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ASPETTI EMPIRICI
dell’archetipo
2.1. La sponda empirico-sperimentale
Alcune ricerche hanno cercato di approfondire la dimensione empirica dell'archetipo.
Tuttavia, non una di queste che presenteremo può dirsi certa di aver “provato”
definitivamente alcunché; al contrario si può supporre che i dati conseguiti
suggeriscano l'esistenza, sotto forma di tendenza, di un inconscio archetipico,
una sorta di “serbatoio semantico” di cui l’uomo vive senza
universale e collettivo;
alcuna consapevolezza nei sogni, nelle produzioni artistiche, nella sofferenza e nella
vita tutta.
2.2. Simboli e ricerca empirica
La distinzione operata da Jung tra segno e simbolo, fa di quest'ultimo, lo ricordiamo,
l'inesprimibile altrimenti, la migliore espressione figurata, percepibile alla coscienza,
di un senso inconscio e sommerso. Le ricerche empiriche che presenteremo si basano
tutte sull'archivio ARAS (Archive for Research in Archetipal Symbolism ), che
consiste in una collezione di circa 17.000 rappresentazioni, raccolte in ottant'anni di
ricerca, all'interno delle quali si sono potuti rintracciare i riferimenti archetipici nella
trama simbolica delle immagini. Immagini mitologiche, rituali, le quali provengono
da tutto il mondo e da tutte le epoche della storia. Questa raccolta ha fatto suo
l'incredibile compito di indagare sull'universalità dei temi archetipici cercando di
testimoniare l'esistenza di connessioni tra ambiti e tempi i più disparati del genere
umano.
La prima ricerca che descriveremo, tratta dal numero 36 del Journal of Analytical
Psychology del 1991, è stata realizzata da D. H. Rosen, S. M. Smith, H. L. Huston,
“
G. Gonzalez del college Station del Texas, dal titolo : Empirical Study of
associations between symbols and their meanings: evidence of collective
memory”.
unconscious (archetypal) 39
Gli autori partono dall'assunzione junghiana dell'inconscio collettivo, trascendente
l'individualità storica e personale, contenente archetipi, descritti come antichi motivi
e predisposizioni a modelli di comportamento che si manifestano simbolicamente
sotto forma figurativa nei sogni, nell'arte o in altre forme culturali. Il simbolo è
riconosciuto nella sua qualità archetipica e transculturale dalla natura trascendente le
specificità spaziali e temporali di una definita realtà culturale, nella quale il simbolo
emerge, e dal fatto che la dimensione semantica-tematica che ne rappresenta il
nucleo può essere riconosciuta in altri tempi e in altri luoghi. La ricerca si spinge a
dedurre che associata all'inconscio collettivo possa essere una memoria archetipica
che ritrovi le proprie basi nella biologia, frutto di un parallelismo evolutivo tra psiche
e organismo fisico.
L'articolo passa in breve rassegna gli avvenimenti e le ricerche che Jung cita a
sostegno dell'ipotesi archetipica, e in questo frangente si utilizza il termine "To
cioè come suggerisce la stessa assonanza con l'identico verbo italiano:
prove”,
provare, dimostrare. Ma alla luce (o forse, chi lo sa, ancora al crepuscolo!) Di quanto
sopra affermato, dire che Jung intendesse "provare" l'esistenza degli archetipi, è
esercitare una forzatura alle sue volontà e convinzioni che, sebbene spesso altalenanti
meno nella risposta contenuta nell’ultima
e ben poco lineari, erano chiare quanto
intervista da lui rilasciata. Si passa in rassegna il tema del nucleo archetipico che
faceva parte della seconda revisione teorica riguardante l'ipotesi dei complessi, poi il
delirio dello psicotico che riprendeva, secondo Jung, il tema di uno specifico rito
mitraico e infine le frequenti argomentazioni junghiane relative alle similarità dei
miti e dei simboli tra disparate culture che non hanno mai avuto la possibilità di
alcun contatto tra loro. Si riporta, inoltre, la descrizione dell'antico simbolo del
serpente, ampiamente diffuso e conosciuto. In esso l'idea della trasformazione e del
rinnovamento: il dio Hermes con il caduceo e i due serpenti attorcigliati, simbolo
della professione medica e associato quindi all'idea della guarigione.
La ricerca, nello specifico, ha voluto testare empiricamente l'esistenza e inoltre la
consistenza della relazione tra specifici simboli archetipici e i significati attribuiti a
tali simboli. Ipotizzando l’esistenza di una memoria archetipica, si avanza l’ipotesi di
una analogia con la memoria semantica, per la sua dimensione astratta e per
l’assenza in essa di riferimenti autobiografici. Un piccolo appunto già fattibile è che,
40
mentre la memoria semantica è frutto dell’ontogenesi, la memoria archetipica è data
come universale e ereditaria. Ma procediamo oltre.
Il metodo scelto per affrontare la ricerca, si richiama alle metodologie della
psicologia cognitiva e per la precisione quelle che si servono di liste di elementi da
apprendere. Uno stimolo presentato al soggetto deve essere appreso e in seguito è
testato il ricordo dello stesso. Una variante è rappresentata dal ricordo facilitato
attraverso uno stimolo associato a quello da ricordare: due stimoli sono presentati in
coppia e il test è eseguito fornendo al soggetto uno dei due membri della coppia,
perché questo facilita il ricordo dell’altro membro. È
semanticamente relato all’altro,
quindi ovvio che la prestazione in tali tipi di compiti dipende fortemente dalla
conoscenza semantica pregressa. Il terzo esperimento di questa ricerca, ritiene che le
immagini raffiguranti i simboli archetipici dovrebbero essere (è questo è quanto
intende dimostrare) associate con i loro rispettivi significati, anche quando queste
associazioni non apparissero come palesemente ovvie. Per far questo ci si serve di
uno strumento, denominato ASI (Archetipal Symbol Inventory), sviluppato da
Rosen, Smith, and Gonzalez, che consiste di 40 simboli e di 40 significati archetipici
associati a essi, realizzato in collaborazione con Harry Prochaska e la sua assistente,
all’ARAS di San Francisco. L’ASI è una
Katharine von Fischer, appartenenti
collezione di 40 simboli ed è stata sviluppata da un gruppo originale di 80-100 items
raccolti da tre testi di simboli. Da questo gruppo originale sono stati estratti 40
simboli che si sono ritenuti i meno culturalmente condizionati e al contrario i più
transculturali e quindi archetipici. A questi è stato successivamente assegnato il
migliore significato archetipico attraverso un processo sperimentale di accordo
intersoggettivo. Alcuni di questi simboli sono piuttosto comuni e altri meno. Sono
stati immessi nella lista alcuni simboli minimamente cultura-relati come, per fare un
esempio, una mela, che può riferirsi anche a un'azienda mondiale di computer, con lo
scopo di verificare se questi fossero stati ricordati più facilmente di quelli non
culturalmente relati, un esempio su tutti, l'uroboros. L'immagine sotto è
un'esemplificazione di alcuni dei 40 simboli e relativi significati archetipici utilizzati
nella ricerca. 41
Questa ricerca è stata suddivisa in tre studi principali. Il primo esperimento non era
altro che un test di libera associazione di simboli, il secondo un test di
accoppiamento simbolo-significato: questi due avevano lo scopo di chiarire la
possibilità che vi fosse una conoscenza conscia degli items e quindi influenze di
natura culturale negli ASI. In tal caso alcuni simboli potrebbero essere più facilmente
richiamati perché culturalmente conosciuti e non perché archetipici. La questione
non è di facile soluzione in quanto, come sappiamo, l'inconscio collettivo costella la
cultura, e così i suoi artefatti. Di conseguenza i primi due studi hanno avuto
l'obiettivo di osservare il grado attraverso il quale i significati di questi simboli
possono essere conosciuti consapevolmente, assumendo che i partecipanti avrebbero
riconosciuto con più facilità quei simboli che hanno un senso nella loro cultura di
appartenenza, e l'esito contrario per quei simboli non appartenenti al loro background
culturale.
2.3. Primo esperimento
Come già affermato, in questo primo studio si è voluto verificare la presenza di una
conoscenza pregressa e cultura-dipendente dei significati simbolici. In questa prima
condizione sperimentale, ai 29 soggetti erano presentati 40 simboli ed erano dati 20
secondi per descrivere il miglior significato simbolico che essi ritenevano più
appropriato per ciascuna immagine. Le risposte erano classificate in tre modi. Una
risposta poteva essere specificamente corretta, quando il significato attribuito
dall'individuo corrispondeva perfettamente a quello contemplato negli ASI.
Altrimenti, una risposta poteva indicare un significato similare a quello contemplato
negli ASI. Come terza possibilità, la risposta era semplicemente sbagliata. I soggetti
erano in tutto 29 e su 1160 possibili risposte corrette, solo 12, ovvero l'uno percento
sul totale è risultato specificamente corretto.
42
Questo suggeriva chiaramente che i soggetti avevano una minima se non nulla
conoscenza conscia di ciò che i simboli significassero.
2.4. Secondo esperimento
In questo secondo studio a 29 nuovi soggetti (studenti di psicologia) si assegnava una
lista di 80 parole e un modulo nel quale i simboli erano rappresentati. Mentre 40
parole corrispondevano al significato autentico delle immagini, altre 40 benché
similari non corrispondevano. Ai soggetti era quindi richiesto di scegliere il miglior
significato simbolico per ciascuna immagine. Su 1160 possibili risposte, erano
corrette solo il 6,5 percento sul totale. Su 40 simboli, 21 di questi (52,5 percento) ha
ricevuto almeno una risposta corretta. Di tre simboli (le scale, il fulmine, l'arca) il
primo, cioè le scale, è stato quello riconosciuto più correttamente di tutti, con il
significato simbolico di “ascesa” (41 percento dei soggetti). Elaborazioni statistiche
successive hanno confermato gli esiti del primo esperimento, ovvero che i soggetti
non avevano una conoscenza pregressa dei simboli.
2.5. Terzo esperimento: lo studio principale
La ricerca sostiene che l'esistenza di un inconscio collettivo, che rende ipotizzabile
una memoria archetipica, al pari della memoria semantica, dovrebbe incrementare
l'apprendimento e il ricordo di simboli archetipici correttamente associati con i loro
significati. Al contrario, le parole-significato archetipiche potrebbero essere
richiamate ugualmente bene se suggerite da simboli archetipici correttamente e non
correttamente abbinati con i loro sensi archetipici. In questo studio si sono utilizzati
235 studenti di psicologia che non avevano