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Il cervello che cambia
Del sistema nervoso periferico, invece, erano da tempo note le proprietà plastiche: nervi danneggiati si rigenerano e guariscono (Doidge, 2013).
Cajal, in uno scritto del 1914, asseriva: "Once development was ended, the fonts of growth and regeneration of the axons and dendrites dried up irrevocably. In adult centres, the nerve paths are something fixed and immutable: everything may die, nothing may be regenerated. It is for the science of the future to change, if possible, this harsh decree."
Si venne così a delineare, nel mondo scientifico, un assunto, definito da Luca Colucci-D'Amato e Umberto di Porzio (2008) il "dogma centrale della neurobiologia": la convinzione che, nella vita adulta, i neuroni possano solo morire e che il cervello possa solo degenerare nel corso degli anni. Questo dogma ha perpetrato per molto tempo per quattro ragioni fondamentali (Colucci-D'Amato & di Porzio, 2008):
- Clinica: i pazienti affetti da...
S18 Neuroplasticità
Tecniche d'indagine: assenza di tecniche e strumenti adeguati allo studio dei fenomeni plastici.
Le prime evidenze scientifiche della neurogenesi in età adulta risalgono agli anni Sessanta, quando Joseph Altman (1965) dimostrò che le cellule nel giro dentato dell'ippocampo potevano incorporare timidina radioattiva, un indicatore della proliferazione cellulare. Egli suggerì che i neuroni nuovamente generati potessero essere importanti per la plasticità neuronale e la memoria. Gli fu, però, mossa una critica per la mancanza di un marcatore molecolare specifico che dimostrasse senza riserve che le cellule che avevano incorporato timidina radioattiva fossero neuroni (citato in Colucci-D'Amato & di Porzio, 2008).
Lo stesso studio fu
replicato negli anni Settanta da Michael Kaplan (1977), il quale riuscì a dimostrare che gli elementi cellulari evidenziati dalla timidina nel bulbo olfattivo del ratto e nel giro dentato erano effettivamente neuroni. Egli fu il primo a suggerire che la neurogenesi potesse essere influenzata collocando gli animali in ambienti ricchi di stimoli (citato in Colucci-D'Amato & di Porzio, 2008). Un punto di svolta si ebbe negli anni Ottanta, con gli studi di Fernando Nottebohm sul cervello degli uccelli canterini. Egli mostrò che la neurogenesi si presenta in uccelli adulti e che i nuovi neuroni vengono incorporati nei circuiti funzionali preesistenti (Nottebohm, 2002). Gli studi di Nottebohm mostrarono, inoltre, che la neurogenesi può essere influenzata da un'ampia varietà di fattori, inclusi ormoni, neurotrofine, attività fisica e comportamento sociale (Nottebohm, 2002). Per molto tempo si è ritenuto che la neurogenesi in età adultariscontrata negli uccelli canterini fosse una peculiarità di questa particolare specie, e ciò ne impedì la generalizzazione all'uomo (Colucci-D'Amato & diPorzio, 2008). Il cervello che cambia 19 In uno studio pubblicato nel 1992, Weiss e Reynolds dimostrarono per la prima volta che le cellule isolate dal cervello di topi adulti avevano l'abilità di proliferare in vitro e di differenziarsi in neuroni e astrociti usando una miscela specifica di fattori di crescita (Reynolds & Weiss, 1992). Questa trattazione conduce al grande quesito dell'esistenza o meno delle cellule staminali neurali adulte e se esse possano diventare fonte di terapie per danni cerebrali e malattie degenerative. Tratterò questo argomento successivamente. Per ora è importante comprendere che le proprietà neuroplastiche non si fermano all'infanzia e alla conclusione dei diversi periodi critici, ma perdurano per tutto l'arco di vita. GeniE ambiente
Quanto un fenomeno è dato dalla componente genetica e quanto dall'esperienza? Sono scindibili questi due ambiti? Ha ancora senso indagare i fenomeni secondo questi termini dicotomici?
Le neuroscienze, come tutte le scienze, hanno sofferto e soffrono tutt'ora di due assunti ideologici ben diffusi: il dualismo mente-corpo e la relazione tra natura e cultura (Changeux, 2013). Il primo nasce dalla filosofia cartesiana Seicentesca e asserisce che gli esseri umani hanno una duplice natura: il corpo, materiale, che fa riferimento alla sostanza fisica o res extensa, quindi anche al cervello, e l'anima, immateriale e indistruttibile, la sostanza del pensiero o res cogitans, esclusivamente umana, che dà origine alla coscienza e alla natura spirituale dell'essere (Kandel E. R., 2007). Da questa distinzione deriva l'idea per la quale i riflessi e molti comportamenti sono guidati dal cervello, mentre i processi cognitivi superiori sono determinati dall'anima.
per estensione dall'entità "mente" (KandelE. R., 2007). Sostanzialmente l'anima, nell'ottica cartesiana, non sottostà alle limitazionidi cui è schiavo il corpo (Cashmore, 2010). Riferirsi a mente e corpo come componentiscisse dell'individualità ha aperto la strada a formulazioni teoriche erronee, come laS20 Neuroplasticitàfrenologia di Gall o l'equipotenzialità delle aree cerebrali di Flourens e Lashley (Kandel E.R., 2007). Un'interpretazione interessante e all'avanguardia di questa dicotomia èriscontrabile nel pensiero di John Carew Eccles (1989), il quale suggerì che le interazionitra mente e anima potrebbero procedere attraverso l'incertezza della meccanica quantistica(citato in Cashmore, 2010). Le neuroscienze hanno stabilito relazioni causali reciproche tral'organizzazione neuronale e l'attività che essa genera, perciò la visione dicotomica
La dualità tra mente e corpo è del tutto sorpassata. Oggi si cerca di comprendere l'estrema complessità dell'organizzazione funzionale del cervello, data sia da evoluzioni genetiche che epigenetiche, comportamentali e cognitive, sociali e culturali (Changeux, 2013).
Per quanto riguarda la seconda dualità, quella tra natura e cultura, con il termine natura ci si riferisce al patrimonio biologico, alla dotazione genetica che ci accomuna agli altri membri della nostra specie e che ci definisce come individui; con il termine cultura, invece, ci si riferisce all'ambiente fisico e sociale di cui facciamo esperienza nel corso della vita (Macchi Cassia, Valenza, & Simon, 2012).
Questo problema epistemologico rimanda alla storica rivalità tra empirismo e razionalismo. Gli empiristi come John Locke erano convinti che l'uomo e la sua mente fossero interamente determinati dagli apprendimenti derivanti dall'esperienza. I razionalisti, d'altro canto,
sostenevano l'esistenza di capacità e propensioni innate, le quali si aggiornano e si realizzano nel corso della vita in relazione all'esperienza sensibile (Garcia Garcia, 2018). Per questa trattazione è utile riflettere ulteriormente sulla scoperta del periodo critico da parte di Hubel e Wiesel nel campo dell'elaborazione visiva. Wiesel, in occasione del conferimento del Premio Nobel, disse che i meccanismi innati dotano il sistema visivo di un insieme specifico di connessioni, ma sottolineò anche che, affinché le connessioni si mantengano attive e raggiungano il loro pieno sviluppo, è necessaria una precoce esposizione a stimoli visivi, quindi un'esperienza (Denes, 2016). In questo modo fu chiaro che il sistema cognitivo caratteristico della specie umana è la risultante di due processi che si intrecciano: uno predeterminato a livello biologico e genetico, uno in costruzione dall'esterno.Attraverso la stimolazione sensoriale ed esperienziale. I risultati di alcune ricerche, però, si ponevano in netto contrasto. Ad esempio, l'esperimento di Benjamin Libet, risalente agli anni Ottanta del Novecento, che si prefiggeva di indagare la volontà del soggetto di compiere un'azione motoria manuale, evidenziò come nel cervello l'attivazione preceda il raggiungimento della consapevolezza motoria di 300 millisecondi, tempistica in cui, mediante elettroencefalogramma, veniva registrato un potenziale di preparazione (Changeux, 2013). Questa indagine portò a pensare che l'individuo è determinato dal proprio cervello, per estensione dai geni e dai meccanismi fisiologici che essi determinano.
Cashmore (2010) aggiunge un ulteriore tassello al problema delle determinanti dell'uomo: il caso. Egli sostiene che esistono tre forze che governano il comportamento dell'individuo: geni, ambiente e stocasticismo. La componente stocastica
fa riferimento all'innata indeterminatezza delle proprietà fisiche della materia. Anche se i sistemi biologici sembrano aver sviluppato meccanismi per minimizzare alcune caratteristiche di casualità, altri aspetti della complessità dei sistemi viventi riflettono una selezione favorevole agli eventi casuali: mutazioni, ricombinazioni e assortimento genetici. La formazione delle connessioni neurali riflette un certo grado di stocasticismo, poiché due individui, anche se geneticamente identici e sottoposti a un ambiente costante, non mostrano mai circuiti neuronali identici. Questo è risaputo dai risultati delle ricerche di Merzenich sulle mappe sensoriali e motorie relative alle mani di scimmie adulte, le quali differivano significativamente le une dalle altre (Doidge, 2013; Garcia Garcia, 2018). Quindi il dibattito sul peso di geni e ambiente sul comportamento individuale è inadeguato poiché spesso ignora la componente stocastica che.influenza la biologia (Cashmore, 2010).S22 Ne