Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Nella nostra epoca, non è più possibile fondare la morale su tali premesse. La tecnica
moderna ha radicalmente mutato l’agire umano. La tecnica è da sempre esistita, anzi,
come già notava Platone, l’uomo è quell’animale che la natura ha lasciato più sprovve-
duto e inerme, privato dei suoi mezzi per sopravvivere; un certo grado di sviluppo tecnico
era quindi necessario per permettere la prosecuzione della specie. Ma quello che la
Ibidem.
75 Da qui già si vede il riferimento allo “scopo” e alle sue sfaccettature di cui Jonas si servirà per la realizzazione
76
di quest’opera.
Nonché il titolo omonimo del primo capitolo di Il principio responsabilità, pp. 3-32.
77 Cfr. ivi, p. 3.
78 28
tecnica moderna ha introdotto è fondamentalmente diverso da ogni altro prodotto tecnico
precedente. Se inizialmente era un mezzo per conseguire scopi, adesso è diventata lo
scopo stesso dell’agire umano, il rimedio contro l’angoscia e lo smarrimento che presenta
l’età del nichilismo, in cui - come già notava Nietzsche - la scienza, l’intervento sul
mondo e l’esaltazione delle sue capacità intellettuali hanno fatto morire Dio .
79
Per rappresentare il rapporto tra uomo e natura nell’etica tradizionale, Jonas apre le danze
della sua opera con il famoso Coro dall’Antigone di Sofocle, nel quale, secondo lui, ri-
suona già una nota tecnologica. Nel Coro si narra dell’uomo che, con la sua intelligenza
80
e il suo potere, irrompe violentemente nell’ordine cosmico per dare vita al processo di
civilizzazione e artificializzazione. Ma nonostante il suo potere sia grande, egli lascia
immodificato il ciclo eterno della natura, mentre le sue imprese hanno un corso di breve
durata. L’intervento dell’uomo crea quindi uno spazio non-naturale, la città, il cui scopo
è delimitarsi e difendersi dai pericoli della natura ostile, ma non inglobarla. Nonostante
questa circoscrizione, l’uomo non può mai rimpiazzare le condizioni fondamentali
dell’esistenza umana, quindi poteva sì escludersi dalla natura a sé circostante, ma non
poteva escludere la natura che era in lui: «Il caso, la fortuna e la follia, i grandi livellatori
nelle faccende umane, agiscono come una sorta di entropia, facendo sfociare alla fine
nella norma eterna tutti i progetti stabiliti. Gli Stati sono caratterizzati dall’ascesa e dalla
caduta, le dominazioni vanno e vengono, le famiglie prosperano e degenerano» .
81
L’etica tradizionale è legata a questo contesto rigorosamente interumano: all’interno
della cittadella costruita dall’uomo, oggetto della morale non è ancora la natura, che
compie i suoi cicli e regola i suoi flussi in maniera indiscriminata nei suoi spazi di sem-
pre, oggetto della responsabilità umana sono invece i rapporti all’interno di questa e le
questioni che lì vi sorgono. 82
Da quelle tre premesse, Jonas ricava quattro conseguenze che incidono direttamente sui
contenuti dell’etica tradizionale: 1) Tutta la sfera della techne (abilità manuale o arte) è
neutrale sotto il profilo etico, fatta eccezione per la medicina. La capacità dell’uomo di
trasformare l’ambiente coinvolge solo in maniera marginale la natura, non modifica la
sua integrità. 2) L’etica assume un carattere antropocentrico, cioè, riguarda solamente
l’uomo e il rapporto di questo con i suoi simili. 3) La natura umana non è oggetto della
Cfr., Friedrich Nietzsche, La gaia scienza e Idilli di Messina, trad. it. di Ferruccio Masini, Adelphi, Milano,
79
1977.
Cfr. Hans Jonas, Il principio responsabilità, p. 4.
80 Ivi, cit., p. 7.
81 Ibidem.
82 29
tecnica, poiché considerata costante: così è sempre stata e così sempre sarà. 4) Le nozioni
di bene e male dipendono dall’imminenza dei fini, cioè dal fatto che l’azione umana (la
prassi) ha una portata ristretta, immediata e non è oggetto di pianificazione a distanza.
L’uomo buono era colui che affrontava con virtù e saggezza le occasioni che erano in suo
potere, per il resto non gli rimaneva che rassegnarsi all’ignoto. 83
Come suggerisce Luca Guidetti: «L’esempio più evidente di questa concezione si ritrova
nel filosofo stoico Epitteto (50-125 d.C.): la realtà si divide in cose soggette al nostro
potere e cose non soggette al nostro potere. In nostro potere sono il giudizio, l’impulso,
il desiderio, l’avversione […] non sono in nostro potere il corpo, il patrimonio, la repu-
tazione, le cariche pubbliche e, in una parola, ogni attività che non sia nostra» .
84
La critica che Jonas muove nei confronti di queste etiche mira a scardinare i pilastri che
le hanno tenute in piedi, esse prima potevano essere accolte, perché centrate su norme
morali destinate a regolare soltanto le relazioni tra l’uomo e i suoi simili, discostandosi
totalmente dalla natura e basandosi sull’hic et nunc, adesso si ritrovano inermi di fronte
alla nuova era storica che vede il totale coinvolgimento della natura in quei rapporti
“umani” che un tempo erano visti come delimitati e avvenivano in maniera “silente”.
Direttamente dal Principio responsabilità: «[…] intendo affermare che in seguito a de-
terminati sviluppi del nostro potere si è trasformata la natura dell’agire umano, e poiché
l’etica ha a che fare con l’agire, ne deduco che il mutamento nella natura dell’agire
umano esige anche un mutamento nell’etica» .
85
Fin dal primo capitolo del Principio responsabilità Jonas da bene a vedere come sia forte
la sua volontà di scagliarsi contro le forme precedenti di «etica del futuro» - in particolare
contro l’utopismo moderno -, tra le quali l’autore annovera: «la condotta della vita ter-
rena fino al sacrificio della propria felicità in vista della salvezza eterna dell’anima
(quindi la religione); la preoccupazione preveggente del legislatore o dello statista per il
bene comune futuro; e infine la politica dell’utopia, contrassegnata dalla propensione a
utilizzare i contemporanei come semplice strumento per un fine ulteriore o a eliminarli
in quanto ostacolo al suo conseguimento» . Di quest’ultima il marxismo rivoluzionario
86
costituisce l’esempio preminente, di cui, a sua volta, il già citato Ernst Bloch insieme al
suo «principio speranza» si pone come inconfutabile sostenitore. Nel dettaglio, è
quest’ultimo tipo di etica che la critica di Jonas prende di mira, difatti, dopo aver
Cfr. ivi, p.8.
83 Luca Guidetti, La materia vivente. Un confronto con Hans Jonas, cit., p. 123.
84 Hans Jonas, Il principio responsabilità, cit., p. 3.
85 Ivi, cit., p. 18.
86 30
analizzato gli aspetti che caratterizzavano le altre due forme, dedica maggiore attenzione
all’utopia moderna e alle differenze che la contraddistinguono dalla nuova etica della
responsabilità o, meglio, da cui la nuova etica si discosta totalmente.
Con l’avvento del progresso moderno, sorge la possibilità di concepire ciò che è prece-
dente come passo verso l’attuale e ciò che è attuale come passo verso il futuro. Se a
questa concezione temporale si aggiunge un’escatologia secolarizzata - tipica dell’utopi-
smo - come raggiungimento di un destino ultimo nel tempo, e se a questa si aggiunge
anche l’idea di una dinamica teleologica, solo allora saranno date le premesse concettuali
per la politica utopica. Un’etica del genere, secondo Jonas, deve presuppore che si ab-
87
bia un’idea anticipata di ciò che deve essere il mondo umano una volta realizzata tale
aspirazione. Ma, nel caso in cui un’idea del genere dovesse venire meno, dovrebbe quan-
tomeno presupporre una concezione degli eventi umani che condanni totalmente il pas-
sato alla provvisorietà, rendendolo nel migliore dei casi un veicolo per il conseguimento
dell’autentico che deve ancora venire, usandolo cioè come un mezzo per il fine futuro.
L’etica dell’escatologia rivoluzionaria considera se stessa come etica della transizione,
mentre l’etica autentica (ancora ignota) prenderà il suo posto a pieno diritto solo quando
quella avrà creato le condizioni favorevoli per la propria autoeliminazione. Nella fase
88
iniziale dell’opera, Jonas pone a confronto i due tipi di etica, sostenendo che nonostante
presentino molti aspetti in comune rispetto all’etica pre-moderna, sono fondamental-
mente diverse fra loro; difatti l’autore dedicherà all’utopismo moderno - e al discosta-
mento da questo da parte dell’etica della responsabilità - un intero capitolo , alla fine
89
del testo. Prima però è necessario esaminare i problemi di grande entità che ha compor-
tato e può comportare il progresso della tecnica, al momento possiamo soltanto affermare
che: «[…] pur avendo entrambe le etiche a che vedere con le potenzialità utopiche di
questa tecnologia, l’etica di cui si è alla ricerca in questa sede non è escatologica, anzi è
anti-utopica in un senso ancora da precisare» .
90
Cfr. ivi, p. 22-23.
87 Cfr. ibidem.
88 Cfr. Hans Jonas, La critica dell’utopia e l’etica della responsabilità, in Il principio responsabilità, pp. 225-
89
286.
Ivi, cit., pp. 23-24.
90 31
2.4 Il progresso della tecnica
Negli ultimi tempi - soprattutto a partire dalla Seconda Guerra Mondiale e nel nuovo
scenario globale che questa ha lasciato - la tecnica moderna ha introdotto azioni, oggetti
e conseguenze di dimensioni nuove e particolarmente diverse rispetto alla tecnica prece-
dente. Il primo “soggetto-oggetto” che necessita di una nuova etica è certamente la natura
che ormai è divenuta vulnerabile, di fronte all’ascesa del “Prometeo scatenato”. Tale vul-
nerabilità, la cui scoperta portò all’idea e alla nascita dell’ecologia , di cui parleremo
91
più avanti, fa sorgere nell’uomo degli interrogativi che a livello collettivo non erano mai
stati posti: si inizia a capire che gli effetti delle azioni umane non sempre finiscono per
dove iniziano, ma a queste possono susseguirsi delle conseguenze collaterali e a cui non
sempre si può porre immediato rimedio. Soprattutto, ci si è resi conto, a livello etico, che
la responsabilità umana, non poteva più permettersi di abbracciare soltanto le relazioni
interpersonali, quindi tra uomo e uomo, ma doveva allargare i propri confini verso quella