente a quella domanda).
Come rilevato da Getzel e Jackson, coloro che hanno un "alto grado di divergenza" non sono visti con favore dagli insegnanti. La scuola prevede regolamenti, modelli di procedura e condotta, a cui l'alunno conformista riesce ad adattarsi meglio e con cui convive in modo spontaneo. Viceversa, l'alunno meno convenzionale è considerato un ribelle, le cui idee, pur originali e di valore, possono essere viste dal docente più rigido come un escamotage per mascherare l'impreparazione o deviare il corso della lezione.
L'insegnante aperto al pensiero divergente, oltre a saper meglio condurre la didattica con esempi, narrazioni, originalità, è anche più disponibile ad accogliere tali idee anticonformiste, sapendo distinguere quelle di soggetti che vogliono solo sorprendere, da quelle effettivamente ricche di immaginazione e produttive di creatività.
In sintesi, un pensiero creativo può dare valore aggiunto all'ambiente scolastico, sia in rapporto allo studio delle materie in sé, sia nell'ambito degli obiettivi di formazione ed educazione che la scuola dovrebbe porsi, considerandoli in senso ampio e completo e non rigidamente limitato alle nozioni contenute nei libri con le metodologie tradizionali basate sul pensiero "convergente".
4. Creatività e metodologie didattiche
Possiamo rilevare, da tutto quanto affermato finora, che un insegnamento che tenga presenti e comprenda intelligenza emotiva, incoraggiando il pensiero creativo, sia vincente.
Nell'ottica di una didattica inclusiva, cioè che sia volta ad "includere", coinvolgere, riuscire a realizzare il suo scopo, anche in presenza di alunni con bisogni educativi speciali, è ancor più fondamentale. Nella pratica, con una carrellata di metodologie didattiche se ne darà esemplificazione più dettagliata. - Lezione frontale - questa è l'impostazione classica di insegnamento, quella in cui l'insegnante tiene la lezione, in modo unidirezionale, una trasmissione di conoscenze il cui successo è rappresentato dall'ascolto da parte degli alunni. Pertanto, essa è efficace se c'è un buon rapporto dialettico, con libertà di pensiero ed espressione, nonché comunicazione empatica. - Mastery learning - Questo metodo, che potremmo tradurre come "apprendimento con padronanza", introdotto da Bloom negli anni '50 e propugnato da Bruner negli anni '60, parte dalPresupposto che l'obiettivo di un'insegnante non dovrebbe essere il fatto di avere una classe con studenti che manifestino notevoli differenze di rendimento tra loro, ma riuscire a toccare le corde di tutti, dando gli strumenti ad ognuno, con un tempo necessario ad approfondire i vari livelli previsti per raggiungere la conoscenza degli argomenti e, soprattutto, un'adeguata motivazione. "Frammentando" la conoscenza in piccole parti e flussi di informazione, dando agli studenti autonomia (quindi il pensiero creativo qui funziona nella capacità di trovare ognuno il proprio metodo), gratificando i risultati positivi con dei premi e motivando gli studenti a voler apprendere, o cambiando rotta se non si ottengono i risultati sperati. È evidente che qui, soprattutto l'intelligenza emotiva dell'insegnante entra in gioco, nella capacità di suscitare interesse e motivazione negli alunni, avere un dialogo dotato di empatia.
Cooperative learning
– Questo metodo didattico, l’“apprendimento cooperativo”, nato anch’esso negli Stati Uniti, si basa sullo studio di gruppo, puntando alle capacità degli studenti stessi di gestire autonomamente il gruppo, a cui l’insegnante dà solo un’impronta iniziale di predisposizione delle attività e di coordinamento delle stesse. La sua forza sta nelle varie implicazioni di questo sistema. Innanzitutto, sviluppa uno stimolo alla responsabilizzazione di ogni studente, verso sé stesso e verso gli altri, perché sa che c’è un’interdipendenza fra il proprio compito ed il risultato di squadra da raggiungere; si alimentano le “abilità sociali”, la capacità del gruppo di autodeterminarsi, prendendo le decisioni su come impostare il lavoro, stabilirne fasi e modalità; quindi la tendenza allo svilupparsi di un legame positivo fra gli 12 studenti, per poter raggiungere un traguardo di
Il successo di un processo di apprendimento è favorito dalla collaborazione e dallo scambio creativo e libero di punti di vista. Quando questo avviene in modo empatico, diventa un arricchimento reciproco e un confronto che amplia le vedute e le conoscenze di ciascuno, con il reciproco incoraggiamento.
Alcune attività che promuovono questo tipo di approccio sono i laboratori e i progetti di gruppo. Queste pratiche si iscrivono nello stesso filone del cooperative learning, in quanto collocano sempre il soggetto che studia in rapporto agli altri, con cui interagisce in un'interrelazione di attività e operazioni che legano ciascuno ad un risultato collettivo, dato da un esperimento che si sta compiendo o da un progetto pianificato per più persone.
Un altro metodo che favorisce la collaborazione è il team teaching. Questo metodo è speculare al cooperative learning, in quanto qui è da parte degli insegnanti che si "fa squadra" o "gruppo", ponendo ognuno in gioco le proprie competenze ed articolandole in una lezione "a più mani". I modelli che vi si individuano sono quattro: modello tematico (gli insegnanti si alternano nella presentazione di argomenti specifici), modello parallelo (gli insegnanti lavorano contemporaneamente su argomenti diversi), modello alternato (gli insegnanti si alternano nella conduzione della lezione) e modello integrato (gli insegnanti lavorano insieme per presentare un argomento in modo completo).