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INCRETISMO PAGANO RELIGIOSO ATO E ROVVIDENZA

Riflettendo sempre sul tema della religione in relazione al destino mi occuperò

dell’analisi del concetto di sincretismo pagano-religioso nelle opere della scrittrice. La

Deledda dona ampio spazio a riferimenti della cultura sarda all’interno delle narrazi oni. I

racconti popolari nell’ambito della narrativa orale intrecciano elementi fantastici con

elementi prettamente cristiani. Voglio riportare una citazione della scrittrice Dacia

Maraini relativamente a questo discorso:

Si può dire che Grazia Deledda abbia una concezione cristiana del mondo. Ma il suo

cristianesimo si innesta nell’albero più antico del rito pagano, lontano quanto l’età della pietra.

Le montagne lontane eppure brutalmente imponenti, il terreno aspro e spinoso, sembrano riflettere

questo modo di stare al mondo che non conosce le consolazioni della religione ma si identifica

invece con un respiro misterioso e inspiegabile della terra stessa. Tuttavia, le due culture non

sembrano mai scontrarsi, ma piuttosto convivono fianco a fianco in un’allegra 103

incoscienza.

Relativamente al destino occorre fare una distinzione tra il concetto di Fato in

Il Fato nell’antica Grecia era una forza

termini pagani e Provvidenza nel cristianesimo.

inesorabile e misteriosa che reggeva il corso degli eventi del mondo alla quale neppur e

gli dèi potevano opporsi. La Provvidenza invece è un concetto puramente cristiano la

quale viene concepita come l’azione della volontà di Dio sugli uomini.

Come viene rappresentata dunque questa unione tra un destino in termini pagani

e in termini cristiani? Cerchiamo di portare alla luce questo sincretismo sulla base di

alcune opere della nostra autrice. Vediamo per esempio in Elias Portolu una citazione:

102 G. Deledda, Elias Portolu, cit., pp.166-167.

103 D. Maraini, Re-reading Grazia Deledda, in Studi di filologia linguistica e letteraria in Sardegna a cura

di D. Manca, Sassari, Eces, 2021, p.458. 50

Elias Portolu sentiva che la sorte, la malvagia sfinge che tormenta gli uomini, era stata

ingiusta con lui: egli aveva cercato di fare il bene, sacrificando sé stesso, e invece il bene gli si

era convertito in male. Perché? Quale fatalità aveva il diritto di giuocarsi così degli uomini? Nella

immensa solitudine della tanca, sotto il pallido cielo d'autunno, nel misterioso dolore del

paesaggio deserto, dei fumosi orizzonti, l'anima del pastore si proponeva i terribili quesiti degli

uomini raffinati, ma non riusciva a darsi spiegazione.

Questa fase della narrazione in cui Elias pronuncia queste parole è un momento

critico per il protagonista: egli ha preso coscienza di essersi innamorato di Maddalena ma

non ha ancora commesso l’adulterio. Elias è disperato e si interroga sul perché la sorte

l’epiteto malvagia sfinge.

sia così crudele. Utilizza così È un aspetto interessante da

approfondire. La Sfinge, corpo di leone e ali di uccello è una figura mitica proveniente

dall’antico Oriente e in nell’antica Grecia simboleggia il mistero della vita a cui l’uomo

non può dare risposte. È per questo che Elias non sa trovare una reale spiegazione alla

sua rovina: essa non c’è e comunque all’essere umano non sarebbe dato saperlo. I Greci

attribuivano a questa figura il concetto di mala sorte. Culturalmente associato a questa

mitologica c’è l’enigma della Sfinge:

figura esso non è un semplice indovinello, ma una

domanda assai profonda sul destino dell’uomo. L’animale che cammina prima con

quattro, poi con due e infine con tre gambe è infatti l’essere umano, che procede carponi

mesi dalla nascita, poi sulle gambe nell’arco della vita, e infine, nella vecchiaia

a pochi

appoggiandosi al bastone per sorreggersi. La Sfinge, in forma enigmatica, interroga

l’uomo su sé stesso, sulla fragilità della sua esistenza, nonché sulla brevità di ques ta.

Vediamo invece un altro caso in cui i due aspetti si fondono in maniera più

e pensava ch’era peccato cercare di

esplicita: Non voleva, a sua volta, forzare la sorte,

opporsi ai voleri della provvidenza. Bisogna abbandonarsi a lei, come il seme al vento.

Dio sa quel che fa” 104

. In queste parole del servo Efix in Canne al vento il fatalismo si

fonde con la volontà di Dio. Le due concezioni appaiono sinonimiche tanto da essere

utilizzate nello stesso periodo narrativo. Anche Simone in Marianna Sirca accosta nella

“Vedrai,

stessa frase i due aspetti: non ti farò del male, Marianna, vedrai. Tu sta tranquilla

e ferma: io andrò, andrò come la sorte mi spinge, come Dio comanda, e troverò fortuna

104 G. Deledda, Canne al vento, cit., p.326. (mio il corsivo)

51 105

a tutti i costi, sì, dovessi andare dove finisce l'arcobaleno” . Il sincretismo pagano-

religioso si nota anche relativamente al concetto di punizione delle colpe commesse dai

personaggi. Essi compiono il male perché sono vittime di un Fato crudele. Qual è dunque

il punto di fusione tra le due credenze? Anche Dio è percepito dai personaggi come un

giudice severo e castigatore di cui avere paura. Dio castiga e punisce i peccati commessi

richiedendo un lungo percorso di espiazione e umiliazione, molto diverso da quello

misericordioso che si è caricato sulle spalle la croce degli uomini per alleviare le loro

sofferenze. A dimostrazione di ciò voglio riportare una citazione del Professor A. Floris:

In quali termini la Deledda vede il rapporto tra uomo e Dio? I personaggi deleddiani

e no. La loro è generalmente una religione ingenua e primitiva […] è fatta allo

credono in Dio? Sì

stesso tempo di fede autentica, di molta superstizione e di una abbondante dose di fatalismo, tanto

è vero che Dio viene spesso identificato con il destino. […] I personaggi deleddiani credono più

in un Dio immanente che in un Dio trascendente; cioè, Dio è visto come un essere superiore che

punisce su questa terra il male commesso e ad espiare in questa vita la colpa di cui si è

106

macchiato. “Perdonatemi,

Vediamo dunque nei romanzi come si sviluppa questo principio.

Signore, perdonatemi per la vita eterna, giacché in questa non sono degno di perdono. Io

non riposerò mai; sono dannato a soffrire, ma ogni castigo è piccolo per il fallo che ho

come merito” “In

107

commesso. Sì, sì, fatemi pure soffrire . questo momento forse ella

108

crede che la perdita del bambino sia il castigo della sua colpa” . Entrambe i passi sono

tratti da Elias Portolu e dimostrano appieno quanto detto prima: Dio non interviene in

maniera provvidenziale per aiutare gli uomini ma solo per punirli delle colpe commesse.

È per questo che Elias al termine del romanzo avvertirà un senso di pace perché sa che di

essere stato punito e di aver espiato la sua colpa anche se attraverso il sacrificio di un

innocente. In Canne al vento il castigo divino si scaglia sulla famiglia pintor prima

105 G. Deledda, Marianna Sirca, cit., p. 802. (mio il corsivo)

106 S. Bulla, Grazia Deledda, Prospettive del religioso per una rilettura critica , cit., p.144.

107 G. Deledda, Elias Portolu, cit., p.165.

108 Ivi, p.166. 52

“Ma le liti finivano col divorare le sue terre, e una

ancor prima del peccato di Efix:

disgrazia inaudita lo colpì a un tratto come un castigo di Dio per la sua superbia e i suoi

pregiudizi” Si sta parlando di Don Zame all’inizio del romanzo

109

. e della fuga della

giovane Lia. Successivamente la punizione divina sarà prerogativa solo di Efix.

Ma la sua gioia si spense subito, d'un tratto, come s'era accesa, e di nuovo egli si trovò

nel suo deserto, nel suo mare, nel suo viaggio misterioso e terribile verso il castigo divino. Tutte

le grandezze della terra, anche se toccavano a lui, anche se egli diventava re, anche se avesse la

potenza di render felici tutti gli uomini del mondo, non bastavano a cancellare il suo delitto, a

110

liberarlo dall'inferno.

Le loro ombre correvano sul terreno come foglie spinte dal vento: ed egli ricordò la pena

provata nell'alzarsi di sotto il pulpito e l'ombra sul viso della Maddalena. Sospirò profondamente.

111

Capiva. Era il castigo di Dio che gravava su lui.

Queste sono solo alcune delle parti in cui troviamo il Dio castigatore ma il

romanzo richiama questo concetto moltissime volte. In Marianna Sirca invece troviamo

nuovamente l’istituzione religiosa come mezzo espiativo, anche se qui è utilizzata come

metafora: “Ebbene, Simone, bisogna sfuggire il demonio. Bisogna che tu ti rinchiuda

e penitenza” 112

come in un convento, per castigo . Infine, analizziamo questi riferimenti

nel romanzo Cosima. Questo romanzo ha una notevole importanza poiché è una

narrazione autobiografica dell’autrice. La rappresentazione del Dio- Fato castigatore non

è quindi solo una costante presente in romanzi di fantasia ma appartiene proprio al

pensiero della Deledda. “Ma sopra tutto le destava una impressione profonda, quasi fisica,

il mistero della favola, quel silenzio finale, grave di cose davvero grandiose e terribili, il

mito di una giustizia sovrannaturale, l'eterna storia dell'errore, del castigo, del dolore

“Dio le aveva dato una intelligenza superiore alla comune e sopra tutto una

113

umano” .

109 G. Deledda, Canne al vento, cit., p.178. (mio il corsivo)

110 Ivi, p.297. (mio il corsivo)

111 Ivi, p.313.

112 G. Deledda, Marianna Sirca, cit., p.852.

113 G. Deledda, Cosima, cit., p.34. 53

coscienza limpida e profonda come un'acqua nella quale si vede ogni filo di luce e di

ombra, per guidarsi da sola nella strada della verità. Il castigo per il suo capriccio con

Fortunio, capriccio di curiosità sentimentale, ma anche sensuale, le parve giusto” 114

.

3.2.1 Il Nostro Padrone

Sempre in concordanza con i temi appena trattati voglio aggiungere un ulteriore

analisi su un altro romanzo della Deledda. Ho scelto di dedicare un paragrafo a

quest’opera poiché è tra le meno conosciute dell’autrice nonostante alcuni cri tici lo

reputino uno dei meno riusciti dell’autrice. Così, infatti, lo descrive la Tettamanzi: “è un

romanzo confuso e macchinoso nel quale l’autrice vorrebbe chiarire il suo pensiero

religioso ma finisce solo per confondere le idee al lettore” 115 .

La dialettica è sempre tra la forza avversa del destino e la volontà del singolo. È

primo periodo di produzione dell’autrice

un romanzo particolare che appartiene al

pubblicato nel 1910. Lo si può definire un primo te

Dettagli
Publisher
A.A. 2022-2023
65 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-FIL-LET/10 Letteratura italiana

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mirimiri888 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Letteratura italiana e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Boggione Valter.