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CORPORATE GOVERNANCE: TEORIE E MODELLI

1.1. Macro-modelli di corporate governance

Definire il settore di indagine della Corporate Governance, risulta attività molto

complessa, in quanto dal primo produttivo lavoro di Berle e Means (1932),

riguarda la separazione tra proprietà e controllo, la quale evidenzia problemi

relativi all’analisi ed interpretazione del funzionamento dell’azienda, altri legati

alla garanzia degli azionisti, non più implicati nel governo, ai quali si aggiungono

altri ambiti interpretativi che si arricchiscono enormemente.

Dalle diverse modalità avverse, con le quali, in ogni impresa, i vari ambiti trovano

solida manifestazione, combinandosi in maniera alquanto corretta, derivano

differenti modelli di Corporate Governance.

La letteratura e la teoria economica, definiscono dei modelli tipo, anche se poi

ogni paese ha un proprio modello con sue specificità e particolarità, dal momento

che questo subisce le azioni e le influenze delle istituzioni, dei principi contabili,

delle normative e delle società di adesione della cultura. In altre parole, i vari

modelli si definiscono in base al grado di capitalismo in cui l’azienda agisce.

La letteratura, che si è interessata dell’argomento, ha affrontato il problema

cercando di evidenziare una netta separazione tra due schemi interpretativi di

base. Da qui la necessità di spiegare i paradigmi di governo attraverso variabili di

tipo macro come il contesto storico sociale, il sistema politico, il sistema

giuridico, economico, finanziario e amministrativo.

4

Le differenti combinazioni delle citate variabili, hanno portato all’individuazione

di due macro modelli di Corporate Governance (Bhasa, 2004) definiti come:

- Insider System of Corporate Governance anche detto bank oriented, è

presente nei paesi dell’Europa continentale e in Giappone.

- Outsider System of Corporate Governance anche detto market oriented, è

riconducibile all’archetipo anglosassone ( Stati Uniti e UK)

Il modello Insider tipicamente proprio dei paesi asiatici e dell’Europa

continentale, è caratterizzato da una ownership altamente concentrata, da una

molteplicità di relazione inter-firm e di cross corporate holding (Maher,

Anderson, 2000). Inoltre i modelli Insider sono caratterizzati da una decisiva

ingerenza del sistema bancario nella vita delle imprese, da un controllo esercitato

principalmente dalle famiglie, da mercati dei capitali fortemente illiquidi e da

una scarsa rilevanza di investitori istituzionali (Venture Capital e Fondi

Pensione).

Il modello Outsider differisce da quello Insider in maniera sostanziale, in primis

con riferimento alla struttura proprietaria che risulta altamente polverizzata e

caratterizzata da una forte presenza di investitori istituzionali. Da ciò

discende in maniera diretta, la maggiore liquidità del mercato e la più alta

presenza di manager professionisti delegati della gestione.

Tra i modelli di tipo Insider, il più antico è sicuramente quello Giapponese. In

Giappone, così come in Indonesia e Cina, il sistema proprietario è fortemente

5 2

chiuso nelle mani delle famiglie, dalle quali discende e si ramifica il KEIRETSU .

Seguendo logiche patriarcali ed evitando la partecipazione e la delega gestionale a

soggetti esterni ai “clan” (Pugliese, 2006), l’attività imprenditoriale, in tale

contesto, è generalmente supportata da main bank e da relazioni con clienti e

fornitori; inoltre il sistema politico ha un ruolo molto attivo in questo genere di

economia. Talune caratteristiche del sistema orientale, come ad esempio la

centralità del ruolo degli intermediari creditizi, sono comunque rintracciabili

anche nei sistemi economici dell’Europa Continentale, come quelli di matrice

tedesca, francese e italiana.

Tra il modello Insider e quello Outsider si identifica un terzo modello di

Governance:

- Transition governance model, riscontrabile nelle economie dell’Est

Europa (Polonia, Ungheria e Paesi dell’ex Unione Sovietica).

Il modello deriva da una serie di privatizzazioni realizzate nell’ultimo ventennio e

dalle quali è scaturita una tipologia di governo del tutto nuova;

questo modello è caratterizzato dal passaggio da una proprietà detenuta dallo Stato

ad una più diffusa. (Mustilli- Gangi 2008).

2 Il keiretsu è un termine giapponese che indica raggruppamenti di imprese operanti anche in

settori diversi e collegate tra loro da partecipazioni incrociate e la cui proprietà è nella disponibilità

di famiglie imprenditoriali. 6

1.2. Agency Theory e Stewardship theory

Una delle dominanti problematiche relative alla Corporate Governance è

certamente quella legata alla separazione tra proprietà e controllo evidenziato da

Berle e Means, (come già accennato precedentemente). Questo aspetto è stato

studiato prendendo come riferimento la cosiddetta Teoria dell’Agenzia, o Agency

Theory, sulla quale ha preso corpo una parte rilevante della letteratura sulla

Corporate Governance.

La teoria dell’agenzia si basa su di un impianto concettuale che riesce a

raffigurare le dinamiche e i conflitti che nascono all’interno dell’impresa, anche se

con alcuni limiti, con specifico riferimento alle contraddizioni di interessi che

contrastano l’assunzione di comportamenti progressisti.

Il modo migliore per indagare gli assunti fondamentali dell’agency theory è

partire dall’analisi della relazione di agenzia, che viene stabilita alla base della

relativa assunzione teorica.

Tutte le volte in cui due o più parti scelgono di cooperare per il raggiungimento di

un fine prestabilito si ha una relazione di agenzia. Tratto peculiare della relazione

di agenzia è la particolare natura del contratto che viene stipulato tra le parti. Si

tratta del contratto d’opera, nel quale una parte si impegna ad assegnare un bene o

un servizio all’altra parte, senza alcun vincolo di subordinazione. La costruzione

della relazione prevede la ripartizione di ruoli, tra gli azionisti (principal) ed i

3

manager (agents) . Il principale obbliga l’agente a rivestire una determinata

mansione, che prevede una delega di potere all’agente.

3 La teoria dell’agenzia definisce la relazione tra azionisti e manager come “un contratto nel quale

l’azionista assume il manager delegando determinate attività e talune responsabilità decisionali”

7

Il modo in cui i servizi oggetto del contratto vengono erogati è deciso

autonomamente dall’agente, il quale esercita il potere decisionale e al quale spetta

una remunerazione caratterizzata da due parti: una variabile, decisa ex post, è di

gran lunga superiore alla parte fissa che invece è fissata ex ante.

L’essenza principale della teoria dell’agenzia è quella di rilevare e risolvere le

relazioni tra individui che hanno interessi in conflitto tra di loro. Tali conflitti

sono dovuti ad una serie di assunti la cui esplicitazione risulta essenziale in

quanto rappresentano elementi cardine dell’impostazione concettuale della teoria

stessa (Sorrentino, 1996).

La tesi proposta dalla teoria dell’agenzia fonda su due pilastri di notevole

importanza e senza i quali non troverebbe possibilità di accettazione.

La prima ipotesi consiste nel disallineamento tra gli interessi del principale e

quelli dell’agente. Presupposto imprescindibile della teoria è infatti la non

sovrapponibilità delle funzioni di utilità dei soggetti che interagiscono attraverso

un rapporto di delega. Risulta chiaro, che qualora gli interessi delle due figure

dovessero risultare convergenti, non ci sarebbe giustificazione nel delineare

l’azione del manager come opportunistica, dal

momento che non si configurerebbe alcuna insoddisfazione della volontà

proprietaria.

L’altro fondamento teorico, che risulta una ipotesi inevitabile della teoria

dell’agenzia, sta nella capacità riconosciuta agli stessi manager di comportarsi in

maniera discordante dal mandato cui sarebbero vincolati. Tale discrezionalità di

azione trova le sue radici e quindi adeguate spiegazioni, nella teoria dei contratti

(Alchian, Demsetz, 1972). In un mondo ideale, dove tutte le possibili future

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contingenze risultino prevedibili, sarebbe possibile definire contratti, cosiddetti

completi. Dal momento che nel rapporto principal-agent, così come all’interno di

qualsiasi rapporto di delega, non è possibile prevedere tutte le eventuali

manifestazioni della futura fattispecie concreta, al fine di renderne conto nella

formalizzazione contrattuale, ne consegue una incompletezza dei contratti per

definizione, lasciando pertanto discrezionalità all’agente di comportarsi

ipoteticamente in maniera differente da quanto gli azionisti desidererebbero.

Le conseguenze che la proprietà dovrà affrontare per causa del comportamento

opportunistico previsto dalla teoria dell’agenzia sono sinteticamente identificabili

nel concetto di “agency cost” o costo di agenzia (Jensen, Meckling, 1976). Il costo

di agenzia è poi tripartito in costo di monitoraggio, di incentivazione e perdita

residuale (monitoring cost, bonding cost e residual loss).

Allo scopo di diminuire il riallineamento di interesse risulta chiaro come accanto ai

costi di monitoraggio e controllo, la proprietà dovrà tener conto

anche del costo legato all’incentivazione del management. Il più delle volte, lo

strumento adottato per incentivare gli agent e raggiungere l’allineamento delle

posizioni di manager e proprietà, è quello di affiancare alla remunerazione

4

monetaria una remunerazione in titoli della società- stock option - che abbiano il

5

merito di trasferire i rischi ed i rendimenti propri dell’azionista anche sull’agente .

La teoria dell’agenzia, inoltre, prevede che i costi di monitoraggio ed

incentivazione non siano sufficienti a rimuovere il rischio di espropriazione cui la

proprietà sarebbe sottoposta. Pertanto, la stessa incorrerebbe in una perdita

4 La stock option costituisce un accordo finanziario in base al quale ai dirigenti viene offerto il

diritto di acquistare delle azioni della società in cui lavorano ad una data futura e ad un prezzo

concordato nel momento in cui viene fornita l’opzione, di solito il prezzo di mercato corrente o

una cifra leggermente inferiore.

5 Mario Mustilli e Francesco Gangi, Governance, strategie e innovazioni dell’impresa, 2008, p. 5

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residuale causata dal comportamento del management che, nonostante sia stato

incentivato e controllato, persisterebbe nel non soddisfare appieno l’utilità del

principal. La naturale c

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Publisher
A.A. 2013-2014
29 pagine
SSD Scienze economiche e statistiche SECS-P/09 Finanza aziendale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher girl991 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Finanza aziendale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Campania "Luigi Vanvitelli" o del prof Mustilli Mario.