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STESSA MEDAGLIA
2.5.1 STORIA E CARATTERE NAZIONALE
Ivi, p. 358
Scritta nell'aprile del 2014 e inserita nello stesso anno nella 1° edizione Rizzoli.
Ivi, p. 362.
Tesi Vassalli 38
Nella già citata appendice del romanzo, emerge un importante confronto fra La Chimera e I Promessi Sposi di Manzoni, condotto con estrema convinzione dall'autore. I punti di contatto sono evidenti, poiché entrambi condividono la stessa ambientazione storica, ma altrettanto evidenti sono i punti di discontinuità tra le due opere.
Conducendo un'analisi accurata degli intenti dei due scrittori, si può notare infatti come essi siano alquanto diversi: Vassalli scrive per rintracciare il nostro carattere nazionale o, meglio, le sue radici nel Seicento, qualunque esse siano, positive o negative, onorevoli o disonorevoli; Manzoni attua lo stesso procedimento ma con propositi differenti: Manzoni aveva studiato a fondo i vizi e le virtù degli italiani e conosceva
Bene il nostro carattere nazionale. Avrebbe potuto rappresentarlo al peggio; scelse, invece, di rappresentarlo al meglio, perché l'Italia doveva ancora nascere e si sperava che 112 potesse nascere con il suo aspetto migliore. L'atteggiamento di Manzoni è dunque più volto a strumentalizzare la storia, piuttosto che a raccontarla così come si presenta. È ovvio che una forte base storica continui a persistere nel romanzo; tuttavia molto spesso i personaggi dei Promessi Sposi sono fuori dal loro tempo. Vassalli, in questa direzione, ne sottopone diversi ad un'analisi critica. Per esempio, Don Abbondio è un prete contemporaneo del suo autore. I preti della controriforma, quelli veri, non avrebbero potuto concedersi le sue abitudini e i suoi tic, impegnati come erano a ripristinare diritti e prerogative che risalivano al Medioevo e che si erano persi con il trascorrere dei secoli, e a tiranneggiare i loro parrocchiani con sanzioni per noi oggi inimmaginabili.se non si confessavano e comunicavano almeno una volta all'anno e non seguivano i precetti della religione. S. Vassalli, La chimera, p. 356.112 Ivi, p. 356.113 Tesi Vassalli 39114 Anche il cardinale Federigo Borromeo, rispetto al vero personaggio storico, nei Promessi sposi è molto idealizzato; Lucia e le altre figure femminili come Donna Prassede e Perpetua invece sono figure fuori dal tempo, che non ci raccontano niente di specifico e che potevano esistere anche nell'Ottocento e in qualsiasi altro secolo. Vassalli non tralascia nemmeno la figura di Don Rodrigo, motore delle vicende del romanzo: "Se un Don Rodrigo, nel suo paese, metteva gli occhi su una Lucia, non gli passava nemmeno per la testa di mandare gli sgherri a spaventare il prete. (Il 'suo' prete.) Lo mandava a prendere la ragazza e tutto finiva lì, perché i parenti di lei, se volevano continuare a vivere, dovevano rassegnarsi. Non potevano fare altro."l'autore piemontese mostra una visione certamente più disillusa e disincantata della realtà rispetto all'autore milanese. Ma al di là di ciò, l'autore nutre opinioni particolarmente interessanti nei confronti di due personaggi: la monaca di Monza e l'Innominato. La prima è una figura molto apprezzata dallo scrittore novarese: Tra le cose che erano state rimesse in discussione, in Italia e in quel periodo tra Controriforma e dominazione spagnola, c'era il rapporto tra i sessi. Manzoni aveva toccato quel tema con il personaggio della monaca di Monza [...] Tuttavia, continua Vassalli, lo aveva toccato soltanto per le classi alte della società. È anche per questo motivo, dunque, che protagonista della Chimera è Antonia, una ragazza orfana adottata da una famiglia di campagnoli e appartenente perciò ad una classe bassa della società. Federigo Borromeo è un personaggio storico che,nei Promessi Sposi, accoglie la conversione dell'Innominato. Ivi, p. 357. Ibidem. Ivi, p. 360. Ivi, p. 357. Ibidem. Tesi Vassalli 40 Per quanto riguarda il personaggio dell'Innominato, emerge invece un raffronto tra quest'ultimo e un personaggio storico, Giovan Battista Caccia (presente nella Chimera), da cui è possibile che l'autore milanese abbia tratto ispirazione: [...] l'Innominato è la versione ultima di un personaggio che in una precedente stesura del romanzo manzoniano, "Gli sposi promessi", si chiamava Conte del Sagrato ed era più simile al novarese Giovan Battista Caccia che a Bernardino Visconti. Come il "Caccetta", anche il Conte del Sagrato era un tirannello di campagna che di delitto in delitto si era venuto a trovare dentro una storia più grande di lui, fino a essere, nella sua zona, un punto di riferimento obbligato per ogni genere di delinquenti. Anche il finalestesso del romanzo manzoniano, sottolinea Vassalli, tradisce una vera e propria ricostruzione storica per sposare invece un contesto più vicino al pubblico ottocentesco: la conclusione del romanzo, con la nascita dell'industria, è rivolta più al secolo dell'autore e alle sue prospettive di sviluppo, che all'età barocca in cui è ambientata la vicenda dei due fidanzati. Nonostante tutti questi punti di attrito evidenziati dall'autore, tuttavia, non dobbiamo limitarci a considerare La chimera e I promessi sposi due romanzi in netta contrapposizione tra loro. Pur con l'emergere di temi contrastanti (che nei paragrafi seguenti continueremo a trattare), bisogna considerare che il viaggio temporale nel Seicento intrapreso da Manzoni prima e Vassalli dopo, risentono dei differenti sguardi di entrambi gli scrittori; così come, citando Bloch, uno storico si immerge nel passato mantenendo sempre il suo punto di vista di.
Giovan Battista Caccia, detto il Caccetta per la sua statura, è stato Signore della Rocca di Briona e di 120 altri possedimenti, vissuto nei dintorni della provincia di Novara. Spazio importante gli dedica Vassalli all'interno del suo romanzo.
Nobile rampollo di una grande famiglia che, dopo aver compiuto ogni sorta di scelleratezze, pare si fosse convertito in vecchiaia seguendo le esortazioni del cardinale Federigo Borromeo (S. Vassalli, Lachimera, op. cit., p. 361).
Ivi, p. 361.
Ivi, p. 357.
Tesi Vassalli 41
Perciò il Seicento, che fu un secolo a tinte violente, un secolo terribile, nel suo romanzo è corretto con molto Ottocento. [...] Tornare in quel secolo dopo Manzoni significava tornarci dopo l'Unità d'Italia; dopo la Grande Guerra e il fascismo; dopo la catastrofe e il naufragio della Seconda guerra mondiale. [...] Tornare nel Seicento dopo
Manzoni significava compiere un viaggio alle origini del nostro carattere nazionale, senza le indulgenze e i correttivi messi in opera da chi, all'inizio dell'Ottocento, doveva parlare di un'entità culturale e politica: l'Italia, che già in qualche misura esisteva ma che ancora non aveva preso il suo posto nella geografia delle nazioni europee.
LA PROVVIDENZA
Altro terreno di confronto e scontro tra La chimera e I promessi sposi è il ruolo, o la presenza, di una provvidenza regolatrice nel mondo. Nella pagina conclusiva del romanzo manzoniano emerge l'idea di Provvidenza come aiuto divino nel non arrendersi di fronte a pericoli e difficoltà. In particolare leggiamo che Renzo e Lucia "conclusero che i guai vengono bensì spesso, perché ci si è dato cagione; ma che la condotta più cauta più innocente non basta a tenerli lontani, e che quando vengono, o per colpa o senza colpa, la fiducia in Dio li raddolcisce".
E li rende utili per una vita migliore. Questa Provvidenza, ovvero questa fiducia in Dio, nelle pagine della Chimera sembra proprio mancare. L'autore parla di un mondo in cui Dio è al centro della società, ma in cui l'uomo non è al centro dei pensieri di Dio. Molto spesso l'autore piemontese richiama infatti alla mente del lettore immagini che, in tal senso, potremmo definire di manzoniana memoria. Tuttavia, quasi sempre sono attraversate da intenti ironici oppure semplicemente descrittivi (non dobbiamo dimenticarci infatti che Vassalli prova a ricostruire nella maniera più accurata possibile anche gli atteggiamenti e, fin dove possibile, anche i pensieri della popolazione seicentesca).
Ivi, pp. 356-357.
A. Manzoni, I promessi sposi, Zanichelli, Firenze, 1994, cap. XXXVIII, pp. 793-794
Tesi Vassalli 42
Incontriamo un primo riferimento alla Provvidenza già nella prima parte del romanzo, tra le pagine che raccontano l'infanzia di
Antonia all'interno della Pia Casa. Finita in punizione nel seminterrato del Convento, la ragazza condivide la cella con Rosalinda, un'esposta più grande di lei con una visione lucida, ironica ma altrettanto amara e pessimistica della vita spirituale e non solo: "[…] Tutte le favole che vi raccontano le monache, fuori di qui non hanno il minimo valore. La Madonna, le Sante, la verginità… Tutte scemenze!Scosse la testa. Disse ad Antonia: "
Del resto, loro stesse sono le prime a non crederci… Ma si farebbero ammazzare piuttosto di dirvi che, come donne e come esposte, la sola cosa che vi aiuterà ad affrontare il mondo è quell'affare che avete tra le gambe. Lì c'è la Provvidenza, quella vera, l'unica che ci viene in aiuto anche quando il mondo intero ci è contro!Il concetto di Provvidenza, nel romanzo di Vassalli, non è quindi sconosciuto, ma è soggetto acosì tante riserve e interpretazioni, così diverse tra loro, che arriva a perdere consistenza. Per esempio, l'accusa e poi il processo per stregoneria ad Antonia non vengono visti come qualcosa da punire per compiacere e compiere la volontà di Dio, anzi, vengono interpretati come un evento mandato dalla divina Provvidenza per ridare lustro al Tribunale inquisitorio:
Manini pensò che forse era arrivato il momento di celebrare un processo clamoroso in cui il vescovo non avesse parte: per risarcire la memoria del suo predecessore, e per rendere pubblica e tangibile la vittoria di un organismo universale della Chiesa sulle ambizioni assolutistiche di un vescovo di provincia. [...] per Manini personalmente e per il Tribunale dell'Inquisizione di Novara era la causa giusta al momento giusto,