Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Scarica il documento per vederlo tutto.
vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
Capitolo IV: La Quarta Via
4.1. Universo frattale. La quarta dimensione
Tutto ciò che abbiamo in possesso sono le energie, che si manifestano sotto forma di legami; legami con la natura, con le persone, con le credenze. Legami che si traducono in dipendenze che derivano inevitabilmente dagli attacchi che abbiamo creato tramite l'impiego di energie. Staccarsi da questi significa non dipendere da niente e da nessuno. Non più preghiere la sera né mancanze e rimorsi e nostalgie. Non c'è amore né odio. Solo un insondabile vuoto. È morta la volontà. Non c'è nulla di più elevato a cui l'uomo possa aspirare, nessuna vetta più alta a cui anelare. Siamo nati per addizione energetica, cosa accade quando leviamo a questa la sua esponenziale e infinita carica vibrazionale? Quando l'io smette di essere io perché comprende che quell'io non è mai esistito se non dal frutto dei legami, ancore.
delloscheletro? La natura fenomenica dell'universo appare accidentale e caotica. In realtà, la complessità non è altro che la reiterazione su scale minori di un principio semplice, seppure al suo interno non necessariamente omogeneo. L'uomo consapevole del suo attimo avrà coscienza dell'accidentalità nella misura in cui si fa promotore della sua stessa creazione. Diamo vita tramite il pensiero ad alterazioni infinite, concatenando di fatto queste alla inesauribile trama di associazioni cromatiche di cui è intessuta la pergamena dello spazio-tempo di cui siamo fruitori e creatori. Il caso non è altro che mancanza di consapevolezza della sua intrinseca causalità e per questo risulta casuale l'effetto. Per frattale s'intende quindi il reiterarsi all'infinito di uno stesso motivo su scala sempre più ridotta. Come per l'universo frattale, esteriormente caotico e insensato, così l'uomo.non consapevole del posto che occupa, attribuisce alla sua vita caratteri casuali e indeterminati. L'uomo che perviene a sé, il persuaso michelstaedteriano, si fa promotore della sua stessa creazione. Non solo è consapevole del posto che occupa, ma penetrando all'interno di un'unità frattale, legge il tempo al di fuori del tempo: ciascuna unità è la reiterazione della propria volontà. Chi vive seguendo la società, i pesi, e non se stesso, non sa di creare da sé il destino attraverso il volere, e cieco di bramare sempre qualcosa di diverso, non vede, non vi è ragione in ciò che fa, aspetta che sia la vita a decidere per lui. Egli ha solo finalità e nessuna ragione che lo spinge a desiderare: se la avesse, una volta raggiunta la meta, gli basterebbe. Invece mai gli basta, perché tutto gli manca. Tiene in piedi la sua vita cercando conforto in relazioni stabili, vestiti imborghesiti e titoli meritocratici,
lauree, concorsi e lavori disparati. È privato del dono dellavista. E infatti, nonostante la relazione, il lavoro, gli studi, cerca altro.Metafora, quella dell’universo frattale, della quale mi servo per spiegaresotto un altro punto di vista quel senso di disfacimento identitario in“Nomen est numen: il nome frattale deriva dall’aggettivo latino fractus o dal verbo frangere84che vuole dire rompere, per creare dei pezzi, dei frammenti irregolari e contorti”, S. P. Ratti,Introduzione ai frattali in fisica, Springer Milan, 2011, p.16.65Michelstaedter -unica costante, forse, nella sua vita.In una lettera indirizzata a Gaetano Chiavacci del 4 agosto 1908,leggiamo:“Il tormento interrotto delle intenzioni passate e del lavoro futuro, delleaspirazioni diverse e insoddisfatte; la coscienza della mia nullità in questomondo che vive sia d’azioni che di pensiero, che d’arte; della mia vita che sidissolve in una prospettiva di che? Nella
illusione di un formarsi progressivo che non esiste, di un accumulare che non avviene - o avviene come quello della sabbia che l'onda porta e poi disperde" 85
Colui che sa e riesce a vedere il proprio destino è andato oltre le esperienze tridimensionali con cui siamo soliti rapportarci, facendo un foro nella quarta dimensione: quella della consapevolezza del nulla.
Analogamente, nella filosofia mistica orientale la compiutezza dell'essere assoluto è conseguenza della riduzione degli opposti all'unità primigenia in cui erano una cosa sola, quella sintesi completa antecedente alla scissione. Qui risiederebbe la perfezione, nel tutto cosmologico che vede negli archetipi l'origine dell'incontro delle energie universali: liberazione dell'essere dall'esistenza." 87
C. Michelstaedter, Epistolario, cit., p.336.
85 "Nello spazio-tempo, tutto ciò che per ciascuno di noi costituisce il passato, il presente e il futuro"
è dato in blocco... Ciascun osservatore col passare del suo tempo scopre, per così dire,nuove porzioni dello spazio-tempo, che gli appaiono come aspetti successivi del mondomateriale, sebbene in realtà l'insieme degli eventi che costituiscono lo spazio-tempo esistessegià prima di essere conosciuto», Ivi, p. 211.
«Per il buddhismo tibetano riveste una centrale importanza la “suprema perfezione”, ossia87lo stato primordiale delle cose (Atiyōga) chiamata rdzogs chen in tibetano, e che rappresentaanche il veicolo definitivo della liberazione», Federico Divino, L’archetipo di Brahmā, «Lalinguistica archetipica nella comprensione della schizofrenia», p. 50.66
Ma il moto che fa tendere alla Persuasione michelstaedteriana non èascetico né trascendente, l’essere non si libera volando nei cieli divini nelmodo agostiniano-cristiano, schopenhaueriano o buddista: non sorpassanessun limite
Dell'esistenza per varcare le soglie dell'Assoluto. Il movimento è, anzi, diametralmente opposto, spinge nelle viscere della madre terra dove risiede il nucleo dell'individualità, quello stato iniziale di ogni moto dello spirito, coperto da strati su strati di menzogne o inutili retoriche. Se nella filosofia buddista l'obiettivo è ricongiungersi al tutto, annullando completamente ogni matrice individualistica, in Michelstaedter la Persuasione risiede esattamente nel compimento dell'individuo, che viene fatto coincidere con lo spirito divino. "Tempo, spazio e causalità sono la lente attraverso la quale si vede l'Assoluto [...] Nell'Assoluto in se stesso non ci sono né tempo, né spazio, né causalità". La visione di Carlo Michelstaedter in rapporto a una filosofia della vita, sembra porgere lo sguardo al nulla in quanto disvelamento dell'essere, tramite il suo estraniamento.
non soloprendendo le distanze da una filosofia di matrice buddista, masuperandone i paradigmi di affermazione e negazione.Riportando le parole di filosofo italiano, Giuseppe Rensi, cito:Inoltre in queste interpretazioni viene in luce la pura mitologia sulla quale illato speculativo del Buddismo si regge. Perché in ogni morte di persona umananoi vediamo la fiamma-io spegnersi. Ritenere che una nuova fiamma che siaccende sia la prosecuzione di quei processi di combustione che abbiamo vistospegnersi, è altrettanto arbitrario e fantastico il pensare che la fiamma cheaccendo stasera su questa candela sia la continuazione di quella che ho accesoFritjof Capra, Il Tao della fisica, Adelphi, Milano, 1989, p. 213.88 67ieri sera su di un’altra candela…Infine l’interpretazione in discorso mette capoal non senso più palese. […] Il nulla conquistato faticosamente mediantel’ascesi più aspra, questo lo stridente non senso e l’ironiache sta a base del Buddismo. Esso dice: sacrificati, rinnega te stesso, annienta ogni tuo desiderio, estirpa la sete del vivere, perché così otterrai la beatitudine, l'uscita dal dolore con l'estinzione. Tu sei immortale nel nulla. Diventa perfetto e santo e allora riuscirai a morire. Quasiché il semplice fatto della morte non mostrasse visibilmente che a ognuno senza bisogno di essere santo e perfetto questa beatitudine dell'estinzione è compartita. 89 Trova l'unione con la natura, la sintesi degli opposti, penetrando in quell'Io al di là dell'Io (velo di Maya): il naufragio dell'essere dentro l'essere, non dalla privazione di questo. La fiamma di Michelstaedter, a differenza di quella buddista, non si spegne: "La lampada si spegne per mancanza d'olio Io mi spensi per traboccante sovrabbondanza". 90 Se, come abbiamo affermato nell'incipit di questo capitolo, è casuale ciò cheappare privo di caso (e così si adagia la vita di chi inconsapevolmente vive la propria esistenza), è padrone del caso chi, nel nulla dell'infinita dissoluzione e negazione, trova il senso in un punto infinito, eternamente persuaso.
G. Rensi, La filosofia dell'assurdo, Adelphi, Milano 1991, p. 148.
89 Sergio Campailla, Un'eterna giovinezza. p. 284.
90 684.2. Sogni. Specchio dell'essere
"Poiché è l'unica condizione di cui ogni forma di vita deve tenere conto, la morte è l'unico a priori umano. La vita matura, si evolve e ha come meta la morte. La morte è il suo stesso fine. Viviamo al fine di morire. Vita e morte sono contenute l'una nell'altra, si completano a vicenda, sono comprensibili soltanto dalla prospettiva l'una dell'altra. La vita assume il suo valore attraverso la morte e coltivare la morte è il tipo di vita raccomandato dai filosofi. Se soltanto chi è vivo può morire,
soltanto chi muore è veramentevivo." 91È il 1910 quando, in prossimità della ricorrenza dell'ultimo natalizio di Carlo, in data 3 giugno, lo scrittore ci racconta di aver fatto un sogno. Ricordava della sua morte avvenuta parallelamente a quella del papa. Era infatti il papa (o papà?) prossimo al decesso, ma poi Carlo prende il suo posto. Nel momento in cui percepisce, nel sogno, la testa distaccarsi dal corpo, avverte di essere vivo e quella sensazione di bilico tra la vita e la morte gli procurava un inspiegabile fastidio che, a mano a mano, si trasformava in vivo tormento. Era come, infatti, se si trovasse a scontare le pene del primo, colui il quale sarebbe dovuto morire: a dover dare la vita è invece Carlo. Identificazione che nasce dal bisogno di risolvere il peccato di una vita passata alla stregua di quel divenire adempiendo conformemente ai doveri e ai valori.