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SOFFERENZA
PAURA
INCERTEZZA
75 È proprio per questo che si deve cercare di
rispondere con chiarezza ad ogni domanda che il
bambino pone e contenere il suo dolore con la
vicinanza fisica, emotiva alla quale può contribuire
molto anche la presenza di uno psicoterapeuta.
La malattia potenzialmente mortale ha un impatto
devastante sul bambino, egli è indifeso di fronte al
dolore, e alla minaccia di morte, e si viene a trovare
inaspettatamente in una situazione che ha poco a che
vedere con la spensieratezza che dovrebbe
caratterizzare l’infanzia.
Il bambino, alla diagnosi della malattia, potrà
reagire con espressioni di shock, di paura per ciò che
gli dovrà accadere, proverà tristezza, angoscia,
solitudine e una sensazione di allontanamento dalla
vita normale.
Nel corso di quest’esperienza sono frequenti i
momenti di rabbia, disperazione e solitudine.
Niente, dopo la diagnosi, è più come prima, il
bambino prova dolore, terrore e imbarazzo.
76 L’anticipazione del lutto prodotta dalla rivelazione
della malattia, si esprime attraverso la paura della
morte, ed è presente per tutto il corso della malattia.
Anche se in molti casi si può ottenere un
miglioramento o la guarigione, il bambino e la sua
famiglia vivono comunque nell’angoscia di una
possibile perdita.
È importante che il bambino abbia la possibilità in
ospedale di esprimersi attraverso il gioco e il disegno,
che gli permettono di affrontare la malattia attraverso
la fantasia e l’illusione avvicinandosi gradualmente
alla realtà.
Infatti, il gioco e il disegno sono tra gli strumenti
usati per il trattamento psicoterapeutico di questi
bambini.
I bambini hanno una visione diversa della malattia
rispetto agli adulti, il livello concreto del loro pensiero
fa sì che egli si focalizzi sul presente.
Il problema da affrontare per lui è immediato: lui
ha dolore ora, ha la febbre ora, vuole sapere che esami
deve fare ora; quindi bisogna che gli adulti adeguino il
linguaggio a quello del bambino, e non il contrario,
77 non dilungandosi in rassicurazioni e spiegazioni non
richieste.
È importante inoltre che con il linguaggio si faccia
riferimento al dolore e alla malattia senza preoccuparsi
di impaurire il bambino.
Lui ha bisogno di trovare un riscontro della propria
sofferenza nell’adulto, altrimenti l’angoscia rimarrà
dentro di lui, e non trovando un riflesso nell’adulto
non potrà essere elaborata. Il bambino apprenderà un
modo di reagire che gira attorno ai problemi senza
affrontarli e questo col tempo sarà dannoso per la sua
salute psicologica.
Dopo la fase critica della diagnosi, il bambino si
abitua ed acquisisce familiarità con le procedure
mediche, si ristabilisce in lui un equilibrio che gli
consente di vivere in presenza della malattia,
comunque non senza dolore e sicuramente non
facilmente.
La malattia e gli interventi terapeutici favoriscono
nei piccoli pazienti atteggiamenti di passività,
dipendenza, isolamento, e suscitano in loro fantasie e
paure riguardo al proprio corpo e alla propria vita, che
si riflettono poi nelle relazioni con gli altri.
78 La realtà fisica interferisce con quella psichica
dando vita a pensieri, sentimenti ed emozioni.
2.3 Gli adolescenti
Gli adolescenti meritano un’attenzione specifica,
sono diversi dai bambini e anche se alcuni possono
essere più maturi fisicamente per i loro anni, non sono
neanche ancora adulti.
La condizione di malattia li pone in una situazione
particolare, la stessa patologia può assumere
caratteristiche specifiche, il trattamento che si usa per i
bambini e per gli adulti, può non funzionare allo stesso
modo per loro.
In più, nel momento in cui devono affrontare la
malattia, devono far fronte contemporaneamente a tutti
i problemi tipici della loro età: la sessualità emergente,
i dubbi riguardo al futuro, i cambiamenti nelle
relazioni con i pari, il desiderio di essere indipendenti.
Diversi studi indicano che una malattia grave
durante l'adolescenza è connessa ad una serie di
79 esperienze negative come paura di alienazione, paura
di un’alterazione dell’aspetto, paura di morire e varie
preoccupazioni fisiche.
Una particolare rilevanza assumono le
complicazioni della malattia che comportano
un’invalidità, esse sono difficili da superare poiché
costituiscono la distruzione dei progetti di
realizzazione professionale e affettiva.
Emergono allora sentimenti di perdita dei propri
sogni, di isolamento da precedenti legami e interessi.
Ci possono essere anche esperienze positive grazie
alle relazioni che s’instaurano con il personale
dell’ospedale.
Per gli adolescenti è importante trovare l’appoggio
di persone amichevoli e competenti che li aiutino a
comprendere meglio la propria situazione.
È importante conoscere le loro speciali necessità, e
adattarsi ad esse ottenendo così una maggior
collaborazione da parte del ragazzo che potrà allo
stesso tempo favorire sia il benessere psicologico che
quello fisico, consentendo una migliore alleanza
terapeutica.
80 2.4 Il corpo
Il corpo è determinante per lo sviluppo psicologico
di ogni persona.
La “personalizzazione” mediante la quale, secondo
Winnicott, il corpo diventa dimora del sé, è un
processo che termina completamente non prima della
pubertà.
Durante lo svolgersi di questo processo, il bambino
vive profondamente il proprio corpo e qualsiasi
cambiamento, disfunzione, produrrà delle
conseguenze anche sul piano emotivo.
Di solito si pensa che i bambini non abbiano
coscienza del proprio corpo, invece anche loro
riescono a collegare le alterazioni corporee con la
malattia; i forti cambiamenti fisici possono portare il
bambino ad avere problemi ad accettarsi, soprattutto
nel confronto con i bambini sani.
La malattia comporta cambiamenti nelle sensazioni
cenestesiche e corporee che fanno sì che si sviluppi un
modo diverso di percepire e vivere il proprio corpo.
81 Il dolore fisico e i procedimenti diagnostici e
terapeutici, secondo A. Freud, alterano l’equilibrio tra
piacere e dispiacere, che è alla base dell’evoluzione
psichica e influenza il concetto di sé.
Le alterazioni corporee polarizzano l’attenzione del
bambino, egli distoglie le energie dalle relazioni
oggettuali che risultano impoverite.
Uno dei problemi maggiori è la perdita dei capelli
dovuta al trattamento chemioterapeutico, o la presenza
di cicatrici per le operazioni subite.
Spesso i cambiamenti corporei avvengono nelle fasi
immediatamente dopo la diagnosi e il bambino deve
affrontare contemporaneamente l’idea della malattia e
quella della nuova immagine corporea.
Il nodo centrale della malattia è il corpo, quindi nel
bambino malato si sviluppa una maggiore
consapevolezza di esso rispetto ai bambini sani che
tendono a dare il corpo e la sua integrità come
scontati.
Si sviluppa un atteggiamento di vigilanza e
attenzione ad ogni minimo segnale proveniente dal
corpo che in diversi casi può portare a manifestazioni
82 psicosomatiche ed atteggiamenti ipocondriaci, un
modo per esprimere le proprie preoccupazioni e paure.
La regressione è un meccanismo di difesa tipico
della malattia, che fa sì che il bambino rinunci
all’autonomia già raggiunta, delegando la gestione del
proprio corpo agli adulti.
A volte può diventare lamentoso, esigente e
dipendente dagli adulti; tale atteggiamento, soprattutto
se viene rinforzato dall’atteggiamento protettivo dei
genitori, può essere dannoso per lo sviluppo del
bambino.
Se per i bambini più grandi è importante il
mantenimento dell’autonomia, quando si tratta di
neonati il discorso è diverso.
Il fatto di essere sottoposti a numerose stimolazioni
nella fase di formazione delle connessioni
neuromuscolari, può ostacolare il raggiungimento
dell’unità corporea.
In questa fase il bambino ha bisogno di un contatto
corporeo che solo la madre può fornirgli, può essere
quindi nociva la manipolazione da parte di persone
diverse, medici, infermieri, volontari. Senza una
manipolazione attenta, che considera il bambino e il
83 suo corpo come un’unità, egli sarà “spezzettato” in
tante parti e il processo di personalizzazione non potrà
aver luogo.
Attraverso una manipolazione adeguata, si
raggiungerà l’unitarietà, necessaria all’integrazione
dell’io e che è alla base dell’armonia corporea e della
coordinazione.
L’adolescenza, rappresenta un altro momento
delicato dello sviluppo della persona. La percezione
del corpo assume un valore particolare: la malattia
spesso mette in discussione tale valore, lo umilia.
È importante che si conoscano delle strategie
relazionali che consentano non solo il rispetto ma
anche l’accoglienza di certi comportamenti che spesso
sono solo una forma per comunicare un disagio.
Se non si riconosce questo fatto, si possono favorire
comportamenti oppositivi, con un abbassamento del
livello di compliance e conseguenze anche gravi per
l’andamento e per l’efficacia del trattamento.
2.5 Il ricovero in ospedale
84 Dal momento della diagnosi per il bambino
cambiano molte cose: il ricovero in ospedale,
innanzitutto, comporta la separazione dal proprio
ambiente, dai propri giocattoli, dai fratelli, e questo
comporta già la perdita di una sicurezza che per il
bambino è rappresentata dalla stabilità dell’ambiente
familiare; gli accertamenti diagnostici, gli esami, a
volte anche invasivi e dolorosi, rappresentano per il
bambino una fonte di paura, per non parlare della
presenza in ospedale di innumerevoli figure
sconosciute ai quali il bambino specie se piccolo non è
abituato.
I fattori di rischio di trauma psicologico relativo
all’ospedalizzazione variano a seconda dell’età, della
personalità, delle esperienze precedenti.
I bambini tra i 6 mesi e i 4 anni sono
particolarmente vulnerabili, sono ancora totalmente
dipendenti dalla madre e immaturi psichicamente e
fisicamente; in loro è forte la paura di essere
abbandonati, separati dal proprio mondo e hanno
timore dell’ignoto.
85 Sentono il ricovero in ospedale come una situazione
di pericolo, non sono capaci di accettare le spiegazioni
che gli sono date