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Estratto del documento

(SRA);

- qualora l'azienda fosse una Multi-disciplinary partnership, una sorta

di ente multidisciplinare che, appunto, fornisce una gamma di servizi

diversi, ma solo alcuni di questi sono regolati dalla SRA, la pubblicità

in materia dovrà rendere chiaro quali servizi sono legali e quali no;

- la pubblicità destinata ad una giurisdizione esterna a quella

dell'Inghilterra e del Galles deve essere conforme ai principi, ai codici

e alle norme in vigore, in materia di pubblicità, di quella giurisdizione;

- qualora i servizi venissero commercializzati congiuntamente ad

un'altra azienda, la natura dei servizi forniti da ciascuna impresa dovrà

essere chiara.

La Rule 8 continua elencando quei comportamenti non consentiti che,

di conseguenza, violano i principi generali:

- avvicinare le persone in strada, nei punti di ingresso, in ospedale o

presso il luogo di un incidente; non sono consentiti nemmeno gli

approcci fatti per condurre un sondaggio che prevede la raccolta di

informazioni di potenziali clienti, o in qualsiasi altro modo possa

promuovere lo studio legale;

- consentire a terzi di praticare quelle promozioni contrarie ai principi

generali;

- pubblicizzare un costo stimato che si piazza ad un livello

irrealisticamente basso;

- descrivere le spese generali dello studio come erogazioni negli

annunci;

- pubblicizzare un costo fisso o stimato senza chiarire che se ci fossero

spese aggiuntive queste verrebbero addebitate;

- utilizzare nel nome o nella descrizione dello studio la parola

"solicitor(s)" senza che nessuno dei componenti sia un avvocato;

- pubblicizzare la società o lo studio in modo da far credere che i

servizi forniti da altri siano erogati dalla stessa società o azienda;

- produrre informazioni fuorvianti sullo stato professionale di qualsiasi

dirigente o dipendente dello studio legale;

La norma si chiude dicendo che deve essere letta congiuntamente alla

Rule 1 (Client care) e alla Rule 9 (Fee sharing and referrals).

Altre regole, un po' più particolari, sono contenute nel Code for

Advocacy, che fanno riferimento a quei solicitors esercitano il right of

audience (ossia il diritto di patrocinare): la sect. 3.3. della Parte III di

questo codice è, in sostanza, molto simile alla sect. 709 del Code of

Conduct, che si occupa, come abbiamo visto, dei barristers.

Nel Regno Unito è particolarmente elevata l'informazione

pubblicitaria praticata online: ad esempio, esiste un sito

(www.takelegaladvice.com) che permette agli avvocati di rendere note

le materie che trattano e la tipologia di clienti a cui si rivolgono

nonché i prezzi dei servizi che vengono offerti.

4.5. La pubblicità professionale nell'Unione Europea

L'indirizzo dell'Unione in tema di pubblicità informativa è già emerso

nei capitoli precedenti, in parte dagli estratti della c.d. Direttiva

servizi, in parte dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia: degne di

nota sono sicuramente le conclusioni dell'avvocato generale Philippe

Léger nel caso Wouters (nel quale era stata posta alla Corte la

possibile estensione ai professionisti della qualifica di imprese che

presentano servizio di interesse economico generale) che asseriscono

che "la pubblicità professionale consente di accrescere l'informazione

degli utenti e di contribuire alla scelta del professionista ritenuto più

valido. Ne consegue che la predisposizione di divieti di pubblicità

professionale, in ogni caso limitativi del livello di concorrenza nel

mercato, potrà dirsi legittima solo se assolutamente necessaria a

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salvaguardare la dignità e il decoro della professione" . Inoltre a

livello europeo esiste un organo, il Consiglio degli Ordini Forensi

Europei (CCBE), che ha come scopo quello di garantire la

rappresentanza degli ordini forensi che ne fanno parte «in tutte le

questioni di comune interesse in merito all’esercizio dell’avvocatura,

al rispetto dello Stato di Diritto e alla corretta amministrazione della

giustizia nonché agli sviluppi rilevanti del diritto, sia a livello europeo

che internazionale» (articolo III 1.a. dello Statuto del CCBE).

Il CCBE è stato ideato nel 1960 e istituito nel 1966, ma l'avvenimento

da ricordare arriva 13 anni più tardi: la Corte di giustizia, nella causa

AM&S Europe Limited c. Commissione delle Comunità Europee (che

riguardava la questione del segreto professionale dei giuristi

d’impresa), ammise il CCBE come soggetto interveniente in un

giudizio in rappresentanza degli interessi della professione legale in

Europa; in conseguenza di tutto questo, il CCBE costituì la sua

Delegazione Permanente presso la Corte di Giustizia.

Il 28 Ottobre 1988 venne approvato e attuato il Codice Deontologico

degli Avvocati Europei, modificato già tre volte, che regola tutt'oggi le

attività transfrontaliere degli avvocati degli stati membri, stilato dallo

stesso CCBE. Merita menzione un altro testo normativo elaborato da

quest'ente, vale a dire la Carta dei Principi Fondamentali

dell’Avvocato Europeo, adottata all'unanimità a Bruxelles il 24

Novembre 2006. Si tratta di un documento che enuncia dieci principi

fondamentali e che, a differenza del Codice Deontologico, è applicato

in tutta Europa: due testi diversi ma tra loro complementari.

Tra i due, come intuibile, quello che affronta l'argomento "pubblicità"

è il Codice di Condotta, che lo colloca nell'art. 2, dedicato ai principi

generali. Nonostante il progressivo armonizzarsi delle varie normative

39 Aldo Berlinguer, op. cit., p. 188.

deontologiche negli stati membri, l'ambito di applicazione oggettivo di

queste norme è fissato nelle attività transnazionali praticate dagli

avvocati all’interno dell’Unione europea e dello Spazio economico

europeo. Cosa siano di preciso queste attività transnazionali ce lo

chiarisce l'art. 1.5. dello stesso codice: «ogni rapporto professionale

con un avvocato di un altro Stato membro» e tutte «le attività

professionali svolte da un avvocato in un altro Stato membro,

indipendentemente dalla sua presenza in tale Stato». Il mancato

rispetto delle norme deontologiche, ovviamente, può dar luogo a

sanzioni disciplinari.

Un'importante precisazione viene fatta dal commento all'art. 2.4.

(contenuto sempre nel codice), nella lett. d, che specifica che

«l’avvocato resta soggetto alle condizioni e alle regole professionali

dello Stato membro di provenienza, fatto salvo il rispetto delle norme,

qualunque sia la loro origine, che disciplinano la professione nello

Stato membro ospitante» (tra le quali anche quelle sulla pubblicità).

«Tali norme possono essere applicate solo qualora possano essere

osservate da un avvocato non stabilito nello Stato membro ospitante e

nella misura in cui la loro osservanza sia oggettivamente giustificata

per garantire in tale Stato il corretto esercizio delle attività di

avvocato, la dignità della professione e il rispetto delle

incompatibilità».

Di seguito il testo, in lingua italiana, dell'articolo sulla pubblicità:

Codice Deontologico degli Avvocati Europei

Articolo 2.6 - Pubblicità personale

2.6.1. Gli avvocati possono informare il pubblico dei servizi da essi offerti, a

condizione che tali informazioni siano veritiere, corrette e non violino il segreto

professionale e gli altri principi fondamentali della professione.

2.6.2. La pubblicità personale degli avvocati mediante mezzi di comunicazione di

massa quali stampa, radio, televisione, comunicazioni commerciali elettroniche o

con altre modalità, è consentita nella misura in cui avvenga in conformità al disposto

dell’articolo 2.6.1.

Come risulta evidente, si tratta di una norma abbastanza generale che,

tenuto conto dell'opportunità di non stravolgere le normative

nazionali, consente al professionista di informare il pubblico

rispettando i principi, ripetuti un 'infinità di volte, di verità e

correttezza, non violando il segreto professionale. Principi ai quali

bisogna uniformarsi anche quando la pubblicità avviene per mezzo dei

mass-media.

Per cercare «di spiegare l’origine delle disposizioni del Codice, di

illustrare i problemi che esso intende risolvere, con particolare

riguardo alle attività transnazionali, e di coadiuvare le Autorità

Competenti degli Stati membri nell’applicazione del Codice» è stato

redatto, su richiesta del Comitato Permanente del CCBE, un

Memorandum Esplicativo (privo di ogni efficacia vincolante) da parte

della commissione di lavoro sulla deontologia. Questo il commento

sull'articolo sulla pubblicità:

Memorandum Esplicativo

Commento all’articolo 2.6 – Pubblicità personale

L’espressione “pubblicità personale” si riferisce sia alla pubblicità diffusa dagli studi

legali che a quella effettuata dai singoli avvocati, entrambe diverse dalla pubblicità

collettiva organizzata dagli ordini forensi per la generalità dei loro iscritti. Le regole

che disciplinano la pubblicità personale da parte degli avvocati variano

Stati membri. L’articolo 2.6 stabilisce con chiarezza che

notevolmente tra i diversi

non vi sono obiezioni sostanziali alla diffusione di una pubblicità personale durante

l’esercizio della professione a livello transnazionale. Tuttavia gli avvocati sono

soggetti non solo ai divieti e alle limitazioni previsti dalle norme professionali

vigenti nei rispettivi Stati di origine, ma anche a quelli previsti dallo Stato ospitante

e vincolanti per gli avvocati in virtù della Direttiva sulla libera prestazione dei loro

servizi o della Direttiva sulla loro libertà di stabilimento.

4.6. La pubblicità professionale in Turchia

Se finora, aldilà di qualche sfaccettatura, abbiamo ritrovato normative

statali (ed extra-statali) abbastanza permissive in materia di pubblicità

informativa, ci sono anche paesi europei dove queste aperture non

hanno visto ancora la luce: uno di questi è la Turchia.

Come noto, si tratta di uno Stato che non fa parte dell'Unione Europea

ma che, già dal 1963, intrattiene relazioni, più o meno armoniose, con

la Comunità. In altri settori ci sono stati degli avvicinamenti, ma per

quanto riguarda quello pubblicitario forense le due parti sono assai

lontane: dal Governo turco la pubblicità «è considerata come un

sistema finalizzato esclusivamente ad ottenere un maggiore

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profitto» .

Nonostante il diritto ad un giusto processo venga anche sancito dalla<

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A.A. 2015-2016
100 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/20 Filosofia del diritto

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher angelobulone di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Logica e argomentazione giuridica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Pisa o del prof Greco Tommaso.