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L'esito dell'intervento giurisprudenziale della CEDU

L'esito dell'intervento giurisprudenziale della CEDU ha modificato significativamente la realtà giudiziaria sotto il profilo del regime delle preclusioni all'accesso ai benefici penitenziari nei casi di condanna per ergastolo c.d. ostativo, andando ad impattare soprattutto sull'istituto della collaborazione con la giustizia, il quale non assume più ruolo centrale nell'istituto dell'art. 4bis della Legge 26 luglio 1975. Ovviamente sulla pronuncia della Corte Europea dei Diritti Umani, sono intervenuti molti studiosi ed esperti, sia nel corso della causa che successivamente all'emanazione della sentenza, che hanno trattato le tematiche affrontate, avanzando svariate considerazioni di carattere dottrinale.

3.1 I terzi intervenienti nella causa dell'università di Milano espongono

Gli accademici e gli esperti sotto il coordinamento del loro intervento partendo innanzitutto dall'evoluzione della legislazione in materia e rammentano:

“l’articolo 4bis, inizialmente previsto per permettere ai collaboratori di giustizia di avere accesso ai benefici penitenziari in maniera preferenziale rispetto agli art. 306 dell’8 giugno 1992, a seguito di altri detenuti, è stato modificato dal decreto-legge dell’attentato contro il giudice G. Falcone e la sua scorta, nel senso di una trasformazione della collaborazione condizionale e ai benefici penitenziari”.

La terza parte richiama poi la giurisprudenza della Corte per dedurre che: “se un trattamento o una pena non possono mai essere contrari al principio di dignità umana, a prescindere dal loro effetto dissuasivo, il fatto di non tenere conto della possibilità di non collaborare e di non rispondere pregiudica la dignità dell’individuo e il suo diritto all’autodeterminazione”.

“l’automatismo legislativo,

Secondo questo terzo interveniente infatti:

che vede il detenuto non collaborativo escluso da qualsiasi beneficio, introduce una presunzione inconfutabile di pericolosità, legata ad una categoria ampia ed eterogenea di delitti che la dottrina indica con l'espressione "delitto penale d'autore". La presunzione di pericolosità sociale non potrebbe, in pratica, essere ribaltata da nessun giudice". Inoltre per questa terza parte, anche il regime della pena dell'ergastolo effettivo contrasta con i principi di individualizzazione e di progressività del trattamento penitenziario: "l'ergastolo ostativo impedisce qualsiasi progresso del detenuto non collaborativo nel suo percorso di reinserimento graduale nella società". "l'altro diritto onlus" dell'università. Ad intervenire è anche il centro di documentazione di Firenze, secondo cui: "introducendo la collaborazione con la giustizia come condizione preliminare per.qualsiasi valutazione del percorso di reinserimento del condannato, il sistema nazionale è in contrasto con il diritto di autodeterminazione di quest'ultimo. Il detenuto non è in grado di determinare la sua esistenza in carcere e di avere un'influenza sull'esecuzione della sua pena, in quanto il giudice non tiene conto del suo comportamento e delle sue azioni in assenza di collaborazione. Inoltre, "la pena dell'ergastolo sarebbe contraria all'obbligo positivo dello Stato di organizzare un sistema penitenziario che favorisca la rieducazione e il reinserimento dei detenuti". Il centro di documentazione "l'altro diritto onlus" espone infine che: "l'alternativa tra la collaborazione e la non collaborazione obbliga il detenuto condannato all'ergastolo a scegliere tra, da una parte, la propria dignità (la propria capacità di determinare il suo che deve passare attraverso la collaborazione) e, dall'altra,".

La propria percorso di uscita, vita o la propria incolumità e quella dei suoi familiari (dato il rischio di rappresaglie dell'ambiente mafioso). Su quest'ultimo punto, in particolare, il centro precisa, basandosi sull'osservazione diretta di condannati all'ergastolo che ha incontrato, che: "il motivo principale del rifiuto di collaborare sta nel timore per il detenuto di mettere in pericolo la propria persona o quella dei suoi familiari" 16. "il criterio di non collaborazione L'RCP, invece, intervenendo nella causa considera che: non possa essere considerato un motivo legittimo inerente alla pena e che, in ogni caso, la procedura di riesame in Italia non soddisfi i requisiti della Convenzione. In particolare "la giurisprudenza interna attesta l'esistenza di un esame quasi la terza parte afferma: binario (collaborazione o non collaborazione), che il magistrato di sorveglianza sarebbe Dipartimento di studi internazionali, giuridici,

storici e politici dell'università di Milano. Caso M. Viola15c. Italia (n.2) par. 85 (Ricorso n. 77633/16Centro di documentazione" l'altro diritto onlus" Università di Firenze. Caso M.16 Viola c. Italia (n.2) par.88 (Ricorso n. 77633/16) 25obbligato a compiere, ben lungi dal controllo in concreto delle esigenze inerenti allapena che giustificano il mantenimento in detenzione."

Inoltre l'RCP invita la Corte a esaminare due questioni che ritiene dovrebbero chiarire lasua giurisprudenza: la prima è relativa all'affermazione: "dell'esigenza di un controllogiurisdizionale rigoroso, che presenti garanzie procedurali analoghe alle garanzieesistenti in materia di libertà personale." l'altra inerente alla previsione di: "un vero eproprio diritto al reinserimento sociale, esigenza dettata dai principi di effettività e"sussidiarietà.

3.2 Ulteriori considerazioni dottrinali

Causa M. Viola c. Italia Uno dei principali interventi dottrinali successivi alla causa M. Viola c. Italia è dell'autore Antonio Tarallo che, partendo da un sintetico inquadramento della dottrina del "margine di apprezzamento" ovvero "quel margine in cui la Corte riconosce agli Stati libertà di azione e di manovra, prima di dichiarare che la misura statale di deroga, di limitazione o di interferenza con una libertà garantita dalla CEDU configuri una concreta violazione della Convenzione stessa" e attraversando alcune recenti "opinioni dissenzienti" espresse dai giudici di Strasburgo nei casi Hutchinson contro Regno Unito e Viola contro Italia, ne affronta la specifica declinazione nel campo della problematica compatibilità tra ergastolo e divieto di trattamenti o pene inumane o degradanti. "scompare. Più secondo egli nella causa M. Viola c. Italia il margine di apprezzamento: esattamente, dalla

Lettura della sentenza emerge che il margine viene menzionato solo in due momenti, entrambi irrilevanti ai fini della decisione del merito.

L'autore precisa come la dottrina del "margine di apprezzamento" ha iniziato a estendersi alla materia di divieto di trattamenti o pene disumane o degradanti, discendente dall'art. 3 della Convenzione, a partire dalla sentenza Kafkaris, dopo la quale la CEDU ha iniziato a riconoscere un certo spazio di operatività agli stati anche in materia di articolo 3. L'autore sulla questione espone: "Precisamente, una volta scolpito il principio di diritto secondo cui la pena dell'ergastolo, per essere ritenuta compatibile con la Carta Convenzionale, deve essere calata in un sistema normativo che ne preveda, in fatto e in "riduzione", ha lasciato agli Stati.

i contraenti hanno il diritto di individuare in modo concreto i meccanismi di "riducibilità" delle pene, concedendo loro un margine di apprezzamento in questo campo. La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU) considera che anche una "pena perpetua" non sia in contrasto con il divieto di pene o trattamenti inumani o degradanti, a condizione che al detenuto sia garantita la speranza di poter un giorno riacquistare la libertà. Tuttavia, questa speranza non deve essere solo astratta, ma deve essere basata su una normativa che permetta al detenuto di sapere fin dall'inizio della sua detenzione quando e in quali precise condizioni potrà ottenere una revisione della sua situazione. La determinazione di tali condizioni viene lasciata alla discrezione degli Stati membri, nel contesto della definizione della politica criminale interna. Secondo lo scrittore,

L'estensione di tale "margine di apprezzamento" agli stati risulta "La giurisprudenza della problematica e limitata e muove, quindi, una critica alla Corte: Corte di Strasburgo sta spaziando, infatti, da pronunce in cui un approccio "minimalista" limita notevolmente l'ingerenza del controllo sovranazionale, ad altre in cui il monitoraggio risulta, invece, assai penetrante, soprattutto in punto di valutazione del requisito della "riducibilità" de facto, giungendo ad esautorare il "margine di apprezzamento" spettante allo Stato convenuto; il tutto, nell'arco di poco più di dieci anni, con arresti contraddittori della stessa Grande Camera ed opinioni dissenzienti di molteplici giudici. In tale contesto si colloca la sentenza resa nel caso Viola contro Italia, in cui il perimetro del controllo convenzionale si è ampliato fino a ricomprendere la valutazione di alcuni aspetti di "irragionevolezza".

del meccanismo di "riduzione" dell'apur apprestato dall'ordinamento italiano pena perpetua - - invadendo una sfera appartenente al mancipio della Corte Costituzionale domestica e, di fatto, anticipando la decisione" 18 . – 14 gennaio 2020/ Il "fine pena mai"18 Dirittifondamentali.it - Fascicolo 1/2020 Data di pubblicazione di fronte al controllo CEDU: un "margine di apprezzamento" sempre più fluttuante e aleatorio di Antonio Tarallo 27 Un ulteriore intervento proviene poi da Emanuele Sylos Labini che analizza la causa Viola c. Italia e ponendo al centro del dibattito l'istituto dell'ergastolo ostativo criticandone la struttura e sottolineando come esso sia, già da prima della sentenza di condanna della CEDU, al centro di moltissimi dibattiti dottrinali riguardo la sua compatibilità con la Convenzione dei diritti umani europea e la Costituzionale italiana. "La sentenza in oggetto, il cui esito erato, afferma che "la conoscenza è potere". Questa frase è stata spesso citata nel corso della storia e sottolinea l'importanza di acquisire conoscenza e informazioni per ottenere potere e successo. Egli sostiene che la conoscenza permette di prendere decisioni informate, di comprendere meglio il mondo che ci circonda e di affrontare le sfide con maggiore consapevolezza. Inoltre, la conoscenza può essere condivisa e diffusa, permettendo così di influenzare e ispirare gli altri. In conclusione, egli invita tutti a continuare ad apprendere e a cercare la conoscenza, poiché è uno strumento potente che può trasformare le nostre vite.
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A.A. 2019-2020
38 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/08 Diritto costituzionale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher nicolay1234 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto costituzionale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi Gabriele D'Annunzio di Chieti e Pescara o del prof Bilancia Francesco.