Anteprima
Vedrai una selezione di 10 pagine su 166
Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 1 Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 2
Anteprima di 10 pagg. su 166.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 6
Anteprima di 10 pagg. su 166.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 11
Anteprima di 10 pagg. su 166.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 16
Anteprima di 10 pagg. su 166.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 21
Anteprima di 10 pagg. su 166.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 26
Anteprima di 10 pagg. su 166.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 31
Anteprima di 10 pagg. su 166.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 36
Anteprima di 10 pagg. su 166.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Tesi Il burnout nella professione di Assistente Sociale Pag. 41
1 su 166
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

MEDIAZIONE NEGOZIALE

Nel tentativo di comprendere e risolvere una situazione problematica all'interno del gruppo di lavoro potrà, ad esempio, essere d'aiuto il processo di mediazione negoziale suggerito da Haynes, che può essere schematicamente riassunto in nove fasi.

  1. Ammissione del problema: non si può intraprendere alcun percorso prima di aver preso effettivamente coscienza di avere un problema e di avere un'idea della sua gravità;
  2. Scelta del campo: non tutte le persone in crisi scelgono la mediazione, c'è chi preferisce la battaglia aperta o chi delega in tutto e per tutto un rappresentante legale; non tutti avvertono un'affinità elettiva per la mediazione di tipo negoziale, c'è chi ricerca un intervento che dia maggiore rilevanza all'emotività che si scatena in questo momento difficile, preferendo quindi altre impostazioni;
  3. Selezione del mediatore: scelta del professionista al quale affidare la conduzione del
processo di mediazione, potrà trattarsi di un mediatore di professione, di un supervisore, di uno psicologo esterno;
  1. Raccolta dei dati: tutte le informazioni utili per inquadrare il problema nella sua globalità;
  2. Definizione del problema: giungere ad una definizione congiunta dei problemi implicati, condivisa da tutti i componenti dell'equipe, stilando una lista in ordine di gravità ed impellenza, per dare subito spazio alle necessità che devono essere risolte a breve termine;
  3. Creazione di opzioni: le possibili soluzioni ai diversi problemi elencati, tra queste saranno scelte le opzioni fattibili stimate ottimali dagli operatori, in modo congiunto;
  4. Ridefinizione delle posizioni: in particolare degli operatori invischiati nel conflitto o nello stato di disagio, rispetto ai punti presi in esame e discussi e rispetto alle opzioni scelte per la possibile risoluzione dei contrasti;
  5. Contrattazione: insieme alla fase 5, anche la fase di contrattazione.

può comportare momenti di forte tensione, con escalation emotive che gli operatori devono imparare a governare in modo più adattivo, poiché uno dei compiti del mediatore è rendere l'equipe lavorativa maggiormente autonoma per le future scelte. L'ambito mediativo è sicuramente uno spunto educativo verso alternative e migliori modalità di comunicazione e condivisione di scelte.47

Haynes J.M. & Buzzi I. Introduzione alla mediazione familiare. Principi fondamentali e sua applicazione, Giuffrè, Milano, II Edizione, 2012.

589. Stesura dell'accordo: sottoscritto dai membri dell'equipe, costituirà il modus operandi prescelto e condiviso dagli operatori. Ciò che in prima persona viene deciso e sottoscritto è solitamente anche avvertito come direttiva maggiormente importante da seguire.

Lo schema di Haynes consente all'equipe, sotto la guida del supervisore, di gestire anche momenti di grande tensione grazie

all'approccio fortemente schematico, che permette di suddividere la situazione problematica in sottoproblemi, ripercorrendo a piccoli passi le cause, le motivazioni, le posizioni che hanno contribuito all'insorgere della crisi. Se l'equipe dovesse incontrare dei momenti di impasse durante questo percorso, è possibile tornare alla fase precedente nel tentativo di consolidarla. Tale approccio può essere inoltre un valido aiuto in grado di spronare e sostenere l'autogestione guidata dell'equipe lavorativa nella risoluzione di problemi. Dalla breve panoramica presentata si può avere un'idea dei diversi campi dai quali possono essere mutuate metodologie e tecniche di lavoro per il supporto del corpo curante, in un'ottica empowering, in grado quindi non solo di sostenere l'equipe lavorativa, ma anche di promuovere la sua resilienza e la capacità creativa ed indipendente di risoluzione delle situazioni problematiche, che possono.sorgerenell'ambiente lavorativo. 4.5 FRONTEGGIAMENTO E SUPERAMENTO DEL BURNOUT: LARESILIENZA Di fronte a delle situazioni di "rischio" all'interno del soggetto possonoconvergere una serie di fattori, di svariata natura, che permettono di superare59l'ostacolo con successo, questa capacità è la resilienza.Difatti, non tutti reagiscono negativamente di fronte a delle situazioni sfavorevoli.I fattori di rischio non sono predittivi di un volgersi negativo della vita,l'individuo, può reagire tramite un processo di riadattamento, che gli consenta disuperare le difficoltà e di apprendere dalle esperienze.A seguito di una serie di studi si è scoperto che la resilienza costituisce unacaratteristica innata alla persona umana, la differenza tra chi crolla e chi invecereagisce è "che determinati tratti di personalità aiutano a superare positivamenteavvenimenti negativi, come il buon umore, la responsabilità sociale,

la tolleranza, l'autostima e il self-control. Queste caratteristiche sono considerate anche come fattori protettivi nello sviluppo della capacità di resilienza, definita da Grotberg come l'insieme di tre elementi fondamentali: la forza intrapersonale ("io sono"), le capacità personali ("io riesco") e il supporto sociale ("io ho").

La resilienza è costituita da dinamicità, di conseguenza per far sì che essa sia esternata è necessario che il soggetto sia duttile, predisposto al cambiamento. In altre parole, l'individuo deve avere un ruolo proattivo, ovvero avere la lucidità di scegliere all'interno del contesto in cui vive, e non retroattivo subendo in maniera passiva lo shock e gli eventi della vita. La resilienza è un'arma che ci consente, quindi, di superare le criticità come ad esempio lo stress e soprattutto il burnout.

Abbiamo in precedenza accennato ai fattori di rischio e ai

Fattori protettivi affermando che esiste una stretta correlazione tra questi, e la resilienza si manifesta nell'attuazione di un processo dinamico dove, di fronte ad un rischio significativo, si risponde con un "adattamento" positivo alla minaccia.

Tra i diversi modelli di resilienza disponibili in letteratura, di particolare importanza è quello formulato da Richardson, direttore del dipartimento dell'Health Promotion and Education presso il College of Health, dell'University of Utah. Successivamente il modello di Richardson sarà ripreso da Karol Kumpfer (1999) per l'elaborazione del proprio modello di resilienza.

Il modello si basa sulla convinzione che esistono, in ogni individuo, qualità resilienti innate e predisposizioni alla resilienza che durante l'arco della vita vengono rafforzate attraverso momenti di sospensione dello stato di equilibrio. La descrizione del processo di resilienza parte dallo stato di "omeostasi".

Bio-psico-spirituale è l'adattamento della mente, del corpo e dello spirito alle proprie condizioni di vita. Questa situazione è come una sorta di spazio confortevole al quale il soggetto tende a legarsi, a vincolarsi. La condizione di omeostasi è però sottoposta ad incursioni da parte di stimoli sia esterni che interni quali stress, avversità ma anche opportunità e situazioni sia piacevoli che spiacevoli.

Le qualità resilienti vengono coltivate da ognuno di noi per affrontare gli eventi della vita, e cioè un po' per volta impariamo a sopportare gli stress senza uscire dallo stato di omeostasi. Quando però ci troviamo a sperimentare per la prima volta sentimenti, avversità, eventi positivi o negativi, l'integrazione tra fattori protettivi e fattori di rischio determina la sospensione dell'omeostasi. La sospensione non è altro che il momento della scelta che potrebbe determinare

Il cambiamento può avvenire sia in senso positivo che negativo. Nella situazione di sospensione avvengono due fasi in successione; prima si verifica una serie di emozioni (dolore, senso di abbandono, senso di colpa, confusione, stupore, ecc.) che ci portano alla riflessione e all'introspezione; è il momento del "povero me" come lo definisce Richardson. In un secondo momento subentra la fase della riflessione e della verifica delle risorse che possiamo mettere in campo per attivare il cambiamento. È in questa seconda fase che si attua il processo di "Reintegrazione" che può avere quattro esiti:

  1. Reintegrazione resiliente con crescita: attraverso l'introspezione si identificano, si migliorano e si arricchiscono le qualità resilienti. Avviene quindi il potenziamento delle capacità di coping e della crescita delle qualità resilienti.
  2. Reintegrazione con ritorno all'omeostasi: in questa fase si verifica la perdita della capacità
di crescita e si affronta la difficoltà con lo scopo di superare l'attuale momento di disequilibrio. In questa fase infatti si mettono in atto le strategie di coping ma non le qualità resilienti, poiché si cerca di dare una risposta immediata per uscire dalla situazione di disagio. 3. Reintegrazione con perdita: In questa manca il momento di riflessione ed introspezione e la fase di sospensione e reintegrazione fornisce delle risposte che portano alla demotivazione, perdita della stima, dell'aspettativa di poter dare delle risposte positive e soprattutto provocano la totale assenza della capacità di coping. 4. Reintegrazione disfunzionale: questa è la fase peggiore in quanto si ricorre a comportamenti disadattivi per far fronte a situazioni di stress, ovvero si risponde con assunzione di sostanze stupefacenti, alcool oppure con emissione di comportamenti autodistruttivi. Il modello di Richardson si basa sul presupposto che l'essere umano per arrivare alladebba necessariamente sperimentare situazioni di48 nel 1990, poi ripreso nel 1992 e 2002. 62sofferenza. Le difficoltà che presenta la vita sono necessarie ed indispensabili peracquisire capacità adattive e dare risposte resilienti e di conseguenza attivare ilcambiamento. < eventi stressanti> < contesti ambientali> < processi transazionali tra la persona e l'ambiente> < fattori di resilienza interni> < process>
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
166 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/07 Sociologia generale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher AlfaPunto di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Parma o del prof Pellegrino Vincenza.