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1.2. PRODUZIONE DI VARIETÀ VEGETALI GM IN EUROPA E IN

ITALIA: ASPETTI LEGISLATIVI

1.2.1 Legislazione europea e colture GM

L’impiego di varietà di colza GM, così come di molte altre colture con

caratteristiche introdotte tramite ingegneria genetica, è sottoposta in ambito

europeo ad una normativa che ha preso corpo negli ultimi quindici anni, con la

finalità di regolare tramite leggi specifiche le più recenti applicazioni

biotecnologiche in campo agricolo. La possibilità di coesistenza dipende

strettamente dalle caratteristiche dell’ambiente agricolo, che determina la capacità

di isolare dalla contaminazione involontaria da OGM le colture convenzionali e

biologiche. Inoltre, se la specie di cui si intende utilizzare varietà GM è

sessualmente compatibile con piante presenti nell’ambiente naturale, deve anche

essere preso in considerazione il rischio di flusso genico verso l’ambiente stesso.

In merito al rapporto tra soglie di tolleranza e distanze di isolamento, la

Commissione Europea ritiene che le soglie cui fare riferimento nella definizione

delle misure di separazione tra le filiere GM e non GM devono essere le soglie

legali per l’etichettatura degli alimenti e mangimi, attualmente dello 0,9%,

applicabili indistintamente a prodotti agricoli convenzionali e biologici, almeno

fino a che il regolamento sull’agricoltura biologica non stabilirà diversamente

(Raccomandazione 2003/556CE). 17

La Danimarca, la Germania, il Portogallo, la Repubblica Ceca, la Lituania, la

Lettonia, l’Olanda, l’Ungheria, il Lussemburgo e 8 Regioni austriache hanno

adottato o hanno in corso di adozione una legislazione sulla coesistenza,

attualmente all’esame della Commissione Europea, che include la fissazione di

distanze di isolamento.

Nella “Relazione concernente l’applicazione delle misure nazionali sulla

coesistenza di colture geneticamente modificate e l’agricoltura convenzionale e

(COM (2006) 104 e SEC (2006) 313), la Commissione Europea

biologica”

commenta le legislazioni europee notificate e riporta, tra l’altro, le distanze di

isolamento tra le colture GM e le colture convenzionali e biologiche, sia per

quelle commerciali che per quelle da seme, presenti nelle regole di coesistenza

adottate o in corso di adozione da parte di Olanda, Danimarca, Polonia, Spagna,

Ungheria, Lussemburgo, Repubblica Ceca, Portogallo e di alcune regioni

austriache.

Le distanze di separazione riportate sono molto diversificate, in quanto variano in

funzione del tipo di produzione (convenzionale, biologica, sementiera,

convenzionale per alimenti, convenzionale da foraggio). Ad esempio, per il mais,

le distanze variano da 25 a 800 m; per il colza da 500 a 3.000 m; per la

barbabietola da 1,5 a 2.000 m; per la patata da 2 a 50 m.

La Commissione Europea, nel commentare le varie distanze di isolamento

notificate dalle Regioni e dagli Stati Membri, osserva che le misure di isolamento

che si pongono come obiettivo un livello di contaminazione del prodotto agricolo

inferiore alla soglia di etichettatura dello 0,9%, poiché richiedono da parte degli

agricoltori sforzi maggiori per essere applicate, fanno nascere la domanda se

rispondano o meno al criterio di proporzionalità, ovvero se non siano più rigide

del necessario. Inoltre, pur ammettendo che sia necessario lasciare un certo grado

di flessibilità nella scelta delle misure di segregazione, per tenere conto dei fattori

locali che differenziano una regione dall’altra, la Commissione nota che in alcuni

casi le distanze di separazione proposte dagli Stati Membri sono sostanzialmente

maggiori di quelle identificate sulla base degli studi condotti. Tuttavia,

riconoscendo la scarsa esperienza finora maturata in materia di coesistenza in

Europa, la Commissione non ha ancora proceduto alla valutazione finale delle

misure proposte.

1.2.2 La situazione italiana 18

La direttiva 2001/18/CEE è stata recepita in Italia dal decreto legislativo n. 224

dell’8 luglio 2003 (con pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale n. 194 del 22

agosto 2003, supplemento ordinario n.138); questa direttiva riguarda l’emissione

deliberata nell’ambiente e l’immissione in commercio di organismi

geneticamente modificati, conta 63 punti ed è articolata in 4 parti: disposizioni

generali, emissione deliberata di OGM per qualsiasi fine diverso dall’immissione

in commercio, immissione in commercio di OGM come tali o contenuti in

prodotti e disposizioni finali. Nei 63 punti del preambolo si afferma, innanzi tutto,

che l’immissione deliberata nell’ambiente e l’emissione in commercio di

organismi geneticamente modificati devono sottostare alla necessità di tutelare la

salute umana e l’ambiente, considerato che gli OGM immessi deliberatamente

nell’ambiente possono riprodursi e diffondersi oltre i parametri di coltivazione o

di sperimentazione, ed oltre le frontiere nazionali. Che le politiche riguardanti gli

organismi geneticamente modificati devono, cioè, ispirarsi a un principio di

precauzione, interpretato non tanto come norma assoluta che prescrive di

astenersi da qualsiasi azione possa rappresentare un rischio (anche in assenza di

prove scientifiche) quanto piuttosto come norma procedurale ovvero come norma

che prescrive di considerare, prima di ogni decisione, i possibili vantaggi e i

possibili svantaggi. Si precisa inoltre, che è necessario tener conto dell’esperienza

internazionale nel settore delle biotecnologie vegetali e degli impegni

commerciali internazionali, nel rispetto delle prescrizioni del Protocollo di

(1999) e della

Cartagena sulla biosicurezza Convenzione sulla biodiversità di Rio

(1992). Si aggiunge, poi, che si dovrà regolamentare la problematica

de Janeiro

delle responsabilità per danni ambientali derivati da altri organismi, dato che,

come viene sottolineato, l’emissione nell’ambiente e l’immissione in commercio

di OGM potrebbero avere effetti dannosi per l’ambiente. Che, prima di ogni

immissione, è indispensabile procedere alla valutazione del rischio ambientale, e

quindi alla sperimentazione in campo aperto degli organismi geneticamente

modificati, sulla base di una metodologia comune ( e con una specifica attenzione

alla questione dei geni resistenti agli antibiotici), e che quindi l’introduzione

nell’ambiente di organismi geneticamente modificati dovrebbe avvenire per gradi

e dopo idonee verifiche sul campo negli ecosistemi che potrebbero essere

interessati dal loro utilizzo. Si afferma, inoltre, che è necessario istituire una

nuova procedura comunitaria di autorizzazione, che preveda la consegna di una

notifica all’autorità nazionale competente; che ad ogni OGM deve essere

19

assegnato un identificatore numerico unico affinché il tipo di modificazione

apportata possa essere subito riconosciuta, se non dal consumatore, quanto meno

dalle autorità competenti; che la prima autorizzazione deve essere rilasciata a

tempo determinato, prevedendo una procedura semplificata per il rinnovo. Alle

autorità nazionali si chiede, invece, di attuare nuovi sistemi sanzionatori, per

rendere più efficace l’applicazione della direttiva, e si stabilisce infine l’obbligo

per la Commissione di pubblicare con cadenza triennale, una relazione

contenente, tra l’altro, anche i vantaggi e gli svantaggi socioeconomici delle

singole categorie di OGM autorizzate ad essere immesse in commercio, che tenga

in debito conto gli interessi degli agricoltori e dei consumatori .

1.2.3 Possibili rischi per l’ambiente

Nello sviluppo di piante GM destinate al consumo umano, oltre alle

preoccupazioni relative ai loro effetti diretti sulla salute umana (allergenicità,

presenza di geni che conferiscono resistenza ad antibiotici, diffusione di

promotori di origine virale), sono stati individuati rischi potenziali per l’ambiente,

tra i quali si ricordano:

• trasferimento del transgene tramite il polline a colture convenzionali o

biologiche compatibili e loro inquinamento, con conseguente impossibilità di

etichettatura “GM-free”;

• trasferimento del transgene dalla coltura GM a specie spontanee affini tramite

polline con effetti turbativi sugli habitat naturali (sviluppo di super-infestanti

nel caso di geni di resistenza ad erbicidi);

• alterazione degli equilibri tra le diverse popolazioni di organismi che occupano

un certo areale (batteri, insetti, funghi, fauna del suolo).

Per quanto riguarda il primo e il secondo punto, che si riferiscono al trasferimento

del transgene all’interno del regno vegetale, un campo di analisi è rappresentato

dagli studi sul flusso genico, cioè sulla potenzialità di una certa coltura di

diffondere il suo materiale genetico nell’ambiente.

1.3 COLZA E FLUSSO GENICO

1.3.1 Definizione di flusso genico 20

Il flusso genico è indubbiamente il problema più reale e, nello stesso tempo,

controverso legato all’introduzione delle piante transgeniche in agricoltura. Per

flusso genico si intende la possibilità di trasferimento di geni tra le piante

coltivate e altri organismi, siano essi varietà coltivate o parentali selvatiche in

grado di ibridarsi con esse (si parla in questo caso di od

flusso genico verticale)

organismi di gruppi biologici differenti, anche filogeneticamente lontani (flusso

È ovvio che il flusso genico è un aspetto che necessita di

genico orizzontale).

essere studiato in profondità, in quanto può giocare un grande ruolo dal punto di

vista dei cambiamenti evolutivi. Il principale meccanismo favorito

dall’evoluzione naturale in grado di creare nuove combinazioni geniche è la

riproduzione sessuata. Questa nelle piante si verifica quando il polline di una

pianta è in grado di fecondare efficacemente l’ovulo di un’altra pianta

appartenente alla stessa specie o a specie affini, producendo semi vitali

(alloincrocio). La progenie ottenuta dall’incrocio sarà quindi dotata di nuove

combinazioni geniche grazie sia alla fusione dei gameti maschili e femminili

provenienti da piante diverse, sia al crossing-over meiotico che avviene durante la

spermatogenesi e l’ovogenesi negli individui parentali. La possibilità di incrocio

tra due piante geneticamente diverse è però finemente regolata tramite

meccanismi molecolari e biochimici; infatti in natura essa è meno comune tra due

specie diverse e decresce all’aumentare della distanza evolutiva tra gli organismi.

Il processo precedentemente descritto è considerato un flusso genico verticale,

poiché consiste nel trasferimento dell’informazione genetica da un organismo alla

sua progenie tramite i meccanismi convenzionali dell’e

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
65 pagine
SSD Scienze agrarie e veterinarie AGR/02 Agronomia e coltivazioni erbacee

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marcorivi di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Biotecnologie delle specie erbacee e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Dinelli Giovanni.