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3. LA DIFFUSIONE DEL FACTORING

La diffusione del factoring si riscontra maggiore nell’industria in senso stretto e minore

nei servizi, inoltre prevale leggermente la forma pro-solvendo. Quest’ultima rappresenta

la modalità prevalente di cessione dei crediti commerciali da parte delle imprese più pic-

cole; all’aumentare delle dimensioni il rapporto fra pro solvendo e pro soluto tende a ri-

dursi in misura considerevole; ciò riflette da un lato la maggiore diffusione del factoring

indiretto, solitamente pro-soluto, nelle imprese di grandi dimensioni e dall’altro una sen-

sibilità alla gestione del rischio crescente con le dimensioni aziendali. (fig.5)

3.1 Le probabilità di ricorso al factoring da parte di una impresa

La significatività del movente finanziario che spinge le imprese all’utilizzo del factoring

viene valutata tramite il modello Logit in cui la probabilità di ricorrere a società di facto-

ring è posta in relazione a una serie di variabili esplicative. Questa valutazione viene svol-

ta separando le Capt dalle Nocapt con l’unico scopo di verificare la presenza di motiva-

zioni differenti. 30

Analizzando un campione di imprese (fig. sopra),

), fornito dalle indagini della centrale dei

rischi, si può vedere che non ci sono differenze rilevanti riguardo l’età ma si nota anche

che le imprese che ricorrono al factoring sono di dimensione nettamente

nettame

nte superiore e han-

ha

no una maggiore pressione finanziaria e un ritmo di sviluppo del fatturato più elevato.

Le stime includono tre gruppi di variabili. Il primo è formato da un insieme di indicatori

di tensione finanziaria che comprende il leverage, il cash-flow,

cas flow, la liquidità corrente, la

quota di credito non auto liquidante comporta da garanzie, il grado di utilizzo del credito

accordato sugli anticipi e, infine, una variabile che segnala la presenza di sconfinamento

su tali linee di credito.

Nel secondo gruppo

ruppo è incluso un indicatore di sviluppo (il tasso medio di incremento del-

de

le vendite nell’ultimo triennio), nel presupposto che il fabbisogno di factoring sia più ele-

el

vato per le imprese che realizzano una politica commerciale più aggressiva. Lo smobiliz-

smobili

zo del credito commerciale può consentire alle imprese, specialmente quelle con scarsa

31

liquidità e propensione al finanziamento, di concedere dilazioni di pagamento che altri-

menti non sarebbero possibili.

Il terzo gruppo è costituito da un insieme di variabili di controllo che includono la dimen-

sione dell’impresa, l’età, il numero di intermediari che la finanziano, l’area geografica e il

settore di attività economica di appartenenza.

3.2 Crisi di liquidità. Il factoring come soluzione?

Sulla spinta della crisi il 2011 è stato un anno di piena espansione del factoring. L'esigen-

za di liquidità, da un lato, e la stretta sui prestiti, dall'altro, hanno portato le imprese a uti-

lizzare questa forma di finanziamento alternativo, che consente la cessione dei crediti già

esistenti o futuri vantati nei confronti dei clienti, a una società specializzata. Secondo le

stime di Assifact, l'associazione del settore, l'anno appena concluso è stato archiviato con

un turnover in aumento del 12% a 132,4 miliardi di euro rispetto al 2010, mentre l'out

standing (ovvero il monte crediti) ha superato i 47 miliardi, segnando un rialzo del 7 per

cento.

Una strada segnata dai risultati dei tre principali operatori: il volume dei crediti interme-

diati da Ifitalia (Bnl - gruppo Bnp Paribas) è cresciuto dell'8% (a circa 24 miliardi) e Uni-

credit Factoring ha chiuso l'anno con un rialzo del turnover dell'11% a 21 miliardi. Per il

primo operatore di mercato, Mediofactoring (gruppo Intesa Sanpaolo), i dati disponibili si

fermano ai primi nove mesi dell'anno, ma mostrano già una crescita del turnover del 16%.

Il risultato del settore inverte il trend del 2010, quando, in linea con il mercato mondiale,

anche l'andamento in Italia aveva segnato una contrazione del 2,5% a quota 118 miliardi

di euro per il turnover, ma un rialzo del 4,5% dei crediti in essere. L'accelerazione è stata

consistente nella seconda parte del 2011, segno che le imprese stanno ricominciando a

vendere e quindi a fatturare.

Per il 2012 l'associazione si attende un'ulteriore schiarita con un turnover in crescita del

7% e un monte crediti in aumento del 5,8%. Non esiste un identikit dei potenziali clienti

ma numerosi profili: aziende che operano in settori dove le dilazioni di pagamento ai

clienti sono un fattore critico di successo, imprese che entrano in nuovi comparti di attivi-

tà generando fatturati significativi non sostenibili con le normali linee di credito o che

forniscono beni e servizi alla pubblica amministrazione, con tempi di pagamento che

spesso non si conciliano con le esigenze finanziarie dei fornitori. La varietà della clientela

si è percepita in modo particolare durante la crisi finanziaria, quando, contrariamente a

32

quanto è accaduto per altri strumenti di finanziamento, il factoring ha mantenuto il soste-

gno alle imprese. Per un ulteriore sviluppo del settore, concordano però operatori e impre-

se, occorre sciogliere il nodo dei costi. Il factoring è uno strumento che può facilitare la

vita delle imprese ma, soprattutto per quelle di piccole dimensioni, i costi restano ancora

elevati ed è necessario accorciare i tempi di avvio della pratica di cessione dei crediti. I

tassi applicati sono molti competitivi rispetto ad altre forme di finanziamento, ma vanno

ridotte le spese di sistema.

Per Mediofactoring (gruppo Intesa Sanpaolo) la formula del pro soluto è stata la protago-

nista del 2010: rappresenta nei primi nove mesi l'80% del turnover realizzato. «I nostri

clienti vanno dal tabaccaio sotto casa fino alle aziende di grandi dimensioni - spiega l'a.d.

e direttore generale Rony Hamaui - spinte da un'esigenza di liquidità, ma anche dalla ne-

cessità di assicurarsi contro il rischio di mancato pagamento della controparte. L'aspetto

delle garanzie è un fattore sempre più importante».

Nel 2011 il settore del factoring ha registrato una forte accelerazione di pari passo

anche con l'aumento dei giorni di ritardo di pagamento da parte della pubblica ammini-

strazione alle imprese fornitrici, passati da 52 a 86.

Tra le opzioni (pro-soluto e pro-solvendo) lo strumento più gettonato è quello del pro so-

luto con la cessione del rischio legato al credito. 33

4. IL FACTORING ED IL SUO UTILIZZO BANCARIO

4.1 Abstract

Il factoring è uno strumento per gestire professionalmente i crediti ed è un complemento

ideale del finanziamento bancario.

Il factoring è un supporto gestionale ed una tecnica finanziaria, rivolta a soddisfare le esi-

genze di gestione dei crediti di fornitura da parte delle imprese.

Il factoring comprende diversi servizi:

- amministrazione, gestione e incasso dei crediti;

- assistenza legale nella fase di recupero dei crediti;

- valutazione dell’affidabilità della clientela;

- anticipo dei crediti prima della relativa scadenza;

- garanzia del buon fine delle operazioni;

Il factoring non è dunque un’alternativa al credito bancario, ma certamente presenta una

componente finanziaria che può essere utilizzata in via complementare alle altre fonti di

finanziamento a disposizione dell’impresa.

Le banche sono inoltre le promotrici delle più importanti iniziative di factoring nel nostro

Paese, attraverso sia la costituzione di società di factoring specializzate sia lo svolgimento

diretto dell’attività, e rappresentano uno dei principali canali di conoscenza del factoring

da parte delle imprese. In effetti, il factoring può essere un elemento non indifferente di

consolidamento dei legami di clientela, dato che esso privilegia una relazione duratura

con l’impresa, in modo da poterla affiancare durevolmente nelle funzioni amministrative,

organizzative e finanziarie relative alla gestione dei crediti.

4.2 Società di factoring appartenenti a gruppi bancari. La situazione attuale

La maggior parte delle società di factoring di matrice bancaria, attualmente esistenti, sono

state costituite verso l’inizio degli anni ’80, anche se molto timidamente e considerando

fin da subito il factoring come un prodotto di seconda scelta e pertanto non strategico.

Questa iniziale impostazione ha segnato nel tempo le società di factoring bancarie italiane

dove a lungo hanno trovato asilo criteri di gestione istituzionale, sia sul piano degli ob-

biettivi economici sia sul piano delle risorse umane, piuttosto che dei criteri di tipo più a-

ziendalistico. 34

E’ con la metà degli anni ’90 che il factoring comincia ad essere interpretato dalle banche

come un’opportunità di diversificazione e di investimento:

- in parte grazie alla regolamentazione legislativa, che con la Legge 52 del

1991, permette di inquadrare meglio alcune problematiche inerenti al prodotto che

in maniera un po’ generica e approssimativa era gestito in base alla regolamenta-

zione del codice civile (art. da 1260 a 1266);

- in parte, con la proliferazione di una nuova e più aggiornata legislazione

bancaria (Decreto legislativo 1 settembre 1993, n° 385 - Testo Unico delle leggi in

materia bancaria e creditizia), che più in generale apre la strada alla possibilità di

nuovi modelli organizzativi (es. gruppi bancari) con le relative implicazioni in

termini di controllo e di vigilanza che hanno favorito l’interesse da parte delle

banche nei confronti di società specializzate in grado di dare un’ulteriore spinta al-

la ricerca di nuovi elementi di business. 1

Il modello che si sviluppa è quello della società specializzata , i cui azionisti di riferimen-

to possono essere o una singola banca oppure più banche accomunate ad esempio dalla

loro specifica connotazione; comunque sia, il factoring diventa a tutti gli effetti un prodot-

to da offrire allo sportello bancario e che comincia a trovare una sua tipizzazione rispetto

ad altri prodotti/servizi finanziari.

Inoltre alcuni istituti di credito capiscono l’importanza ed i benefici del prodotto, non so-

lo e non tanto per i benefici diretti che da esso ne derivano ma anche per tutta una serie di

benefici indiretti che vanno a toccare il rapporto esistente tra lo sportello ed il cliente.

Tra i benefici diretti si possono elencare:

• la redditività data dall’impiego del capitale della capogruppo, che si tradu-

ce in dividendi da parte della partecipata;

• minori rischi di credito in quanto a p

Dettagli
A.A. 2011-2012
67 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/05 Diritto dell'economia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Pietro Paolo Piccoli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto bancario ed assicurativo e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Udine o del prof Lembo Massimo.