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NEUROMODULAZIONE
Emozioni e funzioni cognitive, come la percezione, la memoria di lavoro e la capacità di
apprendimento dipendono da alterazioni fisiologiche dell’attività cerebrale e dell’eccitabilità
corticale. Negli ultimi anni sono state sviluppate tecniche di stimolazione elettrica cerebrale
non invasive in grado di replicare, in una certa misura, questi processi fisiologici (Kuo &
Nistche, 2012).
2.1 I metodi di stimolazione elettrica transcranica (tES)
I metodi di stimolazione elettrica transcranica (tES) sono un gruppo di tecniche di stimolazione
celebrale non invasiva (NIBS) in cui una corrente a bassa intensità (1-2 mA) viene applicata
attraverso lo scalpo dell’individuo. Queste tecniche non sono in grado di indurre l’attivazione
neuronale direttamente in una cellula a riposo; tuttavia, modulano i tassi di attivazione
spontanea dei neuroni corticali e inducono cambiamenti nell’eccitabilità corticale che vengono
mantenuti per un certo tempo dal termine della stimolazione. I metodi tES includono la
stimolazione transcranica a corrente continua (tDCS), la stimolazione transcranica a corrente
alternata (TACS) e una forma particolare di TACS, la stimolazione transcranica random noise
(tRNS; Paulus, Nitsche, & Antal, 2016).
Mentre la prima (tDCS) influenza l’attività corticale spontanea, la stimolazione transcranica
random-noise (tRNS) modula in maniera specifica l’attività corticale oscillatoria, a seconda
della frequenza della stimolazione (Boros et al., 2012).
Nello specifico, la tRNS consiste nell’applicazione non invasiva di una corrente alternata a
bassa intensità dove l’intensità e la frequenza della corrente variano casualmente. In generale,
la frequenza di stimolazione è compresa tra 1 Hz a 640 Hz, e si conviene che il range da 1 a
100 Hz rappresenta la bassa frequenza, mentre il range da 101 a 640 Hz indica l’alta frequenza
(Paulus et al., 2016). Durante la stimolazione la corrente viene erogata da uno stimolatore a
batteria attraverso una coppia di elettrodi di gomma avvolti in una spugna imbevuta di una
soluzione salina isotonica. Durante la stimolazione o al termine possono verificarsi sensazioni
cutanee come prurito, formicolio o bruciore; tuttavia, è stato osservato che l’applicazione della
tRNS sul cuoio capelluto induce un minor numero di sensazioni “spiacevoli” rispetto ad altre
tecniche di stimolazione non invasiva (Fertonani, Ferrari, & Miniussi, 2015). I meccanismi
fisiologici della tRNS non sono ancora molto chiari, tuttavia, Miniussi e collaboratori (2013)
hanno suggerito che la tRNS possa aumentare la sincronizzazione dell’attivazione neuronale
attraverso l’amplificazione dell’attività oscillatoria sottosoglia. Oltre a ciò, è stato riscontrato
che gli effetti della tRNS potrebbero essere associati all’apertura ripetitiva dei canali del sodio
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(Chaieb, Antal, & Paulus, 2015) e possono indurre cambiamenti emodinamici a lungo termine
nel cervello umano, i quali potrebbero essere correlati alla riorganizzazione neuroplastica
(Snowball et al., 2013).
In generale, i metodi tES sembrano rappresentare degli strumenti efficaci per alterare
l’eccitabilità corticale, la cognizione e il comportamento. Uno dei principali vantaggi delle
tecniche tES è che sono in grado sia di interrompere sia di potenziare determinate funzioni
corticali a discapito di una bassa capacità di focalizzazione riguardo alle aree specifiche (Paulus
et al., 2016).
2.2 Il ruolo della corteccia prefrontale dorsolaterale e ventromediale nell’elaborazione degli
stimoli emotivi
Tra le regioni cerebrali spesso oggetto di studi di stimolazione cerebrale non invasiva vi è la
corteccia prefrontale dorsolaterale (DLPFC). La corteccia dorsolaterale è una componente della
corteccia prefrontale (PFC) che costituisce circa due terzi della corteccia frontale umana ed è
coinvolta in vari aspetti della gestione dei comportamenti. Anatomicamente, la corteccia
prefrontale è divisa in tre aree principali: la corteccia dorsolaterale prefrontale (DLPFC), la
corteccia prefrontale mediale (mPFC) e la corteccia ventrale orbito frontale (OFC). A livello
funzionale e strutturale, l’area prefrontale mediale e la corteccia orbitofrontale sono altamente
interconnesse e spesso vengono considerate come una struttura più o meno uniforme che prende
il nome di corteccia prefrontale ventromediale (vmPFC; Nejati et al., 2021). La corteccia
DLPFC è maggiormente coinvolta nelle funzioni esecutive e nel controllo cognitivo,
contribuendo così a molti processi psicologici, come la memoria di lavoro, il pensiero
divergente, l’attenzione e il decision making (Ghavanati et al., 2019). La corteccia
ventromediale prefrontale è sensibile alla ricompensa che gli stimoli possono offrire e al loro
valore, al processo decisionale basato sul guadagno, sull’anticipazione della ricompensa e sulla
valutazione di sé stessi (Salehinejad, Nejati, & Nitsche, 2020). Quindi, la corteccia
ventromediale ha un ruolo cruciale nel processamento emotivo, mentre la dorsolaterale è
coinvolta maggiormente nel controllo cognitivo e nelle funzioni esecutive. È tuttavia
improbabile che vi sia una così netta distinzione funzionale tra le due aree (Nejati et al., 2021);
nella fattispecie, studi di neuroimaging funzionale mostrano una transizione graduale tra le aree
prefrontali ventromediali e dorsolaterali riguardante l’elaborazione delle emozioni (Steele &
Lawrie, 2004).
È stato infatti ampiamente dimostrato che la DLPFC svolge un ruolo chiave nell’umore,
nell’elaborazione emotiva e nell’elaborazione attentiva delle informazioni emotive (Mondino
et al., 2015). Nello specifico, un lavoro di metanalisi ha confermato il ruolo svolto della DLPFC
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nell'elaborazione attentiva delle informazioni emotive (Steele & Lawrie, 2004). Altri autori
hanno inoltre suggerito una specializzazione emisferica nella codifica dei processi emotivi:
l'attivazione della DLPFC sinistra sembra essere associata a stimoli a valenza positiva; al
contrario, la DLPFC destra sembra avere un ruolo nell’elaborazione di stimoli negativi (Canli
et al., 1998).
Al di là del contributo simultaneo di entrambe le aree implicate nell’elaborazione emotiva, sono
stati considerati due meccanismi principali per l'interazione tra emozioni e cognizione, come
modalità di comunicazione tra vmPFC e DLPFC. In primo luogo, gli stimoli emotivi sono
capaci di modulare le funzioni esecutive; ciò sembra avvenire perché le informazioni
emotivamente salienti possono catturare le risorse attentive e dirigere o modificare i risultati
delle funzioni esecutive stesse. In altre parole, attribuire un valore emotivo agli stimoli
migliorerà la loro possibilità di essere selezionati per un'ulteriore elaborazione (Öhman, Flykt,
& Esteves, 2001). In secondo luogo, c'è un ruolo di regolazione delle emozioni. Infatti,
l'insorgenza, la durata, l'intensità o il contenuto della risposta emotiva sono regolati dalle
funzioni esecutive (Ray, Wilhelm, & Gross, 2008).
Sembrerebbe quindi che l'interazione tra queste aree della corteccia prefrontale possa avere un
impatto importante sul comportamento. Un ruolo ben documentato della corteccia prefrontale
dorsolaterale è la regolazione del controllo top-down per guidare un comportamento
appropriato (O’Reilly, 2010). Possibili difetti nel controllo prefrontale sono strettamente
collegati alle psicopatologie (Alizadehgoradel, 2020). Ad esempio, l'iperattività della PFC e
dell'amigdala, dovuta a un controllo insufficiente esercitato dalla DLPFC, porta a una
distorsione dell'attenzione agli stimoli correlati alla minaccia nell'ansia (Hakamata et al., 2010).
Allo stesso modo, la mancanza di controllo regolatorio della DLPFC sui circuiti della paura
nella vmPFC è coinvolta nel disturbo da stress post-traumatico (PTSD) a causa di difetti sia nei
contenuti cognitivi che in quelli emotivi (Nejati, Salehinejad, & Sabayee 2018). Un ridotto
controllo della DLPFC sulla vmPFC o uno squilibrio generale nelle loro interazioni sembra
essere associato infine ai disturbi depressivi (Koenigs & Grafman, 2009).
La corteccia prefrontale ventromediale, inoltre, sembra essere strettamente implicata nella
regolazione dell’arousal. Uno studio di neuroimaging condotto da Zhang e collaboratori (2014)
ha mostrato un’importante correlazione tra l’attività della vmPFC e le misurazioni della
conduttanza cutanea; un indicatore fisiologico dei livelli di arousal e di attività del sistema
nervoso simpatico (Naqvi & Bechara, 2006). È stato riscontrato che l’aumento di attività nella
corteccia ventromediale porta ad una diminuzione della conduttanza cutanea, a conferma, del
ruolo causale di questa porzione di corteccia nella regolazione dell’eccitazione fisiologica. La
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capacità di regolare la generazione, l’esperienza e l’espressione delle emozioni è, quindi, un
aspetto centrale della salute mentale umana (Gross, 1998).
Come già discusso sopra, diversi studi di ricerca suggeriscono che la regolazione delle emozioni
dipende dall’interazione tra la corteccia prefrontale (coinvolta nei processi di controllo), e
strutture sottocorticali, come l’amigdala, coinvolta nella generazione delle emozioni (Ochsner
& Gross, 2005). È stato osservato che la corteccia dorsolaterale è anche implicata nella
rivalutazione (reappraisal) degli stimoli emotivi. Durante la funzione di rivalutazione, le
strategie cognitive vengono utilizzate per reinterpretare il significato di uno stimolo che suscita
un’emozione, attenuando così le risposte emotive automatiche (Gross, 1998). Studi di
neuroimaging suggeriscono che gli sforzi per rivalutare uno stimolo emotivo attivano ampie
aree della corteccia prefrontale, comprese le regioni dorsolaterale e ventromediale (Ochsner &
Gross, 2005). Nello specifico, una significativa attivazione dell’area DLPFC durante la
rivalutazione potrebbe riflettere il ruolo di quest’area nel mantenimento e nella
rappresentazione delle richieste di attenzione del compito (Kalisch, 2009). In un altro studio
fMRI condotto da Golkar e collaboratori (2012), gli autori si sono proposti di indagare il ruolo
della corteccia dorsolaterale nella rivalutazione degli stimoli emotivi. I risultati emersi hanno
mostrato che la corteccia DLPFC veniva attivata durante il compito di rivalutazione,
indipendentemente dal fatto che lo sforzo di rivalutazione fosse mirato a stimoli negativi o
neutri.
I ricercatori Webb, Miller e Heller (2005) hanno svolto uno studio di neuroimaging per
esaminare la relazione tra stimoli piacevoli e spiacevoli e l’attività nella corteccia prefrontale.