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Ma se anche gli enti naturali hanno uno scopo verso cui tendono, dove risiede questo
scopo per loro? Se nel caso degli oggetti artificiali i loro scopi coincidono con le loro
cause, nonché la volontà dell’uomo di costruirli, per gli organi naturali avviene tutto nella
medesima maniera? Oppure, ipotizzando che non esista alcuna volontà trascendente, se
non vogliamo rischiare di cadere nella religione, in che modo possiamo trovare e dire
che anche negli organismi naturali sia presente uno scopo? Questo scopo, se esiste, è
Per una correlazione tra causa finale e tecnica si veda l’ammirevole interpretazione della tecnica dal punto
117
di vista prettamente ontologico di Martin Heidegger, in La questione della tecnica trad. it. di Gianni Vattimo,
in Saggi e discorsi, Mursia, Milano, 1976. 42
uguale per tutti, è presente in tutti, organismi e non, oppure esso si presenta a partire da
un certo grado dell’essere e assume forme diverse a seconda dell’ente naturale?
Per aiutarci prendiamo come esempio il corpo umano, un organismo costituito da una
serie di organi appunto, la cui unione collabora per l’unico scopo di riuscire a sopravvi-
vere. Questo organismo è quindi dotato di due gambe, che gli permettono di spostarsi da
un posto ad un altro, di due braccia e due mani, che gli consentono di afferrare gli oggetti,
di un cuore che pulsa sangue e di un cervello che decide quando farlo battere di più o di
meno in base alle situazioni, di un apparato digerente - che nel discorso di Jonas sarà
essenziale - che lavora in maniera autonoma svolgendo una funzione metabolica e quindi
di assimilazione delle sostanze “buone” e lo scarto di quelle “spurie”, e così via. Quindi
potremmo dire che l’organismo umano è un insieme di strumenti, la cui esistenza di
ognuno è designata ad un determinato scopo: non a caso organon in greco significa ap-
punto strumento, qualcosa che esegue una funzione autonomamente o per il cui tramite
una funzione viene eseguita;
Aristotele, nella sua famosa concettualizzazione dell’essere vivente, definì il corpo per l’appunto
“organico” (soma organikon), ossia dotato o composto di strumenti; e a buon diritto definì la
mano umana lo “strumento degli strumenti”, sia perché essa è in un certo senso lo strumento
esemplare sia perché per suo tramite gli strumenti artificiali vengono prodotti e applicati come
un suo prolungamento. E così, parlando di “organismo”, nel senso originario del termine fac-
ciamo già riferimento ad una formazione finalizzata, poiché il concetto di strumento non può
essere pensato senza quello di scopo.
118
Il corpo umano, così come tutti gli altri organismi che abitano e che hanno abitato la
Terra, sono sì dei composti di strumenti finalizzati ad uno scopo, ma a differenza degli
oggetti artificiali che fondano la propria “essenza” nell’idea originale di scopo voluta
dall’uomo, gli organismi condividono indifferentemente la stessa identica causa, che po-
tremmo facilmente accostare alla causa sui spinoziana . Non importa se una pianta è
119
biologicamente molto distante dall’organismo umano, quello che qui conta è capire che
la funzione della fotosintesi clorofilliana (esempio per la pianta) ha la stessa causa fon-
dante della funzione digestiva dell’organismo umano, ed entrambe le funzioni sono fina-
lizzate sempre e comunque alla realizzazione di un unico fine: la vita dell’organismo nel
suo insieme.
Hans Jonas, Il principio responsabilità, cit., p. 73.
118 Cfr. Baruch Spinoza, Etica dimostrata secondo l’ordine geometrico, a cura di Giovanni Gentile, Gaetano
119
Durante, Giorgio Radetti, Milano, Bompiani, 2013. 43
A differenza dei mezzi artificiali, il cui essere costruito o il cui utilizzo prevede necessa-
riamente la volontà di un essere umano, i mezzi naturali variano tra loro, esistono mezzi
naturali volontari e mezzi naturali involontari, per quanto sia identica la loro origine na-
turale. Un esempio dei primi mezzi potrebbe essere senz’altro la deambulazione, ovvero
l’utilizzo degli arti inferiori da parte di un animale per svolgere la sua funzione “base” ,
120
ovvero lo spostarsi da un punto dello spazio ad un altro tramite questi.
Sempre per rimanere sull’esempio dell’organismo umano, come tutti gli altri animali bi-
pedi, anche lui è dotato di due arti inferiori tramite i quali può camminare; la funzione
locomotoria è però mossa dalla sua intenzione, perché potrebbe anche decidere di stare
fermo e di non spostarsi. Quindi, nonostante l’essere umano sia dotato delle gambe, è
sempre a sua discrezione decidere se usarle o meno, il suo possesso non equivale neces-
sariamente alla sua messa in azione. Non sono le gambe che camminano, ma è colui che
cammina ad andare con loro, così come non sono gli occhi a vedere, le orecchie a sentire,
ma è l’individuo a vedere e sentire. Di sicuro l’apparato oculare o quello uditivo sono
diversi dalla deambulazione, perché sono due dei cinque organi di senso; quindi, vedono
e sentono anche se la volontà dell’individuo è contraria; ma è anche certo che anche in
attività come queste può entrare in gioco la volontà: «il guardare è più che un semplice
vedere passivamente, lo stare ad ascoltare è più che un udire involontariamente, il fiutare
è più che soltanto il percepire un odore, ecc» .
121
L’esempio più chiaro della distinzione tra possesso e uso del mezzo, e quindi tra la sola
dotazione dell’organo e la componente volitiva (soggettività) che serve all’utilizzo di
quello, è riscontrabile nel nostro intero apparato motorio. Possiamo dire quindi che
l’uomo, esempio di organismo dotato di gambe, è libero o meno di camminare, di saltare,
di correre, di andare in questa o in quella direzione; il fatto che possieda le gambe non
implica che debba necessariamente utilizzarle.
Ontologicamente, quindi, l’apparato motorio non è tanto diverso dal martello, perché
entrambi sono stati creati per uno scopo, ma l’utilizzo di entrambi richiede una certa
qualità intenzionale, solo allora potranno soddisfare lo scopo per cui sono stati fatti; sono
entrambi strumenti volontari, tanto il martello (artificiale) quanto l’apparato locomotorio
(naturale).
Anche la semplice capacità di stare in piedi su due gambe potrebbe essere considerata una funzione, ancor
120
più elementare della deambulazione, ma trattandosi di una staticità implica lo stare fermo dell’organismo e
l’impossibilità di “muoversi” verso qualcosa. È certo però che la possibilità di camminare sia garantita dalla
iniziale capacità di stare in piedi.
Hans Jonas, Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica, cit., p. 72.
121 44
Dato che la deambulazione si è esaurita nello stesso piano metafisico di un’oggetto arti-
ficiale, dobbiamo analizzare un mezzo involontario, ovvero un organo naturale - perché
come abbiamo detto non possono darsi mezzi artificiali involontari - la cui creazione
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e il cui scopo coincidano necessariamente, in quanto entrambi sono egualmente sottratti
all’arbitrio umano o alla volontà di qualsiasi altro organismo che ne sia dotato, dove
quindi per la determinazione teleologica (raggiungimento di un fine) la volontà sogget-
tiva non possa svolgere comando per azionarla, né tantomeno per la sua attività contraria,
ovvero la cessazione di ogni attività.
Ma prima di passare sotto esame la spontaneità di alcuni organi naturali, è bene chiarire
che la volontà soggettività, nonostante sia presente in una moltitudine di organismi, non
è sempre la medesima, ma il suo contenuto è variabile in base all’organismo in cui si
presenta. Sebbene l’uomo non sia l’unico organismo animale dotato di un sistema ner-
voso centrale e di un apparato locomotorio che gli consenta di spostarsi in base alle pro-
prie esigenze, non possiamo di certo dire che non vi sia alcuna differenza tra i movimenti
e le azioni (sempre riferendoci allo scopo) di un essere umano rispetto a quelli di un
animale.
Mentre noi umani compiamo le nostre azioni in base ad un fine prestabilito, e soprattutto
perché abbiamo chiaro dinnanzi a noi quel fine e il meccanismo causa effetto che a quello
può condurci, per gli animali non è propriamente così. Nonostante le azioni del resto
degli animali siano tutte orientate verso uno scopo, è difficile scorgere in questi una così
articolata catena mezzi-scopi come invece accade nell’uomo. Nel comportamento
umano, gli esemplari agiscono consci del fatto di quello che stanno facendo e del perché
lo stanno facendo (a parte i casi eccezionali di malattia), quindi ogni tassello di una de-
terminata azione è voluto sempre al suo posto e razionalmente inserito in quell’azione
perché necessario a portarla a termine. L’agire animale, in quanto azione, non è tanto
diverso, la perfezione della natura ci insegna che a parte la nostra complessità esistono
delle specie animali che si destreggiano alla perfezione nel grande cerchio della vita, chi
più chi meno, ma ognuno fa quel che può per garantire la sopravvivenza della specie, se
A meno che non si tiri in campo la cibernetica, ovvero la disciplina che studia l’automazione dei computer
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al fine di emulare la volontà e le doti umane. Ma comunque sia, alla base dei processi computerizzati che fanno
da sfondo ad ogni tipo di automa, vi è un gruppo di umani che ha lavorato, operando quindi con la loro volontà,
al fine di raggiungere quello scopo. Quindi, nonostante un automa potrebbe agire “indipendentemente” dalla
sfera decisionale umana, è solamente questione di collocazione temporale di processi che stanno alle spalle e
che hanno necessariamente richiesto la volontà umana. 45
poi evoluzionisticamente parlando alcune specie prendono il posto di altre (che deca-
dono), questo è un altro discorso.
In natura, gli animali svolgono determinate azioni in base alle esigenze che questi “sen-
tono”, e mentre nell’uomo non vengono adottati sempre gli stessi mezzi per arrivare ad
un determinato scopo , gli animali che appartengono alla stessa specie o dipende i casi
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anche allo stesso genere operano tutti nella medesima maniera per raggiungere un fine.
Questo concetto potrebbe essere la chiave fondamentale per ipotizzare quanto meno che
gli animali, nonostante alcuni presentino anche un sistem