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ROPE
Figura 2-5 Sistema drum-buffer-rope.
Anche se ad un primo sguardo il concetto di flusso può sembrare secondario, è
in realtà il fine ultimo anche di tale metodologia. Infatti, se il vincolo viene
alimentato continuativamente, il flusso non è mai impedito e le scadenze saranno
più agevolmente rispettate. Allo stesso modo, il fatto di evitare una
sovrapproduzione da parte delle risorse a monte del buffer concorre a ridurre il
materiale in eccesso lungo il processo produttivo e quindi ad ottenere un più
rapido attraversamento del processo stesso.
Un altro importante contributo di Goldratt è dato dalla proposta di un nuovo
approccio per la misurazione delle performance aziendali che prende il nome di
throughput accounting, in opposizione al tradizionale cost accounting
45
largamente diffuso. Dougdale e Jones (1998) spiegano come secondo Goldratt
il margine di contribuzione dei prodotti non sia un buon indicatore per
determinare la redditività di un business, in quanto l’ossessione per la riduzione
dei costi unitari porta ad un maggiore focus sulle performance locali di ciascuna
area dell’impresa a discapito delle prestazioni globali. Ciò che conta davvero è
K. J. Watson, J. H. Blackstone, S. C. Gardiner, The Evolution of a Management Philosophy:
44
The Theory of Constraints. Journal of Operations Management, 2007.
D. Dugdale, T. C. Jones, Throughput Accounting: Transforming Practices? British
45
Accounting Review, 1998. 36
la velocità con cui l’azienda guadagna, e tale velocità è direttamente legata allo
sfruttamento dei colli di bottiglia. Questo modo di pensare secondo cui la
minimizzazione dei costi unitari è in realtà un ostacolo alla produttività trova
ampio spazio anche nella metodologia DDMRP.
2.5. La forza del disaccoppiamento
L’ultimo pilastro del DDMRP rappresentato in Figura 2-1 è l’innovazione, un
concetto ampio che nella metodologia in questione è declinato sotto vari punti
di vista. Innanzitutto, l’innovazione sta nel prendere alcuni dei tratti fondanti di
metodi ed approcci già ampiamente utilizzati nel mondo industriale, analizzarne
le potenzialità all’interno del contesto contemporaneo e farli convivere per dar
vita ad un nuovo modello di pianificazione che possa rispondere alle esigenze
attuali. Ciò che rende possibile questa combinazione di principi a volte anche
radicalmente discordanti tra loro è il concetto di disaccoppiamento. Non si tratta
certo di una novità nel mondo industriale, ma l’innovazione è data dal modo in
cui tale concetto viene utilizzato e messo in pratica. Per comprendere questa
innovazione è necessario fare un passo indietro e tornare alla logica di
funzionamento dell’MRP. Nel primo capitolo è stato ampiamente delineato
l’aspetto che ne ha permesso una così larga diffusione in breve tempo, ovvero la
sincronizzazione idealmente perfetta delle reti di fornitura attraverso il calcolo
dei fabbisogni dei componenti necessari alla realizzazione di un prodotto finito.
L’esplosione dei fabbisogni avviene direttamente a partire dalla domanda di
mercato, e tutti gli ordini di produzione sono allocati ad uno specifico fabbisogno
finale. La potenza di questo approccio sta nella velocità con cui vengono
calcolate quantità richieste e date di versamento, velocità che risulta di
importanza crescente con l’aumentare della complessità delle strutture di
prodotto. La logica di calcolo dell’MRP porta tuttavia alla nascita delle
problematiche descritte, su tutte nervosismo ed effetto frusta, che sono tanto più
impattanti quanto più numerose sono le interconnessioni calcolate. Sembra
quindi evidente che la soluzione non possa essere data da una ancor maggiore
37
efficienza di calcolo. Ciò che serve è una rivalutazione della struttura di base del
metodo, ed è proprio in quest’ottica che si colloca il concetto di
disaccoppiamento, che ha come obiettivo quello di limitare il numero di
connessioni interdipendenti date in input all’MRP. Il dizionario APICS definisce
il disaccoppiamento come la creazione di indipendenza tra fornitura e utilizzo
del materiale, solitamente attraverso l’utilizzo di scorte (buffer) che permettano
che variazioni di produttività dell’operazione a monte non vincolino l’utilizzo
46
dell’operazione a valle. Ptak e Smith (2018) , ideatori del DDMRP, spiegano il
disaccoppiamento tramite la metafora delle barriere ignifughe, che isolano gli
eventi che avvengono da un lato da ciò che succede dall’altro. Inoltre,
chiariscono come il disaccoppiamento sia una soluzione bidirezionale, così come
è bidirezionale il problema che si vuole combattere, ovvero l’effetto frusta.
Infatti, disaccoppiando due operazioni si blocca la propagazione della variabilità
sia in entrata sia in uscita. La dimensione dei buffer sarà commisurata al livello
di protezione che si vuole garantire. È importante notare come il
disaccoppiamento non elimini la variabilità a livello locale, bensì ne stoppi la
diffusione e l’amplificazione lungo la supply chain.
Già nella metodologia lean descritta in precedenza è presente il concetto di
disaccoppiamento: utilizzando la logica del kanban, la lean si propone di
disaccoppiare tra loro tutte le operazioni innescando la produzione solo quando
la fase direttamente successiva lo richiede. Questo approccio è diametralmente
opposto a quello adottato dall’MRP, che sincronizzando tutte le fasi produttive
non presenta alcun punto di disaccoppiamento. Nella teoria dei vincoli il buffer
funge da punto di disaccoppiamento, ma con l’obiettivo di garantire una costante
alimentazione del collo di bottiglia e non quello di bloccare la trasmissione della
variabilità a livello di sistema. L’innovazione del DDMRP sta nell’unione di
questi 3 approcci: l’idea di base è quella di posizionare dei punti di
disaccoppiamento in punti strategici, rendendo tra loro indipendenti le fasi
separate da buffer ma mantenendo la logica dell’MRP tra un buffer e l’altro. Ptak
e Smith spiegano come in tal modo si possa garantire una continua alimentazione
alle fasi che consumano il buffer, fornendo contemporaneamente un segnale di
Ibid
46 38
domanda più corretto e più stabile alle fasi che lo riforniscono, grazie alla
possibilità di aggregare la domanda. È fondamentale sottolineare come lo stock
presente in questi magazzini non debba mai essere portato a zero, pena la perdita
della funzione di disaccoppiamento. La localizzazione dei buffer è una decisione
strategica molto rilevante che verrà discussa nel capitolo seguente.
Se il buffer è dimensionato correttamente, garantirà la disponibilità di
semilavorati alla fase direttamente successiva. Ciò ha immediate ripercussioni
sul lead time visto dal cliente finale in quanto l’esplosione dei fabbisogni si
fermerà laddove si incontra un buffer. In altre parole, si creano orizzonti di
pianificazione molto più brevi e totalmente indipendenti tra loro, come mostrato
dalle linee tratteggiate in Figura 2-6. La lunghezza di questi orizzonti sarà data
dalla più lunga sequenza temporale presente tra due buffer.
Figura 2-6 Orizzonti di pianificazione in presenza di buffer (Ptak e Smith, 2016)
47
Ibid
47 39
Un’implicazione della riduzione degli orizzonti di pianificazioni sta nel fatto che
se il punto di disaccoppiamento è all’interno dell’orizzonte di visibilità degli
ordini dei clienti, come nel caso della Figura 2-6, sarà possibile dare in input al
sistema soltanto la domanda reale. In questo modo uno dei principali problemi
dell’MRP viene eliminato alla radice: la pianificazione della produzione avverrà
non più in base a dei forecast che, pur essendo sviluppati con sofisticati software
sempre più complessi e articolati, sono errati per definizione, ma in base alla
domanda effettiva data dagli ordini dei clienti. Questa maggiore accuratezza del
segnale di domanda si ripercuote poi su tutta la struttura di prodotto in quanto le
oscillazioni che causano il nervosismo dell’MRP saranno di frequenza e di
ampiezza minore, oltre a essere stoppate tramite i punti di disaccoppiamento.
Un’altra importante implicazione dell’uso dei punti di disaccoppiamento è
visibile a livello di distinta base del prodotto finito. Ptak e Smith parlano a tal
proposito di decoupled explosion: l’esplosione dei fabbisogni dipendenti è
stoppata ogni qualvolta si incontra un buffer di disaccoppiamento. Ciò è
possibile grazie al fatto che il buffer garantisce la disponibilità dei semilavorati.
Sarà poi il buffer stesso il punto di partenza di un’ulteriore esplosione di
fabbisogni necessari a mantenere il livello di protezione desiderato, ma tali
fabbisogni saranno indipendenti da quelli dei livelli superiori e si verificheranno
soltanto quando la giacenza scenderà al di sotto di una soglia di controllo
determinata tramite un’equazione chiamata net flow equation, equazione di
flusso netto. Tale equazione è il fulcro del meccanismo di generazione degli
ordini di produzione e di acquisto e verrà dettagliata nel prossimo capitolo. La
differenza tra la tradizionale esplosione di distinta base utilizzata nell’MRP e
l’esplosione disaccoppiata è illustrata in Figura 2-7: è molto importante notare
come tra un buffer e l’altro la logica dell’MRP rimanga esattamente la stessa. Il
concetto di esplosione disaccoppiata è un’altra sostanziale innovazione del
DDMRP.
Per determinare se un buffer di disaccoppiamento sia efficace e svolga la
funzione per la quale viene utilizzato, Ptak e Smith hanno identificato sei criteri
di successo. Per evitare di creare fraintendimenti dovuti a traduzioni imprecise i
nomi dei criteri sono riportati in lingua inglese.
40
Figura 2-7 Distinta base tradizionale vs. esplosione disaccoppiata (Ptak e Smith, 2016)
1- Decoupling test. Un punto di disaccoppiamento blocca il trasferimento e
l’amplificazione della variabilità sia della domanda che delle forniture,
ed elimina la completa dipendenza temporale nella creazione degli ordini
grazie all’esplosione disaccoppiata.
2- Bidirectional benefit test. I benefici del disaccoppiamento devono essere
tangibili sia per le attività che alimentano il buffer, in termini di segnali
di domanda più stabili e realistici, sia per le attività che lo consumano,
grazie alla disponibilità immediata di materiale.
3- Order independence test. Il materiale in giacenza all’in