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Badaloni commette un errore fatale: non risponde.
Badaloni: che perciò, bugiardo è stato chiamato dai muri, rimane bugiardo.
Storace vince. La sua volontà, la sua irruenza, il suo istinto, hanno avuto la meglio. Storace lo ha
colpito proprio nel cuore della sua forza: la sua credibilità di un uomo di goverso, di lavoratore.
Fisico, carattere e stile di una marca:
Fisico, carattere, stile – ha teorizzato Seguela – rappresentano l’universo mentale di una marca.
Il fisico è il prodotto. È: cosa fa, di cosa è fatto, cosa dà.
L’importante di un fisico non è tanto quello che è quanto quello che permette. È un verbo.
La prima qualità del fisico di una marca deve essere l’originalità. La sua regola d’oro, la fiducia in
se stesso.
Il carattere di una marca, nella concezine di Seguela, è il suo capitale immaginario.
Perciò il carattere, tanto più è vincente, quanto più è simbolico, anzi archetipico.
Lo stile è il segno formale della ricchezza interiore. Lo stile di una marca è il suo modo di apparire.
Primi segni di riconoscimento di uno stile sono un marchio e un pay-off. Una parola d’ordine cui
uniformale lo stile di comportamento.
Negli anni 80, la marca è una star:
Il prodotto è come una star, ha gridato negli anni 80 Jacques Seguela.
Perché la star vende sogni, e non ha prezzo. Perché la star è immortale. Perché la star seduce.
La copy-strategy con Seguela diventa allora star-strategy. Seguela inventa il “ritratto cinese”, da
costruire insieme al cliente, per cominciare a parlare della marca come una persona. Il “ritratto
cinese” si compone attraverso una serie di domande (Es. Qual è il maggior pregio del prodotto e
qual è il suo maggior difetto? Se fosse un animale, che animale sarebbe? E quale animale non
vorrebbe mai essere? A chi può piacere il nostro prodotto?).
Attraverso le risposte, di riesce a definire il servizio che offre la marca, la persona che è, lo
spettacolo che deve fare.
Una star ha sempre un fisico esigente, onesto, realista, fiducioso in se stesso.
Una star ha sempre un carattere elementare, archetipico, sincero (cioè coerente). 11
Il carattere è intoccabile: niente, a parte una disfatta totale, può metterlo in discussione. Lo stile
invece segue mode e andazzi.
A cavallo del 2000, lo facciamo strano:
Se negli anni 80 e 90 siamo arrivati a maneggiare ordinatamente con disinvoltura una unique selling
proposition non più fattuale ma puramente emozionale, arrivati alla fine degli anni 90 ci ritroviamo
di nuovo con le armi spuntate.
L’informazione è diventata sempre più informazione-spettacolo, informazione-emozione. Siamo a
corto di emozioni. Di ragionamenti, ne abbiamo ancora meno.
Nasce una corrente nuova: è l’ “oddvertising” o gli “psyco ads” e cioè annunci che sembrano creati
da psicopatici.
Flat Eric (1998) è il pupazzo giallo che accompagna un giovane altrettanto misterioso in una serie
fortunata di sport inglesi per i jeans “Levi’s”. Non parlano mai. Il pubblico li adora.
Flat Eric è l’eroe più riuscito dell’oddvertising. Porta avanti un grande esempio di unique selling
proposition assolutamente non comprensibile, eppure efficace.
Con Flat Eric, Levi’s dice basta ai modelli superpatinati e con l’aria superintrigante. Levi’s non si
prende più sul serio. Se sono loro i nuovi eroi, ben lo possono essere anche tutti i ragazzetti
inadeguati.
L’oddvertising che merita d’essere citato è quello che si rivolge a un target in grado di decodificarlo
e di gustarlo.
Il coraggio della differenza. Il caso X.O.:
Per una strategia vincente sono necessari approfondita conoscenza, intuito, intelligenza. E coraggio.
Il coraggio di essere realmente forte e differente sul mercato.
X.O. non esisteva prima che fosse fatto il suo lancio pubblicitario. È nata dopo.
È una birra e il suo nome sta per Extra Old, che in Oriente è sinonimo di ottima qualità.
Inventiamoci una birra finta, e dimostriamo che la pubblicità sul giornale può farne un prodotto di
successo.
Prima di pensare alla campagna, occorre creare un posizionamento. Il mercato andava orientandosi
verso birre più leggere.
Neil French propose di andare contro tutto questo e di creare domanda per un tipo di birra che non
solo non esisteva, ma che soprattutto teoricamente la gente non voleva. Così scrisse un documento
strategico secondo il quale X.O. sarebbe stata una birra scura e molto forte. X.O. è la birra che ti fa
ubriacare più velocemente.
“La birra X.O. è 12% alcool, 100% letale, e la trovate solo nei bar forniti di pavimenti
simpaticamente confortevoli”.
Ogni annuncio chiudeva sempre con la frase: “Take it lying down” (bevila sdraiato, ma anche
prendila con filosofia).
Quando la campagno cominciò a uscire, i gestori di bar furono informati che sarebbero stati riforniti
di questa birra.
La richiesta ci fu, eccome. Fino a creare piccole sommosse nei bar che non potevano (naturalmente)
servirla.
Infine, fu anche prodotta in piccole quantità una birra X.O:, venduta in un solo bar di Singapore.
Il consumatore non è un computer:
Per avere una comunicazione veramente efficace, entra in gioco ogni volta quello che si chiama
talento creativo.
Mai come in questo caso il talento è una questione di amore. Di amore per il prodotto.
Capitolo sesto : La riduzione:
Facciamo un test: 12
C’è un mezzo che è un ottimo test per vedere se un’idea è un’idea: la pubblicità esterna.
Un annuncio in genere è fatto di 4 elementi: il titolo, l’immagine, il testo, il marchio. Se riusciamo a
fare un annuncio efficace usando solo uno di questi 4 elementi, allora sì che abbiamo tra le mani
un’idea. Se possiamo usarne solo due, andiamo ancora bene. Tre, e non c’è male. Ma se non
riusciamo ad andare sotto 4, è meglio che ci facciamo venire il dubbio che l’idea non sia forte
abbastanza.
La pubblicità esterna è appunto il mezzo della riduzione.
A tu per tu con la gente:
La pubblicità esterna è un mezzo meraviglioso che permette di parlare a tu per tu con la gente. È il
mezzo che fa parte dell’arredo urbano.
“Il 2 settembre mi leverò il reggiseno”. Il 2 settembre, al posto di quel manifesto: la ragazza era
sempre la stessa, ma non aveva più il reggiseno e prometteva: “Il 4 settembre mi leverò lo slip”. Il 4
settembre la ragazza s’era tolta anche lo slip. Era di spalle. “I manifesti mantengono sempre le
promesse”.
Un’affissione può essere solo un copy come nel caso della campagna per il settimanale
“Economist”.
Un’affissione può interagire con il suo ambiente. “Stanco di questo cielo?”, con una freccia che
indicava verso l’alto.
Un’affissione può interagire persino con altre affissioni. Il manifesto di un bambino che reclama di
morire di fame, in Brasile, è stato affisso solo accanto ad altri manifesti che pubblicizzano marche
di merendine (2000).
L’affissione può sfruttare così bene l’ambiente circostante, da non avere neanche più bisogno di dire
niente (es. Jeans mimetici Wrangler pubblicizzati al margine di parchi o di boschi, su cartelloni sui
quali era stata ritagliata la loro sagoma).
Un’idea è un’idea:
La pubblicità esterna può essere un piccolo evento.
Come l’immagine di una donna che si sta facendo la doccia, sorprendentemente fotocopiata, come
un’ombra in trasparenza, sulla tenda della doccia di uno spogliatorio maschile: per pubblicizzare
un’ottima fotocopiatrice.
Oppure il cane che passeggia per le vie della città con il collare legato a un guinzaglio che si tiene
da solo in posizione alta e rigida: per pubblicizzare la serie dell’Uomo Invisibile.
Un’agenzia di pubblicità american, nel 2000, per farsi notare da un potenziale cliente, ha affidato il
suo messaggio all’impresa di pulizie che pulisce i vetri del grattacielo dove ha sede l’agenzia.
“Bussare alla tua porta sarebbe stato troppo ovvio”.
Un deodorante si è pubblicizzato sulle maniglie degli autobus. Ha scritto: “Se potete alzare il
braccio, sicuramente usate il nostro deodorante”.
Capitolo settimo : La capriola:
In principio fu il verbo:
Se la pubblicità esterna è il mezzo della limpidezza, la televisione invece è una bella capriola. È
veramente la fantasia al potere. Ci sono cose inatti che è troppo stupido o troppo fuori di testa
mettere sulla stampa: ma in televisione funzionano.
La televisione è una visione. Che a volte è una storia a volte no.
Ma a monte della visione, se c’è pensiero, allora c’è verbalizzazione.
Dunque, in principio è il verbo.
Il verbo diventa visione:
Una festa per bambini. Gli animatori hanno ognuno una maglietta con sopra il nome di un mese.
Sono tutti sorridenti e gentili. Ma arriva Ottobre e con i suoi modi un po’ folli crea lo scompiglio.
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Perché “Ottobre è differente”. Infatti una certa stazione televisiva avrà in quel mese una
programmazione molto speciale.
Un paesaggio da parco nazionale americano. Un enorme orso ha pescato un salmone. Ed ecco un
uomo correre verso di lui, deciso a strapparglielo. I due ingaggiano una lotta. L’orso usa le arti
marziali, ma l’uomo vince menando un colpo basso. “John West affronta il peggio per darvi il
meglio”.
Quasi sempre la visione è una dimostrazione:
Un uomo sui 40, corporatura alta e robusta. È mattina presto, l’uomo si rade la barba con un rasoio
Bic. Prima di uscire di casa, va a dare un bacio alla sua bimbetta ancora addormentata. E la bimba
“Bye mummy”.
Negozio di abbigliamento sportivo. Un ragazzo sta per provarsi un costume. Ma come lo infila, gli
manca l’aria. Corre fuori dal camerino, finchè arriva al porto della città, lì si tuffa. “Arena, water
istinct”.
Uno skinhead cammina su un marciapiede. Di colpo, corre verso un uomo di mezza età. Gli salta
addosso. La scena viene rivista da un altro angolo. Un’impalcatura sta per cadere addosso all’uomo.
Ecco come ti informa “The Guardian”: il giornale che ti fa vedere le cose nella prospettiva più
completa (1986).
La dimostrazione è il procedimento classico per illustrare onestamente al pubblico le qualità del tuo
prodotto.
Siccome sono film e non realt