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L’interrogazione del database contenente le sequenze dei clusters genici funzionalmente

caratterizzati ha rivelato un match con 226 clusters genici noti. In media, i campioni dei

suoli di gruppo A trovano corrispondenza con un numero superiore di clusters genici noti

di quanto non si verifichi per gli ampliconi dei campioni di gruppo B o C. E’ pertanto

probabile che i suoli aridi rappresentino un serbatoio particolarmente ampio di clusters

genici codificanti per nuovi metaboliti bioattivi.

Gli autori hanno inoltre calcolato i coefficienti di correlazione di Pearson tra ciascun

parametro chimico-fisico del suolo e il numero di “hits” con specifici clusters genici noti. I

10

valori di tali coefficienti mostrano un chiaro arricchimento in specifici clusters genici noti

in relazione a specifici parametri chimico-fisici. Sebbene un particolare cluster genico

possa trovarsi in più tipi di suoli, esisterebbe quindi, tendenzialmente, un’abbondanza

maggiore di specifici clusters genici in specifici tipi di suolo.

Dal momento che il meta-metaboloma secondario di un campione ambientale è codificato

dall’insieme di (micro)organismi in esso residenti, in modo non sorprendente gli autori

trovano che anche le differenze nella composizione (a livello specifico) delle comunità

batteriche nei campioni di suolo da essi analizzati correla con i parametri chimico-fisici

degli stessi campioni. Il raggruppamento dei campioni di suolo sulla base della diversità

delle sequenze 16S, infatti, coincide con quello generato dai parametri chimico-fisici

(Figura 2.8). Figura 2.8. Analisi NMDS (Nonmetric MultiDimensional

Scaling) delle sequenze 16S (distanze di Bray-Curtis).

In conclusione, lo studio di Charlop-Powers e colleghi rivela una correlazione tra il

(potenziale) meta-metaboloma secondario di un microbioma tellurico e le caratteristiche

chimico-fisiche del suolo in cui tale microbioma risiede. Poichè i metaboliti secondari sono

noti essere coinvolti in molti processi biologici (quali la segnalazione intra- ed inter-

specifica, processi di difesa, altre interazioni, processi nutrizionali), i predetti profili di

arricchimento in specifici metaboliti in specifici tipi di suolo potrebbero giocare un ruolo

nell’ecologia di tali tipi di suolo. 11

3. DALL’INDAGINE ECOLOGICA A POSSIBILI APPLICAZIONI: la

decomposizione della materia organica di origine vegetale

3.1 La decomposizione della materia organica di origine vegetale: importanza e

approcci metodologici per lo studio

3.1.1. Importanza ecologica ed applicativa del processo

Il processo fisico-chimico di decomposizione della materia organica di origine vegetale è

un fenomeno chiave per l'ecosistema: ...Integrare

Oltre a rilasciare nutrienti per la crescita delle piante, il processo influenza il ciclo del C, e

può pertanto avere degli effetti a lungo termine sul clima, attraverso il rilascio di CO .

2

Aldilà della fondamentale importanza ecologica, il processo di decomposizione delle

biomasse vegetali riveste un notevole interesse in relazione alla produzione di

biocarburanti. Tra le potenziali energie alternative, la biomassa vegetale proveniente

dall'agricoltura, dall'industria e dalle foreste (non in competizione con le biomasse

alimentari) è stata infatti identificata come la prima risorsa utile nella produzione di

biocarburanti. L'uso di materiali lignocellulosici nella produzione di energie implica

vantaggi ambientali – riduzione delle emissioni di gas serra - ed economici; è per questo

che gli USA e l'UE hanno fissato delle scadenze nel termine delle quali le biomasse

vegetali dovranno fornire, rispettivamente, il 30% entro il 2030 e il 20% entro il 2020 della

domanda totale di energia. Negli ultimi decenni il costo dell'etanolo prodotto dalle

biomasse vegetali si è ridotto drasticamente, ma la bioconversione della cellulosa in

zuccheri fermentabili è ancora uno dei limiti, tecnologico ed economico, nella produzione

di biocarburanti. Tra gli aspetti che restano da ottimizzare vi sono il costo di produzione

degli enzimi utilizzati, nonchè le caratteristiche degli enzimi stessi (ad esempio, la loro

capacità di legame con il substrato, o la termostabilità), e l’impiego di enzimi accessori e

sinergici (Viikari et al. 2012). Da questo nasce la necessità di ingegnerizzare gli enzimi

disponibili o scoprirne di nuovi utilizzando le possibilità che la ricerca offre. Le analisi

meta-omiche possono fornire un apporto non indifferente in questo campo, grazie

all'impiego del sequenziamento ad alta resa e dello screening in silico delle sequenze

ottenute: ciò permette l'accesso alla vastissima diversità biosintetica dei MO implicati nella

decomposizione della materia organica di origine vegetale in natura (Baldrian & López-

Mondéjar 2014). Tali studi possono quindi rappresentare una base di partenza per

l’isolamento di nuovi biocatalizzatori, o di varianti enzimatiche con proprietà biochimiche

originali. 12

3.1.2. Approcci metodologici all’identificazione degli attori e dei meccanismi biochimici

del processo

Numerosi studi condotti in regioni diverse hanno fornito informazioni circa i fattori che

influenzano i tassi di decomposizione della materia organica vegetale, dimostrando ad

esempio come la degradazione della lettiera si verifichi a temperature medie annuali

superiori ad una determinata soglia e sia funzione della qualità della lettiera stessa (Zhang

et al., 2008; Prescott, 2010). A dispetto dell’ampia letteratura inerente questi aspetti,

tuttavia, poco è noto circa le specifiche funzioni svolte dai diversi MO coinvolti nel

processo. Per identificare gli attori della decomposizione, in natura, e gli specifici

meccanismi biochimici da essi messi in atto, possono essere usati diversi approcci.

Uno di questi è il “SIP” (Stable Isotope Probing), un metodo usato per la marcatura

coltura-indipendente di MO in campioni ambientali o direttamente in campo, che prevede

13 15

la somministrazione di composti marcati con isotopi stabili di un dato elemento ( C, N,

36 18

S, O), e la successiva analisi di componenti cellulari “target” (ad esempio, DNA, RNA,

PLFA), sostituiti (del tutto o in proporzione significativa), con l’isotopo stabile d’elezione.

Dopo il consumo del substrato, le cellule dei MO consumatori risultano arricchite

dell'isotopo. E’ in questo modo possibile identificare i MO responsabili del catabolismo del

substrato fornito. Il principale aspetto critico della SIP è l'impiego di concentrazioni di

substrato e tempi di incubazione che rispecchino le condizioni ambientali vigenti in natura

(Neufeld et al. 2007a). Per l'RNA-SIP e la DNA-SIP il problema sorge quando

l'incorporazione del substrato o il tempo di incubazione sono insufficienti, rendendo

difficile la distinzione tra gli acidi nucleici marcati, poco abbondanti, e l’ampio “rumore di

fondo” rappresentato dal materiale non marcato (Neufeld et al. 2007b). Viceversa, un

uptake eccessivo di substrato e un tempo di incubazione prolungato possono, da un lato,

portare ad uno scenario che non rispecchia le reali condizioni ambientali, e dall’altro,

aumentare le probabilità di cross-feeding (il substrato marcato viene metabolizzato da più

MO diversi in sequenza). Il cross-feeding può però diventare un vantaggio qualora si

vogliano studiare i flussi di elementi tra i MO della comunità (Neufeld et al. 2007a).

Un approccio alternativo è quello metaproteomico, che fornisce un quadro delle proteine

presenti, le quali sono poi ricondotte – attraverso tools bioinformatici ed analisi

filogenetiche – a determinati MO. Nello studio della decomposizione della lettiera la

metagenomica risulterebbe di scarso aiuto in quanto i dati prodotti sarebbero riferiti ai

genomi dei MO, e non alle proteine che vengono effettivamente prodotte. (Baldrian &

López-Mondéjar 2014). 13

3.2 Uno studio di metaproteomica rivela gli attori della decomposizione della lettiera

di faggio

Uno studio recente (Schneider et al. 2012) ha adottato la metaproteomica come approccio

sperimentale per identificare le proteine ed i MO coinvolti nel processo di decomposizione

della lettiera e per indagare l’influenza dei fattori ambientali e dei nutrienti sulla struttura

delle comunità dei decompositori.

Gli autori hanno analizzato lettiere fogliari di faggio (Fagus sylvatica L.), differenti nella

loro composizione elementare, provenienti da quattro siti in Austria, in due stagioni

(inverno – febbraio – e primavera – maggio). I siti presi in considerazione differivano

significativamente in condizioni ambientali e qualità (composizione elementare) della

lettiera.

Dopo omogeneizzazione delle foglie, si è proceduto ad estrazione delle proteine in SDS

(1%), separazione 1D-SDS-PAGE (elettroforesi su gel di poliacrilamide al 12%),

purificazione ed analisi in spettrometria di massa (LTQ-Orbitrap mass spectrometer). Gli

spettri ottenuti sono stati assegnati a 8895 proteine, raggruppate poi, sulla base del match

in database di riferimento (UniRef100, nonchè un database di sequenze proteiche ottenute

da insilato; Tringe et al., 2005), in 1724 cluster. Una successiva validazione con la pipeline

PROPHANE (http://prophane.svn.sourceforge. net/viewvc/prophane/trunk/) ha portato

all’esclusione di 204 clusters (caratterizzati da identità aminoacidica <50%); i rimanenti

clusters sono stati assegnati a gruppi filogenetici e funzionali. L’articolo riporta quindi i dai

relativi alle proteine assegnate. Le abbondanze proteiche sono state calcolate e quantificate

utilizzando il “Normalized Spectral Abundance Factor” (NSAF), parametro che consente il

confronto di campioni con abbondanze proteiche complessive diverse.

Indipendentemente dal sito di campionamento, la maggior parte delle proteine identificate

è stata assegnata a tre gruppi filogenetici: Viridiplantae (45-64%, proteine non degradate

delle foglie), funghi (24-51%) e batteri (5-24%). Altre proteine sono state assegnate a

metazoi (3-9%), Alveolata (0-1%) e Archaea (0-0,8%). Tale composizione filogenetica è

differente da quella rappresentata nelle banche dati di sequenze proteiche, caratterizzate da

una dominanza di sequenze batteriche (proteine da batteri 62,2%, da metazoi 16,7%, da

funghi 7.8% e da piante 6.3%).

Dato che funghi e batteri sono considerati i principali decompositori della lettiera, la loro

composizione è stata analizzata in maggiore dettaglio. Nel caso dei funghi è stata

riscontrata una dominanza assoluta (>80%) degli Ascomiceti in tutti i siti, sia a febbraio sia

a maggio. Le percentuali di Basidiomiceti e Mucoromycotina, invece, sono risultate,

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rispettivamente, aumentare e diminuire significativamente da febbraio a maggio in tutti i

sit

Dettagli
A.A. 2014-2015
21 pagine
SSD Scienze biologiche BIO/04 Fisiologia vegetale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher stefano.scilipoti di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diversità vegetale e microbica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Girlanda Mariangela.