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3. ASPETTI GIURIDICI DEL MOBBING

3.1 Illecito e danno

Il mobbing è espressamente vietato dal C.C.N.L. Comparto Sanità, e

per applicazione giurisprudenziale degli artt. 1175, 1375, 2043, 2087

c.c. oltre che degli artt. 2 e 41 della Costituzione.

Alla base del risarcimento c’è l’accertamento del mobbing e il danno o

il pregiudizio subito.

All’interno del nostro sistema processuale si distinguono i due momenti

in: 1. An debeatur: fase iniziale durante la quale il giudice accerta

l’esistenza del mobbing. Se il ricorrente non lamenta alcun danno

ma un pregiudizio, cioè un rischio di danno e una situazione di

stress o disagio, il giudice accoglie l’inibitoria; vieta, quindi,

all’azienda di perpetrare il mobbing e le ordina di adottare

qualsiasi provvedimento idoneo a interrompere il fenomeno.

2. Quantum debeatur: è la seconda fase; l’accertamento del danno

durante la quale il giudice nomina la consulenza tecnica d’ufficio

che redige una relazione evidenziando una eventuale esistenza

di un rapporto causa-effetto tra i comportamenti effettivamente

realizzati dal mobber e i danni subiti.

I danni che il mobbizzato può subire e che sono risarcibili, attengono

alla sua sfera patrimoniale e non patrimoniale.

3.1.1 Il danno patrimoniale

Il danno patrimoniale investe l’aspetto professionale della vittima

provocando una diminuzione o un impoverimento economico della

stessa. Vi è, quindi, una lesione diretta alla sua sfera economica. Le

ipotesi più frequenti di danno patrimoniale da mobbing sono: 23

- Il danno emergente determina, per la vittima, una diminuzione

patrimoniale quantizzabile, ad esempio, dalle spese mediche e cure

sostenute a causa della malattia fisica e/o psichica.

- Il danno da lucro cessante è il mancato guadagno della vittima,

ovvero l’utilità perduta o i compensi futuri pregiudicati dalla lesione di

cui, la vittima, non potrà beneficiare. Vanno, quindi, ricompresi in

questa voce i mancati guadagni.

Al danno patrimoniale in senso stretto va, poi, aggiunto:

- Il danno da demansionamento o da dequalificazione professionale.

Tale tipologia di danno viene generalmente ricondotta nell’ambito

dell’art. 2103 c.c.226

- Il danno da licenziamento illegittimo o da dimissioni per giusta causa.

Il danno patrimoniale cagiona, quindi, un nocumento sul patrimonio

della vittima. Con riferimento ai criteri per la risarcibilità di tali voci si

osserva che in alcuni casi esso è facilmente misurabile e corrisponde,

ad esempio, all’importo totale delle spese e cure mediche sostenute;

al contrario, nei casi in cui sia impossibile una quantificazione precisa

come nel caso del demansionamento o della dequalificazione

professionale verrà effettuata una liquidazione equitativa ex. art. 1226

c.c. impiegando come parametro una quota della retribuzione per il

periodo si è estesa la condotta lesiva.

3.1.2 Il danno non patrimoniale

Il danno non patrimoniale “è la lesione o perdita di interessi o beni che

non sono passabili di negoziazione e scambio in quanto non economici.”

È, quindi, il danno che la vittima subisce in seguito alla violazione di

valore della personalità. Le categorie di danno non patrimoniale sono:

- Il danno biologico. Una prima tipologia di danno risarcibile è il danno

biologico, cioè alla salute ovvero la lesione temporanea o permanente

all’integrità psico-fisica della persona. La definizione di danno biologico

24

è contenuta negli art.138-139 del Codice delle assicurazioni private

(D.Lgs. n. 209 del 2005), che individuano il danno biologico nella

“lesione, temporaneo o permanente, all’integrità psico-fisica della

persona suscettibile di accertamento medico-legale che esplica

un’incidenza negativa sulle attività quotidiane e sugli aspetti dinamico-

relazionali della vita del danneggiato, indipendentemente da eventuali

ripercussioni sulla sua capacità di reddito” Il risarcimento del danno

biologico è, quindi, subordinato all’esistenza di una lesione all’integrità

psico-fisica della vittima ed esso richiede l’accertamento medico-

legale. L’ambito applicativo del danno biologico è stato poi

progressivamente esteso fino a ricomprendere, nelle ipotesi in cui la

lesione abbia comportato una patologia clinicamente accertabile, anche

il danno psichico.

- Il danno esistenziale. Secondo la Cassazione, sentenza

n.26972/2008: “per danno esistenziale si intende ogni pregiudizio di

natura non meramente emotiva e interiore, ma oggettivamente

accertabile, provocato sul fare areddituale del soggetto, che alteri le

sue abitudini di vita e gli assetti relazionali che gli erano propri,

inducendolo a scelte di vita diverse quanto alla espressione e

realizzazione della sua personalità nel modo esterno.” Pertanto, il

danno esistenziale, riconosciuto dalla Suprema Corte di Cassazione,

crea nocumento alla qualità della vita del mobbizzato, ostacolandone

la sua realizzazione professionale. Inoltre, la stessa Cassazione nel

decidere una controversia in tema di mobbing ha stabilito che: “In caso

di condotte persecutorie da parte del datore di lavoro il danno

esistenziale al lavoratore non può essere liquidato laddove manchino

concreti elementi indicativi di un peggioramento del suo stile di vita” .

Infatti, essendo il danno esistenziale strettamente legato alla persona

non può essere determinato secondo un sistema tabellare ma esso

richiede precise indicazioni che solo la vittima è in grado di reperire,

fornendo le circostanze che avvalorano l’alterazione delle sue abitudini.

25

Per cui, ai fini del risarcimento del danno, è necessario che la vittima

provi concretamente che tutto ciò abbia inciso in maniera negativa,

alterando il suo equilibrio e le sue abitudini di vita.

- Il danno morale. Con riferimento ai danni morali, essi sussistono nel

caso in cui la condotta responsabile integri anche gli estremi di cui

all’art. 2059 c.c. e che consistono nelle sofferenze e nei patemi d’animo

provocati alla vittima. “Tra i vari pregiudizi non patrimoniali, un tipo di

pregiudizio, costituito dalla sofferenza soggettiva cagionata dal reato

in sé considerata. Sofferenza la cui intensità e durata nel tempo non

assumono rilevanza ai fini dell’esistenza del danno, ma solo della

quantificazione del risarcimento.” Il danno morale si traduce, quindi,

nella sofferenza e nel dolore causato alla vittima dalle vessazioni

subite.

3.2 La responsabilità contrattuale ed extracontrattuale del

datore di lavoro

Nella tutela contro le condotte vessatorie riveste un’importanza

fondamentale l’art. 2087 c.c., il quale impone al datore di lavoro di

assumere un comportamento attivo.

Sulla base di tale articolo, l’imprenditore ha l’obbligo di adottare le

misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la

tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità

morale dei lavoratori. Pertanto, nei casi di mobbing, l’imprenditore è

tenuto ad astenersi da comportamenti vessatori nei confronti dei

lavoratori ma anche a vigilare che tali situazioni non vengano poste in

essere da altri dipendenti soggetti al suo controllo. L’inadempimento di

tale obbligo da parte del datore di lavoro genera la responsabilità

contrattuale. Secondo la communis opinio, i comportamenti

mobbizzanti presentano tutti i requisiti tipici dell’illecito

extracontrattuale. Infatti, la vittima di mobbing può invocare a sua

tutela anche il principio del neminem laedere ex art. 2043 c.c., secondo

26

cui: “Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno

ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Così facendo, la vittima può far valere in giudizio la responsabilità

extracontrattuale degli autori delle vessazioni, soprattutto nel caso di

mobbing orizzontale poiché non esiste nessun vincolo contrattuale tra

colleghi. A fronte della mancanza di una specifica normativa in materia,

la giurisprudenza ha riconosciuto nella fattispecie del mobbing ipotesi

di responsabilità contrattuale, alle volte in concorso con la

responsabilità extracontrattuale derivante dalla violazione di diritti

soggettivi primari. Pertanto, accogliendo il concorso di azioni anche in

materia di rapporto di lavoro subordinato, si ammette che la

responsabilità contrattuale del datore di lavoro per violazione

dell’obbligo di sicurezza si affianchi a una responsabilità

extracontrattuale . È quindi possibile un concorso tra responsabilità

7

contrattuale ed extracontrattuale (responsabilità aquilana) qualora si

ritenga che non siano indispensabili atti tipici del rapporto di lavoro per

configurare la fattispecie di mobbing. Per cui, a carico del datore di

lavoro, si osserva, al contempo, una responsabilità contrattuale per il

danno arrecato alla salute e una responsabilità extracontrattuale, per

l’omessa vigilanza sui dipendenti, derivante dall’art. 2087 c.c., oltre

che dall’art. 2043 c.c. Secondo tale impostazione, in presenza di

8

mobbing la responsabilità è sempre di natura contrattuale e a essa può,

eventualmente, cumularsi quella aquilana.

Già nel 1998, la Corte di Cassazione mediante la sentenza n. 12763 del

21 dicembre aveva dichiarato la possibilità di cumulare le due tipologie

di responsabilità al fine di ottenere il risarcimento del danno subito:

“Sul datore di lavoro gravano sia il generale obbligo di neaminem

laedere espresso dall’art. 2043 c.c. (la cui violazione è fonte di

7 Mazzamuto S., “Il mobbing”, Giuffrè Editore, Milano, 2004, p. 39

8 Di Corrado G., “Il mobbing, normativa e tutela giuridica”, in Diritto e Pratica del Lavoro, vol.33, n.29,

2016, pp.1803-1810 27

responsabilità extracontrattuale) sia il più specifico obbligo di

protezione dell’integrità psico-fisica del lavoratore sancito dall’art.2087

c.c. ad integrazione “ex lege” delle obbligazioni nascenti dal contratto

di lavoro. Conseguentemente il danno biologico – inteso come danno

all’integrità psico-fisica della persona in sé considerato, a prescindere

da ogni possibile rilevanza o conseguenza patrimoniale della lesione –

può in astratto conseguire sia all’una sia all’altra responsabilità”.

L’articolo in questione – “Tutela delle condizioni di lavoro” - impone

l’obbligo per l’imprenditore non solo di adottare tut

Dettagli
Publisher
A.A. 2024-2025
56 pagine
SSD Scienze mediche MED/45 Scienze infermieristiche generali, cliniche e pediatriche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher flavia.calo di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia clinica infermieristica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università telematica Unitelma Sapienza di Roma o del prof Lucchetti Gianluca.