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L’OSPEDALE PER INTENSITA’ DI CURA

Nel Nursing avanzato, l’ospedale attua una filosofia organizzativa che riconosce i bisogni

del paziente in termini di complessità del quadro clinico e dell’assistenza da erogare.

I bisogni dei malati assumono un ruolo centrale. Ciò significa che i pazienti non vengono

raggruppati per disciplina medica ma per intensità di bisogno e, quelli con esigenze

assistenziali sovrapponibili vengono allocati in aree omogenee.

II.1. Il DEU e i tre Livelli di cura

Il DEU (Dipartimento di Emergenza/Urgenza), garantisce ai cittadini uguale opportunità di

accesso alle prestazioni sanitarie di emergenza e urgenza, secondo criteri insiti nella

missione della struttura. Garantisce, inoltre, la massima attenzione alla qualità delle cure

perseguendo l’efficacia delle prestazioni erogate; assicura una adeguata qualità di vita

lavorativa agli operatori; rende trasparente le scelte strategiche dei progetti di sviluppo

relativi all’organizzazione. 21

In particolare, riceve le richieste di soccorso, valuta, imposta, stabilizza i pazienti

avviandoli al livello di degenza più appropriato.

Attua le attività di pronto soccorso attraverso:

 La Sala Codice Rosso;

 Gli Ambulatori di visita;

 Gli Ambulatori a minore criticità;

Dispone di posti letto occorrenti nelle fasi di prè diagnostica e stabilizzazione, o di

osservazione in presunzione di dimissione.

Trasferisce i pazienti nell’area appropriata, ove, il medico si occupa ed è responsabile del

quadro clinico e del percorso diagnostico-terapeutico, utilizzando la piattaforma logistica

di ricovero. La gestione del malato è affidata agli infermieri.

Generalmente vengono individuati tre livelli di cura e precisamente:

 alta intensità ove sono richiesti letti intensivi e sub intensivi;

 media intensità per degenza ordinaria e ricovero a ciclo breve;

 bassa intensità per riabilitazione, cure post acuzie, che utilizzano le figure

professionali presenti in termini di numero e qualità e le tecnologie e strutturali

disponibili.

In questo tipo di organizzazione gli infermieri hanno l’opportunità di valorizzare le loro

competenze, qualificare il loro ruolo nel processo assistenziale e contribuire alla

costruzione di team multi-professionali che agiscano in sinergia, per ottimizzare gli esiti

delle cure ai pazienti.

Il medico, d’altro canto, può meglio concentrarsi sulle proprie competenze distintive

avendo la possibilità di esercitarle in diverse piattaforme logistiche, ovunque siano

fisicamente allocati i pazienti di cui è responsabile.

I pazienti in carico agli ambulatori a minore criticità, nella presunzione della dimissione,

non sono logicamente catalogati per un livello di cura, ma osservati al fine di evitare –

22

quando la presunzione diventa certezza – insofferenza per l’attesa delle dimissioni e,

spreco di risorse umane e materiali.

Il filtro del DEU agisce in tutte le direzioni, sia per presa in carico nell’area ambulatoriale

e del day service – sia come un sentiero immediato e veloce (fast track) - sia come

continuità con un periodo di permanenza breve con ricovero nel livello e nell’area

appropriata e, soprattutto per il ritorno a casa anche dopo osservazione breve.

L’ospedale sarà quindi organizzato in strutture modulate sull’intensità di cura, all’interno

delle quali si svolgeranno i percorsi di presa in carico da equipe di lavoro multidisciplinari

e multi professionali.

Al livello di cura richiesto dal caso, consegue una valutazione di instabilità clinica

(associata a determinate alterazioni di parametri fisiologici) e di complessità assistenziale

(medica e infermieristica). Il livello di cura assegnato è invece definito dalla tecnologia

disponibile, dalle competenze presenti e dal tipo, quantità e qualità del personale

assegnato.

Il modello prevede anche un’ampia e separata area di prestazioni ambulatoriali e diurne.

Infatti, a completamento di questo modello di ospedale, ma logicamente ed anche

fisicamente differenziato dalle articolazioni delle degenze, vi è l’area delle attività

ambulatoriali (outpatient) e l’area del ciclo diurno (day hospital, day surgery, day service).

Seguendo i principi della appropriatezza, ed in linea con un’ampia produzione anche

normativa, è in corso già da diversi anni un processo di trasferimento di molte prestazioni

dal regime della degenza al regime ambulatoriale o diurno, un processo irreversibile e

favorito anche dalle continue innovazioni tecnologiche, in particolare nell’area diagnostica.

E’ necessario condividere tra i professionisti i criteri clinici di accesso ai 3 livelli. Infatti, in

ciascun ospedale devono essere identificati, discussi, condivisi e formalizzati tra i

professionisti un insieme di criteri clinici di passaggio, d’accesso e di esclusione per i

diversi livelli di cura. Nella redazione di tali criteri occorre tenere in considerazione le

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migliori evidenze disponibili in letteratura, pur perseguendo l’adattamento alle specificità

locali.

Il Livello 1 (intensive care) comprende le terapie intensive e sub intensive. E’ destinato alla

cura della più grave instabilità clinica, deve essere centralizzato e polivalente (includere

quindi quanto più possibile le casistiche oggi afferenti alle intensive specialistiche come

cardiologiche, respiratorie, ecc.). Per avere maggiore flessibilità nell’utilizzo delle risorse

sarebbe opportuno un raggruppamento logistico di tutti i letti di Livello 1, tuttavia, i letti di

Terapia Intensiva devono rimanere ben identificati per ottenere appropriatezza ed uso

efficiente della risorsa personale. Occorre presidiare adeguatamente l’accesso alle TI e alle

sub-intensive. Il nuovo modello deve tendere a superare quella percentuale attuale di alta di

inappropriatezza (30-35% delle giornate in TI oggi è dedicata a monitoraggio/

svezzamento, non prevede quindi impiego di tecnologie tipiche del livello come la

ventilazione meccanica).

Nel Livello 2 (high care) va a confluire la gran parte della casistica dei pazienti, che

continua a presentare al suo interno importanti elementi di differenza di complessità

medica ed infermieristica. Tali differenze possono essere colte solo in minima parte

attraverso i classici parametri della durata della degenza e del peso medio per DRG (in

generale occorre svolgere una analisi più fine integrando con le procedure ICD).

Non è ancora chiaro quali soluzioni organizzative siano migliori per fronteggiare questa

forte variabilità interna al Livello 2, ed in particolare se sia necessario individuare moduli a

più alta gravità, o layout per patologia, oppure se non sia sufficiente una appropriata

erogazione dell’assistenza. L’assegnazione del paziente a livelli sempre più fini od a layout

particolari è una tendenza che deve comunque contemperarsi anche con una chiara

esigenza del paziente, che è quella di ridurre al minimo i trasferimenti interni (data anche

la degenza sempre più breve).

Per quanto riguarda l’area chirurgica, in anni recenti è stata sperimentata con buoni risultati

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una modalità di differenziazione dei ricoveri che utilizza la degenza media come indicatore

proxy di complessità, riservando una parte degli interventi e dei letti di degenza a casi che è

possibile risolvere entro 4 giorni dall’intervento (Week Surgery) e consentendo la chiusura

nel fine settimana della relativa area. E’ necessario continuare su questa strada tenuto conto

che: il modello implica una forte revisione della programmazione, della pre-

ospedalizzazione, dell’utilizzo delle sale operatorie; vi è il rischio di inefficienza

nell’utilizzo delle SO, da mitigare mettendo insieme anche le attività a ricovero diurno

(DS); è necessario che ci sia un reparto di degenza ordinaria vicina per assorbire

imprevisti; necessario monitoraggio attraverso indicatori ad hoc.

Il Livello 3 (low-care) è invece dedicato alla cura delle post acuzie. Fanno parte di questo

livello le degenze a basso grado di assistenza. E’ da ritenere che la lowcare identifichi

un’area in cui vengono accolti pazienti con pluripatologie, che necessitano ancora di

assistenza sanitaria, ma non ad alto contenuto tecnologico ed ad alta intensività

assistenziale. Tale livello sembra configurarsi come un livello di decompressione, ossia una

zona cuscinetto dove trasferire i malati che per diversi motivi (anche motivi “sociali”) non

possono essere ancora dimessi. E’ un livello comunque gestito interamente dal personale

ospedaliero (diverso quindi dall’idea dell’ospedale di comunità). 25

Modello di ospedale per intensità di cura

In quest’ottica va attentamente valutata la possibilità di limitare il disagio che potrebbe

avere il paziente per ulteriore trasferimento dal Livello 2 al Livello 3 con conseguente

ritardo della presa in carico a livello territoriale.

II.2. Nuovi ruoli professionali e nuovi strumenti

La nuova organizzazione dell’ospedale per intensità di cura richiede un ripensamento della

presa in carico del paziente perché sia il più possibile personalizzata, univoca, condivisa

attraverso tutti i livelli di cura.

Occorre quindi passare dal principio di “hosting” al principio del “case management”,

dall’idea di curare la malattia all’idea di farsi carico del malato. Questo determina la

necessità di introdurre modelli di lavoro multidisciplinari per processi ed obiettivi con

definizione di linee guida e protocolli condivisi, e presuppone la creazione e lo sviluppo di

ruoli professionali coerenti con il nuovo sistema.

Il nuovo modello presuppone che l’ “Area Funzionale” sia il livello ottimale per le

principali funzioni gestionali (gestione letti e gestione risorse), coerentemente occorre

sviluppare le figure del Responsabile di Area e dell’Infermiere Coordinatore di Area. Le

tradizionali figure di gestione sia mediche che infermieristiche (Coordinatore)

rafforzeranno conseguentemente la propria funzione sulla linea professionale (garanzia e

sviluppo delle competenze cliniche, presidio dei percorsi e di una pratica evidence based).

A livello dell’interfaccia diretta con il paziente emerge la necessità che vi siano due figure

nuove che realizzino una effettiva presa in carico: il medico tutor e l’infermiere referente.

Il medico tutor prende in carico il paziente quanto prima (entro 24h) dopo l’accettazione

dello stesso, stende il piano clinico ed è responsabile del singolo percorso sul singolo

paziente; si interfaccia con il MMG di cui è il principal

Dettagli
A.A. 2017-2018
62 pagine
SSD Scienze mediche MED/45 Scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher mariagiovannapiccolo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienze infermieristiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Caruso Maria.