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Caratteristiche dell'esportazione
Tra queste: “ maggiore semplicità strategica e organizzativa; minore assorbimento dirisorse, in particolare di tipo finanziario; minore rischiosità; maggiore rapidità nelgenerare ritorni economici” (Caroli, 2002) . Si può dire, quindi, che l’esportazione sicontraddistingue per essere una modalità particolarmente flessibile.
Come evidenzia Demattè (2008), le esportazioni vengono generalmente distinte inesportazioni dirette e indirette.
Per quanto concerne le esportazioni indirette, il produttore, non gestendo in prima persona leoperazioni con i mercati esteri, si avvale di un operatore indipendente, collocato nel suostesso paese. Questa modalità è anche largamente utilizzata per piazzare un eventualeeccesso di produzione che il mercato domestico non riesce ad assorbire.
Per l’impresa esportatrice, quindi, il vantaggio risiede nel fatto che questa modalità nonnecessita di importanti investimenti.
Di stravolgenti cambiamenti organizzativi e/o produttivi. È quindi facile comprendere il perché sia pratica comune per le PMI italiane.
Le esportazioni dirette, invece, richiedono un maggiore impegno, non solo finanziario e organizzativo, ma anche "un maggiore impegno imprenditoriale, in quanto in questa modalità di internazionalizzazione è assente la figura dell'intermediario che si fa carico dei rischi connessi alla vendita del prodotto" (Aulicino, 2006).
Con questa metodologia di approccio, infatti l'impresa vende tramite la sua struttura commerciale.
A fronte di un maggiore rischio, l'esportazione diretta ha però vari vantaggi, come il legame più forte con il mercato di sbocco e il rapporto diretto con la clientela, con conseguente migliore tracciabilità e segmentazione del proprio pool di clienti.
Capitolo 3
L'internazionalizzazione dell'agroalimentare in Italia
3.1 L'export agroalimentare
italianoQuesta forma di internazionalizzazione leggera è quella che ha, da decenni, garantito il successo nel mercato globale alla nostra economia. Anche se questa è la strategia largamente più utilizzata, e nonostante la qualità dei nostri prodotti e il crescente interesse per il Made in Italy, il confronto internazionale segnala una quantità di export molto minore rispetto ai principali competitor.
Fonte: elaborazione EUROSTAT

realizzate da strutture aziendali più grandi. La debolezza competitiva però non è solo da imputare alla estrema frammentazione del tessuto produttivo. La grave carenza infrastrutturale del paese, come sistemi di trasporto e centri logistici, rappresentano una minaccia altrettanto concreta. È interessante però, dopo aver avuto la conferma della presenza importante delle PMI nel contesto internazionale, andare a valutare la struttura regionale di queste.
Il Nord Italia, ad oggi, continua ad essere il traino dell'export nostrano, con circa il 70% delle esportazioni totali, ma vi sono stati dei miglioramenti degni di nota anche da parte di alcune regioni del Centro e delle Isole.
In particolare, Toscana, Lazio e Sicilia stanno sperimentando notevoli progressi.
Le regioni del Nord detengono però la percentuale maggiore, specialmente a causa della loro maggiore vocazione industriale.
Figura 3.4 Rilevanza delle esportazioni per regione (2012)
Fonte:
Nel 2018 la produzione e commercializzazione agricola è cresciuta in termini di volume dell'1,5%, con i comparti del vino (+14,3%), delle piante industriali (+7,0%) e delle coltivazioni cerealicole (+3,5%) che hanno fatto da traino. In controtendenza, invece, la produzione di olio di oliva, il quale ha segnato una pesante flessione (-36,9%), la coltivazione agrumicola (-6,8%) e il comparto zootecnico (-0,5%).
Controbilanciano parzialmente le attività secondarie (+1,3%) con le attività agrituristiche in testa (+1,5%). In generale, l'andamento dell'agricoltura è stato caratterizzato da un peggioramento dei prezzi input-output, soprattutto a causa di un forte aumento dei prezzi alla produzione (+4,4%)
Figura 3.4 Principali prodotti esportati
Elaborazione su dati ISTAT32
Per quanto riguarda le destinazioni, i top performer in termini di crescita rispetto al 2017 sono state Egitto (+48,8%), Ucraina (+43,6%), Lettonia (+31,3%), Nigeria (+22,6%),
Filippine (+24,5%), Bulgaria (+31,1%), Nuova Zelanda (+22,0%) e Vietnam (+19%)
Due terzi degli scambi verso l'estero sono comunque destinati al mercato europeo per un totale di 27,3 miliardi di euro, con la Germania in testa alla classifica, ma si sono registrati buoni tassi di crescita anche per la Polonia (+6,3%, ovvero 899 milioni di euro), i Paesi Bassi (+5,1%, 1,5 miliardi di euro) e la Francia (+4,3% a 4,7 miliardi di euro). Tassi negativi hanno caratterizzato invece le importazioni dell'Austria (-4,4%) e della Spagna (-2,4%). Mentre fuori dall'Unione, il top importer in termini di valore si sono confermati gli Stati Uniti (+4,0% per 4,2 miliardi di euro), seguiti dal Canada (+4,2% a 844 milioni di euro) e dalla Russia (+7,4% a 561 milioni di euro).
Figura 3.5 Principali importatori Italiani Fonte: OCSE 33. È importante notare però che dal 2005 al 2016 il peso dei principali partner è diminuito: all'inizio del periodo considerato le prime venti
destinazioni costituivano l'86% dell'export nazionale, mentre nel 2016 la quota è scesa all'80%. Nella finestra temporale presa in esame, l'importanza dello sbocco europeo è diminuita a favore di una maggiore apertura verso Paesi extra-UE: dal 2005 al 2016 le merci destinate all'eurozona sono cresciute del 4,9% contro il 7,3% destinato ai mercati extra-UE. Complice il nuovo interesse verso i prodotti Made in Italy e la domanda favorevole per i settori di punta del modello di specializzazione tricolore (soprattutto per quanto riguarda i vini spumanti e i vini in bottiglia), l'agroalimentare italiano ha saputo sfruttare le opportunità presenti nei nuovi mercati. Tuttavia, è necessario sottolineare l'importanza di proseguire questo trend, soprattutto per rafforzare la presenza nei paesi trainanti dell'area asiatica (in particolare, nei Paesi con mercati dinamici come la Cina, il Giappone e la comunità ASEAN) e
nell'areanordamericana 343.2 Analisi SWOT dell'export agroalimentare Dopo aver analizzato a pieno l'export agroalimentare italiano, di seguito si andrà ad utilizzare una matrice SWOT per avere una panoramica ad ampio spettro che racchiuda anche tutte le considerazioni effettuate fino ad ora e permetta di avere una finestra sui possibili quadri futuri 3.2.1 Strengths Uno dei maggiori punti di forza dell'export italiano è proprio il brand Made in Italy. La provenienza tricolore diventa infatti una leva di marketing "naturale" e il fattore bastante per far sì che l'acquirente sia disposto a pagare un premium price. Un ulteriore punto a favore è, come trattato nel primo capitolo, l'incedibile biodiversità e ricchezza del territorio, il quale costituisce una vera e propria risorsa economica. Il culto del territorio e il profondo radicamento del sistema agricolo nel territorio ha inoltre reso l'alimentazioneNon un mero soddisfacimento del bisogno fisiologico, ma una vera e propria esperienza multisensoriale, carica di tradizione e storia. L'esperienza gastronomica è infatti divenuta un'occasione di incontro con culture e tradizioni millenarie e un forte momento di socializzazione. A questo scopo si prestano ottimamente anche le produzioni tipiche nazionali, di cui al primo capitolo.
Degni di nota sono poi i passi da gigante compiuti dalla nostra nazione per quanto concerne i controlli alimentari: è, infatti, il primo paese dell'Eurozona per numero di segnalazioni inoltrate sul portale di Rapid Alert System for Food and Feed (RASFF) della commissione Europea (894 al 15/04/2019, di cui 397 registrate nel 2018).
Inoltre, secondo i dati del 2017, l'Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF) ha eseguito 53.733 controlli su alimenti, confermando il primato italiano in materia di sicurezza e qualità.
A ciò vanno aggiunti le ispezioni condotte dai NAC e dalle Capitanerie del Porto, che nel 2017 hanno effettuato 170mila controlli nelle filiere italiane, per un valore complessivo di sequestri pari a oltre 150 milioni di euro e più di 10 mila sanzioni, registrando un incremento del 6% delle verifiche su base annua e confermando la leadership italiana nei controlli a livello europeo. Il comparto dell'indicazione geografica ha quindi un forte impatto sull'economia reale, in quanto la garanzia di stringenti controlli, unita alla intrinseca garanzia di qualità e trasparenza, garantisce al produttore di ricevere un premium price serenamente pagato dal consumatore. 3.2.2 Weaknesses Come evidenziato nel primo capitolo, uno dei maggiori punti di debolezza è dato dal nanismo aziendale, che implica una forte polverizzazione del