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INTRODUZIONE
In questo elaborato si tratterà del tema del biodiritto, inteso nelle sue diverse accezioni legate
ai molteplici ambiti di applicazione di tale concetto, analizzando poi la normativa vigente in
materia di obiezione di coscienza e del riconoscimento di tale diritto nell’ordinamento
italiano e nel contesto normativo europeo. Uno specifico capitolo sarà successivamente
dedicato alle tecniche scientifiche della sperimentazione animale, affrontate da un punto di
vista storico e legislativo, per infine approfondire la controversia giuridica della macellazione
rituale, con specifico riferimento alla religione islamica. L’obiettivo è quello di gettare uno
sguardo complessivo sugli aspetti normativi che regolano l’espressione di diritti
fondamentali quali quelli alla libertà religiosa e di coscienza, strettamente interconnessi tra
loro, evidenziandone, secondo l’opinione di alcuni giuristi e pensatori contemporanei emersa
dalla ricerca bibliografica, punti di forza e lacune eventuali.
CAP. 1. IL BIODIRITTO
In ambito giuridico, molteplici sono le definizioni di biodiritto che sono state coniate nel
corso del XX secolo, ma quello che le accomuna nelle loro differenti sfaccettature è il
costante riferimento ai processi biologici che caratterizzano l’essere umano e alle scienze
biomediche che possono modificare l’incedere del corso naturale di tali processi in maniera
sostanziale. In particolare, il rapido progresso di cui è stata e continua ad essere protagonista
la biomedicina contestualmente all’acquisizione di sempre più diritti da parte dei pazienti
hanno portato prima alla nascita e in seguito ad una progressiva affermazione di questa branca
del diritto, che è pertanto un risultato della straordinaria coincidenza tra sviluppo scientifico
1
e mutamento culturale .
1 Casonato 2006: 14.
Dunque, l’oggetto del biodiritto risulta essere vincolato ai due estremi momenti della vita
biologica dell’essere umano: la nascita (attraverso la legiferazione in materia di procreazione
medicalmente assistita e di interruzione volontaria di gravidanza) e la morte (per quanto
attiene, invece, alla legge sul “fine vita”, legata al diritto al rifiuto dei trattamenti sanitari).
1.1.LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA
Per quanto riguarda la procreazione medicalmente assistita (PMA), altresì conosciuta come
“fecondazione artificiale”, comprende tutte quelle tecniche usate per aiutare il concepimento
nelle coppie laddove il concepimento spontaneo sia impossibile o subordinato a interventi
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farmacologici e/o chirurgici ritenuti inadeguati . Da un punto di vista giuridico, la PMA è
regolata in Italia dalla legge 40/2004, anche se una successiva pronuncia in merito della Corte
costituzionale (sentenza n. 162/2014) ha fatto decadere l’obbligo di provenienza dei gameti
fecondati da un membro interno della coppia, permettendo nell’ultimo decennio l’utilizzo di
tecniche di fecondazione sia omologhe che eterologhe (quest’ultimo il caso in cui i gameti
provengono da un donatore esterno alla coppia). Tale sentenza ha peraltro apportato delle
modifiche alla legge volte a tutelare i bambini nati per mezzo di fecondazione eterologa al
pari di quelli nati da fecondazione omologa (per esempio l’impedimento ai padri di
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disconoscere i figli nati tramite fecondazione eterologa in un momento successivo) .
All’articolo 16 della legge 40/2004, viene riconosciuto al personale sanitario e ai
professionisti sanitari ausiliari il diritto all’esonero “[…] dal compimento delle procedure e
delle attività specificatamente e necessariamente dirette a determinare l’intervento di
procreazione medicalmente assistita”, ma “non dall’assistenza antecedente e conseguente
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l’intervento” .
2 In merito, la sentenza n. 96/2015 ha stabilito la possibilità per le coppie intenzionate a ricorrere alla PMA di
farlo non solamente in caso di infer lità o sterilità di uno o entrambi i membri, ma anche se almeno dei due
è portatore di una mala a gene ca
3 De Oto 2022-23 (II): 7.
4 Legge 40/2004: art. 16, par. 3.
1.2.L’INTERRUZIONE VOLONTARIA DI GRAVIDANZA
In merito all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG), il problema etico si presenta nella
dicotomia tra l’opinione diffusa all’interno della comunità scientifica (secondo cui la
soppressione del feto prima del terzo mese di gestazione, dopo il quale sviluppa una certa
autonomia, non sarebbe da considerarsi omicidio) e il pensiero religioso (per il quale la vita
inizierebbe nel momento esatto del concepimento, dunque abortire equivarrebbe ad uccidere
anche nei primi novanta giorni di gravidanza).
Questo scontro tra scienza e religione si materializza concretamente nell’attuazione della
legge 194/1978 che allo stesso tempo conferisce la possibilità alle donne, in certe circostanze,
di interrompere la gravidanza, ma riconosce anche al personale sanitario il diritto di esercitare
l’obiezione di coscienza all’aborto per motivi religiosi: come nel caso della PMA, la
dichiarazione formale di obiezione di coscienza da parte del medico non lo esenta dal fornire
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la dovuta assistenza alla paziente prima e dopo la procedura in sé .
La questione dell’aborto e dell’obiezione di coscienza ad esso collegata è particolarmente
controversa nella giurisprudenza, in quanto entrambi sono considerati da un punto legislativo
diritti riconosciuti a tutti gli effetti, ma scontrandosi in determinate circostanze,
implicherebbero una scelta da parte del legislatore nel far prevalere uno dei due diritti
sull’altro, impedendogli quel grado di oggettività che gli viene richiesto. Per aggirare il
problema, è stata più volta proposta, in alcune strutture sanitarie, l’apertura di specifici bandi
riservati a medici non obiettori, che in quanto tali sarebbero obbligati a garantire la propria
assistenza all’IVG senza possibili ripensamenti futuri: tale soluzione, seppur apparentemente
valida, non solo violerebbe l’art. 19 della Costituzione sulla libertà religiosa, ma
precluderebbe la possibilità di partecipare a tali bandi ai medici obiettori, vincolando di
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conseguenza un pubblico impiego a criteri di coscienza privati .
5 De Oto 2022-23 (II): 10-11
6 Ivi: 12-13. 1.3.EUTANASIA E SUICIDIO MEDICALMENTE ASSISTITO
Per quanto riguarda la cosiddetta legge sul “fine vita”, in Italia l’eutanasia (intesa come la
somministrazione di un farmaco letale ad un individuo cosciente che lo richieda prendendo
atto delle proprie condizioni sanitarie) è regolamentata dal punto di vista legislativo dagli
articoli 579 e 580 del Codice Penale, che la definiscono rispettivamente come “omicidio del
consenziente” e “istigazione o aiuto al suicidio”, prevendendo nei confronti di tali reati
l’incarcerazione da 5 a 15 anni. Nonostante ciò, a seguito della sentenza 242/2019 sul fine
vita viene riconosciuta quale diritto inviolabile del paziente la cosiddetta eutanasia passiva
(che consiste nella sospensione dei trattamenti sanitari che mantengono in vita l’individuo),
permettendo quindi ad un paziente in stato di salute critico di richiedere il suicidio
medicalmente assistito (ovvero l’aiuto indiretto di un medico per morire), ma solo in
circostanze stabilite (in caso di patologia irreversibile, necessità indiscussa di trattamenti
sanitari per sopravvivere, lucidità e pieno possesso delle proprie facoltà mentali da parte del
paziente, nonché intenzionalità nel porre fine alla propria vita). La pronuncia costituzionale
risponde alle diverse esigenze nel proteggere la vita che sussistono oggigiorno rispetto agli
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anni ’30 del secolo scorso, periodo a cui risale la legislazione attuale in materia penale .
Il tema del suicidio medicalmente assistito si inserisce all’interno del dibattito sul rifiuto dei
trattamenti sanitari da parte del paziente. Esemplificativi a questo proposito sono i numerosi
casi di rifiuto, da parte dei Testimoni di Geova, di sottoporsi a trasfusioni sanguigne, anche
a costo della vita. Secondo una rigida interpretazione del Pentateuco, infatti, Dio vieterebbe
all’uomo di utilizzare il proprio sangue a scopo di nutrimento, terapia o trasfusione:
addirittura, in alcuni passi della Genesi e del Levitico, viene fatto esplicito riferimento al
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divieto imposto da Geova di nutrirsi del sangue “di nessuna sorta di carne” . Ancor più
estremo e il rifiuto dei fedeli alla Chiesa di Montfavet (Francia) nei confronti di tutti i
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medicinali, per ragioni evidentemente religiose .
7 Ivi.
8 Giamma eo et. al. 2017: 23.
9 De Oto 2022-23 (I): 22-23. CAP. 2. L’OBIEZIONE DI COSCIENZA
Dal capitolo precedente è risultato evidente che in tema di bioetica e biodiritto vi è un costante
richiamo al diritto all’obiezione di coscienza, intuitivamente legato a questioni di etica e
morale, individuale come collettiva.
A livello giuridico è possibile definire l’obiezione di coscienza come il rifiuto da parte di un
individuo di compiere azioni prescritte dalla legge in quanto contrarie ai propri principi
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ideologici, politici e/o religiosi . Nonostante, secondo questa sua accezione, si presenti in
veste di atto contra legem (giacché si oppone ad un obbligo stabilito per legge), nel caso in
cui la valutazione della legittimità al suo esercizio da parte del legislatore abbia esito positivo,
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l’obiezione di coscienza si potrà considerare un atto secundum legem , riconosciuto da una
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norma che incorpora l’obiezione stessa nell’ordinamento giuridico dello Stato .
In Italia per legge è possibile esercitare il diritto all’obiezione di coscienza in quattro casi:
- al servizio militare, grazie alla legge n. 772 del 1972
- all’interruzione di gravidanza, dal 1978, anno di approvazione della legge n. 194
- alla sperimentazione animale (legge 413/1993) 13
- alla procreazione medicalmente assistita (sancito nell’art. 16 della legge 40/2004)
Pur non essendo esplicitamente espressa nella Carta costituzionale italiana, quella di
coscienza è da considerarsi una libertà fondamentale, riconosciuta ufficialmente nella Carta
dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), più precisamente all’art.10, in
quanto diritto ad agire secondo le proprie idee e convinzioni. Al comma 2 del medesimo
articolo viene stabilito che “Il diritto all’obiezione di coscienza è riconosciuto secondo le
leggi nazionali che ne disciplinano l’esercizio”, rimettendo l’effettiva applicazione di questo
diritto alle legislazioni nazionali, costringendone in un certo senso la ricezione in quanto
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diritto europeo : infatti, essendo l’obiezione