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“Make America Great Again”: analisi dello slogan

La terminologia “great again” è un richiamo evidente alla pancia della nazione, al patriottismo radicato nel tessuto sociale del paese; una connessione con l’importanza che il successo, in particolare quello economico, ha avuto nella vita del tycoon e del ramo protestante della nazione. È un appello capace di far sorgere una forte empatia e vicinanza emotiva in coloro che vivono nelle difficoltà perché vedono una promessa ad un ritorno ai vecchi fasti di un tempo.

Non viene specificata quale America Trump vorrebbe far riemergere; questo forse ha un potere comunicativo e persuasivo ancora più forte: lasciare spazio all’immaginazione di chi aspira ad un cambiamento, di chi è risentito e deluso, porta a percepire questo “great” molto più vicino ai propri ideali che alla realtà effettiva. Non solo, sotto il macro-insieme della “grandezza” rientrano moltissime suddivisioni: la grandezza economica, militare, culturale, tecnologica. Questo apre letteralmente le porte a tutti coloro che non percepiscono più questa eccellenza a prescindere da quale essa sia. Lo slogan, quindi, oltre a riassumere perfettamente le intenzioni di Trump, si rivolge in modo diretto ad un’audience che è pronta ad ascoltarlo e ad assimilarlo.

A differenza del “Stronger Together” della Clinton, “Make America Great Again” è un claim pubblicitario che incita all’azione, a prender parte a quello che risuona quasi come una missione; riecheggia imperativo, molto simile al “Just do it” della Nike. L’altra difformità tra i due messaggi è che, nello “Stronger Together”, per quanto ci sia il nobile tentativo di promuovere un’indiscriminata inclusione (sia sociale che politica), c’è un inconsapevole sentimento di deresponsabilizzazione da parte del leader; dall’altra parte, Trump si addossa tutti gli oneri e gli obblighi, personalizzando lo slogan: è lui l’uomo di riferimento che si è preso in carico l’arduo compito di risollevare il gigante dormiente.

In un paese in cui la cultura del capitalismo e del self-made man sono così inveterati, avere la possibilità di riconoscere in un’unica persona, che essa sia controversa o meno, l’eventualità di un miglioramento, si rivela estremamente adeguato ed incisivo. Inoltre, la praticità e la concretezza del messaggio hanno lavorato sull’orgoglio rendendo l’associazione Trump-slogan istantanea e riconoscibile. Un ulteriore fattore di efficacia risiede nella completa simbiosi della terminologia utilizzata con il carattere e la tipologia di narrazione che gravita intorno a Trump: facilità di comprensione, parole schiette, una sana banalità, e uno slancio emotivo fanno da cornice al quadro “Trump-slogan-elettori”.

Efficienza ed efficacia sono perciò racchiuse nelle quattro parole virgolettate il cui effetto è amplificato dalla magistrale abilità, tipica dello showman, nel maneggiare il mezzo di comunicazione e trasmettere una parvenza di sicurezza e spacconeria necessaria per inspirare fiducia. Per di più, da estremo conoscitore delle dinamiche del marketing, Trump ha spalmato il suo slogan in qualsiasi forma: attraverso i social, gli spot, le interviste, i gadget (iconico il cappellino con la scritta) e sul podio dei comizi. Ovunque c’era un residuo del “rifare grande l’America”.

La ripetizione e la pervasività nel mondo della comunicazione, specialmente quella pubblicitaria, sono imprescindibili se si vuole penetrare e permeare nel tessuto sociale e nell’opinione pubblica sviluppando l’obiettivo massimo della comunicazione persuasiva: il cambiamento del comportamento, espresso, in questo contesto, nella preferenza alle urne.

Se vogliamo trovare un lato negativo nello slogan e nel messaggio, probabilmente si può asserire che il suo più grande pregio potrebbe rivelarsi anche il suo più grande difetto. “Make America great again” è un concetto estremamente polarizzante e divisorio, o lo si ama o lo si odia, dipende esclusivamente da che parte si sta. Dopotutto, rispecchia perfettamente il personaggio Trump, estremamente coerente, ma monodimensionale; questo, alla lunga gli si ritorcerà contro poiché la politica è fatta anche di compromessi, adattamento e continuo rinnovamento.

Se, infatti, facendo un passo indietro analizziamo il passato dell’America, ci imbattiamo in una serie ti situazioni molto scomode e difficili. Basti pensare agli ostacoli che le minoranze, in particolare quella afro-americana, hanno dovuto affrontare per ottenere l’uguaglianza sociale e pari diritti, che ancora oggi, in alcune zone non vengono fatti rispettare.

Per molti anni le persone di colore hanno dovuto affrontare repressione e violenze, senza che lo Stato facesse nulla; si dovette aspettare la lotta di Martin Luther King, uno dei più grandi attivisti per i diritti civili che la storia moderna ricordi, per far si che si approvassero due leggi fondamentali: il Civil Rights Act (1964) e il Voting Rights Act (1965). Associando questo tipo di passato a quello che molti deducono dalle dichiarazioni e provocazioni di Trump in materia di immigrazione e religione, ovvero una tendenza alla discriminazione e all’esclusione, possiamo dedurre il motivo per cui non sarebbe assurdo pensare che la grande America, che lui reclamizza e a cui desidererebbe tornare, è quella “Bianca” e razzista.

Ecco che, secondo questa prospettiva, lo slogan sembrerebbe una minaccia e fonte di timore in coloro che non lo sostengono. La polarizzazione, quindi, che in un primo momento gli ha fatto ottenere questo grande consenso potrebbe trasfigurarsi in un boomerang qualora non riuscisse a cambiare rotta correggendo il tiro delle proprie esternazioni. Il sentimento e la percezione popolare sono volubili; come scrive Dostoevskij: “il sentimento non si frantuma, ma si concentra” (2014, p.28) e velocemente potrebbe espandersi portandolo sulla gogna mediatica senza alcuna opportunità di assoluzione.

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I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Giacomo Bertini di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguaggi della pubblicità e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Libera Università di Lingue e Comunicazione (IULM) o del prof Sylwan Augusto Felipe.