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DAL CONTRATTO A PROGETTO ALLA RIFORMA DEL JOBS ACT
L’habitat culturale e normativo della riforma……………………… 135
1. La prima fase del Jobs Act…………………………………………. 138
2. La seconda fase del Jobs Act e la centralità sistematica del cosiddetto
3. Codice dei contratti………………………………………………… 139
Struttura e contenuti del Codice dei contratti……………………… 141
4. Le innovazioni in materia di collaborazione coordinata e
5. continuativa………………………………………………………… 143
La riespansione del lavoro autonomo coordinato e continuativo a tempo
6. indeterminato e i suoi nuovi condizionamenti: il lavoro
eterorganizzato…………………………………………………....... 145
La distinzione tra eterorganizzazione e coordinamento………….. 150
7. I tratti distintivi delle collaborazioni organizzate dal committente… 152
8. Le collaborazioni organizzate dal committente e le collaborazioni…156
9. continuative e coordinate: distinzione ed incertezze interpretative…159
10. Le esclusioni……………………………………………………....... 162
11. Le attuali declinazioni contrattuali dell'art. 2, comma 2…………… 165
12. La normativa applicabile alle altre collaborazioni coordinate e
13. continuative………………………………………………………… 167 6
Il regime transitorio………………………………………………… 168
14. La persistente finalità antielusiva della nuova normativa………… 169
15. La stabilizzazione dei collaboratori coordinati e continuativi anche a
16. progetto e dei titolari di partita IVA……………………………… 170
Il lavoro accessorio………………………………………………. 171
17. 7
INTRODUZIONE
L’esigenza di restare competitive, in un mercato sempre più internazionalizzato,
impone alle imprese la necessità di ridurre i costi di produzione accentuando il
rapido adattamento della dimensione occupazionale all’entità della domanda. In
particolare le aziende hanno cercato di introdurre maggiore flessibilità nel costo
del lavoro, ricorrendo a tipologie contrattuali diverse dal lavoro subordinato.
Ci riferiamo all’ampia gamma di lavori c.d. “atipici” che si collocano in una zona
d’ombra nella quale trovano difficoltà notevoli l’applicazione sia delle tutele che
delle classificazioni fino ad oggi usate, a tal punto che, il dettato dell’art. 2094
del codice civile non pare in sé idoneo per la soluzione dei troppi, diversi aspetti
del problema.
Non solo perché i criteri classici di individuazione delle fattispecie fondamentali
del lavoro subordinato e del lavoro autonomo sempre più si dimostrano
insufficienti per la classificazione delle varie, nuove, attività lavorative ma
soprattutto perché pare di poter constatare con sufficiente certezza il dilatarsi
della zona grigia attribuibile né al lavoro subordinato né al lavoro autonomo.
Ho scelto di illustrare nel presente lavoro il percorso normativo delle
collaborazioni coordinate e continuative. In primo luogo ho delineato la
panoramica dell'evoluzione storica di tale tipologia contrattuale.
La norma che storicamente ha consentito di individuare e delimitare la categoria
è costituita dall'art. 409, n. 3, c.p.c. introdotto con la legge 11 agosto 1973, n.
8
533. A partire dal 1995, infatti, si è assistito all'esplosione delle collaborazioni
coordinate e continuative, che con la legge n. 335/95 hanno ricevuto una sorta di
legittimazione, per approdare alla ragguardevole cifra di più di due milioni di
unità. Questa esplosione ha alimentato un intenso dibattito circa la reale natura
del fenomeno. Bisognava capire, infatti, se ed in che misura questo fenomeno
fosse da imputare ad una genuina scelta per l'autonomia, oppure al tentativo di
eludere la normativa sul lavoro subordinato. Pertanto successivamente si è
analizzato l'intervento del legislatore che con il D.Lgs. n. 276/2003 agli articoli
61 e ss., disciplina la nuova figura contrattuale del lavoro a progetto al fine di
mettere ordine in un sistema che aveva consentito l’indiscriminato utilizzo delle
fattispecie di confine tra autonomia e subordinazione, anche a fini elusivi del
sistema di garanzia previste per il lavoro subordinato.
L’obiettivo appena descritto, però, non è stato raggiunto; si è verificato un abuso
delle collaborazioni a progetto, soprattutto nel settore del call-center ed infatti,
con la Legge 296/2006 (Finanziaria 2007) ci si pose un quesito: “ i collaboratori
a progetto, lavorando nei call-center, dovevano essere considerati lavoratori
subordinati o parasubordinati?”. Non esisteva una disciplina specifica di
riferimento che regolasse questo tipo di rapporti di lavoro.
Si è andata ad analizzare dunque la riforma del mercato del lavoro Legge 28
giugno 2012, n. 92, nota come "Riforma Fornero". La riforma è avvenuta in
tempi molto rapidi e l'iter di approvazione del disegno di Legge è stato
largamente sostenuto dal voto favorevole della maggioranza parlamentare. Si
tratta di un'analisi dettagliata degli articoli dal 61 al 69-bis. del Decreto
Legislativo 276/2003, aggiornato dalla legge 28 giugno 2012, n. 92. La riforma
del 2012, tuttavia, non aveva eliminato i problemi posti dagli art. 61 ss., e la
fattispecie del lavoro a progetto si era definitivamente rivelata inidonea ad
assolvere la funzione di contrastare le pratiche elusive, e continuava ad essere
fonte di un elevato contenzioso giudiziale. A tal proposito si è andata ad
analizzare l'ultima riforma del mercato del lavoro, delineata dalla legge delega n.
183 del 2014 (il cosiddetto “Jobs Act”), nella quale è maturato il proposito di
“superare" le collaborazioni coordinate e continuative, anche a progetto. Il d. lgs.
9
n. 81 del 2015, da una parte, applica dal 1° gennaio 2016 la disciplina del lavoro
subordinato “anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni
di lavoro, esclusivamente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione
sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di
lavoro” salve alcune eccezioni espresse, e, dall'altra parte, abroga espressamente
la disciplina del contratto di lavoro a progetto per le assunzioni successive alla
data di entrata in vigore della norma. L'art. 52 comma 1, in particolare, abroga
espressamente gli artt. 61-69 bis del d.lgs. n. 276 del 2003, i quali rimangono in
vita in via transitoria solo per regolare i contratti già in essere alla data di entrata
in vigore del decreto. In tal modo, si realizza in modo netto l'intenzione,
annunciata dal legislatore delegante e confermata dalla rubrica della norma, di
superare il contratto a progetto. Non è stato raggiunto, invece, il più ambizioso e
delicato obiettivo di superare le collaborazioni coordinate e continuative di cui
all'art. 409, n. 3, c.p.c.. 10
CAPITOLO 1
EVOLUZIONE NORMATIVA DELLE COLLABORAZIONI COORDINATE
E CONTINUATIVE
La flessibilità. Il mercato del lavoro che si evolve, uno sguardo generale
1.
È opportuno procedere ad una breve analisi dell'evoluzione del mercato del
lavoro in Italia al fine di comprendere perché esso si sia mosso nella direzione di
una sempre maggiore flessibilità.
Dagli anni '50 fino alla metà degli anni '70 si sono registrati un'accelerazione
dello sviluppo industriale e uno sviluppo dei modelli produttivi propri di una
industria classica, cosiddetta fordista, orientata cioè verso le produzioni di massa
e basata sulla divisione scientifica del lavoro. A queste trasformazioni ha fatto
seguito la sempre maggiore importanza assunta dal lavoratore subordinato.
Negli anni '60 e '70 il diritto del lavoro ha trovato il suo maggiore sviluppo.
Secondo Del Punta il carattere fondamentale del diritto del lavoro "si propone di
limitare l'autonomia privata sul mercato del lavoro e quindi, essendo evidente il
"filo rosso" che collega l'autonomia individuale alla libertà di iniziativa
economica, di regolare l'economia di mercato, attraverso le leggi e attraverso le
pressioni delle organizzazioni collettive" . La funzione del diritto del lavoro è
1
stata per lo più rinvenuta, dalla maggioranza degli autori nella protezione del
lavoratore subordinato: il legislatore muove verso una sorta di restrizione e
sostituzione dell'autonomia negoziale privata con un sistema di norme di ordine
pubblico, inderogabili e imperative, a garanzia dalla frode di tali norme
protettive. Possiamo osservare questo sistema garantista nelle ipotesi di
intermediazione e interposizione dell'impiego dei lavoratori, o nel caso dei
2
lavoratori a tempo determinato. L'intervento del legislatore, che ha visto in queste
ipotesi elementi di sfruttamento del lavoratore elusivi della tutela dello stesso, si
è caratterizzato per la tutela dell'uniformità di trattamento nelle condizioni di
1 Lezioni di diritto del lavoro, del Prof. Riccardo Del Punta a/a 2002-2003. 11
lavoro e per la stabilità dell'occupazione. Ad esempio la disciplina del contratto a
tempo determinato, prevista dalla legge n. 230 del 1962, abrogò la più generale
ammissibilità del rapporto di lavoro a tempo determinato, già prevista dal codice
civile del 1942, sancendone il carattere eccezionale e diede vita al sistema
sanzionatorio che prevedeva l'automatica trasformazione in un rapporto a tempo
indeterminato nel caso in cui il rapporto di lavoro fosse stato illecitamente
definito come rapporto a termine . Altro esempio è la disciplina della legge n.
3
1369/ 1960 che prevedeva il divieto di interposizione e d