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Amare come io amo Te non può più nessuno, amare come Tu ami me,

non potrai più (perdonami questo desiderio egoista), ma non bloccare

il Tuo cuore, non fargli violenza, quello che io non posso avere non lo

70

devo voler distruggere per invidia (…).»

Questo altruismo che affonda le sue radici in un amore che non ha limiti,

è anche frutto di una profonda conoscenza dell’uomo e delle sue

potenzialità. Susette infatti è tra le pochissime persone che hanno colto la

grande sensibilità di Friedrich, intuendone l’unicità – “in pochi sono come

Te” – ed il talento poetico. Proprio per questo non avanza pretese sul suo

futuro. Non solo, ma con tanto affetto e discrezione, conoscendo bene i

costi personali della sua esperienza a Jena, cerca di metterlo in guardia dal

rischio di analoghe avventure e iniettargli la convinzione del suo valore:

70

Ibidem 57

«Tu dovresti adesso cominciare a vivere, ad agire, a produrre, non

farmi diventare un ostacolo, e non vanificare la Tua vita sognando un

amore impossibile. La natura Ti ha dotato di tutte le forze nobili, di un

alto ingegno e di sentimenti profondi ed adesso è alla Tua portata

71

dimostrarlo coi fatti.»

Sempre nella stessa lettera, lei trova spazio per esprimere anche qualche

desiderio, impregnato di struggente nostalgia:

«(…) Rivedersi per un’ora piena di beatitudine, covando speranza nel

petto sono sufficienti a mantenere in vita questo amore per mesi.

Facciamo in modo di non chiudere gli occhi e farci sorprendere dalla

sorte, per poter fare le cose più necessarie e migliori. Cerca di

tranquillizzarmi se puoi sul futuro… Perdona! Mio carissimo! Se Ti

coinvolgo in questi neri pensieri, per Te dovrebbe essere tutto solo

dolce, Ti vorrei dare un cielo, allontanare tutto quello che potrebbe

disturbarTi; ma io sento che il nostro amore è troppo sacro, per

poterTi illudere, Ti sono debitrice di ogni sensazione che provo, Tu sai

che io sono leggermente malinconica, forse verranno tempi migliori e

vorremo ringraziare la sorte per ogni fiore che assieme troveremo

72

(…).»

Una confessione accorata, ma veritiera, tocca anche i suoi bambini, quelle

quattro creature coinvolte, loro malgrado, nell’intero dramma familiare:

71

Ibidem

72

Ibidem 58

«(…) Ti devo dire ancora qualcosa dei bambini, Tu sai già che ai miei

occhi essi hanno perso molto, da quando non sei più Tu a istruirli e a

incidere su di loro, al punto che non mi riprometto più molto da essi

73

(…).»

L’unica consolazione è affidata all’antica passione comune per la musica,

che forse avrà modo di rianimarsi con l’arrivo della primavera, e

soprattutto alla pubblicazione, ormai imminente, del secondo volume di

Iperione, un libro costruito assieme, frutto di scambi, di pensieri e di

riflessioni comuni. Susette sa perfettamente che, in quella seconda parte

del romanzo, sono impresse le stimmate della sua stessa passione, con la

descrizione di attimi pieni, irripetibili della loro gioia e del loro dolore:

con crescente tensione pertanto, aspetta di averlo tra le mani per ritrovare

in esso un idillio destinato a superare la caducità della vita stessa:

«Voglio provare se riesco di nuovo a seguire la musica, la primavera

mi offrirà dolce occupazione nel giardino (a cui io mi devo di nuovo

abituare) e il Tuo caro Iperione animerà il mio spirito, quanto mi

rallegro già al suo pensiero!... Caro! tutte le mie espressioni

appartengono solo a Te. Il mio spirito, la mia anima si rispecchiano in

Te, Tu dai tutto quello che si può dare, in una forma così bella, come

74

io non potrei mai (…) (febbraio 1799).»

Nel frattempo, basta un solo giovedì, la giornata da tempo convenuta per

scambiarsi una lettera, uno sguardo e, nel caso più fortunato, una furtiva

carezza, per ridare un po’ di morale. E questa attesa di primavera nel

senso più ampio del termine sembra aver contagiato anche Hölderlin,

almeno a giudicare da quanto scrive verso la fine del mese alla sorella:

73

Ibidem

74

Ibidem 59

«(…) Carissima sorella! Ho quasi perso il diritto al Tuo ricordo; così

tanto tempo è passato da quando non mi sono più fatto sentire da Te.

Ma spesso è così, che per pura necessità di scrivere non si scrive nulla

… Sono diventato di nuovo temporaneamente un eremita, come sai, e

penso che Tu lo abbia approvato, dato che Tu puoi per quanto mi

riguarda dare per scontato che io l’abbia fatto non senza motivo, e che

io in tale ozio non mi comporti da ozioso e che non mi prepari una

condizione opportuna a spese di altri. Credimi, carissima! non è

caparbietà ciò che determina le mie occupazioni e la mia situazione.

La mia natura e la mia sorte, queste sono le uniche potenze, cui non si

può mai negare obbedienza, ed io spero con questo stato d’animo di

diventare alla fine ancora perfettamente degno del tuo placido, fedele

amore. Tu sei in ogni caso più felice, come quella persona che

forse solo alla fine dei suoi impegni può dire con sicurezza: sono

contenta. Tu vivi da un giorno all’altro appagata nelle Tue migliori

aspettative e la tua felicità domestica comporta solo tanta

preoccupazione, quanto è necessaria, per rendere giornalmente

75

concreto ciò che Ti appartiene (…)»

Questi sporadici momenti di tranquillità, sono confortati da una lettera che

sarebbe dovuta essere indirizzata in quel periodo a Susette e di cui ci

rimane solo un frammento:

«C’è dentro di me un ringraziamento inesprimibile, cara, che la

76

primavera celeste porti anche a me ancora gioia.»

75

Ibidem

76

Ibidem 60

2.3 Diotima: der einsam und fremden Frühling

Per Hölderlin Susette, oltre ad essere la Diotima dei suoi sogni,

rappresentava la primavera, quella primavera su cui tutte le creature

ripongono le proprie speranze. E, approssimandosi questa stagione,

diventa in lui preponderante il ricordo di quella fanciulla che, reclusa

nella sua casa di Francoforte, per lui si macera. A questa immagine di

Diotima che si portava dentro, o meglio al suo “Genio”, che nella

mitologia greca rappresentava l’istanza divina di una persona, cerca di

rivolgersi direttamente, dedicandogli la poesia Diotima, che può essere

definita una vera e propria preghiera, Hölderlin implora il Genio tutelare,

l’angelo custode della sua eccelsa creatura, che assegni “gioventù

eterna” a quella creatura già così privilegiata dagli Dei. Solo così ella

potrà sottrarsi allo scempio degli anni che impietosi si susseguono. Ma,

oltre a garantirle eterna giovinezza, il Genio deve avvolgerla nel suo alone

divino, nei veli del suo incanto, per evitarle di vedere, di percepire, la

bruttezza del mondo in cui vive. L’Ateniese infatti – così adesso chiama

la sua amata, dato che solo una creatura greca può abbinare in modo così

compiuto bellezza del corpo e dell’anima – è costretta a vivere, “sola e

straniera” in un mondo in cui non può riconoscersi. Ma deve soltanto

saper aspettare fiduciosa, in quanto, prima o poi. anche lei lascerà questo

brutto mondo, indegno di lei e della sua bellezza; ad attenderla allora

saranno le sue greche sorelle, ispiratrici di quella arte con cui Fidia

plasmava il marmo, riuscendo ad infondere alle sue creature anche

un’anima. Su questo concetto di estraneità di Diotima verso il mondo che

la circonda, il poeta avrà modo di ritornare in altre occasioni, dedicandole

versi sublimi: 61

Schönes Leben! Du Lebst, wie die Zarten Bluten im Winter,

In der gealterten Welt blühst zu verschlossen, allein.

Liebend strebst du hinaus, dich zu sonnen am Lichte des Frühlings,

Zu erwarmen an ihr, suchst du die Jugend der Welt.

Deine Sonne, die schönere Zeit, ist untergegangen

77

Und in frostiger Nacht zanken Orkane sich nun.

In questa poesia Diotima viene vista come una gemma che può anelare

soltanto alla primavera, stagione in cui è destinata a sbocciare; essa

tuttavia in un mondo invecchiato, gelido e in cui dominano gli

“uragani”, si rinchiude in se stessa e fa di tutto per restare gemma. Essa

non vuole correre il rischio di dischiudersi in un periodo in cui il freddo

finirebbe col gelarla e in condizioni ambientali sfavorevoli. Ma

Diotima è essa stessa quella perenne primavera, che ha ridato vita al

suo Iperione. Una primavera, che non soggiace alle leggi temporali;

essa si tramuterà anzi in una stella che splenderà nel firmamento solo

per chi è capace di rintracciarla e di ritrovarla tra miriadi di stelle. Sotto

certi aspetti una Proserpina greca che riporta in Germania la primavera,

la stagione della speranza e della ricorrente resurrezione. Il suo

soggiorno terreno si identifica con il percorso del sole; una volta

tramontato, ad imperversare saranno gli uragani, veri signori delle notti

glaciali. Se a Hölderlin riesce facile evocare la sua fanciulla nella

poesia, nel mondo in cui ella stessa è costretta a trattenersi le occasioni

per potersi rivedere divengono sempre più rischiose e, quindi,

subiscono ulteriori limitazioni. Col passare dei mesi, la loro

comunicazione è affidata esclusivamente alle lettere, nelle quali

pensieri e sentimenti vengono consegnati alla penna con immediatezza,

sotto forma di appunti o di note di diario. Ne viene fuori una carrellata

77 MANDRUZZATO E., Diotima e Hölderlin, lettere e poesie, Adelphi edizioni, 1979, pp.148-149 62

di stati d’animo buttati giù, tra il 12 marzo e il 4 aprile 1799,

apparentemente senza alcuna coesione, ma tutti strettamente legati da

un filo di amore immenso e disperato. Susette trascrive le sue

sensazioni come può e quando può, tenendo aggiornato Friedrich di

quanto le succede; gli argomenti sono sempre gli stessi, anche se le

riflessioni tradiscono sfumature diverse, in cui sembra dominare la

rassegnazione:

«La Tua cara lettera e il Tuo desiderio mi hanno dato ieri il pensiero

di scriverTi una specie di diario, se solo potessi farlo!… Ieri non

appena Te ne sei andato ho sentito in modo così intenso la sensazione

mista di dolore e di gioia e di sordo timore del futuro, ho preso subito

la Tua lettera, riuscivo solo a leggere parole, il cuore mi batteva così

forte che non riuscivo a tirar fuori il senso e l’ho dovuta mettere da

parte per un’ora più tranquilla. Sono andata allora nell’aria per

ritrovarmi…. – Il mio cu

Dettagli
Publisher
A.A. 2014-2015
116 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/13 Letteratura tedesca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher ponyexpress83 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura tedesca e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Vivarelli Vivetta.