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INTRODUZIONE
Che cos'è la disabilità?
Che ruolo occupano le persone con disabilità all'interno della società oggi? È
possibile la loro inclusione nel contesto sociale comune? Questa dissertazione,
basata su un’esperienza lavorativa direttamente vissuta all’interno di una classe
che accoglie un bambino con disabilità intellettiva, si propone di rispondere a una
serie di interrogativi. L’obiettivo principale è quello di analizzare il ruolo della
scuola, riconosciuta come prima agenzia educativa nel promuovere l’inclusione.
Nello specifico, si esplorerà in che modo la scuola possa rappresentare un punto di
partenza essenziale per la piena inclusione degli studenti con disabilità, offrendo
loro non solo opportunità di apprendimento, ma anche un contesto in cui sentirsi
parte di una comunità. L'istituzione scolastica svolge, in questo senso, un ruolo
estremamente importante, è forse il primo luogo in cui è possibile far crescere
persone con menti inclusive. La riflessione si articolerà attraverso un’analisi delle
pratiche educative inclusive, dei modelli di intervento e delle sfide quotidiane
affrontate nel contesto classe, con l’intento di delineare percorsi e strategie
inclusivi. L'introduzione dell'ICF ha avuto grande impatto sia sulle pratiche
mediche che su quelle politiche sociali in campo internazionale.
Nel primo capitolo mi concentrerò nello specifico sulla Disabilità intellettiva,
termine che negli ultimi anni ha sostituito quello di Ritardo mentale. In questa
sezione verrà analizzata l'evoluzione storica della terminologia, con un focus
particolare sulle definizioni e sulle caratteristiche che nel tempo hanno descritto
questa condizione. In seguito, mi soffermerò sul modello multidimensionale
proposto, che offre una visione più completa della disabilità intellettiva,
includendo aspetti legati non solo al funzionamento cognitivo, ma anche a quello
adattivo, sociale ed emotivo.
Descriverò poi i criteri diagnostici e i possibili trattamenti previsti per questa
disabilità. 1
Nel secondo capitolo presenterò gli strumenti che le scuole sono tenute ad adottare
per poter garantire l'inclusione di allievi disabili: Diagnosi funzionale, Piano
Didattico Formativo, Piano Educativo Individualizzato.
A concludere, non mancheranno riferimenti agli attori chiamati all'attuazione
dell'inclusione, tra cui insegnanti, compagni di classe e famiglie. In particolare,
verrà data attenzione al ruolo fondamentale dei compagni di classe, sarà essenziale
indagare come le interazioni tra studenti possano influenzare positivamente il
processo inclusivo, creando un ambiente di apprendimento più accogliente e
favorevole per tutti. L'ultima sezione tratterà la presentazione di un caso specifico
di inclusione scolastica efficace di alcuni alunni con disabilità. Si tratta di un
laboratorio teatrale svoltosi nella scuola primaria in cui lavoro a Milano, a cui
hanno preso parte i bambini di classe prima dell'istituto.
2
1:
CAPITOLO LA DISABILITÀ INTELLETTIVA
1.1. La disabilità intellettiva: definizione, caratteristiche ed
evoluzione storica
La necessità di dare un’esplicazione del termine “ritardo mentale” nasce
dall'esigenza di sistematizzare le sindromi con quadri patologici molto
diversi l'uno dall'altro, che possono però rientrare all'interno dell'unica
definizione riportata. Definire significa “spiegare il significato di una
1
parola, o di una espressione verbale al fine di stabilirne il significato.”
Vista la complessità della patologia, nel corso degli ultimi decenni, tale
concetto è stato oggetto di ampi dibattiti da parte di professionisti del
settore e non, soprattutto per quanto riguarda l'individuazione delle cause
che lo generano. Storicamente sono stati utilizzati diversi criteri per la
definizione e la classificazione del ritardo mentale; questi possono essere
raggruppati in diversi approcci: approccio sociale, clinico e intellettivo.
Il primo tiene in considerazione le competenze sociali dell'individuo,
sostenendo che alcuni casi di ritardo mentale siano causati da condizioni
socioculturali svantaggiate che portano a un incompleto sviluppo. Per
meglio esplicitare questo concetto è possibile fare riferimento alla
definizione di ritardo mentale che lo psicologo clinico Edgar Doll propose
2
nel 1941: “Una condizione di scarsa competenza sociale che si mantiene
o che è probabile si mantenga in età matura, risultante da un arresto dello
Dizionario Garzanti
1 E.A.Doll,
2 The essential of an inclusive concept of mental deficiency. American Journal of
46, 1947, p.214-219
Mental Deficiency, 3
sviluppo di origine costituzionale (ereditaria o acquisita);
fondamentalmente non è possibile curare tale condizione con dei
trattamenti, né porvi rimedio attraverso dei training”. Egli sosteneva che
l'incompetenza sociale era la prima delle cause della deficienza mentale.
Durante la prima parte del XX secolo, con l'emergere del modello medico,
l'interesse si focalizza sull'insieme dei sintomi e sulla sindrome clinica del
soggetto. Questo approccio non esclude, né nega l'interessamento della
partecipazione e dell'adattamento sociale del soggetto, ma si focalizza
sulla patologia.
Tregold, nel 1937, scrive “A textbook of Mental deficiency” in cui
definisce la deficienza mentale come una “Condizione di sviluppo
3
mentale incompleto, di un certo tipo e grado per cui la persona è incapace
di adattarsi al normale ambiente proprio dei suo i simili, in modo da
condurre un'esistenza in maniera indipendente da forme di supervisione,
controllo o sostegno esterno”.
Più tardi Kugelmass darà definizione di ritardo mentale come “Un
4
sintomo di disfunzione cerebrale. Lo sviluppo mentale incompleto,
inadeguato o bloccato, che tragga origine da disturbi genetici parentali, o
sia indotto da malattie o lesioni durante o dopo la nascita, limita
l'adattamento del bambino nel proprio ambiente”.
Si può notare come gli autori puntino l'attenzione sulle conseguenze
generate dalla patologia che determinano una limitazione e un’incapacità
di vivere e di partecipare adeguatamente a normali contesti di vita
quotidiana. Questa nuova spiegazione ha rappresentato sicuramente una
rivoluzione, che ha cambiato per sempre il modo in cui la società
A.F. Tregold, 1937
3 A textbook of mental deficiency,
I.N. Kugelmass, Grune&Stratton, New
4 The management of mental deficiency in children.
York, 1954, p.4 4 poiché́
considerava questi individui: le persone mentalmente ritardate,
affette da una patologia, avevano necessità di una diagnosi e di essere
sottoposte a un trattamento medico. L'approccio intellettivo ha messo in
risalto la possibilità di misurare il funzionamento intellettivo delle persone
grazie alla somministrazione di test di intelligenza che determinano un
punteggio del Quoziente Intellettivo: QI. Ancora oggi, quando ci si
appresta a dare una definizione del ritardo mentale, si tengono in
considerazione i tre approcci - medico, sociale e intellettivo - con i loro
elementi essenziali: limitazioni del funzionamento intellettivo, dei
comportamenti e dell'adattamento ai contesti sociali: è necessario tenere
in considerazione tutti i dati che si hanno a disposizione, utilizzandoli in
maniera integrata. Per codificare e definire il ritardo mentale si ricorre ad
alcuni strumenti a cui si riferisce la comunità scientifica: ICD-10, DSM-5
e il Manuale redatto da AAIDD. L'ICD-10, “Classificazione
internazionale delle malattie e dei problemi sanitari correlati”, esplicita i
sintomi che permettono di diagnosticare in maniera articolata e dettagliata
un disturbo. Nell'ICD-10 sono riportati quattro livelli di gravità del ritardo
mentale:
1. Ritardo mentale lieve
2. Ritardo mentale di media gravita
3. Ritardo mentale grave
4. Ritardo mentale profondo
Prima di affrontare le definizioni di ritardo mentale contenute nei manuali
DSM-5 e AAIDD, è importante sottolineare come in questi ultimi anni sia
andata ad affermarsi la locuzione di “disabilità intellettiva” che ha
gradualmente sostituito quella in uso in precedenza: la nuova espressione,
infatti, è maggiormente appropriata alla terminologia internazionale
utilizzata e rientra in quella più generale di disabilità che è stata analizzata
in precedenza. Il passaggio al termine “disabilità intellettiva” ha posto
5
l'attenzione sull'interazione tra il soggetto e l'ambiente circostante,
partendo dalla convinzione che l'utilizzo di ausili e supporti
individualizzati possano migliorarne le attività. Se, dunque, la condizione
di ritardo viene considerata come un particolare stato del funzionamento
non identificabile con la malattia che l'ha determinato, è possibile
sostenere che, con l'utilizzo di sostegni adeguati, le persone con disabilità
intellettiva possano migliorare il loro “status”. L'accantonamento
dell'utilizzo del termine ritardo mentale è stato anche ufficializzato dal
cambiamento della denominazione dell'American Association on Mental
Retardation (AAMR), che ha assunto quella di American Association on
(AAIDD). Anche all'interno
Intellectual and Developmental Disabilities
del manuale pubblicato dalla AAIDD American Association in Intellectual
(in passato AAMR) è stata formulata la
and Developmental Disabilities
definizione di disabilità intellettiva.
Prima di esplicitarla si ritiene opportuno mettere a fuoco alcuni
presupposti essenziali senza i quali non è possibile applicare la
definizione:
• Gli individui, per essere valutati, devono essere considerati all'interno
degli ambienti comunitari in cui vivono (case, quartieri, città, scuole,
luoghi di lavoro e di svago);
• Le valutazioni dei soggetti presi in esame dovrà considerare le
differenze socioculturali, comunicative e linguistiche degli stessi;
• È necessario tenere in considerazione i punti di forza e di debolezza di
ciascuno; 6
• Quando si analizzano le limitazioni di un soggetto, si devono progettare
anche adeguati sistemi di sostegno che risultano necessari per migliorarne
il funzionamento.
Date queste premesse, è ora possibile riportare la definizione di disabilità
intellettiva così come elaborata dall'AAIDD: si tratta di una “Disabilità
caratterizzata da limitazion