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Estensione e riduzione, esternalizzazione e interiorizzazione
Le prime ricerche sul concetto di estensione risalgono già all'800. Nell'ambito ristretto degli studi sui media, ad usare per la prima volta il termine è il filosofo tedesco Ernst Kapp, anche se già Marshall McLuhan lo aveva consacrato in un suo volume, affermando che i media sono le estensioni dell'uomo che rimpiazzano, intorpidendole, le funzioni dell'organismo. A riproporre la metafora di estensione, sempre nell'ambito della media ecology, è Edward Hall secondo cui l'esternalizzazione (termine usato come sinonimo di estensione) prevede un processo complementare, l'interiorizzazione, che bilancia il primo movimento. Utilizzando la strutturazione proposta da Ihde, possiamo associare al termine interiorizzazione quello di riduzione giungendo così a una doppia dicotomia che vede, da una parte, la contrapposizione estensione/riduzione e, dall'altra, quella esternalizzazione/interiorizzazione.
In un recente studio, Pietro Montani sostiene che un effettivo empowerment tecnoestetico ha alla base un processo di esternalizzazione e come esito un processo di interiorizzazione: ad esempio, l'invenzione tecnica della scrittura deriva dall'esternalizzazione delle funzioni svolte precedentemente dalla memoria, che vengono quindi implementate tramite un supporto esterno, e porta con sé delle conseguenze sul piano interno dovute all'interiorizzazione della tecnologia. L'interiorizzazione rappresenta, dunque, il risultato di un processo di retroazione, avviato da una precedente esternalizzazione. L'ecologo dei media Walter Ong ha descritto, in uno studio, il modo in cui l'interiorizzazione della scrittura ha riconfigurato il pensiero umano. Basandosi anche sugli studi condotti intorno all'Iliade e all'Odissea da Milman Perry (secondo cui non si tratta di due testi scritti ma adattati successivamente a partire dalla forma espressiva orale dell'esametro),Ong sostiene che prima della scrittura (nella cosiddetta fase dell'oralità primaria), solo la memoria umana poteva garantire la conservazione e la trasmissione del sapere - essa era allo stesso tempo medium e messaggio - attraverso il ricorso a formule standardizzate e repertori tematici ricorrenti; verbomotori. La cultura orale portava con sé uno stile poiché favoriva la compartecipazione all'evento comunicativo, l'interazione e il coinvolgimento empatico tra i parlanti. L'avvento della scrittura genera importanti ripercussioni, tra cui la liberazione dell'oralità dai vincoli di memorizzazione. Ciò favorisce un tipo di cultura permanente, visiva, fredda e fruibile in solitudine. Alla luce di ciò, è possibile individuare una differenza tra estensione/riduzione e esternalizzazione/interiorizzazione: nel primo caso il processo riguarda la stessa entità, nel secondo caso il processo si materializza su un
sostrato fisico diverso da quello di partenza. Grazie all'ascrittura il linguaggio esternalizza la memoria su un supporto e, successivamente, la funzione esternalizzata si ripresenta al soggetto che la interiorizza per una successiva mediazione. L'esternalizzazione è consapevole e precede sempre l'interiorizzazione che solitamente è inconsapevole. Vi possono essere anche casi di un'esternalizzazione tramite estensione (lo specchio, rappresenta un'estensione della visione poiché ci permette di vedere di più, ma anche un'esternalizzazione poiché trasferisce la nostra immagine su un supporto) o casi di un'estensione tramite esternalizzazione (l'immagine fotografica è un'esternalizzazione del mondo fisico e del corpo ma ci permette anche di vedere di più). Una critica a questo tipo di ragionamento rimprovera l'individuazione di un soggetto puro, che sta all'origine di ogni processo e da cui.possono scaturire le conseguenze dinamiche estensive e interiorizzanti: una visione che rischia di sconfinare nell'antropocentrismo.UN PAIO DI ARCHEOLOGIE. Cosa si prova a essere una cosa? È la domanda che Ian Bogost si pone per tentare di analizzare, attraverso una 'alien phenomenology' o un'ontologia orientata agli oggetti (OOO), le forme di esperienza delle cose, abbandonando ogni tipo di antropocentrismo. Da qualche tempo il ruolo dell'essere umano, prima considerato il fattore causale principale dei processi evolutivi, sta iniziando ad essere rivalutato, in particolare grazie all'individuazione di tre concetti - materialità, parità, temporalità - che è possibile analizzare attraverso diversi approcci, per molti versi convergenti: l'archeologia cognitiva nella forma della 'material engagement theory' (MET) elaborata da Malauforis, l'archeologia dei media e la teoria dell'antropologo
Carlo Severi.
Il concetto di materialità riguarda sia i corpi che le cose poiché agentività umana e agentività materiale sono profondamente legate e non è concepibile attività umana che non includa gli oggetti del mondo. Malau fornisce spiega meglio il concetto alla luce di tre questioni chiave: oltre all'agentività materiale, la mente estesa - l'idea che la mente umana si estenda nel mondo attraverso le cose - e il segno enattivo - un segno materiale, irriducibile a qualunque codice, il cui significato non è dato dalla sua dimensione simbolica ma dalle sue proprietà fisiche.
Il concetto di parità comporta l'idea che vi sia una relazione di equivalenza tra gli organismi e le cose. Il fatto che nessuno dei due elementi primeggi sull'altro implica due conseguenze teoriche: in primo luogo, i manufatti non sono visti come la concretizzazione di un progetto intenzionale.
(chevedrebbe l’essere umano come prime mover) ma piuttosto come elementifondativi utilizzabili per concepire nuovi significati e abilità; in secondoluogo, le cose determinano, in maniera paritaria rispetto agli esseri umani, iprocessi socio-tecnologici. Malauforis conia il termine “thinging” – cheto think thingassocia il verbo (pensare) e il sostantivo (cosa) – peresemplificare l’idea che la mente umana non si limita a riferirsi alle cose masi costituisce con esse e attraverso di esse.
Il concetto di temporalità è una delle principali variabili considerate daglistudiosi che investigano la coscienza umana. Il mediologo Hansen ritieneche i media del 21° secolo ci espongano a scale temporali inaccessibili allanostra coscienza ma capaci comunque di regolare le nostre vite. Ciò èspiegato attraverso il modello feed-forward dell’esperienza: con la loropresenza ubiqua e la pervasività, i media
contemporanei risultano presentima invisibili, riescono cioè ad investire e modificare la nostra sensibilità masenza che noi (e quindi la nostra percezione) ce ne rendiamo conto. La nostra percezione e la nostra coscienza dipendono dunque da una sensibilità che le precede.
I tre concetti analizzati dimostrano che non è possibile spiegare ogni fenomeno unicamente a partire dall’organismo, che rappresenta solo una delle variabili sistemiche da tenere in considerazione.
METASTATI O DELLA RELAZIONE. Nell’ambito delle neuroscienze, il termine plasticità indica la capacità dell’organismo di adeguare le proprie condizioni fisiche in relazione alle pressioni ambientali, mentre il termine metaplasticità indica l’emergere di specifiche proprietà che scaturiscono esclusivamente dall’incontro tra organismi ed ecomedia. Nell’ambito degli studi mediologici, l’interpretazione di Richard Grusin del fenomeno
Il concetto di dellamediazione si ricollega al concetto di metaplasticità: secondo il mediologo statunitense la mediazione rappresenta il processo che genera le condizioni per l'emergere di soggetti e oggetti in un ambiente. Da qui, il concetto di individuazione di Simondon, cioè la capacità di un essere di definirsi come preindividuale entità individuale. Il preindividuale è quello stato originario dell'essere, che è caratterizzato da metastabilità, cioè si trova in un provvisorio stato di equilibrio ma possiede in sé le potenzialità per progredire: è attraverso l'individuazione, quindi, che la metastabilità dell'essere si riduce progressivamente. Il processo di individuazione, però, necessita di una condizione fondamentale, ossia la relazione, attraverso cui si individuano progressivamente le entità. Simondon mette in discussione il modello ilomorfico che caratterizza il pensiero filosofico occidentale,
basato sull'idea che forma e materia, prese separatamente, contengano già l'informazione necessaria per l'individuazione; secondo Simondon, invece, la creazione dell'individuo (sia organismo vivente che oggetto) si attua solo nell'incontro relazionale di forma e materia, nel reciproco adattamento e nello scambio energetico. L'individuazione è generata, sostanzialmente, dalla relazione energetica e asimmetrica, distribuita nel tempo, tra individuo e ambiente, che si co-costituiscono a vicenda. Rispetto agli esseri inanimati, gli individui viventi presentano una caratteristica fondamentale: sono modulatori di energia, cioè regolano gli scambi tra se stessi e l'ambiente. Così si giunge progressivamente all'idea che la dicotomia organismo/ambiente sia l'esito di un processo di mediazione e relazione che si attua proprio nell'incontro e nel rapporto reciproco tra queste entità. Una proposta cognitiva eBiologicaLE 4E della Cognizione. Ripercorrendo le principali tematiche delle scienze cognitive, si è giunti alla nascita delle cosiddette 4E della cognizione (embodied, extended, embedded, enactive), ciascuna delle quali elabora una propria interpretazione della cognizione umana. L' embodied cognition fa sua l'idea che l'attività cognitiva umana non possa essere spiegata unicamente attraverso il cervello, ma che sia necessario anche il corpo. Secondo Anna Borghi e Fausto Caruana questa inversione di tendenza rispetto alle teorie precedenti deriva dal rifiuto del cosiddetto "modello a panino della cognizione" e dell'analogia mente-software. Alla prima metafora, secondo cui l'azione rappresenta l'esito di un processo percettivo, l'embodied cognition contrappone l'idea che l'azione e la fisicità coincidano temporalmente con la cognizione, che esse contribuiscono a determinare; la seconda metafora, che rip