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PARTE PRIMA
Capitolo 1 Aspetti giuridici e opportunità: i minori e i servizi sociali
1.1 La figura del minore nel tempo
Negli ordinamenti di diritto positivo la maggiore età è l'età con la quale la persona
fisica acquisisce la capacità di agire (“contrarre”), in contrapposizione alla capacità
giuridica che si acquisisce con la nascita.
In Italia, a seguito della legge numero 39 dell'8 marzo 1975, la maggiore età si
acquisisce a 18 anni. Chi ha raggiunto la maggiore età si dice maggiorenne; chi non l'ha
raggiunta minorenne o minore.
In Italia i minorenni sono sottoposti alla potestà genitoriale, il diritto-dovere all'educazione
e alla tutela, nonché rappresentanza dei figli nell'esercizio dei diritti reali sui beni di
loro proprietà. Quest'ultima funzione può essere esercitata da tutori, anche temporanei.
Anche i minorenni non emancipati hanno la potestà sui propri figli, se riconosciuti; con
il matrimonio possono ottenere l'emancipazione e quindi la capacità di agire, seppur
limitata.
Il codice penale italiano prevede riduzioni di pena per soggetti minori di 18 anni e la non
imputabilità di soggetti minori di 14 anni: è rilevante la capacità di intendere e di volere.
Percorrendo la linea storica circa l’evoluzione della considerazione della figura del
soggetto minore nel tempo, solo negli ultimi trent'anni l'ordinamento giuridico ha mostrato
una sensibilità crescente nei confronti del minore interessato da forme di disagio che si
ripercuotono sul suo sviluppo psichico.
La vita dell'infanzia non ha avuto per lungo tempo alcun significato per il mondo degli
adulti: il minore è stato infatti a lungo percepito come un essere che diviene persona-
soggetto di diritti solo dopo essere stato educato e plasmato. Solo intorno al 1970 ci si
avvia a un pieno riconoscimento dei diritti anche del soggetto in età evolutiva e alla
predisposizione di strumenti per assicurare sostegno, promozione e recupero del minorenne
in difficoltà (Bottaro, 2007).
Nel secolo appena trascorso il pensiero attorno ai diritti dei bambini, si esprime attraverso
strumenti legislativi che organizzano la tutela dei diritti dei minori. L'interesse del soggetto
minorenne si identifica con l'attuazione del suo diritto all'educazione, attraverso la
creazione di condizioni che possano favorire il più completo sviluppo della sua personalità.
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La prima significativa attestazione dei diritti del bambino si ha con
la Dichiarazione dei diritti del bambino, adottato dalla Quinta Assemblea Generale della
Lega delle Nazioni nel 1924, documento che chiama in causa l'umanità intera affinché
garantisca protezione ai soggetti minorenni. E’ nella Dichiarazione di Ginevra dello stesso
anno che si affermano le necessità materiali e affettive dei minori.
Dopo lo scioglimento della Società delle Nazioni, si fa strada il progetto di una Carta sui
diritti dei bambini.
Nel 1959, all'unanimità, si ha la stesura e l'approvazione della Dichiarazione dei diritti del
fanciullo da parte dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite che chiede agli Stati
l’impegno pragmatico nella loro applicazione e diffusione e sancisce:
- il divieto d'ammissione al lavoro per i minori che non abbiano raggiunto un'età
minima;
- il divieto di impiego dei bambini in attività produttive che possano nuocere alla
sua salute;
- il diritto del minore a ricevere cure particolari.
Col diffondersi di nuove conoscenze si inizia a condividere l'idea che il bambino
debba essere il soggetto centrale dei provvedimenti che lo riguardano. Le riflessioni che ne
conseguono diventano il tema centrale della Convenzione di New York sui diritti del
fanciullo, primo documento in cui non si utilizza la parola “minore”, che evoca lo
stereotipo culturale del bambino incompleto in uno status d'inferiorità personale e
giuridica, di soggezione a poteri altrui. Perciò l'articolo 1 della Convenzione chiarisce
che s'intende per fanciullo ogni essere umano avente un'età inferiore a diciott'anni.
La Convenzione europea sull'esercizio del diritto dei bambini dichiara che, purché
il minorenne abbia sufficiente giudizio, nei procedimenti che lo concernono davanti
ad un'autorità giudiziaria, gli sono attribuiti i seguenti diritti:
- ricevere ogni informazione pertinente;
- essere consultato ed esprimere la propria opinione;
- essere informato delle eventuali conseguenze di ogni decisione.
Le relazioni familiari del bambino sono riconosciute inoltre come ottimali laddove sono
costruite su cure adeguate.
Tra le disposizioni della Costituzione, fonte sovraordinata del nostro ordinamento,
che trovano più immediato riscontro negli articoli della Convenzione, vanno menzionate le
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disposizioni sui diritti fondamentali che, per la loro importanza, hanno ricevuto un ampio
riconoscimento nell'ambito di dichiarazioni internazionali.
La Convenzione sui Diritti dell'Infanzia del 1989 è stata ratificata in Italia con legge
numero 176 del 27 maggio 1991.
La legge 285 del 28 agosto 1997 poi, istituisce il Fondo Nazionale per l'infanzia e
l'adolescenza, finalizzato alla realizzazione di interventi a livello nazionale, regionale e
locale per favorire la promozione e realizzazione dei diritti di infanzia ed adolescenza.
Il 4 aprile del 2001 viene inoltre emanata la legge numero 154 “misure contro la
violenza nelle relazioni familiari”: con questa legge il giudice può disporre
l'allontanamento dell'imputato di violenze nelle relazioni familiari di lasciare
immediatamente la casa familiare e di prescrivere il non avvicinamento ai luoghi
frequentati dalla vittima.
Numerose sono le sentenze della Corte di Cassazione a tutela dei minori, in cui si
apre il dibattito sui metodi educativi; viene sempre vietato il ricorso alla violenza per scopi
educativi.
E’ però la riforma del diritto di famiglia del 1975 in Italia a porre finalmente al
centro l'interesse del minore, che può ricorrere al giudice tutelare nel caso ritenga che i suoi
genitori o tutori non stiano perseguendo i propri interessi. Il principio del superiore
interesse del minore, è concepito come il diritto del bambino a poter partecipare a tutte le
decisioni riguardanti i servizi sociali che possono influenzare la sua vita.
Circa il ruolo ricoperto dai servizi sociali al fine di tutelare e proteggere bambini e
famiglie da ogni forma di violenza e sfruttamento, si individuano misure di prevenzione
ed interventi:
- valutazione delle esigenze del singolo bambino;
- valutazione dei diversi fattori di rischio a seconda dell'ambiente sociale in cui si
svolge la vita del bambino;
- misure di prevenzione allo scopo di evitare una ri-vittimizzazione del bambino;
- interventi per evitare, quando possibile, la separazione dei vari membri del nucleo
familiare.
Nella Raccomandazione del 16 novembre 2011, sui diritti dei bambini e i servizi sociali, si
definiscono i seguenti termini:
- "genitore" si riferisce alla persona che ha la potestà genitoriale secondo la legge
nazionale dello Stato membro. Nei casi di genitori impossibilitati nelle capacità
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genitoriali o che non abbiano più la potestà genitoriale, tale figura può essere
svolta da un rappresentante legalmente nominato;
- "servizi sociali" si riferisce ad una gamma di servizi, forniti da enti pubblici o
privati, che rispondono a bisogni collettivi e personali. Mentre con il termine
"servizi" si intendono servizi standardizzati, universalmente forniti alle persone
in quanto membri di una categoria, i "servizi sociali" rispondono ai "bisogni
specifici" dei beneficiari;
- "servizi sociali per bambini e famiglie" si riferisce ad una serie di misure e di
attività che soddisfano bisogni generali o individuali di un minore e/o della sua
famiglia;
- "servizi sociali a misura di bambino" si riferisce ai servizi sociali che rispettano,
proteggono e realizzano i diritti di ogni bambino, compreso il diritto di accesso
alle prestazioni, la partecipazione e la protezione e il principio del superiore
interesse del bambino (Onida, 2012).
1.2 La tutela dei minori e il ruolo dei servizi sociali nel sistema giudiziario italiano
Gli interessi dei minorenni vengono tutelati a livello giudiziario da diversi soggetti:
- Tribunale per i Minorenni, (T.M.) ha competenza a disporre l’affidamento e il
mantenimento della prole ai genitori nelle coppie non sposate;
- Tribunale Ordinario (T.O.) ha uguale competenza ma nel caso di coppie
sposate;
- Giudice Tutelare (G.T.) è il soggetto che provvede alla nomina del Tutore.
Le competenze penali e amministrative su minorenni sono sempre di competenza del
Tribunale per i Minorenni. Solo nelle competenze civili determinati provvedimenti
possono essere assegnati al Tribunale Ordinario o al Giudice Tutelare. Al lavoro dei
Tribunali partecipano anche le Procure della Repubblica (ordinaria e per minorenni), i
Difensori e i Servizi Sociali (Vinci, 2011).
I Tribunali per i Minorenni sono stati costituiti nel 1934 affinché i soggetti minori
di età che abbiano commesso dei reati, siano giudicati da un organo specializzato, a
composizione mista, formato cioè da giudici professionali (togati) e da cittadini esperti in
scienze umane che abbiano compiuto il trentesimo anno di età (giudici onorari). E’ giudice
di primo grado con competenze in vari settori aventi come caratteristica comune il fatto
che nei procedimenti dei casi trattati sono comunque coinvolti dei minori. Essendo giudice
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di primo grado, tutte le decisioni prese dal Tribunale possono essere impugnate dinanzi alla
Corte d’Appello.
Nel T.M. vengono tenute udienze in camera di consiglio (cioè senza l’intervento
delle parti e del pubblico) e udienze collegiali (cioè con l’intervento delle parti ma pur
sempre senza il pubblico). In caso di impugnazione contro i provvedimenti del TM è
competente a decidere la Corte d’Appello con apposita sezione, nominata ogni anno dal
Presidente, composta da tre giudici togati e due onorari. In seguito all’impugnazione
successiva ad una pronuncia di una Corte d'Appello, giudica la Cassazione, ultimo grado di
giudizio. Quest’organo giudica sul diritto: ciò significa che non può occuparsi di
riesaminare i presupposti di merito, bensì può solo verificare che sia stata applicata
correttamente la legge.
In entrambi i giudizi inoltre, siano essi civili o penali, troviamo la figura del
Pubblico Ministero (appartenente alla Procura Generale presso la rispettiva Corte).
Il T.M ha una competenza territoriale corr