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Capitolo II: il fenomeno della vita (una filosofia della biologia: il confronto con il pensiero scientifico)

Verso la metà degli anni '60, Jonas pubblica The Phenomenon of Life. Per superare quel dualismo che nonostante tutte le differenze sembra polarizzare l'intera pensiero occidentale, bisognava fare i conti con quella linea di pensiero, nella quale si era formato, che si era concentrata pressoché esclusivamente sullo spirito, lasciando la natura al dominio della scienza. Jonas aveva senz'altro ragione ad affermare che, rispetto all'esistenzialismo, nessuna filosofia si era occupata meno della natura. Con la riscoperta del mondo della vita Husserl in fondo si poneva sulla stessa strada di Whitehead, con il quale Jonas si trova in sintonia. Ma, al di là di Husserl, a ben vedere Jonas non è affatto isolato nel recupero filosofico dell'idea di natura ed anzi il suo approccio dovrebbe essere messo a confronto con una schiera piuttosto

Lunga di autori, che si pongono lo stesso obiettivo. Resta il fatto che Jonas non tiene conto di ciò, anzi non ne sembra minimamente consapevole. Dopo il duro, ma fecondo periodo dell'emigrazione dalla Germania e della guerra, Jonas attraversando l'oceano e cambiando continente sembra quasi voler cambiare vita; ma se una tale fuga dalla fase precedente del suo cammino gli fu impedita e per ragioni interiori non poté mai essere attuata fino in fondo, egli decidendo di dedicare i suoi sforzi speculativi alla natura diventa nuovamente studente: studia da profano scienze naturali e in particolare biologia. È il contatto con la cultura scientifica - cominciato in Canada e proseguito negli Stati Uniti d'America - che lo porta ad assumere un atteggiamento critico nei confronti dell'eredità filosofica tedesca e, al contempo, di apertura verso quel sapere scientifico di cui veniva a conoscenza. Jonas riconosce l'importanza della dottrina

evoluzionistica di Darwin mettendone in evidenza gli aspetti filosofici dirompenti, si confronta con la tesi del «Diomatematico» sostenuta dall'astrofisico inglese James Jeans e in quel contesto affronta pure il problema se le molecole del DNA possano essere ritenute l'origine dei fenomeni vitali. Jonas discute inoltre la teoría del «sistema aperto» del celebre biologo austriaco Ludwig von Bertalanffy e si confronta con quello che può essere considerato il manifesto dellacibernetica, e cioè Behavior, Purpose, and Teleology, firmato da Rosenblueth, Wiener e Bigelow. La sua non è una filosofia della vita, ma come bene ha messo in evidenza Paul Ricoeur, una filosofia della biologia. È la scienza biologica a costituire l'oggetto dell'attenzione di Jonas ed è ad essa che egli vuole rispondere con la sua biologia filosofica. È opportuno soffermarsi sul modo in cui Jonas si rapporta alle scienze naturali e

alla biologia in particolare. Con la grande rivoluzione scientifica moderna la natura viene ricondotta a pura materia priva di qualsiasi finalità intrinseca. Il mondo è una grande macchina e le leggi che lo regolano sono leggi essenzialmente meccaniche. Se la materia di cui è fatto il mondo è privata di ogni tratto vitale, è evidente che la vita non può che sentirsi estranea ad esso.

Se per la gnosi l'uomo non era propriamente di questo mondo, per il pensiero scientifico moderno egli difficilmente poteva trovare una sua collocazione nel nuovo contesto meccanicistico. È possibile gettare un ponte tra l'uomo e la natura? Questo ponte è la vita organica che riguarda tanto l'uomo quanto la natura. Organismus und Freiheit, il titolo scelto da Jonas per l'edizione tedesca del suo libro, può essere letto come una ricostruzione della vita organica che nella sua evoluzione rivela gradi sempre crescenti di libertà.

A cominciare dal metabolismo, presente già negli organismi più elementari, per giungere fino all'organismo più sviluppato e complesso: quello umano. La parola tedesca corrispondente all'italiano metabolismo, significa letteralmente scambio di materia, ed esprime perfettamente l'intuizione iniziale di Jonas. Pur essendo composto di materia, un organismo non si esaurisce in essa, avendo bisogno di un ricambio continuo con l'esterno che gli consenta, nella costante trasformazione di se stesso, di mantenere la sua forma, la propria identità organica. È dunque indipendente da quella materia, la quale peraltro è indispensabile per la sua esistenza. Questo significa che la forma dell'organismo non coincide con la materia che esso metabolizza: quantunque la forma abbia bisogno della materia, essa la trascende: l'organismo nel suo essere si mantiene identico e ciò significa che la forma possiede una certa libertà.

rispetto alla materia. In altre parole: «la forma organica sta in rapporto di libertà bisognosa verso la materia». Già nel metabolismo per Jonas si annida il germe della libertà. E quel germe si sviluppa in gradi fisici e psichici sempre più elevati negli animali per toccare, infine, il suo apice nell’uomo, la cui specificità nell’ordine del vivente non spezza l’unità originaria della vita. La grande novità nella storia dell’universo non è data dalla comparsa dell’uomo sulla terra, bensì dalla formazione degli organismi viventi e tra questi gli uomini. Ma Jonas non accetta le implicazioni materialistiche e anti teleologiche del discorso di Darwin: non l’uomo viene ridotto al livello delle piante e degli animali, ma al contrario è l’intera natura vivente ad essere elevata al livello umano. È a partire da questa riflessione che Jonas può giungere a stabilireuna certa parentela tral'intero ambito della vita organica. Analizzare i diversi gradi di libertà nell'evoluzione degli organismi è l'oggetto specifico di Organismus und Freiheit: una scala ascendente al contempo di libertà e pericolo che raggiunge il suo culmine nell'uomo. Esistere significa essere in pericolo. L'essere si espone costantemente al rischio di non essere. La sua vita non è qualcosa di dato, ma effettivamente una lotta continua per continuare ad esserci. Non solo l'uomo deve sempre preoccuparsi e in ultima istanza di se stesso; ma qualsiasi essere vivente non può fare altrimenti se vuole continuare a vivere. Intrinseco alla vita è dunque uno scopo primario fondamentale: quello di continuare a vivere. Ogni organismo vivente ha come scopo la propria conservazione: è scopo a se stesso. Al centro della ricostruzione jonasiana troviamo dunque il recupero di una dimensione teleologica, che accomuna

Tutto il vivente. La teoria evoluzionistica rappresenta non solo una rottura rispetto alla metafisica delle essenze di origine platonica, ma anche una rottura rispetto al finalismo aristotelico. A una natura spogliata di essenze corrisponde una natura privata di scopi. È proprio quest'ultima conclusione che Jonas decisamente contesta: essa non sarebbe un risultato scientifico, ma soltanto "un indiscusso articolo di fede dell'impostazione scientifica", secondo il quale "l'esclusione della teleologia non è un risultato induttivo, bensì un divieto a propri della scienza moderna". Jonas cerca di coniugare insieme motivi evoluzionistici con rappresentazioni teleologiche, con l'idea di una struttura teologica costitutiva di ogni organismo vivente, che affonda le sue radici in una concezione di tipo aristotelico. È la teleologia di impronta aristotelica che abbraccia l'intera materia a costituire il punto di incontro.

L'uomo dunque non inaugura "il regno dei fini", ma prolunga quella finalità già esistente nella natura la precarietà cui è costantemente esposta, nonostante la vita non possa che terminare con la morte, la vita "vuole" continuare a vivere. Il fenomeno della vita si oppone a una sua spiegazione in termini meramente fisici e chimici. Tendenze antiriduzionistiche quasi-teleologiche sono dunque tutt'altro che assenti dall'attuale ricerca scientifica. Se è così, allora si potrebbe tra l'altro giungere alla conclusione che attualmente non sussiste più alcun motivo per quel sentimento di solitudine e di angoscia che l'uomo moderno invece poteva ancora sentire.

Capitolo III: il principio responsabilità (la dimensione etica quale sviluppo di una filosofia della natura organica)

Bisognava sviluppare l'argomento ontologico nell'ambito dell'etica: solo la crescente consapevolezza

dei pericoli intrinseci alla tecnica moderna, lo shock tecnologico, lo portarono a porre al centro dell'etica il concetto di responsabilità. Questo nuovo orientamento coincide temporalmente con quel vasto e variegato movimento che si sviluppa in Germania a partire dagli anni '60 e che va sotto il nome di "riabilitazione della filosofia pratica". Anche se tra i due fondamenti non c'è diretta connessione, essi nascono dalla stessa esigenza di interrogarsi nuovamente sui fondamenti del nostro agire a partire da una situazione storica data che chiama sempre più scelte eticamente responsabili. Creando la vita, la natura ha dimostrato di avere uno scopo: quello appunto della vita. Con la vita degli organismi, la natura ha dimostrato di possedere oggettivamente una propria intrinseca finalità. Lo scopo è insito nella natura organica e non è riducibile alla nostra soggettiva attribuzione di senso. Questa struttura finalistica.

(teleologica) della natura rappresenta «unbene-in-sé». L’avere degli scopi è superiore all’assenza di scopi, come l’essere è superioreal non-essere. IN questo tendere verso uno scopo, che contraddistingue la natura vivente,Jonas scorge «un'affermazione sostanziale dell’essere che si pone in senso assoluto comemigliore rispetto al non essere». E il primo scopo a cui la vita tende è quello alla propriaconservazione. La vita dice sì a se stessa attraverso le inestirpabile impulso a rimanere invita, attraverso la lotta per l’esistenza. Questa superiorità dell’aver-scopo l'assenza di scopi,dell’essere sul non essere, dell’essere sul non essere, della vita non sulla morte, bensìsull’assenza di vita, è l’assioma ontologico fondamentale che consente parimenti a Jonas diinterpretare la finalità intrinseca alla natura, non solo come un dato

di fatto, bensì anche come un valore. Se l'essere è preferibile al nulla, allora ciò vuol dire che lo scopo a cui la vita di per sé tende, vale a dire la sua conservazione, è altresì un valore.

Dettagli
A.A. 2020-2021
9 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher lisa.ariani.as di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Filosofia pratica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Becchi Paolo.