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POLLARD E.A.,
2
Confederates, New York: E.B. Treat, 1866
di provocare l’insurrezione di schiavi ad Harper’s Ferry, non fece altro che infiammare
ulteriormente gli spiriti sudisti. Poi arrivò la nomina a Presidente di un candidato
repubblicano come Lincoln, che nonostante fosse moderato e disposto a tutelare la
schiavitù laddove già esisteva, era visto dal Sud come una minaccia alla loro civiltà e
struttura sociale. Nel dicembre 1860 la situazione precipita.
La South Carolina decise di recidere il patto costituzionale federalista e proclamare la
secessione dagli Stati Uniti. “L’Unione è dissolta!” era la frase che circolava per le
strade di Charleston quel fatidico 20 dicembre 1860. L’assemblea Statale approvò
all’unanimità l’ordinanza di secessione e per tutta la capitale il sentimento di entusiasmo
era generale. Il pretesto giuridico sulla quale si appellava la South Carolina era molto
chiaro: il Congresso aveva il dovere di curare gli interessi di tutti gli Stati dell’Unione,
ma secondo l’ordinanza di secessione, era venuta meno al dovere di promuovere il
benessere generale della nazione. Secondo la percezione di Pollard, gli Stati del Nord
reagirono con indifferenza all’accaduto, addirittura deridendo la secessione e la bandiera
issata a Charleston come simbolo di indipendenza. Questa era la visione degli autori
sudisti: il Nord credeva che gli Stati del Sud non avessero i mezzi o le risorse sufficienti
per resistere all’autorità federale e che non ci fossero reali conseguenze di cui
preoccuparsi. “Lasciateli andare!” dicevano inizialmente i titoli dei giornali nordisti
paragonando la South Carolina a una “bambina viziata”; ma dopo pochi mesi, quando
anche altri Stati schiavisti si unirono alla causa, il loro atteggiamento mutò: “le loro città
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devono essere ridotte in cenere e il loro territorio cosparso di sangue”. Eppure il Nord,
sostiene Pollard, non era del tutto estraneo al concetto di secessione. Nel momento di
adottare la Costituzione federale lo Stato di New York si era riservato il diritto di
esercitarla e lo stesso fece lo Stato del Massachusetts, il quale minacciò la separazione
più di una volta. Inoltre gli Stati “ribelli” tentarono di giustificarsi affermando che nella
Costituzione federale non c’era nessuna norma che approvasse la secessione, ma
neanche nessun divieto.
Gli altri “Stati del cotone” erano decisi nel seguire la strada della separazione ma le
esitazioni risiedevano nelle tempistiche e modalità di azione. Nonostante ciò, nel giro di
The Lost Cause, a new Southern history of the War of the
POLLARD E.A.,
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Confederates, New York: E.B. Treat, 1866
soli tre mesi dell’elezioni presidenziali, approvarono la secessione Mississippi, Florida,
Alabama, Georgia, Louisiana e Texas. Altri Stati, tra cui la Virginia e la North Carolina,
rimasero per il momento in fase di stallo; mentre nei quattro Stati schiavisti di confine
(Missouri, Kentucky, Maryland e Delaware) le opinioni erano ancora contrastanti. Il 21
gennaio 1861 nel Senato ci furono mutamenti descritti da Pollard come “impressionanti
e memorabili”: furono annunciate le dimissioni di molti senatori provenienti dagli Stati
che avevano proceduto con la secessione, tra cui il futuro Presidente della
Confederazione degli Stati del Sud Jefferson Davis. Viene rappresentato come un giorno
pervaso da un’aria di solennità e come il primo vero passo verso la disgregazione
dell’Unione; viene omaggiata la dignità e la forza con il quale Davis pronunciò il suo
discorso al Senato, nel quale giurò di rivendicare i diritti del Sud contro ogni eventuale
ostilità da parte del Nord. Anche altri espressero i loro pareri riguardo alla situazione.
Secondo il senatore dell’Alabama, il Nord cercava da tempo di rovesciare la domestica
istituzione che nel Sud è fonte di prosperità, la schiavitù; vietava ai sudisti di viaggiare
nel paese con le loro proprietà; aveva violato la Costituzione e le leggi del Congresso.
Queste parole vennero definite dall’autore come una storica dichiarazione delle
motivazioni degli Stati “ribelli”, i quali erano fortemente convinti che le azioni del
partito repubblicano e la conseguente nomina di Lincoln a Presidente fossero state una
dichiarazione di guerra contro le vite e le proprietà del popolo sudista. Da questa
prospettiva, l’eventualità di dichiarare gli schiavi africani liberi e uguali ai bianchi era
un insulto nei confronti dell’ordine sociale del Sud. C’era inoltre la percezione di essere
trattati con inferiorità rispetto agli abitanti del Nord o dei loro neri liberi. Ma l’offesa
più grande fu quella di nominare come Presidente un uomo che aveva promesso di
approvare qualsiasi legge che vietasse la schiavitù nei Territori.
Lincoln osservava l’Unione disgregarsi senza esporsi o fare pubbliche dichiarazioni. Le
sue speranze erano quelle di non perdere anche gli Stati di confine per una secessione da
lui ritenuta priva di qualsiasi fondamento giuridico. Mentre la nazione stava gridando
aiuto, egli rimase in silenzio nella sua casa di Springfield in Illinois. Tante furono le
critiche e le minacce che gli furono mosse contro che egli stesso affermò di sentirsi
come “un esploratore nei pericolosi boschi ad Ovest, che, mentre girava un angolo, si
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guardava sempre le spalle da un indiano” . Arrivò il giorno dell’inaugurazione e mentre
il Presidente si preparava a prendere il posto che gli spettava, gli Stati del Sud si
preparavano per il prossimo passo: la creazione della Confederazione degli Stati del
Sud.
Analizzando questa prima opera, subito antecedente la guerra, è chiaro che la
percezione degli eventi era distorta da motivazioni ideologiche e sentimenti regionali.
Nel libro la causa del Sud è data come persa sin dall’inizio a causa di una forte
supremazia, economica e non solo, del nemico. La vicenda viene descritta interamente
dalla prospettiva sudista, con un linguaggio oltremodo polemico nei confronti dei
nordisti, definiti più volte rozzi, volgari e sciocchi. A tal proposito viene spiegata anche
l’origine di una frase di largo uso nei discorsi bellici del tempo “one southerner equal to
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five Yankees” , ovvero “un sudista equivale a 5 nordisti” rispetto al ruolo delle
proporzioni durante le tante battaglie dello sforzo bellico. Assume posizioni
profondamente critiche nei confronti di Lincoln e del partito repubblicano, accusato di
essersi costruito sulle agitazioni che il movimento antischiavista stava mettendo in atto
all’interno del paese. Viene descritto come un partito basato sul fanatismo e che credeva
fortemente nell’inevitabilità del conflitto al fine di rendere gli Stati tutti schiavi o tutti
liberi. Vi sono molte distorsioni degli eventi da parte del giornalista di Richmond il
quale cercò con tutti i mezzi di esaltare la schiavitù, pur ritenendola il motivo della
divisione politica del paese e la causa unica della guerra, ma negando che fosse una
disputa morale. Rancori e dissapori erano ancora molto sentiti da autori che non
riuscivano ad accettare la sconfitta e cercavano con ogni mezzo di esaltare il “Vecchio
Sud” o quello che ne rimaneva.
2.2 Gli Stati Confederati d’America e l’inizio del conflitto: James F. Rhodes
The House Divides,
WELLMAN P., W.Foulsham & Co Ltd, London, 1966, pag.
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448. The Lost Cause, a new Southern history of the War of the
POLLARD E.A.,
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Confederates, New York: E.B. Treat, 1866
La storiografia scientifica sulla guerra civile americana ha inizio quando il popolo
americano iniziò a riprendersi dal trauma e le motivazioni di parte iniziarono a diventare
più oggettive. È questo il caso di uno dei primi autori che scrisse, nel primo ventennio
del Novecento, un’opera completa ed approfondita, seppur con conclusioni ancora
semplicistiche: James F. Rhodes. Anche in questo caso infatti, venne a mancare quella
prospettiva generale delle tante cause che condussero al conflitto attribuendo soltanto
alla schiavitù la colpa di quanto successo.
All’inizio di febbraio 1861 sette erano gli Stati che si erano separati dall’Unione e che
ora si consideravano repubbliche indipendenti, ma era necessario creare un’entità
politica che le unisse tra di loro. I rappresentanti degli Stati si incontrarono a
Montgomery, Alabama, il 4 febbraio, esattamente un mese prima l’insediamento del
nuovo Presidente, per iniziare le trattative. Dopo soli pochi giorni venne formato un
governo e venne già approvata una Costituzione provvisoria, che pur essendo molto
simile a quella degli Stati Uniti, riconosceva pienamente la schiavitù e il diritto alla
secessione. La “grande verità” sulla quale essa si poggiava era che “la schiavitù è la
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naturale e normale condizione dei neri” . La Costituzione conteneva disposizioni
particolari come la possibilità affidata al Presidente di porre il veto a singoli articoli di
una legge ma soprattutto enunciava la designazione ufficiale del nuovo soggetto
politico: Confederate States of America, gli Stati Confederati d’America. Il ruolo di
Presidente fu affidato all’ex senatore e Ministro della Guerra Jefferson Davis, del
Mississippi, affiancato dal Vice Presidente Alexander Stephens, della Georgia. Davis era
inizialmente un moderato ed espresse più volte la sua posizione a favore dell’Unione;
ma con l’evolversi degli eventi si vide costretto a sostenere la decisione dei suoi
costituenti. Venne istituito anche un Congresso unicamerale con il compito di emanare le
leggi; il governo della Confederazione sarebbe stato federativo e rappresentante di tutti
gli Stati. Le milizie iniziarono ad essere addestrate già prima della secessione ed era
risaputo in tutta l’Unione che i sudisti avevano una forte tendenza alla vita militare,
come disse lo stesso Davis: “Noi siamo un popolo militare”; secondo il Generale Scott
essi avevano anche una buona “attitudine al comando”, caratteristica di alcuni dei
migliori ufficiali militari del tempo, tra cui James Longstreet e Robert Lee, il quale,
A history of the civil war, 1861-1865,
RHODES J.F., Dover Publication, 1917,
6
pag. 6. 7
secondo il generale, “valeva 50.000 uomini” . Fu proprio il Generale Scott a percepire
già da dicembre i rischi che l’Unione stava correndo ed intimò al Presidente allora in
carica, James Buchanan, di iniziare a preparare l’esercito. D’altronde le forze
confederate, appena stretto il patto della Confederazione, presero subito il controllo di
fortificazioni, dogane e