Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
ANALISI DEI DOCUMENTI DI ENRICO II
Il primo documento, per quelli di Enrico II, che possiamo porre nel gruppo dei
documenti falsi, poiché alla fine del documento ritroviamo aspetti tipici della
falsificazione, è catalogato nei Monumenta Germanica Historica con il numero
nel documento riscontriamo una disposizione anomala per l’XI
288. Infatti,
secolo che riguarda il diritto da parte dei figli legittimi di poter nominare notai
pubblici, giudici ordinari o messi regi. Più in specifico l’attestato tratta di una
conferma di beni al Monastero di Santa Maria di Farneto, nella parte iniziale
troviamo l’invocazione a Dio e la citazione dell’abate Martino, che viene citato
nell’assemblea del palazzo imperiale dal signor Oddolone e viene tratteggiato
come abate vicino alle posizioni dell’imperatore; lo stesso, nel territorio di
Cortona, cura le terre del Monastero, avendo l’incarico di amministratore
giurisdizionale delle imposte e dei pedaggi. In seguito l’imperatore Enrico II
concede allo stesso abate e ai suoi successori le terre attraverso un lungo elenco
di luoghi cui poi corrispondono in alcuni casi chiese, in altri appezzamenti di
terreni e ville. I luoghi ivi riportati riguardano una vasto territorio. Nel
documento è citato il lago Trasimeno, e specificatamente le tre isole, in seguito
segnala Passignano al Trasimeno, scorrendo il documento si parla della città di
Perugia, giacché si ritrovano i possedimenti della chiesa di Santa Maria di
Biene riguardanti il territorio in cui si situa la chiesa di Santa Maria in Valle.
Altra città che viene menzionata è Chiusi facendo riferimento alla chiesa di
Santa Maria, con le relative terre ed anche la legislazione sugli stessi territori.
Al monastero di Cortona viene dato anche parte del territorio della stessa
Chiusi. A questo Enrico aggiunge tutti i privilegi imperiali come possono
essere i redditi, che si possono avere da tutte le terre citate in precedenza nel
documento, ma anche i versamenti, le giurisdizioni, il privilegio sulle acque e
sulle terre, l’immunità sui territori dati in concessione. L’imperatore quindi
concede tutti i diritti all’abate e ai suoi successori riconoscendo inoltre la
giurisdizione sugli uomini che vivono nei luoghi citati e che seguono le
7
“consuetudini” e rispettandole e usufruiscono dei territori dati in concessione.
fine del documento è possibile notare che l’imperatore vuole che nessuno
Alla
si possa opporre alle sue opposizioni per almeno cinquecento anni, e una
contraddizione dei dettami imperiali sarebbe stata sanzionata con una penalità
di 100 lire di oro purissimo.
Approfondendo la caratteristica che ci permette di affermare come il
documento in questione sia falso, è il particolare modo di prendere in
considerazione lo status di figlio illegittimo e di come a costui sia dato il potere
di creare notai, giudici pubblici, giudici ordinari e messi regi. Ciò si può
collegare al documento 521 del IV volume di Julius Ficker in cui troviamo un
atto, datato il 15 maggio 1355, in cui Carlo IV risolve la questione del figlio
illegittimo, e di ciò che avesse in potere di fare in ambito legislativo e
istituzionale affermando che ogni tipo di figlio illegittimo, bastardo, spurio, e
chiunque nato da un rapporto illegittimo, ma discendente da una famiglia di
rango come quella di un duca, conte o barone sia legittimato e siano restituiti i
nobili natali ed ogni atto legittimo, la dignità e il grado a lui e ai suoi successori
così da legittimare anche il suo testamento e abilitandolo alla giurisdizione,
togliendo così la macchia diffamante della sua nascita. Riporto la parte del
documento falso in cui si annunciano le disposizioni riguardanti i figli
illegittimi:
“Insuper confirmamus et concedimus atque damus tibi abbati tuisque
successoribus plenam et liberam potestatem vice et auctoriate nostra
imperiali ex inlegitimo et ex inlicito cuiuscumque generis coitu natis
super defectum natalium dispensandi ipsosque rite et legitime quoad
omnes actum legitimos et civiles honores quoque comoda et utilitates
quaslibet, et ut ex testamento et ab intestato personis quibuscumque
succedere valeat, legitimandi et abilitandi, ita ut perinde habeantur
omnimode, sicut a nostra imperiali clementia legitimati et abilitati
forentad permissa, creandi notarios et tabeliones publicos, iudices
8
ordinarios ac regios missos, quocumque nomine nuncupentur,
sollemnitatibus debitis adhibitis et consuetis, recepto abeisdem primitus
de fidelitate sacro observanda imperio solito sacramento, eisdem quoque
dando plenum et liberum arbitrium pro locis ubilibet per sacrum
Romanum imperium costitutis sui officii, velui a nostra maiestate creatis
factis et instituitis tabelliones iudices et notarios, exercendi cum omnibus
dicto offivio pertinentibus aut faciendi, modo non obstantibus legibus
iuribus vel consuetudinibus aut statutis vel priviliegiis concessionibus
factis et concessis per predecessores nostros quoscumque generalibus et
specialibus factis introductis et concessis per quacumque personam
quibuscumque collegio civitato communitati sive persone singulari,
cuiuscumque preeminentie condicionis et status existat, sub quacumque
concessione condictione seu compositione verborum, etiam si de ipsis
specialiter de verbo ad verborum foret in nostris litteris mentio facienda,
que predictis aliquo modo obviare possunt queque ad premissa nullius
volumus obtinere roborem firmitati , eisdem es certa scientia et de
plenitudine imperatorie potestatis penitus derogantes.”
Nel documento citato in precedenza, datato nel 1355 ritroviamo queste
disposizioni imperiali:
“… quodque personas literarum scientia et morum honestate probabiles
in tabelliones seu notarios publicos et indices ordinarios tu et iidem
frates tui, fratrisue tui natus et descendentes vestri legiptimi et quilibet
vestrum, costituire et creare per totum orbem in partibus sacros imperio
Romano subiectis et cum plenitudine iuris offitium tabellionatus et
iudicatus ordinarii dare et comittere libere valeatis; dantes
nichilhominibus tibi et fratibus tuis, et filio fratris tui et tuis et cuiuslibet
eorum descendentibus legiptimis, plenam, liberam, ac omnimodam
potestatem, quoslibet bastardos, spurios, notos, manzeres et quovis ex
dampnato coitu et illegiptime natos, illustrium ducum, comitum,
9
spectabilium, baronum, procerum natis duntaxat exceptis, legiptimandi,
natalibus restituendi et ad quoscunque legiptimos actus, dignitates et
gradus, successiones etiam paternas, cognatorum et agnatorum ac
quorumlibet aliorum, ex testamento et ab intestato, dignitates et iura
habilitandi, tollendi et abstergendi omnem maculam ex defectu natalium
contingentem, ac si essent de legiptimo matrimonio procreati, sine tamen
legiptimorum filiorum preiudicio, cum quibus nichilhominus legiptimos
huiusmodi equa volumus portione gaudere, non obstantibus
quibuscumque legibus, positis sub tituli Codice de naturalibud liberis,
Autenticho.”
nec obstantibus iuris positis in
A questo punto il documento da una regola generale riguardante i figli
illegittimi:
“Quibus modis naturales efficiantur sui, et: Quibus modi naturales
efficiantur legiptimi, et quibusconque alii iuribus tam communibus, quam
singularibus et municipalibus cuiscumque loci factis vel fiendis, etiam si
necesse foret talium vel alicuius ex eis expressam et specialem in
presentibus fieri mentione, quibus omnibus et singulis, in quantum
premissis vel alicui eorum quomodolibet obviarent ve laliter formam
darent seu quovismodo disponerent, auctoritate prefata ex certa scientia
expersse et totaliter derogamus.”
Questo ci palesa in modo inoppugnabile come il documento 288 non
corrisponda all’XI secolo come ci vuole far pensare colui che lo ha scritto ma
in realtà sia sicuramente posteriore alla metà del XIV, poiché si deve
presupporre che il tema della legittimità o dell’illegittimità delle nascite di
rango elevato sia stato analizzato e sia entrato nella realtà istituzionale e quindi
sia stato assimilato come realtà ordinaria dalla società istituzionale in un
periodo molto successivo al secolo XI. Per ciò che riguarda la cronologia del
documento possiamo affermare che il documento porta una datazione
verosimile all’anno in cui il falsario vuole collocare l’atto imperiale, infatti le
10
date presenti sono: 1014, per quanto riguarda l’anno dalla nascita del Signore,
l’indizione XII è corretta e inoltre troviamo, nella datazione l’informazione che
all’epoca l’imperatore Enrico II regnava da dodici anni ed era passato un anno
dall’incoronazione papale che lo aveva designato imperatore.
Altro documento ritenuto falso e qui preso in esame è il numero 519, in cui
l’imperatore Enrico nega, al vescovo di Bologna la possibilità di disporre dei
beni dati alla stessa chiesa, senza il consenso scritto del collegio e dei canonici,
cosicché il vescovo non possa modificare i possedimenti territoriali dati in
concessione alla chiesa stessa. Infatti vi è uno stretto legame tra questo atto
imperiale e il documento imperiale 280, dello stesso imperatore Enrico II, nel
quale si confermano i beni al capitolo della cattedrale di Bologna ed in più
viene dato il potere di amministrare i possedimenti del re, godendo del reddito e
dell’immunità data dallo stesso imperatore. Le similitudini, o per meglio dire le
uguaglianze che si ritrovano nei due documenti sono nell’invocazione divina
iniziale e nella formula finale dove si può distinguere una prima parte in cui le
formule del documento 280 vengono modificate cambiando alcuni vocaboli,
mentre nella seconda ed ultima parte del manoscritto si può notare come i due
possano sovrapporsi, quanto alla formula della corroborazione e alla formula
della datazione cronologica e alla designazione del luogo in cui
presumibilmente è stato redatto. In entrambi infatti è possibile ritrovare queste
parole, con una piccola modifica grammaticale. Il documento 280 riporta:
“Quod ut verius credatur et diligentius ab omnibus observetur, sigillo
nostro inferius iussimus insigniri.”
Nel documento falso 519 leggiamo:
“Quod ut verius credatur diligentiusque ab omnibus observetur, sigillo
insigniri.”
nostro inferius iussimus 11
Quindi possiamo notare una modifica minima riguardante il vocabolo et che nel
primo viene esplicitato, mentre nel secondo documento viene utilizzato il que
enclitico.
Altra annotazione che può essere notata all’interno di entrambi i documenti si
trova sempre nella parte finale nella quale alcuni vocaboli dell’originale
vengono ripresi nel falso:
“Si quis autem temerarius contra hoc nostrae confirmationis