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IMPROVVISATO.

2.1 L’IMPROVVISAZIONE E LA SUA COMPLESSITA’.

Riprendendo quanto detto nell’ultimo paragrafo del Capitolo 1, al di là di

un puro confronto tra due generi musicali, quello che emerge è che il

processo improvvisativo non coinvolge solamente le generiche competenze

cognitive incorporate; non coinvolge solamente le regole e le risorse

musicali messe a disposizione dalla tradizione. Non è nemmeno un

semplicistico appello alla spontaneità (Sparti, 2010). E’ tutto un insieme di

fattori, la cui alchimia non è soggetta a leggi matematiche, il cui risultato

lascia spazio all’imprevedibilità, non solo degli ascoltatori o dei compagni

musicisti, ma un’imprevedibilità anche alle orecchie dello stesso esecutore.

Ma che cos’è prima di tutto l’improvvisazione? Cercheremo di capirlo

con il prezioso contributo delle opere del già citato Davide Sparti. Fino

adesso, è stata chiamata in causa senza una precisa definizione, come se

fosse un concetto implicito. L’improvvisazione non va confusa con la

composizione, in quanto quest’ultima presenta due tempi netti e distinti tra

creazione ed esecuzione (Sparti, 2005), mentre l’improvvisazione è

creazione ed esecuzione al tempo stesso, in un “qui ed ora” irripetibile,

25

(seguendo il principio dell’inseparabilità e dell’estemporaneità, due delle

cinque condizioni e caratteristiche dell’improvvisazione sintetizzate da

Sparti). L’improvvisatore è al tempo stesso compositore ed unico interprete

della propria musica. Inoltre, un brano trascritto nella sua interezza è

perfettamente riproducibile rimanendo perfettamente fedeli alla partitura

originale. Le improvvisazioni non vengono solitamente trascritte - a meno

che per studio non vengano riportate su spartito.

Vengono suonate volta per volta, e in ciascuna occasione

l’improvvisazione non è mai uguale a quella precedente (principio di

originalità) ed è anche in questo modo che si rende manifesto l’effetto

sorpresa di tale pratica. Soprattutto, partendo da questo aspetto, si può dire

come l’originalità includa l’aspetto più emotivo e personale del musicista.

Coltrane era solito ripetere: “suono quello che sento in me e spero che ciò

che sento rappresenti qualcosa per il pubblico” - un’affermazione

applicabile alla totalità dei musicisti, dopotutto.

L’improvvisazione, poi, anche nel caso in cui non suonasse bene o

risultasse poco riuscita, non è cancellabile (principio di irreversibilità).

L’unica possibilità è partire da un determinato punto e proseguire,

continuando a suonare e a migliorare la propria esecuzione. Quel punto

preciso di partenza era stato definito da John Coltrane, in una serie di

interviste e di incontri con Michel Delorme nella prima parte degli anni ’60,

come un punto di non ritorno, dal quale era impossibile tornare indietro.

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Secondo il famoso sassofonista americano, la storia e la carriera di ciascun

artista è marcata da delle fasi - come le sue erano state definite, per esempio,

come fase “basata sugli accordi” (en accords) o “modale” - dalle quali si

può solo progredire. Rimane sempre quell’incertezza che caratterizza un

percorso artistico e performativo personale. Si sa ciò che ci si lascia alle

spalle, ma ciò che verrà affrontato è sempre poco definito - e certamente

lasciato alle imprevedibili emozioni del momento.

Delorme: “Dopo la fase ‘basate su accordi’ e ‘modale’, dice di voler

andare più lontano. A che punto si trova, ora?”.

Coltrane: “Lascio che sia la natura dei miei temi a determinare il modo

in cui suono. Potrà diventare un genere musicale qualsiasi, modale, su

accordi o tonale. Non lo so, al momento”.

Un altro esempio illustre, per quanto riguarda il “guardare avanti” nel

modo di suonare e di improvvisare, è Miles Davis. Nel documentario “The

Miles Davis Story” viene sottolineato come: “Molti dicono che Miles Davis

non guardasse mai indietro, ma in realtà non è vero: lui guardava sempre

indietro, ma si muoveva sempre in avanti, perché chi non guarda mai

indietro è un idiota, dato che la memoria è la base della creatività”.

La memoria gioca un ruolo importante nella musica, poiché il passato, le

esperienze pregresse, danno vita ad una vera e propria storia sonora, che va

a scolpire l’identità sonora del musicista. (Vitali, 2007)

27

L’ultima caratteristica del processo improvvisativo è il principio di

responsività. L’improvvisazione implica un’azione in un brevissimo lasso

di tempo, rispetto alla composizione: essa è fatta di azioni e decisioni

continue nel momento stesso dell’esecuzione. Un musicista, come già

ripetuto, esprime la propria interiorità, ma non solo: risponde, tramite i

suoni del proprio strumento, alle sollecitazioni esterne, alle reazioni che

provengono dai compagni di jam session, ma anche del pubblico, se è

presente e reagisce all’improvvisazione.

Da un punto di vista strettamente tecnico, invece, l’improvvisazione

musicale può essere un’improvvisazione da un punto di vista melodico -

cambiare gli intervalli tra una nota e l’altra, utilizzo dei cromatismi per una

scala ascendente o discendente - da un punto di vista armonico - cercando di

variare la melodia di base, introducendo note che non sono previste, ma che

suonano bene suonate in un accordo - e infine da un punto di vista ritmico -

aumentando o diminuendo la durata delle note, attaccando la propria parte

in levare piuttosto che in battere e viceversa, o molto più semplicemente

accelerare o rallentare il tempo fissato del brano.

Già da questo paragrafo e da questa sintesi delle caratteristiche

dell’improvvisazione, si capisce come la musica - per un attimo ci

riferiremo a qualsiasi musica - da un punto di vista psicologico, coinvolga

molteplici aspetti. 28

2.2 LA MUSICA ARRIVA IN PROFONDITA’.

L’IMPROVVISAZIONE NASCE IN PROFONDITA’.

Quello che forse viene dato per scontato - se non peggio, l’aspetto che

andremo ad esporre non viene neppure considerato, a causa di una sorta di

“maleducazione” giorno dopo giorno sempre più imperante nei confronti di

questa forma d’arte considerata secondaria ed accessoria nell’opinione

comune - è che la musica sia un’attività sociale (North&Hargreaves): la si fa

per se stessi, ma anche per gli altri. La si può ascoltare in qualsiasi

momento, da soli o in compagnia, ma si può partecipare in maniera attiva,

rivestendo un ruolo di co-autore.

La musica coinvolge più sfere: quella cognitiva, quella emozionale e

quella già richiamata in precedenza, ovvero quella sociale. Approfondendo

quest’ultimo aspetto, sempre seguendo le teorie di North&Hargreaves, che

hanno dedicato studi molto approfonditi circa la psicologia della musica, si

capisce come questa coinvolga, nell’individuo, aree come le relazioni

interpersonali, l’umore e l’identità. 29

Charlie Brown: “Questa canzone mi deprime sempre”. “Mi richiama

ricordi così tristi... Capisci?”. “Non ho mai sentito un’altra canzone che mi

deprima come questa...”. “La metteresti su di nuovo?”.

Affrontando brevemente l’aspetto dell’umore, è risaputo che la musica

abbia effetti benefici sullo stato d’animo dell’ascoltatore (benché Charlie

Brown nella vignetta soprastante sia magnificamente masochista, come un

po’ tutti, nell’ascoltare ripetutamente la stessa canzone triste e deprimente).

A prescindere dal genere, numerosi studi hanno dimostrato, tramite anche le

testimonianze di chi ha ascoltato musica e ha tenuto sotto osservazione i

conseguenti effetti, come la musica migliori un umore particolarmente cupo.

Inoltre, quello che risulta essere interessante, è il potere unificante della

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musica: in questo senso, a distinguere i vari tipi di ascoltatori sono perlopiù

i generi musicali, piuttosto che il sesso, l’età e via discorrendo.

Molto importanti per questo lavoro - e non verranno trattate solo in

questo paragrafo - sono gli aspetti che riguardano le relazioni interpersonali.

Richiamiamo in causa il processo improvvisativo: facendo parte di un

linguaggio, ed in un certo senso l’improvvisazione non è altro che una delle

tante modalità d’espressione nel linguaggio musicale, essa si realizza

concretamente nel momento in cui viene comunicata ed esposta agli altri.

Questi altri possono essere i compagni di band, che accolgono la creatività

dell’altro e partono da quell’improvvisazione per creare a loro volta

qualcosa di personale. Si può dire che l’improvvisazione nasca anche e

soprattutto dall’ascolto continuo di ciò che suonano gli altri - e non per

nulla, è proprio nel playing along che nascono nuove idee per costruire

nuove improvvisazioni. Si parte da uno standard ben conosciuto, lo si

ascolta, si prova l’esecuzione più volte e da lì si parte alla ricerca di

qualcosa di nuovo da aggiungere alla struttura del brano. Non si parte mai

da qualcosa di poco noto o non conosciuto da tutti: per imparare ad

improvvisare, bisogna inizialmente stare in una comfort zone condivisa da

tutti i partecipanti. Ed è da questo ascolto e questo esercizio consistente nel

fare musica in gruppo, che accrescono la capacità di ascoltare gli altri, di

suonare con gli altri, di fare musica collettiva e di gestire l’interazione con

un altro strumento (Vitali, 2007). 31

Improvvisando, s’impara a stare assieme - pensiamo anche banalmente

allo “stare assieme” ad un concerto, a prescindere dalla musica jazz.

Supponendo che sia la prima volta che una persona assiste ad un concerto

dal vivo, per abbattere la barriera iniziale tra sé e gli altri non bisogna fare

altro che cercare di interagire con i propri vicini, sia parlando, sia seguendo i

loro comportamenti durante il concerto, sia lasciandosi andare alle emozioni

del momento in maniera soggettiva.

Quindi, un altro aspetto importante per il nostro argomento è tutto ciò

che riguarda l’identità, un argomento molto delicato quanto complesso.

Molto banalmente, partiremo da due delle affermazioni più diffuse per

descrivere se stessi ed il proprio io musicale: “Io sono la musica che

ascolto”. O, in alternativa, riassumendo quanto sostengono i musicisti: “Io

sono

Dettagli
Publisher
A.A. 2012-2013
68 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/07 Musicologia e storia della musica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher BlanketteGirl di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Musicologia e storia della musica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Galimberti Umberto.