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GENITORI INFANTILI E BAMBINI ADULTI

Ad oggi siamo davanti ad una diversa concezione del bambino: la coppia, unita

frequentemente da una sorta di patto associativo interindividuale, ha portato con sé la

trasformazione del ruolo dominante del bambino. Questi è semplicemente un membro

del gruppo, che gode di molti diritti e di pochi doveri, ma non è più la figura intorno

alla quale si concentra l’attenzione, né quella in funzione della quale vengono prese le

decisioni. Il cambiamento della struttura familiare e dell’interscambiabilità dei suoi

ruoli (padre e madre non hanno più dei ruoli fissi nella coppia ma possono svolgere e

adempiere il ruolo dell’altro) ha fatto sì che il bambino debba adattarsi sempre più

rapidamente ai loro ritmi e ai loro comportamenti; nei nuovi nuclei familiari accade

che la madre si senta sempre più spesso colpevole e il padre sia assente. E forse è

proprio per dimostrar la loro centralità che i bambini di oggi spesso ricorrono a

strategie e comportamenti da tiranno. Ne deriva il fatto che i genitori immaturi(essere

maturi significa aver accettato la preminenza del principio di realtà su quello del

piacere, essere in gradi di convivere con soddisfazioni e frustrazioni) non riescono ad

assumere la funzione e il ruolo necessari per crescere i figli e inducono spesso, sia

pure inconsapevolmente, i bambini a diventare precocemente grandi per poterli vivere

come dei pari. E’ sintomatico ormai nella nostra epoca notare che l’infanzia sta

morendo. In questo scenario la cultura mediatica svolge un ruolo fondamentale:

l’infanzia non è più rappresentata come un universo diviso in fasi, né considerata una

categoria sociale con la sua ritualità, la sua cultura, i suoi costumi ma piuttosto essa

viene ormai adultizzata. Le età della vita sembrano essersi ridotte sostanzialmente a

due: la primissima infanzia da un lato, e la vecchiaia dall’altro. La televisione ha

infranto la barriera che separava i piccoli dai grandi, che si sono trovati a condividere

identiche informazioni, come una sorta di parità di posizione. In quest’epoca

contemporanea cinica e disincantata è evidente che il bambino svolge un ruolo

attivo(mediatore di consumi)nei campi di mercato poiché , da futuro consumatore,

incita all’acquisto.

IL MONDO MENTALE DEL BAMBINO

Per quasi un secolo gli studi di psicologia hanno avvalorato la tesi per cui esiste una

distanza netta tra l’universo del bambino, visto come magico, egocentrico, ingenuo e

irrazionale, e quello dell’adulto, visto come reale, pragmatico e razionale. In realtà

studi recenti hanno criticato tali affermazioni, evidenziando, al contrario, molte

somiglianze tra pensiero infantile e pensiero adulto. Fino agli anni ’80 si pensava che i

bambini vivessero in un mondo bizzarro, senza senso, incapaci di controllare il proprio

corpo e l’ambiente circostante. Secondo Piaget, solo prima dei due anni il bambino è

incapace di cogliere la permanenza dell’oggetto, di capire cioè che una cosa esiste

indipendentemente dallo sguardo che si posa su di essa; è col tempo che questi

impara a organizzare le grandi categorie, a comprendere che gli oggetti non si

muovono da soli e che non sono in grado di parlare. Già dai due mesi di vita il bambino

è in grado di comprendere la permanenza dell’oggetto e mostra stupore se sparisce

senza una ragione; impara prestissimo che una gli oggetti non si spostano né parlano

da soli, è capace di classificare gli oggetti secondo forme colori e lo fa sempre più

precocemente e velocemente. Difatti il mondo mentale del bambino è molto

complesso e le neuroscienze ci dicono che il cervello dei bambini ha una grandissima

plasticità e flessibilità. Sono molto brillanti, ma incapaci di progettare qualcosa, hanno

una sconfinata immaginazione creativa che consente loro di catalogare le cose nel

corretto ordine. E’ così che si appropriano del mondo degli adulti, inserendovisi e

costruendo una realtà comune, assumendo gli atteggiamenti dei membri del gruppo.

GENITORI POSTMODERNI

In tutto questo gli adulti rimangono sempre più spesso allo stadio infantile.

L’immaginario infantile non è più pensato come fuga in un mondo irreale, ma come un

modo di imparare, di formulare ipotesi, di esercitare creatività, finendo per definire i

bisogni e i desideri degli adulti. Ne sono evidente prova i modi di parlare, di divertirsi e

di vestirsi di adulti e bambini che testimoniano l’immediata mancata assunzione di

responsabilità da parte della coppia genitoriale. I genitori di oggi, ma anche gli

insegnanti, sono indotti a cercare complicità e a relazionarsi con l’innocenza, la

purezza, la fragilità, la creatività dei bambini come un pari; non riescono a mantenere

gli impegni costanti e di lungo periodo; si lasciano coinvolgere intensamente ma in

modo intermittente; la maggior parte di essi hanno scambiato la complicità dei giochi

e dei sentimenti con l’impegno morale di un percorso educativo, venendo meno a

quella quantità di tempo necessaria da impiegare per insegnare loro principi sani,

educativi ed etici. Da un lato, gli adulti considerano la felicità dei piccoli l’obiettivo

primario e vogliono tutelarli da qualsiasi aspetto immorale del mondo, dall’altro ve li

immergono fin da neonati perché ne assorbano principi e prassi; comprano scarpe con

tacchi alti per le loro bambine di cinque anni, ma sperano che arrivino vergini al

matrimonio; vogliono figli magri e atletici, ma li riempiono di cibo per sopperire alle

loro mancanze. Questi adulti infantili, poiché non essendo responsabili, non riescono a

gestire l’imprevisto, intimoriti delegano ad altri, quali strutture, istituzioni o la società

stessa, la colpa di ciò che non va. I genitori, i nonni e gli zii di oggi, sommergono i

piccoli, fin dalla primissima età, di beni di consumo, tra abbigliamento, gadget e

giocattoli che per la loro intrinseca natura durano poco. In quest’ottica, i bambini,

egoisti e al centro dell’attenzione, immersi in una realtà in continua trasformazione e

in composizioni familiari sempre più atipiche e precarie, tendono sempre più

naturalmente a comportarsi e a pensare da “grandi”.

L’INFANZIA: UNA ZONA D’OMBRA

In questa cultura consumistica l’infanzia è una zona d’ombra, nel senso che la sua

immagine è in bilico tra sentimenti di regressione emotiva(parte tradizionale, infanzia

dei programmi in cui il bambino è oggetto di proprietà della famiglia e strumento del

suo avvenire) e stati d’animo di incertezza e paura(proiettata verso il futuro, ne fanno

parte i bambini degli spot, sono già nel domani, sono come i grandi vorrebbero

essere).

4. SONO SEMPRE FIGLI E MAI BAMBINI E ALUNNI

PICCOLI RE

Oggi la vita dei bambini è limitata dalle attività dettate dagli adulti, annullando non

solo quei margini di libera espressione e di creatività tipici dell’infanzia, ma anche

anticipando quelle tappe di crescita, che dovrebbero invece essere affrontate

gradualmente. Il genitore contemporaneo appare poco interessato ad educare e a

tirare fuori(ex-ducere)le potenzialità del figlio, ma volto più a sedurre e attirare il

bambino a sé, accontentando ogni suo desiderio e comprendendolo per compiacerlo. Il

bambino viene visto come un re, come un essere potenzialmente perfetto e

precocemente competente, come l’idolo della famiglia affettiva che deve essere

protetto. Paradossalmente, però, il bambino rischia di perdere l sua infanzia perché

avrebbe bisogno che l’adulto non solo lo gratifichi ma che sia anche in grado di

imporgli dei limiti e fargli individuare progetti.

“NUOVI” PADRI

Il soggetto postmoderno è un Peter Pan allergico a tutto, che non sa cosa farà da

grande, che tende a non essere genitore o a esserlo tardivamente(ecco perché le

statistiche annunciano un calo demografico). Il fatto che i genitori si inalberano con gli

insegnanti che valutano negativamente il rendimento o la condotta dei loro figli, è

esempio lampante di quel loro atteggiamento complice e possessivo nei confronti

della prole. I padri di oggi, di fronte a nuove responsabilità, reagiscono spesso male

nei confronti dei figli, fuggendo, infatilizzandosi o assumendo il ruolo materno. C’è da

dire che questa nuova dimensione della paternità può mettere in crisi la funzione del

genitore, in quanto la tendenza alla indifferenziazione dei ruoli fa sì che uomini e

donne sono disponibili a fare la mamma, ma nessuno fa più il padre. In effetti viene

meno così la vera figura del padre che un tempo, con la sua autorità e la sua sana

aggressività, favoriva la crescita del bambino.

“NUOVE” MADRI

Mentre un tempo le mamme vivevano le loro confidenze, nella massima intimità e

segretezza, con le loro madri, zie e nonne, adesso si ridefinisce completamente la sua

identità. Le nuove mamme appaiono spudorate nell’esplicitare turbamenti e pensieri

che rivolgono sui blog, sulle rubriche e sui social network(es. “Tutto in rosa”, “Qui

Mamme”, “Mammafelice.it”).Sono donne che dedicano ai figli e al partner quasi il

doppio del tempo prima occupato dalle faccende domestiche; preferiscono stare a

casa perché lo reputano fondamentale per lo sviluppo e per la salute del bambino;

reputano inoltre che quest’ultimo abbia contribuito a un nuovo modo di relazionarsi col

partner. Ma come ha imparato la nuova mamma ad educare il figlio se non ha fatto

ricorso alla sua? Le giovani sostengono che si è trattato di un processo naturale e

tortuoso, con periodi di smarrimento, ma che poi è servito ad entrambi ad imparare a

conoscersi. La grande novità di una madre contemporanea è la condivisione: si

raccontano problemi e disavventure, anche a distanza, e questo le aiuta a

ridimensionare le questioni e a rivalutare il proprio Io. In caso di difficoltà le ansie

vengono smorzate dal partner, ma anche dagli esperti(es. pediatra e psicologo). La

nuova mamma è capace di mettersi in discussione perché accetta di modificare

atteggiamenti e opinioni quando c’è un problema che riguarda il figlio; questi resterà

sotto la sua responsabilità fino a quando non raggiungerà l’arbitrarietà e non avrà

acquisito la capacità di relazionarsi.

…E UNA PECULARITA’ TUTTA ITALIANA

Gli italiani, più degli altri popoli, chiamando la loro prole “mio figlio e mia figlia”,

rafforzano il tipo di relazione e legame che i

Dettagli
Publisher
A.A. 2013-2014
15 pagine
12 download
SSD Scienze politiche e sociali SPS/12 Sociologia giuridica, della devianza e mutamento sociale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Franci0703 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Sociologia del mutamento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof D'Amato Marina.