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Il test della Torre di Londra (Shallice, 1982) valuta la capacità di pianificazione e problem solving e

consiste in palline infilate su dei pioli che il paziente deve spostare in modo da riprodurre la

combinazione mostrata dallo sperimentatore, nel minor numero di mosse possibili e potendo

appoggiare le palline solo su un altro piolo e non altrove.

Altri due test sono il letter-number sequencing, un subtest della WAIS-III (Wechsler, 1997), nel

quale al paziente è presentata una serie mista di numeri e lettere e gli viene chiesto di richiamare

prima i numeri in ordine ascendente e poi le lettere in ordine alfabetico e il test della fluenza

verbale, in cui i soggetti devono pronunciare il maggior numero di parole possibili che inizino con

una lettera stabilita nel lasso di tempo indicato (fluenza fonemica) oppure devono generare più

parole possibili partendo dalla categoria data (fluenza semantica).

Il Behavioral Assessment of the Dysexecutive Syndrome (BADS; Wilson et al. 1996) è diviso in

due compiti differenti, che valutano la capacità di pianificazione e problem solving: nel primo, Key

11

serch, ai pazienti è chiesto di immaginare di aver perso le loro chiavi in un campo rappresentato da

un pezzo di carta e di disegnare una linea per mostrare come farebbero a cercarle; nel secondo,

Zoo map, ai soggetti viene detto di visitare una serie di posti prestabiliti sulla mappa di uno zoo,

seguendo certe regole.

Un compito che valuta specificamente il controllo inibitorio è il go-no go task, in cui i pazienti sono

posti davanti ad uno schermo e devono premere un pulsante ogni volta che appare un numero da

0 a 9 tranne quando appare il 3.

Un test che invece valuta la flessibilità mentale è il set-switching task, nel quale al paziente

vengono presentate su uno schermo delle coppie di stimoli che consistono in forme colorate,

accoppiate in base a una caratteristica, cioè forma o colore. Ai soggetti è chiesto di individuare e di

esplicitare il criterio e viene valutato se sono in grado di identificarne il cambiamento. 12

Capitolo 2. La demenza

La demenza è una sindrome caratterizzata da un declino cronico e progressivo delle funzioni

cognitive a cui si associano disturbi del comportamento e manifestazioni psicopatologiche.

Consiste nella compromissione globale delle funzioni corticali superiori compresa la memoria, la

capacità di far fronte ai problemi posti dalla vita quotidiana, di eseguire prestazioni percettivo-

motorie acquisite in precedenza, di mantenere un comportamento adeguato alle circostanze e di

controllare le proprie reazioni emotive.

La demenza è un insieme di sintomi che può essere presente in diverse malattie.

Tra i sintomi neuropsicologici l’amnesia è il disturbo caratterizzante la demenza, cui si aggiungono

deficit del pensiero astratto, disturbi del giudizio critico, disturbi del linguaggio o afasia e aprassia.

Tra le manifestazioni psicopatologiche ci sono l’ansia, la depressione, le idee deliranti e le

allucinazioni. Tra i disturbi del comportamento si rilevano uno stato di agitazione, episodi di

violenza, disturbi del sonno, vagabondaggio e disturbi del comportamento alimentare.

La forma più comune e studiata di demenza è la malattia di Alzheimer, ma esistono forme di

demenza degenerativa primaria con caratteristiche cliniche, neuropsicologiche e genetiche

differenti.

Nel disturbo di Alzheimer il processo patologico coinvolge inizialmente le aree associative

temporo-parietali, mentre nella maggior parte delle demenze degenerative non Alzheimer sono

colpite le aree prefrontali, spesso in associazione con alcune strutture sottocorticali.

Le demenze con coinvolgimento frontale sono caratterizzate sin dall’esordio da disturbi

comportamentali con un declino nella capacità di far fronte alle situazioni della vita quotidiana e da

una precoce e progressiva disfunzione esecutiva. Un danno delle funzioni esecutive è presente

anche nell’Alzheimer ma in fasi più avanzate della malattia.

2.1 La malattia di Alzheimer

La malattia di Alzheimer è la forma più comune di demenza degenerativa invalidante con esordio

prevalentemente senile, dopo i sessantacinque anni. L’aspettativa di vita è in media di sette anni

dopo la diagnosi, mentre meno del 3% sopravvive fino a quattordici anni.

La malattia di Alzheimer è dovuta a una diffusa degenerazione neuronale a causa di un accumulo

extracellulare di una proteina chiamata beta-amiloide ed è accompagnata da una forte riduzione di

acetilcolina nel cervello. Si può notare atrofia sproporzionata rispetto all’età nelle aree temporali,

parietali e associative frontali , visibile anche in un allargamento dei solchi e corrispondente

appiattimento delle circonvoluzioni e perdita di neuroni e sinapsi anche nell’ippocampo, nella

corteccia entorinale, nel locus coeruleus e nel nucleo basale di Meynert. A livello microscopico e

cellulare sono riscontrabili placche neuritiche e grovigli neurofibrillari in numero maggiore rispetto a

quanto normalmente ci si aspetta a parità di età, soprattutto nelle aree corticali temporo-parietali e

frontali, nell’ippocampo, nella corteccia entorinale e nell’amigdala. 13

La malattia si manifesta inizialmente con amnesia, prima circoscritta a sporadici episodi della vita

quotidiana, poi arriva a colpire anche la memoria episodica retrograda e la memoria semantica,

mentre la memoria procedurale è relativamente risparmiata fino alle fasi intermedio-avanzate del

disturbo.

A partire dalle fasi lievi e intermedie possono manifestarsi difficoltà di produzione del linguaggio e

difficoltà nella pianificazione e gestione di compiti complessi. Nelle fasi intermedie-avanzate

possono manifestarsi problematiche comportamentali o psichiatriche, possono esserci

disorientamento nello spazio, nel tempo o nella persona e si aggiungono difficoltà progressive

nella cura della persona.

È stata individuata una variante frontale della malattia di Alzheimer caratterizzata da un deficit

specifico delle funzioni esecutive nella fase iniziale. Questi pazienti però non mostrano alterazioni

tipiche della demenza frontotemporale, come perdita neuronale e gliosi, ma quelle tipiche della

malattia di Alzheimer, degenerazione neurofibrillare e placche neuritiche, a livello dei lobi frontali.

I pazienti affetti da questa forma di demenza ottengono punteggi patologici nei compiti che testano

le funzioni frontali, come la fluenza per fonemi e il Trail making test, ma non si distinguono dai

pazienti con demenza di Alzheimer tipica nelle altre prove neuropsicologiche. Anche i sintomi

neuropsichiatrici e le difficoltà nella vita di tutti i giorni li distinguono da questi ultimi, essendo più

marcati.

2.2 La demenza fronto-temporale

È la seconda demenza degenerativa primaria, in ordine di frequenza, dopo la malattia di

Alzheimer, ha un esordio presenile, tra quarantacinque e sessanta anni, insidioso e progredisce

lentamente con una durata che va dai dieci ai quattordici anni.

La dicitura “demenza fronto-temporale” (The Lund and Manchester Groups, 1994) include tutte le

forme che si manifestano con una sindrome caratterizzata da precoce comparsa di deterioramento

della condotta sociale e personale, mancanza di consapevolezza e inibizione emozionale,

abbinate ad atrofia dei lobi frontali e temporali.

Negli anni successivi sono state individuate tre varianti con caratteristiche cliniche distintive in

rapporto alla distribuzione del processo degenerativo (Neary et al, 1998). La variante frontale

presenta disordini della personalità, del comportamento e della condotta sociale associati ad

atrofia orbitofrontale bilaterale. La variante temporale o demenza semantica è caratterizzata da

afasia fluente ed è associata ad atrofia delle regioni anteriori e inferolaterali del lobo temporale.

L’afasia progressiva non fluente si manifesta con disturbi della produzione del linguaggio e

comprensione relativamente conservata ed è associata ad atrofia delle aree perisilviane anteriori di

sinistra.

La variante frontale si manifesta con precoci disturbi comportamentali quali disinibizione, perdita

del controllo sociale, iperoralità e stereotipie, alterazioni della motivazione e dell’affettività e

linguaggio poco comunicativo. In alcuni pazienti possono manifestarsi forme di comportamento 14

disinibito e apatico in diversi momenti del decorso della malattia, mentre in altri pazienti prevalgono

forme comportamentali di tipo compulsivo. Recentemente uno studio neurofunzionale ha

individuato deficit a livello orbitofrontale e limbico per la forma disinibita e deficit delle aree frontali

mediali e dorsolaterali per la forma apatica (Franceschi et al, 2005).

La demenza fronto-temporale si distingue dalla malattia di Alzheimer per alcune caratteristiche

fondamentali quali la rarità del disorientamento topografico e la conservazione delle capacità

mnestiche.

2.3 La demenza con corpi di Lewy

La demenza con corpi di Lewy ha un esordio subdolo in età senile, intorno ai settant’anni e

andamento progressivo, ma con notevoli fluttuazioni. In genere la patologia evolve molto

rapidamente.

La diagnosi è fatta in presenza di sindrome demenziale, caratterizzata da facile distraibilità e

rallentamento ideativo associati a allucinazioni visive ricorrenti e ben strutturate, disturbi

dell’attivazione e del sonno e disturbi motori extrapiramidali, quali rigidità, tremore, disturbi della

marcia e anomalie posturali.

A livello neuropatologico si riscontrano agglomerati anomali di una proteina, i cosiddetti corpi di

Lewy, presenti nei neuroni del sistema limbico e della neocorteccia. Sono comuni anche grovigli

neurofibrillari e placche neuritiche, tipiche della malattia di Alzheimer, microvacuolizzazione,

perdita di sinapsi e disfunzioni del sistema dopaminergico. Le aree cerebrali maggiormente affette

sono la corteccia frontale anteriore e temporale, la corteccia del cingolo, l’insula, la sostanza nera,

il nucleo basale di Meynert, il locus coeruleus, il nucleo del rafe dorsale e l’amigdala.

La demenza con corpi di Lewy può esordire con manifestazioni neuropsichiatriche, quali

allucinazioni, deliri, apatia e ansia, accompagnate talvolta da manifestazioni tipicamente frontali

come disinibizione verbale e iperattività. I pazienti mostrano deficit neuropsicologici quali disturbi

dell’attenzione, disfunzioni frontali sottocorticali e disturbi visuospaziali. A differenza, inoltre, dei

pazienti con malattia di Alzheimer che presentano disturbi della working memory spaziale, questi

pazienti mostrano deficit della working memory verbale.

La maggiore differenza tra la malattia di Alzheimer e la demenza con corpi di Lewy è che

quest’ultima ha un deficit più importante nella memoria di lavoro spaziale. Tuttavia alcuni studi

hanno mostrato che i pazienti con LBD hanno una perform

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
28 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher VeroG91 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Neuropsicologia clinica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Luzzatti Claudio.