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IO?

linguistico

?

1.4.1.Modello del deficit

È il primo, storicamente parlando, ed è quello da cui sono scaturite le

affermazioni di Jespersen e Lakoff di cui si è accennato nel precedente paragrafo.

Questo modello interpretativo sostiene sostanzialmente che il modo di parlare delle

donne è “debole”, connotato da scelte linguistiche powerless. Scrive Otto Jespersen

(cfr. supra) che le donne hanno un lessico deficitario e una sintassi incompleta perché

anche il loro modo di pensare è per natura deficitario. La sua, certo, è una visione

marcatamente deterministica, che Lakoff sì, poi cercò di correggere cambiando la

“giustificazione” di questa debolezza, ma mantenendo lo stesso ritratto. Così la

studiosa sostiene che non è il linguaggio delle donne ad essere per natura debole e

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privo di autorità, ma è la società (sessista) che spinge le donne in ruoli di inferiorità

sociale. Questo status subordinato viene dunque rispecchiato nel linguaggio, il quale

si adegua quindi in scelte linguistiche powerless. Osserviamole una per una.

 Politinness altrui saluta!

Tanto gentile e tanto onesta pare la donna mia quand’ella

cioè la “cortesia linguistica”, perché è

Cominciamo da questo tratto, la politenness,

quella da cui sembrano dipendere la maggior parte delle strategie comunicative

messe in atto dalla donna secondo il modello deficitario.

Potremmo non disdegnare affatto questo tratto linguistico “affibbiato” alla donna dal

modello deficitario. Ed è vero, la cortesia nel linguaggio è certamente positiva perché

serve a ridurre tensioni; anche nelle situazioni in cui si necessita di una

comunicazione più fattuale, puntata sui contenuti, la cortesia è una pratica discorsiva

vincente che può indurre nel nostro interlocutore il favore sulla nostra opinione.

Maschera disaccordi, allinea divergenze. Fin qui tutto a posto.

Ma il problema, “l’intoppo” nasce una volta posta questa domanda: Cosa significa

per l’autrice la cortesia linguistica? Rifacendosi al libro The Japanese Language di

Roy Miller, Lakoff sostiene che la cortesia è storicamente apparsa nella società come

meccanismo forte di controllo sociale sui gruppi subordinati, per rendere evidente la

condizione inferiore di questi, la loro disposizione a cedere e a rinunciare alla lotta.

Alla luce del modello deficitario, pertanto, associare la cortesia al linguaggio

femminile fa slittare questa funzione disciplinante da un piano sociale ad uno

sessuale: esattamente come le classi sociali subordinate anche la donna molto di più

dell’uomo si serve della gentilezza per esprimere la sua inferiorità sociale, o meglio è

gentile perché la sua inferiorità sociale non le permette di manifestare se stessa in

modo più diretto.

Alla luce della politenness le donne tendono a ricorrere a strategie comunicative

attenuative miranti a attutire la propria assertività e quindi ad attirare l’assenso

dell’altro; pertanto scelgono espressioni indirette ed eufemistiche, a volte vuote da un

punto di vista semantico (es: "Suppongo che sia ora di andare" in luogo di "È ora di

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andare" o "Andiamo!); proposizioni interrogative e formule di scuse (es. preferire

"Per favore, puoi chiudere la finestra?" rispetto a "Chiudi la finestra!"); uno stile

dominato da tratti di esitazione e incertezza per evitare di imporre la propria opinione

(ad esempio l’uso di L’uomo al contrario,

tag questions per evitare strong statement).

forte del suo ruolo sociale, è “libero di essere” ed ha come obbiettivo dell’interazione

la chiarezza comunicativa, la trasmissione del contenuto, “cosa” dire piuttosto che il

“come” dire.

Proprio tale tipo di modello conversazionale riconosciuto da Lakoff al parlante-

che quest’ultimo aveva

maschio si rifà alle Massime Conversazionali di Grice (1967)

pensato però come valide per la conversazione in senso ampio, senza cioè distinzione

tra uomo o donna. Spieghiamoci meglio: secondo Grice la buona riuscita di una

conversazione consiste nel riuscire in uno scambio chiaro ed esaustivo dei contenuti.

sta quindi l’aspetto

Al centro della competenza pragmatica del parlante

“informativo” della comunicazione. Quest’aspetto per avere successo deve essere

regolato dal “Principio di Cooperazione”, a sua volta costituito da quattro massime:

Dire solo il necessario; dire solo ciò che è vero; essere pertinente; essere perspicuo

cioè non ambiguo e non oscuro.

Secondo Lakoff le donne non riescono a seguire le massime griceane in quanto

queste presuppongono un livello alto di assertività, di dominio della parola e di se

stesse che queste, per le ragioni già discusse, non possono avere. Pertanto la

linguista, sulla falsariga del Principio di Cooperazione griceiano, elabora (cfr. supra)

un principle of Politiness che consta di tre regole: Formalità: tieni le distanze.

Rispetto: non imporre te stesso. Camarderie: mostra simpatia. Vediamo più nel

dettaglio le diverse strategie comunicative derivate dalla cortesia linguistica.

- Tag questions

La loro funzione è quella di richiedere al proprio interlocutore la conferma se ciò che

si sta sostenendo sia vero o falso. In realtà spesso chi la realizza ha già una

aspettativa ben precisa della risposta che avrà; non avrebbe effettiva necessità di

conferma ma è comunque riluttante ad imporre se stesso. (es. Torni a pranzo, no? Chi

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“Non imporre te stesso”, cita la seconda

parla sa benissimo che la risposta è sì).

regola Lakoffiana, e questo è uno dei modi per farlo.

- Esitazioni

E’ abituale l’ uso nelle donne well , y’ know

di espressioni di vario genere: , kinde

sorta di…

cioè, ed egualmente in italiano, bene, come sai , una o premettere ad una

dichiarazione espressioni quali I guess , I think , oppure I wonder, penso che, vorrei

sapere, che mostrano il parlante insicuro rispetto a quello che va dicendo.

- Strutture di supporto

Servono ad indicare all’interlocutore di rispondere positivamente alle sue

affermazioni ed è anche queste sono viste come espressione di una minore assertività

conversazionale. Ne sono esempio la frequenza di riempitivi del tipo umh, well, like,

you know o di particelle affermative (yeah, right, mm, hmm), (vero, sì, già,)

intercalati nel discorso.

 Il prestigio linguistico

Sono stati William Labov (1966) e Peter Trudgill (1972) a occuparsi del rapporto tra

genere e scelta di varietà. Nei loro studi sulle varianti fonetiche standard presenti in

una comunità britannica notano che le donne tendono a seguire fedelmente la

pronuncia standard e ad attribuire grande valore alla forbitezza linguistica. Questo

interesse è più forte tra le donne non lavoratrici: mancando uno status occupazionale,

aumenta il grado di dipendenza dai simboli di status e quindi accresce la sensibilità

all’importanza simbolica della lingua. I maschi invece sembrano attribuire prestigio

alla rudezza dello slang popolare e tendono di conseguenza a porre resistenza allo

scuola e che viene considerato “femmineo”.

stile forbito che viene loro insegnato a

La ricerca del prestigio sta da ambedue le parti, ma in misura diversa. Trudgill parla

così di due prestigi: il prestigio “aperto” per le donne e il prestigio “nascosto” per gli

uomini. Il primo è quello riconosciuto da tutti i membri di una comunità. Il secondo,

legato alle varietà non standard di una lingua, avrebbe impresso in sé la cultura della

virilità e della solidarietà di gruppo. «In maniera spesso inconscia un gran numero di

parlanti uomini è più interessato ad acquisire un prestigio di tipo nascosto e segnalare

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con esso solidarietà di gruppo, piuttosto che ottenere un certo status sociale.»

(Trudgill 1972:180)

Tutto sommato anche questo lineamento del ritratto linguistico della donna non

sembrerebbe discriminante. Potremmo sbrigativamente concludere: le femmine

sanno parlare bene. I maschi no!

Tuttavia anche qui incontriamo degli intoppi. Prestigio non è potere. Secondo il

modello deficitario le donne attraverso segnalazioni linguistiche di status non fanno

altro che compensare la loro subordinazione. Come la politiness, anche la sensibilità

per il prestigio linguistico è un atteggiamento controllato e conformistico derivato dal

timore di ricevere sanzioni sociali, in questo caso derivanti dall’uso dello stigma. Ciò

dipenderebbe, avverte Labov, dalla scarsa autostima linguistica, la self-confidence

delle donne.

1.4.2. Modello del dominio

Questo modello condivide i presupposti del modello precedente. Infatti mette

in evidenza il processo attraverso cui si arriva al risultato del deficit. L’ipotesi è

difesa dal volume di Dale Spender Man Made Language (1980:143) che afferma che

«i maschi, in quanto gruppo dominante, hanno prodotto il linguaggio, il pensiero e la

realtà». Anche le linguiste Mary Daly e Dorothy Smith rientrano in questa ipotesi:

è “a misura d'uomo”,

hanno sostenuto che la nostra realtà è cioè una società

patriarcale in cui i suoi componenti maschili hanno storicamente ricoperto posizioni

di potere tali da essere capaci di controllare il significato. In tale accezione quindi la

lingua è in sé un microcosmo politico che installa e riproduce le relazioni di potere

predominante. La subordinazione e l'oppressione delle donne è strutturata e

perpetuata attraverso il linguaggio.

Nel suo insieme, il modello del dominio è estremo e per alcuni versi superato se

generalizzato. Tradisce una interpretazione monolitica del linguaggio e del potere

maschile. Tutti gli uomini forse comandano tutte le donne? Focalizzarsi solamente

sul dominio conduce inoltre a disconoscere le differenze di esperienza e di credenze.

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Pur tuttavia esso, mantiene una sua sconfortante attualità se ristretto nelle aree

semantiche legate al sesso (corpo e sessualità) e al mondo del lavoro nelle quali le

relazioni sociali patriarcali influiscono sui due gruppi in modo diverso, privilegiando

gli uomini.

 L’interruzione

Secondo l’ottica del modello del dominio, l’interruzione è uno degli indici linguistici

che più sembra mettere in luce le conseguenze che il comportamento dominante dei

maschi (aggressivo e competitivo) ha sulle strategie linguistiche femminili. Si

ripor

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Publisher
A.A. 2014-2015
80 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/01 Glottologia e linguistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher stefi88 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica generale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Palermo o del prof Longo Michele.