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Estratto del documento

ORSELLI

sequestro come atto dovuto’ che impedisce la declaratoria di illegittimità in caso di

perquisizione illegittima, in Proc. pen. giust., 2020, n. 10, p. 111; G. P , Perquisizione

ICARO

illegittima e limiti della inutilizzabilità, in Arch. pen., 2020, n. 1; C. I , La funzione

ASEVOLI

'

dissuasiva’ del processo penale, in Scenari e trasformazioni del processo penale.

Ricordando Massimo Nobili, a cura di C. I , 2020, p. 346.

ASEVOLI

376 Corte cost., 3 ottobre 2019, n. 219.

377 Corte cost., 3 ottobre 2019, n. 219. 117

nelle ispezioni e nelle perquisizioni personali, possa essere disposta solo con «atto

motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge» e che a

tale principio possa derogarsi unicamente «in casi eccezionali di necessità ed

urgenza, indicati tassativamente dalla legge», nei quali l’autorità di pubblica

sicurezza può adottare «provvedimenti provvisori» soggetti a convalida da parte

dell’autorità giudiziaria, in difetto della quale essi «si intendono revocati e restano

378

privi di ogni effetto» .

Pertanto, nel caso di specie, il giudice a quo ha escluso l’applicabilità sia dell’art.

352 c.p.p., che consente di procedere a perquisizione personale o locale nella

flagranza di reato, sia dell’art. 103 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, secondo il quale la

polizia giudiziaria può procedere a siffatte operazioni quando ha fondato motivo di

ritenere che possano essere rinvenute sostanze stupefacenti o psicotrope, e in

presenza di motivi di particolare necessità e urgenza che non consentano di

richiedere l'autorizzazione del magistrato competente.

Inoltre, il rimettente ha rilevato che gli atti di ispezione e perquisizione erano stati

convalidati dal pubblico ministero con provvedimenti totalmente privi di motivazione,

sicché non permettevano di comprendere in base a quali ragioni il pubblico ministro

avesse ritenuto legittimo l’operato della polizia giudiziaria.

Poiché, secondo il giudice a quo, gli atti di indagine compiuti dalla polizia

giudiziaria al di fuori dei casi previsti integravano la violazione di un divieto

probatorio, ha ritenuto inutilizzabili gli elementi ottenuti ex art. 191 c.p.p. Tuttavia,

ha dichiarato che «le Sezioni unite hanno ritenuto, nondimeno, valido il sequestro

conseguente a una perquisizione eseguita fuori dai casi e dai modi previsti dalla

legge, allorché abbia a oggetto il corpo del reato o cose pertinenti al reato, posto

che, in tal caso, il sequestro costituisce un atto dovuto ai sensi dell’art. 253, comma

1, cod. proc. pen., che non potrebbe essere omesso dalla polizia giudiziaria solo a

causa dell’abuso compiuto»; ha inoltre sottolineato che «La giurisprudenza di

legittimità successiva si sarebbe allineata “monoliticamente” a tale soluzione

interpretativa, confermando ripetutamente la legittimità del sequestro conseguente

379

a una perquisizione illegittima e la sua piena utilizzabilità a fini probatori.» .

378 Corte cost., 3 ottobre 2019, n. 219.

379 Corte cost., 3 ottobre 2019, n. 219. 118

Il G.u.p. del Tribunale di Lecce, sospettando che l’art. 191 c.p.p., come

interpretato dalla giurisprudenza assolutamente prevalente, non fosse compatibile

con gli artt. 13 e 14 Cost., ha sollevato la questione di legittimità costituzionale.

Ancora una volta, l’intervento della Consulta è stato secondo le aspettative,

poiché ha dichiarato l’inammissibilità delle questioni.

La Corte costituzionale ha innanzitutto sottolineato che la consolidata

giurisprudenza di legittimità riconosce la natura tassativa ed eccezionale dei divieti

probatori di cui all’art. 191, comma 1, c.p.p., i quali devono fondarsi su scelte di

politica processuale che competono esclusivamente al legislatore, poiché

comprimono il diritto alla prova al fine di tutelare valori di rango costituzionale

parimenti meritevoli di tutela.

Sulla base di questa premessa, la Consulta ha ribadito l’impossibilità di

estendere alla disciplina della inutilizzabilità un concetto di vizio derivato che il

380

sistema regola esclusivamente in relazione al tema delle nullità e ha affermato

che «Derivando il divieto probatorio e la conseguente “sanzione” della inutilizzabilità

da una espressa previsione della legge, qualsiasi “estensione” di tale regime ad atti

diversi da quelli cui si riferisce il divieto non potrebbe che essere frutto di una,

altrettanto espressa, previsione legislativa. Del resto, è ricorrente in giurisprudenza

l’affermazione secondo la quale tale principio, valido per le nullità, non si applica in

materia di inutilizzabilità, riguardando quest’ultima solo le prove illegittimamente

acquisite e non quelle la cui acquisizione sia avvenuta in modo autonomo e nelle

381

forme consentite» .

Pertanto, il Giudice delle leggi ha dichiarato l’inammissibilità della questione, in

quanto fondata su una richiesta fortemente manipolativa: più precisamente, ha

sostenuto che la pretesa di «desumere l’automatica “inutilizzabilità” degli atti di

sequestro, attraverso il “trasferimento” su di essi dei “vizi” che affliggerebbero gli atti

380 La Corte costituzionale nel 2001 aveva dichiarato l’inammissibilità delle questioni proprio

perché basate su una interpretazione che «finisce per confondere fra loro fenomeni – quali

quelli della nullità e dell’inutilizzabilità – tutt’altro che sovrapponibili, mirando in definitiva il

rimettente a trasferire nella disciplina della inutilizzabilità un concetto di vizio derivato che il

sistema regola esclusivamente in relazione al tema delle nullità»: richiedendo, con ciò, alla

Corte l’esercizio «di opzioni che l’ordinamento riserva esclusivamente al legislatore, in una

tematica, per di più, che – quale quella dei rapporti di correlazione o dipendenza tra gli atti

probatori – ammette, già sul piano logico, un’ampia varietà di possibili configurazioni e

alternative». Supra, § 3.

381 Corte cost., 3 ottobre 2019, n. 219. 119

382

di perquisizione personale e domiciliare dai quali i sequestri sono scaturiti» ,

finisce per coinvolgere scelte di “politica processuale” che la stessa Costituzione

riserva al legislatore.

Tuttavia, il ragionamento della Corte costituzionale è basato su un equivoco di

fondo: le sentenze additive non costituiscono esercizio della funzione legislativa,

poiché si limitano a colmare una lacuna presente nell’ordinamento e non creano

autonomamente una norma.

Inoltre, pare evidente che il rimettente non puntasse a ottenere una pronuncia

additiva, perché a essere in gioco non era la discrezionalità legislativa, che è stata

chiamata in causa dalla Consulta come argomento “pretestuoso” al fine di non

383

decidere . Infatti, ha trascurato tutte le argomentazioni del giudice a quo sulla base

di un potenziale conflitto con il legislatore.

A parere dello scrivente stupisce questa riluttanza della Corte costituzionale nel

dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 191 c.p.p., come interpretato dalla

giurisprudenza assolutamente prevalente, posto che è ormai pacificamente

384

riconosciuta la categoria della prova incostituzionale , la quale ricomprende tutti i

dati acquisiti in violazione di diritti costituzionalmente garantiti.

La posizione della Corte mostra dunque un’incoerenza di fondo con l’attuale

sistema processuale, fondato sui canoni del giusto processo e sui diritti della

persona. Sembra, invece, basata sulle ideologie del modello processuale regolato

dal codice Rocco, in cui il giudice e le autorità inquirenti erano legittimate a compiere

tutte le attività necessarie al fine di accertare la verità.

Nel 2020 il G.u.p. del Tribunale di Lecce ha sollevato nuovamente le questioni

di legittimità costituzionale. La Consulta, nonostante qualche modifica nel petitum,

ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione, essendo già stata

385

dichiarata inammissibile l’anno precedente .

In conclusione, sembra che il Giudice delle leggi abbia voluto tutelare precise

scelte di politica criminale, pervenendo a una sostanziale erosione dei diritti

costituzionalmente garantiti. A prevalere è, dunque, l’esigenza di non dispersione

382 Corte cost., 3 ottobre 2019, n. 219.

383 C. I , La funzione “dissuasiva”, cit., p. 330.

ASEVOLI

384 Supra, cap. I, § 7.

385 Corte cost., 26 novembre 2020, n. 252. 120

della prova, anche a costo di sacrificare la presunzione di non colpevolezza e i diritti

386

di libertà .

7. (Segue) L’intervento del 2022. – Nel 2021 il Tribunale di Lecce ha, con alcune

varianti, sollevato nuovamente la questione di legittimità costituzionale dell’art. 191

c.p.p. e ha rimesso alla Corte costituzionale anche una questione relativa all’art. 352

c.p.p.

In relazione alla prima questione, il provvedimento del giudice a quo segue in

parte lo schema già adottato nelle precedenti ordinanze: dopo aver illustrato i fatti

del caso e il diritto vivente, ha espresso ancora una volta i dubbi sulla legittimità

costituzionale dell’art. 191 c.p.p., così come interpretato dalla giurisprudenza

consolidata. I parametri di costituzionalità richiamati erano gli artt. 2, 3, 13, 14, 24,

97, 111 e 117 della Costituzione.

Un elemento di assoluta novità rispetto alle precedenti ordinanze era la

presenza di un tertium comparationis rappresentato dall’art. 103, comma 7, c.p.p.

che, nel tutelare le garanzie di libertà del difensore, sanziona con la inutilizzabilità i

risultati delle ispezioni, perquisizioni, sequestri e intercettazioni eseguite senza il

rispetto delle regole sancite dalla norma.

Al fine di garantire una maggior chiarezza espositiva, è opportuno illustrare i

motivi di censura secondo l’ordine seguito dal rimettente.

In primo luogo, secondo il giudice a quo il diritto vivente formatosi sull’art. 191

c.p.p. non appare conforme agli artt. 13 e 14 Cost, relativi rispettivamente alla libertà

personale e alla libertà di domicilio. In particolare, ha sottolineato che tali diritti

risultano assistiti da un corredo di significative cautele date dalla riserva di legge,

dalla riserva del potere giudiziario, dall’obbligo che l’Autorità giudiziaria proceda con

atto motivato. Pertanto, ha affermato la necessità che la disciplina processuale n

Dettagli
A.A. 2022-2023
145 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/16 Diritto processuale penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher FilippoAmoretti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale penale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Genova o del prof Gialuz Mitja.